ASSISTENZA Accanto al bambino che muore I 10 diritti imprescindibili nella presa in carico specialistica del bambino fissati dalla carta di Trieste Papagna, S.*, Foschino Barbaro, G. M.* In occasione del XXI Congresso nazionale della Società Italiana Cure Palliative (SICP), tenutosi ad Arezzo dal 9 al 12 ottobre 2014, è stata presentata la Carta dei diritti del bambino morente. Carta di Trieste, promossa dalla Fondazione Maruzza Lefebvre D Ovidio Onlus con il contributo di un gruppo di lavoro multidisciplinare costituito dai maggiori esperti del settore. Le cure palliative pediatriche comprendono la presa in carico attiva e totale del corpo, della mente, dello spirito del bambino con malattia inguaribile ma anche il sostegno alla sua famiglia (OMS 1998). Assistere dei pazienti con malattia inguaribile significa prendersi cura di quello che viene chiamato dolore totale, ovvero la sofferenza non solo fisica, ma anche psicologica, emotiva, spirituale, esistenziale e sociale, sperimentata sia dal paziente che dalla sua famiglia (Guarino, 2006). Sono molteplici le componenti che intervengono sul dolore totale: da quella fisica, strettamente legata ai sintomi e, in alcuni casi, agli effetti collaterali delle terapie, a quella psichica e sociale. I vissuti del bambino si intrecciano con i vissuti dei genitori e dell intero nucleo familiare, ma anche con quelli dell equipe curante, facendo sì che sulla qualità di vita percepita dal bambino intervengano una grande quantità di fattori, sebbene con un peso variabile. Le cure palliative hanno inizio nel momento in cui viene diagnosticata la malattia e continuano a prescindere dal fatto che il bambino riceva o meno un trattamento curativo diretto alla malattia di base. Esse comprendono il controllo del dolore e degli altri sintomi legati alla malattia, ma anche la gestione dei problemi psicologici, sociali e spirituali dei pazienti. Lo scopo fondamentale di questo tipo di assistenza, dunque, è quello assicurare al bambino e alla sua famiglia la migliore qualità di vita e di benessere psicologico possibile, nonostante la condizione critica sia a livello fisico che psicologico (Wolfe, Friebert e Hilden, 2002). Secondo la Association for Children with Lifelimiting and Terminal Illness e il Royal College of Paediatrics and Child Health (2003) è possibile distinguere quattro categorie di bambini che possono avere bisogno di cure palliative: bambini con patologie per le quali esistono dei trattamenti specifici, ma non sempre efficaci (ad es. tumori). In questo caso, le cure palliative si rendono necessarie quando i trattamenti falliscono; bambini le cui patologie costituiscono una minaccia alla vita già in età precoce, ma trattamenti adeguati possono prolungarla e assicurare un adeguata qualità della vita (ad es. fibrosi cistica); bambini con patologie progressive, per le quali il trattamento può essere esclusivamente palliativo ed essere esteso nel corso degli anni (ad es. malattie degenerative neurologiche e metaboliche); bambini con patologie irreversibili ma non degenerative che causano una grave disabilità che può portare a morte prematura (ad es. paralisi cerebrale infantile). Negli ultimi anni la ricerca medica ha fatto notevoli progressi e ha portato a nuove tecniche diagnostiche e a migliori trattamenti curativi o di prolungamento della vita. Fino a pochi anni fa, buona parte dei pazienti eleggibili a cure palliative pediatriche non sopravviveva alla nascita o moriva precocemente. Si è verificato, pertanto, un considerevole aumento del numero di bambini che necessitano di questo tipo di cure, sebbene siano ancora pochi ed isolati i servizi attualmente disponibili per i bambini che presentano la necessità di cure palliative e le loro famiglie. Per molto tempo il paziente pediatrico è stato escluso dalle cure palliative e tuttora in Europa soltanto una parte limitata di bambini con malattia inguaribile può effettivamente fruire di cure palliative.
In diversi Paesi (prevalentemente negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in Inghilterra) e in alcune realtà italiane sono stati realizzati dei piani di intervento che si fondano sulla compresenza e contestualizzazione di assistenza domiciliare ed ospedaliera. In Italia, la legge 38/2010 definisce: la specificità pediatrica degli operatori, dei servizi, della rete e degli hospice; la necessità di una formazione specifica degli operatori e di un informazione adeguata rivolta ai pazienti e alle loro famiglie. Inoltre, essa promuove l istituzione di centri regionali di terapia del dolore e cure palliative pediatriche con il compito di gestire e coordinare la rete, ai quali pazienti, famiglie e operatori dovrebbero fare riferimento continuo. L Accordo Stato-Regioni n. 151 del 25/07/2012 ha successivamente definito i requisiti minimi per la rete di assistenza ai pazienti sottoposti a cure palliative, la quale prevede che tali risposte assistenziali si integrino in una Rete regionale di Cure palliative e Terapia del dolore costituita da: un centro di riferimento clinico, di formazione e ricerca per il funzionamento ed il sostegno della rete regionale; risposte residenziali (es. Hospice pediatrico) che assicurino attività clinico-terapeutica in regime di ricovero residenziale o di day hospice ambulatoriale; risposte ospedaliere (reparti ad indirizzo pediatrico presenti sul territorio) con il compito di supportare la gestione domiciliare del caso, dalla diagnostica di laboratorio alle consulenze specialistiche ed alla gestione dell emergenza; assistenza domiciliare di base e specialistica (Unità di Cure palliative domiciliari e altre reti esistenti sul territorio idonee ad effettuare interventi domiciliari); servizi socio-sanitari territoriali ed educativi; servizio di urgenza/emergenza (118 e pronto soccorso) informato dei casi presenti sul territorio e delle strategie di trattamento in caso di chiamata. Nonostante la definizione di norme specifiche il territorio nazionale si caratterizza da una grande variabilità a livello regionale nell applicazione dei principi espressi dal legislatore, che in alcuni casi sfocia in un vuoto assistenziale e nella mancanza di una formazione specialistica degli operatori che si trovano a gestire questi casi. Quando il paziente è un minore, risulta poi fondamentale che le strutture assistenziali siano a misura di bambino, con spazi, luoghi, arredi adeguati all età, in un ambiente il più possibile simile a quello familiare, in cui vengono rispettate le relazioni e l ambiente familiare. La rete assistenziale deve essere pronta a rispondere a quelli che sono i bisogni del bambino e della sua famiglia e a garantirne i diritti. Sulla base di quelli che sono i bisogni specifici del bambino in fase terminale e della sua famiglia, il gruppo di esperti riuniti dalla Fondazione Maruzza Lafebvre D Ovidio (2014) ha definito, nella Carta di Trieste, i dieci diritti imprescindibili nella presa in carico specialistica del bambino e ha fornito indicazioni chiare per tutti gli operatori sanitari che assistono bambini in fase terminale. Il bambino morente ha diritto di: 1. essere considerato persona fino alla morte, indipendentemente dall età, dal luogo, dalla situazione e dal contesto Il bambino è una persona a tutti gli effetti fin dalla nascita, e pertanto fin da quel momento risulta titolare di diritti come quello alla vita, alla tutela, alla salute, alla sicurezza, all eguaglianza, alla libertà personale, alla libertà di espressione del pensiero, al credo religioso, alla non discriminazione, all istruzione, alla riservatezza della vita privata e familiare. Quando si ha a che fare con problematiche riguardanti la salute, gli obblighi verso un bambino morente derivano dalle sue relazioni con coloro che si prendono cura di lui, ed in particolare la famiglia e l equipe assistenziale. 2. ricevere un adeguata terapia del dolore e dei sintomi fisici e psichici che provocano sofferenza, attraverso un assistenza qualificata, globale e continua La maggior parte dei bambini morenti soffre di almeno un sintomo che mina la qualità di vita, ma i sintomi clinici in fase terminale possono essere molteplici ed associati a componenti psicologiche ed affettive. Il bambino, qualunque sia la sua età, ha diritto a ricevere un assistenza globale che si faccia carico di tutti i
suoi bisogni, siano essi clinici, psicologici, sociali e spirituali. E necessario che tali bisogni vengano costantemente approfonditi e monitorati, valutando con accuratezza le strategie terapeutiche in grado di prevenire o controllare la sofferenza del bambino. 3. essere ascoltato ed informato sulla propria malattia nel rispetto delle sue richieste, dell età e delle capacità di comprensione Il bambino ha diritto a ricevere un adeguata informazione sulla propria malattia, sul suo decorso e sulle proposte assistenziali. La comunicazione di queste informazioni deve essere appropriata rispetto alla comprensione che il bambino ha del fenomeno morte, la quale varia a seconda dell età, della maturità e del progredire della malattia. La comunicazione (sia verbale che non verbale), deve essere pertanto essere personalizzata, dialogata e continua, e deve lasciare uno spazio adeguato all ascolto. L informazione del paziente, quando l età e la situazione clinica lo permettono, diventa essa stessa uno strumento terapeutico, in quanto gli consente di comprendere quello che sta accadendo. Al contrario, le risposte evasive ed i silenzi potrebbero indurre paura ed ansia nei piccoli pazienti, generando angoscia, sentimenti di solitudine ed isolamento, con il rischio di peggiorare le relazioni e la qualità della vita residua. 4. partecipare, sulla base delle proprie capacità, valori e desideri, alle scelte che riguardano la sua vita, la sua malattia e la sua morte E necessario che i desideri e le aspettative del bambino vengano indagate e valorizzate nelle scelte assistenziali, in quanto il bambino è titolare del diritto alla salute, all integrità e all autodeterminazione, sebbene a seconda dell età cambino le modalità attraverso le quali egli può esercitare tali diritti. Risulta fondamentale che l equipe valuti caso per caso la modalità più adeguata per garantire l esercizio di tali diritti. Nel neonato, nel lattante e nei bambini di età prescolare, in assenza di una capacità decisionale autonoma, i genitori, con un adeguato supporto, diventano il tramite per cogliere le preferenze di cura. A partire dai 7 anni, è possibile richiedere attivamente l opinione ed il coinvolgimento del bambino. In età adolescenziale, a partire dai 14 anni, si possono accogliere le scelte del minore come un atto autonomo, ed il suo parere risulta prevalente. 5. esprimere e veder accolte le proprie emozioni, desideri e aspettative Il bambino deve sentirsi legittimato ed accolto nell espressione delle sue emozioni durante la malattia e nella fase terminale. La famiglia ed i sanitari devono essere in grado di riconoscerli, ascoltarli e fornire delle risposte adeguate ai desideri ed aspettative, siano essi espressi apertamente oppure no. 6. essere rispettato nei suoi valori culturali, spirituali e religiosi e ricevere cura e assistenza spirituale secondo i propri desideri e la propria volontà In quanto parte di una specifica etnia o cultura, il bambino e la sua famiglia hanno il diritto di vedere tutelata la propria appartenenza, rispettando e proteggendo i suoi valori culturali, spirituali, religiosi e familiari, elementi fondamentali per la definizione della propria identità. 7. Avere una vita sociale e di relazione commisurata all età, alle sue condizioni e alle sue aspettative La malattia a prognosi infausta spesso risulta associata a situazioni problematiche che limitano le relazioni sociali. Il bambino rimane un essere sociale ed è fondamentale che i suoi bisogni relazionali vanno identificati, accolti e soddisfatti, affinché non viva un isolamento simile alla morte sociale anticipatoria.anche la scuola ha un ruolo fondamentale nel mantenere un senso di normalità per il bambino malato e gli insegnanti entrano a pieno titolo nell equipe di cura. Gli interventi didattici/educativi proposti o richiesti dal bambino vanno modulati a seconda delle sue risorse fisiche, psichiche ed emotive.
8. Avere accanto la famiglia e le persone care adeguatamente aiutate nell organizzazione e nella partecipazione alle cure e sostenute nell affrontare il carico emotivo e gestionale provocato dalle condizioni del bambino La vicinanza dei propri familiari costituisce un elemento imprescindibile per migliorare la qualità di vita del bambino morente in quanto incrementa il senso di sicurezza e condivisione. La famiglia ed in particolare i genitori, diventano parte integrante ed attiva del programma assistenziale ed è necessario garantire loro un adeguato e continuo supporto da parte di personale esperta ed accogliente. 9. Essere accudito e assistito in un ambiente appropriato alla sua età, ai suoi bisogni e ai suoi desideri e che consenta la vicinanza e la partecipazione dei genitori La maggior parte dei bambini preferisce restare nella propria abitazione, dove anche la famiglia riesce a gestire meglio questo momento. Laddove le condizioni cliniche del bambino non lo permettano, la soluzione ottimale è il ricovero in hospice pediatrico, una struttura residenziale a misura di bambino, il più possibile simile all ambiente domestico. 10. usufruire di specifici servizi di cure palliative pediatriche, che rispettino il miglior interesse del bambino e che evitino sia trattamenti futili o sproporzionati che l abbandono terapeutico Le cure palliative pediatriche rappresentano la presa in carico più adeguata per il bambino nella fase di fine vita e si pongono nel giusto equilibrio tra abbandono ed ostinazione terapeutica. Esse infatti iniziano dal momento della diagnosi di in guaribilità, ma non escludono le terapie curative, se queste possono alleviare le sofferenze del bambino. L equipe multiprofessionale e specialistica dedicata ha il compito ed il dovere di rispondere adeguatamente a ciascuno di questi diritti, affinché sia garantito il miglior livello possibile di qualità della vita del minore con malattia terminale. Il gruppo di lavoro specialistico ha dato indicazioni specifiche a riguardo, focalizzando l attenzione non solo sull assistenza al bambino, ma anche all intero nucleo familiare (Tabella 1). Il documento realizzato ha il grande merito di dare indicazioni chiare e specifiche agli operatori che operano nell assistenza di bambini in fase terminale, ma risulta fondamentale che gli operatori e gli amministratori territoriali siano all altezza di tale documento, predisponendo lo spazio per la formazione specialistica e per la costituzione ed il funzionamento della rete assistenziale. Ci auspichiamo che tali linee guida costituiscano la base per la realizzazione concreta di una rete di cure palliative pediatriche esperta, efficace e responsiva nel rispetto dei diritti del bambino laddove ancora non si sia costituita ed un riferimento costante per garantire una sempre maggiore qualità assistenziale per il bambino e la sua famiglia. Tabella 1
(Carta dei diritti del bambino morente. Carta di Trieste., 2014)
*Psicologo, Associazione Psicologia Cognitiva, Roma ** Dirigente Psicologo Responsabile, Servizio di Psicologia, Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII, Azienda Ospedaliero-Universitaria Consorziale Policlinico di Bari BIBLIOGRAFIA - Association for Children with Life-Threatening or Terminal Conditions and their Families (ACT) and the Royal College of Paediatrics and Child Heath (RCPCH) (2003). A guide to the development of children s palliative care services. Bristol, UK ; - Benini, F., Drigo, P., Gangemi, M., Lefebvre D Ovidio, E. S., Lazzarin, P., Jankovic, M., Manfredini, L., Orsi, L., Orzalesi, M., Sellaroli, V., Spizzichino, M., Vecchi, R. (2014). Carta dei diritti del bambino morente. Carta di Trieste. Fondazione Maruzza Lefebvre D Ovidio Onlus; - Guarino, A. (2006). Psiconcologia dell età evolutiva. Trento: Erickson; - OMS Organizzazione mondiale della Sanità (1998). Cancer pain relief and palliative care in children. Genève, Switzerland; - Spizzichino, M., Perletti, L., Benini, F., Facchin, P., & Zucco, F. (2006). Cure palliative rivolte al neonato, bambino, e adolescente. Documento tecnico della Commissione per le cure palliative pediatriche. Ministero della Salute; - Wolfe, J., Friebert, S., & Hilden, J. (2002). Caring for children with advanced cancer integrating palliative care. Pediatric Clin. North Am., 49, 5, 1043-1062.