EUGENIA SCABINI OMOGENITORIALITÀ E FILIAZIONE



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Notizie e commenti La Rivista del Consiglio 14 EUGENIA SCABINI OMOGENITORIALITÀ E FILIAZIONE Il dibattito sulle unioni civili nel nostro paese e, più in generale, sul matrimonio omosessuale in Europa, porta a galla direttamente o indirettamente il tema/problema della omogenitorialità, tema di grande rilevanza perché ha a che fare con il destino delle future generazioni e della responsabilità che le generazioni adulte hanno al proposito. Per quanto riguarda il termine omogenitorialità va fatta innanzitutto una precisazione. Analogamente al tema dell omosessualità anche per l omogenitorialità sarebbe più corretto usare il plurale le omogenitorialità. Infatti l espressione genitori omosessuali comprende situazioni diverse tra loro: coppie lesbiche o gay o singoli, coppie che hanno un figlio avuto da una precedente relazione eterosessuale o coppie che hanno un figlio per inseminazione, utero in affitto, o adozione. Sono situazioni disomogenee sia per quanto riguarda la condizione degli adulti coinvolti che per i figli. Ad esempio: altro è per un figlio sapere chi è suo padre o sua madre e fare i conti con la trasformazione identitaria di uno dei suoi genitori, altro è nascere con un padre o una madre inconoscibili o ignoti. In questo scritto prenderò in considerazione soprattutto quest ultima situazione, che è del resto quella più perseguita dalle coppie omosessuali giovani e mi focalizzerò prevalentemente sulle conseguenze di queste scelte sui figli. Quale è lo stato della riflessione su questo tema da parte della psicologia e sociologia? Il coinvolgimento di queste discipline ha un suo perché specifico. Infatti il diritto alla genitorialità da parte di queste coppie viene molto spesso motivato dai risultati di ricerche psicologiche che sosterrebbero non esservi alcuna differenza nello sviluppo di bambini di coppie delle stesso sesso rispetto a figli di coppie eterosessuali. E in questo senso si è pronunciata nel 2005 la American Psychological Association. In realtà non possiamo sottoscrivere oggi questa affermazione vuoi perché altri studi condotti soprattutto da sociologi quali Mark Regnerus e Donald Paul Sallins evidenziano molte differenze relativamente a comportamenti disadattativi e problemi emotivi a svantaggio di figli di coppie omogeneri, vuoi perché, 98

La Rivista del Consiglio Notizie e commenti nel suo complesso, il corpus di ricerche di cui disponiamo presta il campo a molte limitazioni dal punto di vista metodologico. Come evidenziato da Loren Marks, infatti, i campioni presi in considerazione sono poco rappresentativi, la maggior parte dei partecipanti sono adulti membri militanti di organizzazioni omosessuali, poche sono le ricerche longitudinali. Si tratta poi di informazioni quasi esclusivamente ricavate da questionari, quindi di percezioni di singoli (in genere è intervistata una madre) e, per quanto riguarda il figlio, l età prevalentemente presa in considerazione è l infanzia. Solo recentemente alcune ricerche prendono in considerazione figli adolescenti. È perciò legittimo porsi alcuni interrogativi. Eccone alcuni. Sappiamo dalle ricerche sui figli del divorzio che vi sono difficoltà e dolori che rimangono silenti per anni e che emergono in età giovane adulta quando essi devono a loro volta fare la propria scelta del partner e del progetto generativo. Come non supporre, allora, che tutto questo si possa verificare anche nei figli di coppie omosessuali che vivono una ben più profonda scissione tra genitore biologico e genitore sociale o confusione identitaria nel caso del genitore che cambia orientamento sessuale? Inoltre gli strumenti self-report utilizzati nella ricerca sono rivolti prevalentemente a rilevare comportamenti adattativi o competenze specifiche (ad esempio successo scolastico) e poco ci dicono di aspetti identitari più profondi che hanno una lunga gestazione e non possono essere di certo visti nell età infantile. Occorre perciò contestualizzare i risultati ottenuti (chiedendoci ad esempio Quale aspetto del fenomeno vogliamo considerare?, Cosa intendiamo per benessere dei figli?...), soprattutto quando dai risultati provvisori ottenuti si traggono conclusioni che hanno effetti giuridico-sociali. Perciò, in buona sostanza, l invito è di usare grande cautela nella generalizzazione dei risultati delle ricerche e soprattutto di mantenere quella coscienza critica sulla specificità e limiti del tipo di ricerca che si sta conducendo in modo da evitare salti di contesto e di livello. Perché mai far dipendere una così radicale messa in questione della famiglia e della filiazione da risultati di ricerche che per loro natura ci danno informazioni parziali e richiedono ulteriori approfondimenti? E veniamo ora a quello che l esperienza clinica ci offre sul tema dell omogenitorialità. Tale fonte informativa ci può essere di aiuto non tanto a dirimere la questione, ma a comprendere meglio la posta in gioco con l avvertenza che comunque il clinico, sul piano professionale, ha il compito di accogliere i problemi che le famiglie, o anche singoli membri di essa, portano in consultazio- 99

Notizie e commenti La Rivista del Consiglio ne e di aiutarli ad affrontarle, indipendentemente dalle forme che la relazione familiare presenta. I resoconti di cui disponiamo sono prevalentemente relativi a coppie lesbiche, che sono quelle che in maggioranza si avventurano nell esperienza della genitorialità. La comunità gay infatti non è unanimemente favorevole alla scelta generativa. Alcuni la considerano una forma di omofobia internalizzata, quasi un tradimento della specificità di questo tipo di condizione. In ogni caso, quando la scelta generativa viene fatta da coppie gay, essa si presenta con caratteristiche diverse da quelle di coppie lesbiche. In questi casi infatti la scelta è molto più del singolo che della coppia. Essa mette fortemente in conflitto il sé omosessuale con il sé genitoriale, anche per via del fatto che manca l aggancio con l esperienza della gravidanza che invece è presente nelle donne lesbiche. Il passaggio alla genitorialità si presenta quindi con più evidenza come più trasgressivo, più sfidante in termini di onnipotenza, più al di là del limite. Anche il donatore è presenza più drammaticamente ingombrante. Possiamo tentare di mascherare, come oggi si tende a fare, la compravendita del corpo della donna, non chiamando tutto questo utero in affitto ma gestazione di sostegno, ma basta un po di sincerità per constatare che si tratta di un eufemismo che maschera scelte che vanno contro il fondamentale rispetto per la dignità della donna e il suo corpo. E poi cosa farne del dialogo madre-bambino che avviene già nella vita intrauterina? E tutto il tema dell attaccamento alla madre motivato anche su base filogenetica? Del resto negli stessi padri gay compare frequentemente ed esplicitamente la preoccupazione per la privazione della madre per il figlio. D altra parte il tema del partner assente, in questo caso il padre, fa breccia anche in alcuni resoconti di madri lesbiche che parlano di vissuto minaccioso di estraneità del donatore anonimo, al quale giocoforza la coppia deve ricorrere perché vi sia fecondità (e questo vissuto è presente anche nelle coppie che ricorrono alla fecondazione eterologa come già a suo tempo aveva evidenziato Marie-Magdeleine Châtel). Questa presenza intrusiva viene poi percepita secondo modalità diversificate da quella che sarà la madre biologica e quella che sarà la madre sociale. In ogni caso tale presenza rompe e turba il fantasma dell identico tipico di queste coppie, reintroducendo la differenza anatomica senza la quale, comunque la si metta, non si dà filiazione. E il problema/dramma non può essere aggirato semplicemente facendo uscire dall anonimato il donatore (in genere prezzolato) in nome della trasparenza, perché in questi casi ciò che incontrano i figli, spesso alla ricerca spasmodica dei padri utilizzando informazioni oggi più accessibili attraverso la rete, non è 100

La Rivista del Consiglio Notizie e commenti un padre ma un donatore di seme. La domanda di paternità dei figli non può essere appiattita sul piano formale della ricerca di un nome e di un volto. Ben al di là di questo, è una domanda del senso di sé come prodotto/esito di un congiungimento, di una unione. Anche sul versante della coppia lesbica l uscita dall anonimato del donatore non è senza problema. Infatti, nel momento e nella misura in cui pretende di fare da padre, egli invade il terreno della coppia omosessuale che si definisce per la scelta dell omologo e l esclusione dell eterologo. Vediamo così che, non è possibile aggirare la differenza di genere che è a fondamento del generare: anche le coppie omosessuali devono fare i conti con questa differenza che qualifica l umano. Ma il tema della differenza non può fermarsi qui: l umana generazione, diversamente dalla riproduzione animale, non può fare a meno di evocare la catena generazionale che si sviluppa dalla differenza di generazione. In quale storia generazionale si iscrive il figlio? Da chi ha preso? Che ne è della stirpe del donatore? E come viene vissuto dalle famiglie di origine? Questi temi verranno inevitabilmente a galla quantomeno a livello genetico (specie quando compare qualche malattia) e si agiteranno sempre, anche inconsapevolmente, nella vita della coppia e delle sue famiglie d origine. A questo proposito molto spesso in questi casi si fa un parallelo con l adozione. Vi è però una differenza sostanziale a proposito del segreto delle origini nell adozione e nella filiazione nelle coppie omosessuali. Nel primo caso, diversamente dal secondo, la coppia eterosessuale, che offre un corpo infecondo nel quale è presente la differenza sessuale, non sceglie di far nascere il figlio secondo la modalità prometeica omogenere. Essa sceglie di accogliere un figlio già nato (quindi dato) che, nel suo dramma, ha un abbandono e spesso un segreto d origine, ed è quindi meno esposta alla fantasia del terzo estraneo e persecutore. Inoltre il bambino fa esperienza (e quindi può introiettarla) della relazione fra due persone di sesso diverso, partecipa alla loro quotidiana relazione, cosa che non avviene nelle coppie omogeneri. Vale la pena a questo punto soffermarsi brevemente sul contributo che la riflessione psicoanalitica in questi anni ha dato a questi temi. Al proposito si rilevano posizioni differenziate. Alcuni psicoanalisti, ad esempio Claudio Risé, Giancarlo Ricci e Silvia Vegetti Finzi, riprendono la tesi classica di Freud sul triangolo edipico che è l architrave dell inconscio. Il bambino acquisisce la sua identità attraverso un processo di identificazione che coinvolge tanto la psiche che il corpo sessuato dei genitori: l aspetto simbolico è perciò strettamente collegato a quello anatomico/corporeo. Per un corretto sviluppo del bambino perciò il riferimento al pa- 101

Notizie e commenti La Rivista del Consiglio dre e alla madre è essenziale. Afferma Claudio Risé: La madre è indispensabile per nascere e entrare nella vita. Il padre per crescere ed entrare nel tempo e nella storia. Entrambi per vivere ed imparare ad amare ed essere amati (pag. 178). Ma oggi questo non è condiviso da tutti gli psicoanalisti. Alcuni infatti, ad esempio Vittorio Lingiardi e Antonino Ferro, parlano di funzione materna e paterna che possono essere esercitate prescindendo da qualsiasi riferimento al corpo sessuato e quindi essere esercitate anche da coppie dello stesso sesso (e qui si vede l influenza delle teorie del gender di tipo radicalmente costruttivista). Così l Edipo viene reinterpretato come un puro gioco astratto di posizioni e l essenza della genitorialità viene identificata nella qualità della relazione indipendentemente dalla biologia dei genitori. Per sostenere tale tesi spesso si usa una falsa alternativa. Chi è il vero genitore, quello che mette a disposizione la propria biologia o quello che fornisce cure? In realtà la risposta non è e non dovrebbe essere fatta di o... o ma di e... e. Inoltre questo discorso va ampliato in senso generazionale. Come evidenzia la prospettiva di lettura dei legami familiari che va sotto il nome di modello relazionale-simbolico, messa a punto da Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli, il soggetto umano per il suo sviluppo identitario ha bisogno non solo di cure ma anche di sapersi generato, e sapersi generato vuol dire sapersi frutto dell incontro tra tre fondamentali differenze: quella tra generi (uomo-donna), tra generazioni (differenza gerarchica) e tra stirpi (la genealogia materna e paterna). Questa prospettiva sottolinea come la generatività abbia a che fare con il tema dell origine. Generare è altra cosa rispetto a riprodurre, ma anche rispetto ad allevare, accudire, e persino educare. Il generare non può essere ridotto a più o meno buone pratiche di allevamento, di qualità della relazione e di competenze (cose che peraltro hanno una loro evidente importanza). Il figlio, per strutturare la propria identità, ha bisogno non solo di avere buone relazioni con i membri della sua famiglia, ma di riconoscersi nel suo punto di origine che è sempre frutto di uno scambio tra quel padre e quella madre che lo hanno generato (e che sono a loro volta generati) e che gli consentirà di inserirsi in una storia intergenerazionale e sociale che lo renderà a propria volta generativo. In questo senso i termini dell attuale dibattito sullo sviluppo dei bambini figli di coppie omogeneri sono mal posti. Non si tratta tanto di dimostrare o confutare che essi ricevono buone e competenti cure (perché mai le coppie omosessuali non dovrebbero essere in grado di fornirne?) e, dalla risposta a questo quesito, di legittimare questa modalità di generare. La domanda è di ti- 102

La Rivista del Consiglio Notizie e commenti po diverso: come e a quale prezzo può strutturarsi e svilupparsi nel figlio un identità con un vuoto ed un oscuramento dell origine? Questo interrogativo è un appello a guardare in faccia i problemi che questi tipi di filiazione portano con sé e a non evitare o sottovalutare la responsabilità da parte di chi fa scelte di questo tipo. Il tema dell omogenitorialità, che comporta necessariamente il destino dei generati, non può essere posto esclusivamente nei termini dell eguaglianza di opportunità e del diritto degli adulti, eludendo il tema della responsabilità che sempre le generazioni precedenti hanno su quelle successive. La società odierna pare avere smarrito il senso dell unità della persona umana che abita un corpo vivente nel quale si articolano indissolubilmente il biologico ed il simbolico. Tale unità non vuol dire di certo automatica armonia: sappiamo infatti che itinerari a volte complicati accompagnano il passaggio dal nascere maschio o femmina al divenire uomo o donna. Ma pensare di risolvere il problema sganciando il biologico dal simbolico e preconizzare una società fatta di ibridazioni, trans-genere, post-madre e post-padre, porta, come sostiene Janine Chasseguet-Smirgel a nuove e drammatiche forme di rischio generativo. Bibliografia CHASSEGUET-SMIRGEL J. (2005). Il corpo come specchio del mondo. Milano: Raffaello Cortina. CHâTEL M.-M. (1995). Il disagio della procreazione. Milano: Il Saggiatore. CIGOLI V., SCABINI E. (2013). Sul paradosso dell omogenitorialità, Vita e Pensiero, 3, pp. 101-112. LINGIARDI V., CARISTO N. (2011). Essere genitori (omosessuali), ina. SCHU- STER (a cura di), Omogenitorialità. Filiazione, orientamento sessuale e diritto (pp. 13-24). Milano-Udine: Edizioni Mimesis. RICCI G. (2013). Il padre dov era? Le omosessualità nella psicanalisi. Milano: Sugarco. RISé C. (2013). Il padre. Libertà, dono. Milano: Edizioni Ares. SCABINI E., CIGOLI V. (2000). Il famigliare. Legami, simboli e transizioni. Milano: Raffaello Cortina. SCABINI E., CIGOLI V. (2012). Alla ricerca del famigliare. Il modello relazionale-simbolico. Milano: Raffaello Cortina. 103