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Transcript:

Ipsos Retail Solutions Ipsos Italy 04/02/2015 n. 1, Febbraio 2015 Editoriale di Carlo Oldrini Il primo numero del 2015 della nostra newsletter coincide con un nuovo formato, un po più moderno nello stile, ma anche ripensato nei contenuti. Da quest anno, infatti, oltre ad un nostro punto di vista sugli avvenimenti più rilevanti dell attualità economica, troveranno spazio anche interventi di professionisti che sono in contatto con Ipsos e che arricchiranno il nostro periodico, pur mantenendo la focalizzazione su tutti gli aspetti che riguardano il mondo dei retailer nel nostro Paese. Nuova veste per Ipsos Retail Solutions Newsletter Troviamo quindi oggi un intervento di Andrea Alemanno e Fabio Era (Ipsos Public Affairs) su uno dei trend di consumo più sorprendenti che stiamo studiando; Filippo Genzini ci illustra poi la posizione di alcuni grandi gruppi in tema di Responsabilità Sociale, sempre più elemento fondante dell immagine di Marca; a conclusione Nikos Kotoulas ci illustra i risultati di una indagine appena condotta sui motivi di infedeltà alle insegne della GDO da parte dei consumatori Italiani. Buona lettura! In questo numero Punto di vista pag. 1 La sharing economy e gli italiani pag. 2 Responsabilità sociale pag. 4 Da cosa nasce l infedeltà dei clienti nella GDO? pag. 9 Punto di vista Il calo del prezzo del petrolio ha determinato una riduzione percepibile del prezzo dei carburanti alla pompa e i consumatori se ne sono accorti. Il 15% del prezzo finale di un prodotto di largo consumo fresco è costituito dal trasporto, ci si potrebbe quindi aspettare un calo dei prezzi di alcuni prodotti. Non credo che succederà, alcuni ci diranno che la filiera doveva rientrare dei margini persi nei lunghi mesi della crisi, altri diranno che il calo dei prezzi è pericoloso e costituisce un segnale di deflazione. Non c è nulla di male se le imprese fanno ogni tanto dei margini imprevisti. Ma visto che per i consumatori non ci sarà da sorridere speriamo solo che le risorse impreviste vengano impiegate per migliorare l efficienza delle filiere. 1

La sharing economy e gli italiani: un nuovo modo di consumare e di acquistare A cura di Andrea Alemanno e Fabio Era L economia della condivisione sta incidendo sulle modalità di consumo degli italiani, non solo sui consumi stessi. Si basa su tre fondamenti: risparmio economico, valore morale e innovazione sociale. Le potenzialità di crescita sono elevate ma per favorirne la diffusione è necessario sia far evolvere l approccio, sia i canali e le piattaforme distributive, non solo web based. La crisi economica che sta interessando il nostro Paese ha spinto la maggior parte degli italiani a modificare le proprie abitudini di consumo: tra quelli che hanno modificato le spese, 2 rispondenti su 3 le hanno ridimensionate. Ma oltre al ridimensionamento dei consumi si sono affermate nuove modalità di consumo, e nuovi canali di consumo, che guadagnano consenso ed uso giorno dopo giorno: ride sharing, car sharing, condivisione della casa, bike sharing, gas. Anche tra chi non le ha mai provate, solo una minoranza le considera destinate a restare fenomeni di nicchia: il 57% degli intervistati prevede infatti una forte diffusione del ride sharing, il 47% ritiene che l house sharing crescerà nel prossimo futuro, mentre i settori che sembrano avere maggiori potenzialità, almeno nella testa degli italiani, sono il coworking e il car sharing, citati rispettivamente dal 61% e dal 53% degli intervistati. Senza dimenticare i gas, sia auto-organizzati dai consumatori stessi, sia dai produttori o da alcuni intermediari che tendono a professionalizzare sempre più il servizio. L Italia sembra essere la culla perfetta per lo sviluppo della sharing economy come testimoniano i risultati delle ricerche di Ipsos, commissionate da Airbnb, BlaBlaCar e Enjoy, che hanno fotografato il fenomeno della economia della condivisione nel nostro paese. Infatti la condivisione, con i suoi risvolti relazionali e sociali, è estremamente connaturata allo spirito italiano, ed unita alla necessità di risparmiare sembra in grado di vincere molte resistenze, per lo più legate alla diffidenza ed all avversione al rischio. Il 75% degli intervistati ha sentito parlare di sharing economy e, tra coloro che conoscono questo fenomeno, il 67% lo identifica soprattutto con i beni e servizi (ride sharing, condivisione della propria casa, bike sharing, ecc.), mentre solo il 21% lo associa più che altro ad un tema di vantaggio economico, segno che questo non è prioritario nell immaginario collettivo. L immagine della sharing economy è positiva presso gli italiani: un 11% si dichiara già utilizzatore, il 31% è interessato a utilizzarla e solo il 27% è invece chiuso e negativo verso il fenomeno, mentre il restante 31% sta alla finestra : non è né entusiasta ma nemmeno così critico. 2

Le motivazioni fondamentali che spingono all adesione alla sharing economy cambiano a seconda dei profili degli utenti: il bisogno parla agli utilizzatori anonimi, ossia i più marginali e ai pragmatici, i risparmiatori per natura che ricercano soprattutto una nuova stabilità economica; la sfida anima gli avventurieri, chi ha voglia di provarsi in situazioni nuove, e ama anche un po il rischio ed i sociali, che cercano la condivisione soprattutto per fare nuove esperienze relazionali tutti costoro mirano a una crescita a livello sociale ed esperienziale; gli ideali parlano invece agli educatori, ossia coloro che vogliono migliorare il mondo ma non da soli e ai valoriali, che contrappongono il consumo responsabile allo spreco che aspirano a un percorso che implichi responsabilità sociale e sostenibilità ambientale. I profili si collocano in una linea evolutiva di crescita personale passando dal focus individuale a quello interpersonale e infine a quello collettivo. Ma a parte i motivi che animano coloro che si sperimentano nella sharing economy, quali sono i pilastri che la sostengono? Secondo il 38% degli intervistati, convenienza e risparmio sono due elementi chiave che descrivono e connotano la sharing economy, il 26% la associa soprattutto alla sostenibilità ambientale mentre per il 22% rappresenta un innovazione sociale. Se da un lato la crisi e la necessità di far quadrare il bilancio familiare hanno certamente agevolato le pratiche di sharing, dall altro la leva economica, pur preminente, non è la sola alla base della diffusione del fenomeno. La novità e l innovazione, la socialità ma anche la sostenibilità ambientale e l etica implicite nella condivisione di beni e servizi, sono le determinanti emergenti, che possono sostenere la sharing economy una volta superata la crisi. L economia della condivisione appare quindi una delle risposte più efficaci all attuale crisi economica ma, per diffondersi in modo più ampio, richiede due elementi fondamentali. Da una parte sono necessarie efficienti piattaforme di sharing, che uniscano efficienza e rassicurazione dell utente. Dall altra è fondamentale una sempre maggiore focalizzazione sul valore sociale ed etico generato dalla condivisione stessa, piuttosto che sulla mera quantità, altrimenti rischia di avere gambe deboli ed il fiato corto una volta che l economia tornasse ad avere una dinamica più tranquilla. E proprio il caso di dire che bisogna riuscire a fare della necessità una virtù! (*)Nota. Ricerca La Sharing Economy Ipsos La ricerca ha cercato di descrivere la situazione del nostro Paese attraverso un indagine quantitativa su un campione rappresentativo della popolazione italiana dai 18-64 anni, composto da 1000 individui e un indagine qualitativa effettuata su 2 focus group composti da 8 partecipanti ciascuno con età compresa tra i 20 e i 55 anni, 50% uomini e 50% donne, tutti utilizzatori abituali di internet. 3

Responsabilità sociale A cura di Filippo Genzini La fase storica, sociale ed economica in cui ci troviamo evidenzia un crescente atteggiamento critico da parte del pubblico nei confronti delle aziende (per non parlare delle istituzioni!). Tendenza che riguarda sia il mondo dei prodotti di marca che il retail. Tuttavia per le insegne distributive, ma anche per le catene della ristorazione veloce, la possibilità di creare una relazione di lungo periodo con i propri clienti è condizionata in misura considerevole dall immagine, dal posizionamento e dal rapporto di sintonia d intenti costruiti nel tempo. Che dipendono quindi oggi molto più che in passato dal modo in cui l azienda interagisce con l ambiente, il contesto sociale in cui opera e i valori etici che promuove. Di qui una grande attenzione da parte dei principali player del settore rivolta a iniziative nell ambito della responsabilità sociale. Vediamo nel dettaglio qualche filone di attività coerente con l orientamento del pubblico. 1) Rifiuto degli sprechi e rivalutazione del riciclo. H&M raccoglie e ripropone abiti usati, proprio come ha fatto Ikea in Norvegia dove, nel corso di una campagna promozionale, ha consentito ai clienti di vendere il mobilio usato, 4 promozionato per alcuni giorni anche attraverso la sua pagina Facebook, trasformata per l occasione in un mercatino delle pulci. Se il mercato della moda americana vale 520 miliardi di dollari, il 50% è di articoli femminili, il 30% dei quali non sono mai stati indossati. Un altro terzo è stato usato poche volte. Un ampio inventario di capi di abbigliamento che potrebbero entrare nel mercato in pieno sviluppo del re-commerce. Nel mondo brick & mortar il fenomeno è consolidato. Famoso Children s Orchard, un franchising di riciclo di articoli in buone condizioni per l infanzia, nato negli anni 80 e sviluppatosi poi con Style Trader nel mercato degli adolescenti e degli adulti. Poshmark, invece, è un portale basato su una piattaforma che sfrutta la capacità degli smartphone di fare e trasmettere foto, per popolare gli scaffali di un sito che propone anch esso abbigliamento di seconda mano. Oggi sono almeno 60 gli e-retailer in questo segmento. Tanto nel mondo offline che in quello online gli articoli possono essere venduti, regalati al negozio, oppure dati in conto vendita. Alcuni operatori trattano solo articoli di lusso, altri quelli che hanno superato una selezione, altri ancora qualsiasi offerta postata dall utente, relativa a capi mai usati o

usati poco. Il successo del re-commerce dipende dalla possibilità di recuperare denaro per finanziare altri acquisti così come dal desiderio che qualcun altro utilizzi capi di cui si desidera liberarsi ma ai quali in qualche modo si è affezionati. E quindi diffusa la pratica di raccontare la storia personale legata a ciascun capo. Accanto all utenza privata sono presenti nei siti anche professionisti della ricerca, selezione e acquisto di occasioni in giro per il mondo. Così, se da Poshmark in media un utente propone in vendita 19 articoli, c è chi ne ha anche 3.500. E spesso il venditore crea delle relazioni durature con il proprio pubblico, diventando una sorta di guru in grado di influenzarne le scelte. Se il fenomeno è recente, esiste già una segmentazione piuttosto accentuata. I siti posizionati sul lusso sono Vaunte, The Real Real, Portero, Shop Hers, Covetique, Designer Social. Quelli orientati al vintage Refashioner, Wiseling, Byronesque, Nifty Thrifty. La formula della merce in deposito si trova da S.I.N.N., Closet Rich, Fashionably Yours e Twice. Il baratto si esercita da Bib + Tuck, 99 Dresses, Closet Dash, Charity Focused, I-Ell e WebThriftstore. Infine, gli specializzati: Bootleg Market per le scarpe, Bag Borrow e Steal per le borsette, Nearly Newlywed e Hustle Your Bustle per abiti da cerimonia, Swap e thredup per i bambini, capi in regalo da Copious. 2) Attenzione alle condizioni di lavoro nonché allo sfruttamento delle risorse e dell ambiente. Dopo i luttuosi incidenti sul lavoro accaduti in Estremo Oriente, sono stati molti i distributori che hanno adottato criteri più restrittivi nella selezione dei fornitori. A partire da Walmart che ha annunciato una politica di tolleranza zero nei confronti delle deviazioni dai suoi standard globali di produzione, aggiungendo 5 vincoli severi in materia di subappalto. I fornitori devono altresì assicurare che un proprio dipendente lavori presso ciascun subappaltatore, per controllare il rispetto delle norme di sicurezza. Tutti gli stabilimenti produttivi appartenenti ai fornitori del colosso americano, poi, vengono sottoposti a nuovi controlli relativi all adeguatezza degli impianti elettrici e delle norme di sicurezza. Food Lion ha implementato una politica di sostenibilità per la categoria del pesce, che comprende 1.000 referenze tra quelle fresche, surgelate o in scatola. Obiettivo la protezione delle specie e la garanzia di un allevamento responsabile. Per festeggiare la partenza del progetto sono stati donati 9.000 confezioni di prodotto a banche alimentari in tutti gli Stati Uniti. Tra gli standard rispettati la piena tracciabilità del prodotto assicurata dai fornitori, la scelta di quelli che se praticano la pesca in mare aperto si sono attrezzati con reparti scientifici in grado di bilanciare i volumi pescati con la conservazione della popolazione marina necessaria per garantire il fabbisogno futuro, la certificazione che i vivai non danneggino le comunità in cui sono inseriti, i lavoratori, l ambiente e la salute. La garanzia sulla gestione responsabile dei fornitori è affidata al Gulf of Maine Research Institute. McDonald s si sta ponendo nuovi ambiziosi obiettivi per tutto ciò che riguarda la filiera degli ingredienti utilizzati, la salubrità dei piatti offerti e il modo migliore per dialogare con un pubblico sempre più attento agli aspetti sociali

e ambientali. La strategia da qui al 2020 si fonda su cinque aree che vanno dal cibo, alle fonti di approvvigionamento, il pianeta, la gente e la comunità. Obiettivi ambiziosi che possono lasciare il segno, considerando i 35.000 ristoranti gestiti, il numero di fornitori coinvolti e l impatto sull ambiente. Nei quali peraltro si sono già cimentati alcuni concorrenti, come per esempio Chipotle Mexican Grill il cui claim è food with integrity. I risultati che McDonald s desidera raggiungere sono la certificazione da parte di un gruppo ambientalista che tutto il packaging in fibra è riciclato, alzare dal 36 al 50% la percentuale di riciclo nei ristoranti, raddoppiare la quantità venduta di frutta, verdura, latticini a basso contenuto di grassi e farina integrale, ridurre la percentuale di sodio, zucchero, grassi saturi e calorie in tutti i menù, acquistare olio di palma e caffè solo da fornitori certificati per la coltivazione sostenibile. McDonald's è membro del Conservation International Business and Sustainability Council dalla sua costituzione nel 2003 e tra i fondatori del Global Roundtable for Sustainable Beef. A inizio anno la società ha annunciato di voler sviluppare criteri globali per supportare l allevamento sostenibile della carne bovina e di volere cominciare ad acquistarla a partire dal 2016. Un buon principio visto che la catena è già responsabile di quasi il 2% degli acquisti su scala mondiale di questa importante materia prima. L impegno di McDonald s non è ovviamente solo quello di ottenere il consenso presso i propri fornitori, quanto piuttosto di far comprare il proprio disegno di riposizionamento strategico ai dipendenti e ai franchisee. Un passo indispensabile per riverberare lo sforzo realizzato sulla clientela. 3) Desiderio di privilegiare il territorio e l economia locale. Sempre Walmart è impegnata in corsi di formazione per 70.000 dipendenti che lavorano nel reparto ortofrutta. Perché siano sempre più in grado di garantire la qualità a livello locale e lavorare gomito a gomito con i fornitori, visto che entro il 2015 l insegna vuole raddoppiare la quantità di frutta e verdura vendute prodotta in loco. Per favorire gli agricoltori locali e la tendenza a privilegiare prodotti a chilometro 0. Zady si contrappone invece al concetto di fast fashion usa e getta proponendo uno stile senza tempo e prodotti sostenibili prodotti a mano da artigiani e con risorse locali. Il sito, dove compaiono tutti i capi proposti, dispone di una mappa interattiva che mostra in modo trasparente da dove provengono le materie prime, la localizzazione degli stabilimenti e i negozi dove si possono acquistare i prodotti, ovvero abbigliamento e articoli per la casa. Di ciascun viene raccontata anche la storia che ha portato alla sua realizzazione. Coerentemente con i propri principi Whole Foods ha cominciato a estendere la sua presenza in alcuni dei quartieri più difficili da servire degli Stati Uniti, all interno di una strategia di crescita che la porterà ad aprire oltre 1.000 punti di vendita cittadini di prossimità, in mercati che non avrebbe mai preso in considerazione solo 10 anni fa. Come Brooklyn, Boise, il centro di Detroit o Englewood, sobborgo problematico di Chicago dove si propone di diventare accessibile alla massa del pubblico che ancora non conosce la sua offerta, aiutandolo ad adottare uno stile alimentare più sano. In queste piazze il management è impegnato a concentrarsi su iniziative mirate alle esigenze della comunità locale, offrendo prodotti selezionati attentamente a prezzi più bassi, la maggior parte appartenenti alla linea di prodotto 365 6

Everyday Value, e il fresco prezzato non a peso ma a pezzo. Ma anche accettando i coupon alimentari del servizio regionale di assistenza ai redditi più bassi. Inoltre, in ogni comunità, la catena cerca di svolgere un ruolo attivo. A Englewood, per esempio, la sua Whole Kids Foundation ha donato un assegno di 20.000 dollari da destinare alla coltivazione di orti nelle scuole pubbliche della cittadina. La società si è poi impegnata a collaborare con il college poco distante dal punto vendita e a offrire 100 posti di lavoro ai residenti. 4) Rispettare la diversità e le minoranze. Sempre Walmart, in concomitanza con la festa della donna, ha lanciato sul proprio sito web una linea di prodotti provenienti da piccole aziende create da imprenditrici, quale ulteriore segnale del suo desiderio di posizionarsi come leader nel sostegno all indipendenza economica dell universo femminile. La sezione del sito, chiamata 'Empowering Women Together ospita dai gioielli alle borse per ipad, dal caffè in grani all abbigliamento. I prodotti provengono al momento da 9 paesi tra i quali la Cambogia, Haiti e gli Stati Uniti. Le referenze poi fanno parte dello Store for Good, perché la loro vendita reca benefici ai produttori, ai clienti e all ambiente. Non a caso in futuro vi saranno inseriti anche prodotti ecologici e cibi salutistici. La sezione dedicata allo Store for Good è segnalata nella pagina principale di Walmart.com e riguarda al momento solo la vendita online. Tra i partner del progetto Full Circle Exchange e Global Goods Partners, organizzazioni no-profit che vendono prodotti realizzati da aziende guidate da donne. La catena di grandi magazzini di lusso Barneys, invece, ha lanciato nel recente passato una campagna chiamata 'Brothers, Sisters, Sons & Daughters il cui soggetto sono brevi video in cui 17 transgender raccontano origini ed esperienze. Una provocazione coerente con il posizionamento dell insegna, interessata all aspetto umano dei propri clienti così come ai cambiamenti sociali. L idea è nata dall osservazione dei progressi compiuti nel corso degli ultimi anni in termine di integrazione da parte di lesbiche, gay e bisex, fenomeno che tuttavia ha in qualche misura lasciato indietro proprio i transgender, quarta componente del segmento LGBT, da tempo sotto la lente d ingrandimento delle aziende americane in quanto numericamente consistente e portatore di un vissuto e di valori molto specifici. Per questa campagna Barneys ha collaborato con il National Center for Transgender Equality e il LGBT Community Center. 5) Trasformare le occasioni di consumo in solidarietà per i bisognosi. Toms, ha replicato il suo modello di business di successo nel mercato delle scarpe e degli occhiali anche in quello del caffè. Se nei casi precedenti regalava paia di scarpe (10 milioni) e visite oculistiche (200.000 persone che hanno riacquistato la vista), ora finanzia pozzi d acqua potabile con la vendita di pacchi di caffè. Ogni pacchetto Toms Roasting Company venduto finanzia una settimana di consumo d acqua per una persona bisognosa. Ogni tazzina di caffè venduta nella rete delle caffetterie e negozi Toms un giorno d acqua. 7

Il modello, mutuato da Warby Parker e Baby Teresa, ha avuto applicazioni anche presso grandi aziende come Neiman Marcus e General Mills le vendite della cui marca di snack alla frutta Betty Crocker sono associate all acquisto di computer per i bambini dell Africa. Secondo la Stanford Social Innovation Review questo modello può essere replicato infinite volte, anche se i nuovi venuti non potranno sfruttare più di tanto la cassa di risonanza della novità, mentre il rischio di giocarsi la reputazione aumenta al crescere delle repliche. L efficacia di queste strategie di posizionamento nell ambito della responsabilità sociale avranno tanto più successo quanto più sono coerenti con il business dell azienda, i prodotti venduti ma, soprattutto, la sua cultura intrinseca, che si manifesta anche attraverso le decisioni e i comportamenti di ogni giorno della proprietà, del management e del suo personale. A maggior ragione, perciò, risulta indispensabile monitorare giorno dopo giorno l evoluzione della sensibilità del pubblico e misurare poi nel tempo le modifiche dell immagine percepita a livello globale e nei suoi elementi distintivi. E a quelle aziende che si occupano di ambiente, sociale e territorio ma, non avendo obiettivi di marketing specifici sottesi, trovano più fine non farlo sapere, dico che forse è il caso di ripensare a questa posizione e permettere al pubblico di avere una visione a 360 della personalità dell insegna. Che nel remoto e non auspicabile caso di una situazione di crisis management può aiutare a rendere tutti più comprensivi. 8

Da cosa nasce l infedeltà dei clienti nella GDO? A cura di Nikos Kotoulas Da tempo ci diciamo e ridiciamo che non si dovrebbe parlare di fedeltà, concetto semplicistico e fin troppo riduttivo, come d altronde quello di consumatore. Questo, oggi, non ti perdona nulla. E anche quando non ha particolari motivi d insoddisfazione, trova comunque occasione di tradire la propria Insegna di riferimento per la spesa. Si può dire che l occasione, che sia legata a una promozione, alla disponibilità, alla qualità di un prodotto, di una categoria o ad altri motivi ancora, fa lo shopper fedifrago: difatti si parla di fedeltà poligama dei clienti della GDO. Ma esploriamo più in profondità le tentazioni esterne e le ragioni d insoddisfazione che indeboliscono il legame con l Insegna, con conseguenze sulla frequenza di visita e sullo share of wallet per specifiche categorie, oltre che sul percepito d immagine e sulla raccomandazione tramite passaparola. Abbiamo intervistato 250 shopper tra Milano e Roma per raccogliere le loro esperienze e alcune confessioni sono estremamente significative nel farci capire come sia sempre più difficile acquisire un nuovo cliente, ma allo stesso tempo sempre più facile perderne uno. L 85% degli shopper ha, infatti, almeno una ragione di insoddisfazione nei confronti del punto vendita abituale con i giovani (sotto i 35 anni), particolarmente esigenti e critici. E quindi indubbia la necessità di conoscere come siano avvenuti questi cortocircuiti nella relazione con - quasi la totalità della clientela. Un giovane impiegato di Milano, ci dice: Rimango sempre deluso del supermarket di via xxx a Milano. Gli scaffali sono poco forniti di prodotti di marca e quelli in promozione terminano subito. Il personale è scortese e maleducato, soprattutto al reparto salumi e formaggi. Gli ambienti sono sporchi e tocca fare lunghe file alle casse. In poche righe si condensa un esperienza negativa che tocca diversi ambiti: assortimento, personale, ambiente e servizio. Tutti aspetti che vengono confermati a livello più esteso: il 13% degli shopper lamenta il caos del punto vendita, ma anche la scarsa pulizia dei locali, mentre l 8% ha da ridire sul personale e il servizio alla cassa. I giovani, particolarmente insofferenti rispetto alla confusione e all affollamento, si lamentano poi degli orari di apertura che poco incontrano i loro bisogni. C è però anche chi, su questo tema, è soddisfatto Apprezzo molto l orario di chiusura alle 22.00 e, in più, dopo le 20.00 c è il 10% di sconto!. Anche piccoli episodi - e soprattutto come questi vengono gestiti dall Insegna - possono colpire i clienti, tanto da rimanere vivi nei ricordi: Sono rimasta delusa dal mio supermercato una volta che ho assistito a una brutta sceneggiata in cui venivano riprese 2 cassiere in malo modo perché, forse, avevano fatto una pausa troppo lunga. E ancora Ho visto un vigilantes che litigava inveendo contro un ragazzo: aldilà del fatto commesso, mi sono sentita meno sicura in quel supermercato per la reazione spropositata del vigilantes!. 9

Episodi che possono riguardare gli atteggiamenti del personale, la disponibilità e la preparazione il commesso mi ha detto che era lì da poco perché interinale, quindi di chiedere al punto accoglienza. Oppure la flessibilità: Riguardo un cambio prodotto, siccome la confezione non era integra -secondo i loro criteri- non volevano farmi il buono ritirando il reso. Lo shopper di oggi è estremamente sensibile, direi insofferente, verso qualsiasi inefficienza: il punto vendita è caotico a causa delle operazioni di scarico e carico merci, in quanto i carrelli e gli attrezzi per questa esigenza impediscono il flusso dei clienti e a volte impediscono addirittura la vista dei prodotti. Lo spirito ipercritico permette però di trarre spunti utili anche su questi particolari della vita di tutti i giorni. Piccolezze magari agli occhi dei più, ma evidentemente importanti per il cliente - tanto da parlarcene - e che possono aprire la strada a riflessioni sui processi, su servizi più attenti ai bisogni (evitare il riassortimento in orari di punta?) e sull innovazione (carrelli-merce più stretti, meno ingombranti?). Un terzo delle ragioni di disamoramento verso la propria Insegna dipendono, invece, dai prodotti, sia che si tratti di assortimento (19%), sia di qualità della merce (13%). Sul primo punto la mancanza a scaffale del prodotto desiderato ha impatti negativi sia sul lato pratico (leggere: mi tocca tornare o cercare altrove, quindi perdere tempo), sia sul versante emotivo (un desiderio che sfuma, un aspettativa che cade). Mi è capitato di andare lì e che fossero finiti diversi dei prodotti che stavo cercando per fare la spesa "grossa". Mi sono sentita scocciata perché sarei dovuta tornare e perdere tempo. Sono rimasta delusa in particolare quando cercavo del muesli visto in tv da mesi e loro, pur essendo un grande super, non ne erano provvisti! Lo shopper attento matura aspettative sull assortimento, ancor più se si tratta di offerta online Per quanto riguarda i prodotti di bellezza, invece di ampliare la gamma dei prodotti disponibili per la spesa online, negli ultimi mesi ho visto una diminuzione. Quando si tratta di qualità, arrivano le note dolenti, soprattutto per il fresco e il freschissimo. Carne, pesce poco freschi o, peggio, avariati. Prodotti scaduti, latticini con la muffa. Frutta e verdura che non valgono il loro prezzo. Deficit nell assortimento, pecche nella qualità: tutto ciò comporta che ben oltre la metà degli intervistati ci dichiara di aver tradito, negli ultimi mesi, il proprio punto vendita abituale per motivi legati a specifiche categorie di prodotto. Il 9% per prodotti per la casa, l 8% per la carne e sempre l 8% per i surgelati, mentre frutta/verdura e pesce rappresentano rispettivamente il 4% e il 5%. Infine, è il tema dei prezzi e delle offerte che scalda maggiormente gli animi, sollevando critiche da parte della metà e più degli shopper. Mentre il 17% lamenta prezzi troppo alti o uno sconveniente rapporto qualitàprezzo, sono le offerte e le promozioni che infervorano gli animi. L oggetto della discordia, che riguarda ben il 32% dei clienti, nasce dal confronto con offerte migliori, se non addirittura dalla credibilità delle stesse: A volte le offerte non corrispondono a verità: praticamente viene aumentato il prezzo per fare le offerte!, I prezzi in offerta corrispondono ai prezzi pieni di 6 mesi fa 10

Il sistema delle promozioni può presentare zone d ombra che, se non gestite, soprattutto con il buon senso ci viene da dire, possono rivelarsi un arma a doppio taglio: Il mese scorso volevo utilizzare un buono sconto dato da una promoter, ma non mi è stato fatto utilizzare perché il prodotto era in offerta: mi sono sentito molto deluso!. Ho comprato dei prodotti sotto l'etichetta "offerta", arrivata in cassa sono passati a prezzo intero, ho chiesto il rimborso e volevano "accreditarmi" dei punti sulla carta fedeltà al posto del rimborso monetario. Immaginatevi il mio disappunto per l indicazione di un prezzo scontato ma la cui promozione cominciava il giorno seguente! A fronte di queste ragioni d insoddisfazione, abbiamo chiesto agli shopper di razionalizzarle in un elenco che riportasse, in ordine d importanza, le motivazioni che hanno spinto e spingono a cambiare la propria Insegna di riferimento per la spesa La leva principale, per il 44% dei clienti, è sempre quella economica, declinata in promozioni (30%) e prezzi più bassi (13%). Soprattutto gli uomini, sotto i 35 anni, risultano sensibili al prezzo, mentre le promozioni sono rilevanti trasversalmente su tutti i target. Clienti degli Iper e dei discount danno, ovviamente, ancora più importanza al borsellino. Seguono, come driver dell infedeltà, gli aspetti legati al prodotti (18%) e al punto vendita (17%, dove la prossimità con l abitazione/lavoro è determinante). Sul primo aspetto, l assortimento è leva per il cambiamento per l 11%, più ancora rispetto alla qualità (7%). Cosa che però si ribalta per gli shopper più giovani, che attribuiscono maggior importanza a quest ultimo aspetto (13%). Ma cosa si intende per assortimento? Più ampiezza e profondità, più novità, più marche premium, presenza di categorie diverse (abbigliamento, cancelleria, ecc.)? Sicuramente la sicurezza di trovare i prodotti abituali, congiuntamente con una maggior varietà di scelta. Oggi, il consumatore è quindi disilluso, accorto, attrezzato. Come ci dice un impiegata di 53 anni sono in grado, grazie al motorino, di girovagare da un supermercato all altro pur di acquistare buoni prodotti a prezzi inferiori!. Alla luce di queste evidenze e ripensando a quanto si è detto in apertura sulla fedeltà del cliente, viene da pensare che forse lo shopper vive, oggi, il rapporto con l insegna abituale come una convivenza opportunistica. Capire quindi le ragioni - i perché - dietro scelte, i bisogni e le attese degli shopper, ma anche i piccoli episodi di cortocircuito nella relazione con l Insegna, diventa fondamentale ed è quello in cui crediamo in Ipsos Retail Solutions. Limitarsi alla lettura, pur approfondita, dei comportamenti dalla Carte è limitante un po come, perdonate l iperbole, pensare di capire il proprio partner, le sue difficoltà e i suoi desideri, sulla base di cosa vi ha preparato per cena. Ascoltare invece i propri clienti, come d altronde si ascolterebbe il proprio partner, è il vero passo in avanti verso una maggiore considerazione e restituita fiducia, magari fedeltà, da parte degli stessi. 11