COLLEGATO LAVORO Le modifiche al regime di impugnazione dei licenziamenti. Il termine di decadenza per l'impugnazione nel regime previgente



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COLLEGATO LAVORO Le modifiche al regime di impugnazione dei licenziamenti Tra le novità più importanti (e radicali) della legge 183/2010 (il cd. Collegato Lavoro), oltre alla promozione dell arbitrato quale strumento parallelo per la soluzione delle controversie di lavoro, va segnalata anche la modifica delle modalità e dei termini per l impugnazione dei licenziamenti. La modifica è entrata in vigore da ieri, 24 novembre. Il nuovo sistema delle decadenze per l impugnazione del licenziamento è stato voluto dal legislatore allo scopo precipuo di tutelare l' interesse del datore di lavoro di non essere tenuto in sospeso per troppo tempo e quindi di conoscere con certezza e in tempi brevi se il lavoratore intende impugnare il licenziamento in sede giudiziale o stragiudiziale; di conseguenza, per cogliere tale obiettivo, la legge riduce, in misura significativa, i termini che, fino ad oggi, erano a disposizione del lavoratore per l instaurazione del giudizio. E importante, pertanto, che, in una materia così delicata, i lavoratori siano adeguatamente e tempestivamente informati delle nuove regole. Il termine di decadenza per l'impugnazione nel regime previgente Come è noto, fino ad oggi, chi voleva contestare il licenziamento doveva impugnarlo «a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione», con qualsiasi atto scritto (articolo 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604). Nella maggior parte dei casi, il lavoratore si limitava ad inviare al datore di lavoro una breve lettera, talvolta anche sottoscritta da un rappresentante sindacale, con cui contestava il licenziamento. Svolto questo adempimento, l'interessato poteva restare quiescente, ossia completamente inerte dal punto di vista giudiziale, per circa cinque anni e decidere di promuovere una controversia solo poco prima della scadenza del termine quinquennale di prescrizione di cui all'articolo 1442 del Codice civile, decorrente dalla comunicazione del recesso. Insomma, una volta rispettato il termine dei 60 giorni previsto dall'articolo 6 della legge n. 604 mediante l'impugnazione stragiudiziale del licenziamento, il successivo ricorso al giudice per chiedere l annullamento del licenziamento illegittimo poteva essere proposto nel suddetto termine quinquennale di prescrizione. Il possibile decorso di un lasso di tempo così ampio tra l'impugnazione stragiudiziale del licenziamento (effettuata, lo ripetiamo, entro 60 giorni dalla comunicazione del recesso o dalla comunicazione dei suoi motivi se non contestuali) e l instaurazione del giudizio poteva lasciare a lungo il datore di lavoro in una condizione di incertezza sulla stabilità del provvedimento adottato. A tale situazione ha voluto porre rimedio il legislatore introducendo un termine di decadenza abbreviato e tassativo (270 giorni) entro il quale il lavoratore deve decidere se instaurare o meno il giudizio. Vediamo allora, più in particolare, in cosa consistono le novità introdotte con l art. 32 della citata legge. 1

La novella legislativa: procedura e campo di applicazione Il suddetto articolo, che sostituisce i primi due commi dell'articolo 6 della legge n. 604/66, introduce come abbiamo detto - un (secondo) termine di decadenza per la proposizione del giudizio avverso i licenziamenti invalidi e stabilisce che esso si applichi a tutti i licenziamenti invalidi. Pertanto, le principali differenze rispetto all'assetto normativo precedente sono rappresentate da: 1) il contingentamento dei tempi fissati per valutare, in via definitiva (avanti al giudice, alla commissione di conciliazione, all'arbitro), la legittimità o meno del licenziamento (tempi di gran lunga inferiori rispetto al termine quinquennale di prescrizione); 2) l'ampliamento del campo di applicazione dei nuovi termini di decadenza (applicabili a tutte le ipotesi di licenziamento invalido). Come nel regime precedente, il licenziamento deve essere impugnato, anche stragiudizialmente, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione del recesso o dei motivi se non contestuali, e il lavoratore deve, pertanto, rendere nota al datore di lavoro, con qualsiasi atto scritto e senza necessità di specificare i motivi della contestazione, la volontà di impugnare il provvedimento espulsivo. L'impugnazione si perfeziona nel momento in cui la manifestazione di volontà del lavoratore licenziato giunge a conoscenza del datore di lavoro, dal momento che l'impugnazione è - al pari del licenziamento - un negozio giuridico unilaterale recettizio (Cassazione 11116/06; Cassazione 22287/08 ha peraltro precisato che l impugnazione deve ritenersi tempestiva se consegnata all'ufficio postale entro il termine di 60 giorni, ancorché consegnata successivamente). A questo punto, però, ecco la novità introdotta dal comma 1 dell art. 32: l'impugnazione è inefficace se, nel successivo termine di 270 giorni 1, non viene seguita da una delle tre modalità previste dalla legge per far accertare la legittimità o meno del licenziamento e cioè il deposito del ricorso in Cancelleria ovvero la richiesta del tentativo di conciliazione (ora facoltativo) o dell'arbitrato. Si tenga ben presente che con riguardo al ricorso giudiziale (che potrà essere proposto sia in via ordinaria che in via d'urgenza) è sufficiente il mero "deposito'' nella Cancelleria del Tribunale (e non la notifica del ricorso alla controparte) mentre per il tentativo di conciliazione (in sede amministrativa o sindacale) o per l'arbitrato è necessaria la "comunicazione" della scelta di tale via al datore dì lavoro. L'espressa puntualizzazione in tal senso del legislatore si rivela opportuna perché se, invece, si sceglierà di adire direttamente il giudice, entro il primo termine di 60 giorni, senza ricorrere alla preventiva impugnazione, in via stragiudiziale, del licenziamento, allora sarà necessario notificare (non semplicemente depositare) il ricorso entro detto termine, perché - come detto - l'impugnazione è un atto unilaterale recettizio, e quindi 1 Il termine inizialmente stabilito in 180 giorni è stato dilatato a 270 giorni a seguito di apposita iniziativa della Cisl 2

per essere valida deve pervenire nella sfera di conoscenza del destinatario. Il Legislatore stabilisce, poi, che qualora la conciliazione o l arbitrato non vadano a buon fine il ricorso giudiziale deve essere presentato entro il termine di decadenza di 60 giorni dal rifiuto o dal mancato raggiungimento dell'accordo. In tal modo viene rigorosamente scandito tutto il procedimento per addivenire a una valutazione definitiva, giudiziale o stragiudiziale, del licenziamento. A questo punto va chiarito una questione. A quali situazioni si applicano le nuove regole? Vi rientrano cioè anche i lavoratori che ricevono la comunicazione del licenziamento prima dell entrata in vigore della legge (24 novembre), o solo coloro che la ricevono dopo? Posto che la legge non prevede l estensione delle nuove regole ai recessi in corso alla data di entrata in vigore della medesima (a differenza, ad esempio, di quanto dispone la medesima legge circa l impugnativa dei contratti a termine) se ne deduce che il legislatore abbia voluto creare una netta cesura tra il precedente e il nuovo regime. Pertanto, considerato che un licenziamento è efficace nel momento in cui la comunicazione dello stesso viene ricevuta dal lavoratore, si può ritenere che: chi ha ricevuto una lettera di licenziamento prima del 24 novembre 2010 rientra nelle regole precedenti: deve quindi impugnarlo entro 60 giorni, ma non deve soggiacere al successivo termine dei 270 giorni. Avrà tempo 5 anni per proporre ricorso al giudice; chi invece riceverà una lettera di licenziamento dal 24 novembre 2010 in avanti sarà sottoposto alle nuove regole e sarà obbligato a rispettare i rigidi termini di decadenza sopra illustrati. Ampliamento del campo di applicazione della decadenza Ulteriore rilevante novità concerne il campo di applicazione delle nuove regole per l impugnazione. Il comma 2 dell art. 32 precisa, infatti, che esse si applicano a tutti i casi di invalidità (ossia di nullità e di annullabilità) del licenziamento. Pertanto, come nel regime precedente, vanno impugnati, a pena di decadenza, i licenziamenti ingiustificati e quelli nulli per violazione del procedimento previsto dall art. 7 dello Statuto dei Lavoratori; ma, in applicazione della nuova normativa, vanno adesso impugnati, a pena di decadenza ( e a differenza del regime precedente), anche i licenziamenti nulli per causa di matrimonio o perché intimati in violazione delle norme a tutela della maternità, per motivo illecito o in frode alla legge, con eccezione, dunque, dei licenziamenti inefficaci per vizio di forma o per omessa tempestiva comunicazione dei motivi richiesti dal lavoratore. Il nuovo regime delle decadenze viene esteso inoltre dai commi 3 e 4 dell art. 32 ad una serie assai variegata di ipotesi. Più precisamente il comma 3 prevede che esso si applichi a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro o alla legittimità del termine apposto al contratto, cioè a tutti i casi in cui il rapporto sia formalmente etichettato come autonomo, di appalto o subappalto, parasubordinato, a progetto o a termine, oppure si tratti di lavoro nero, con conseguente qualificazione come licenziamento dell atto che 3

pone fine ai rapporti medesimi; b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto; c) al trasferimento del lavoratore ai sensi dell art. 2103 c.c.; d) all azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato. Inoltre il comma 4 prevede che il nuovo sistema delle decadenze si applichi anche a) ai contratti di lavoro a termine in corso di esecuzione o già conclusi alla data di entrata in vigore della legge, con decorrenza dei termini di impugnazione, nel primo caso, dalla scadenza del termine e, nel secondo caso, dalla medesima data di entrata in vigore della legge; b) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del trasferimento; d) all ipotesi di somministrazione irregolare. Con particolare riferimento all estensione del regime previsto per i licenziamenti individuali alle impugnazioni per nullità dei contratti a tempo determinato appare iniqua a nostro avviso - la disposizione del comma 4, lett. b) dell art. 32 che applica anche ai contratti a termine già conclusi alla data del 24 novembre 2010 il ridottissimo termine per le impugnazioni di sessanta giorni dall entrata in vigore della legge. In tal modo sussiste realisticamente il rischio che migliaia di lavoratori precari perdano definitivamente ogni possibilità di agire in giudizio per far valere i loro diritti, anche solo per il fatto di non essere venuti a conoscenza, in tempo utile, dell esistenza di un vincolo temporale così stretto. Pertanto sappiano questi lavoratori che, se intendono impugnare tali contratti, lo devono fare tassativamente entro il 23 gennaio 2011, per evitare la decadenza dei termini. Non ci possiamo esimere dal fare una ulteriore valutazione sulla applicazione del termine di decadenza di 60 giorni a tutti i rapporti di lavoro temporaneo o precario. Essa appare inspiegabilmente punitiva di lavoratori già particolarmente deboli nei confronti del datore di lavoro, i quali si troveranno nella delicata condizione di dover scegliere tra la rinuncia all impugnativa, nella speranza di un rinnovo del contratto, e l impugnativa entro 60 giorni, sapendo però di rinunciare, in questo modo, alla prospettiva di poter continuare a lavorare con lo stesso datore. Come si sa, alla scadenza del contratto (irregolare), il lavoratore temporaneo o precario di solito aspetta di verificare se il contratto sarà o meno reiterato prima di promuovere una causa per irregolarità. Ma adesso, così facendo, incapperebbe nella decadenza dei 60 giorni. Nello stesso tempo, come è facile immaginare, tale innovazione consentirà a datori di lavori e committenti, di pochi scrupoli, di poter far leva sulla promessa di rinnovo dei contratti al fine di far decorrere inutilmente per il lavoratore il termine a disposizione per l impugnativa. L art. 32, comma 5, prevede infine, per i casi di conversione, ad opera del giudice, del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato per illegittimità nella apposizione del termine, una forfetizzazione del risarcimento dei danni, cui il giudice condanna il datore di lavoro, in misura pari a una indennità compresa tra un minimo 4

di 2,5 ed un massimo di 12 mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604. La nuova regola si applica anche alle cause in corso all entrata in vigore della legge ossia alla data del 24 novembre 2010. Va messo in particolare evidenza, quanto alla estensione del campo di applicazione del nuovo sistema delle decadenze, il fatto che il Collegato ha introdotto, per la prima volta, dei termini di decadenza all azione di accertamento dell illegittimità di alcuni provvedimenti datoriali generalmente soggetti, prima dell entrata in vigore delle nuove norme, alla prescrizione decennale, trattandosi di diritti non patrimoniali. Si tratta, vale la pena ripeterlo, delle seguenti fattispecie: trasferimento individuale del lavoratore: in difetto delle condizioni di legittimità del trasferimento rappresentate dalle comprovate ragioni produttive, organizzative o tecniche, il lavoratore adesso dovrà impugnare l atto entro 60 giorni da quando riceve la comunicazione e poi, entro i successivi 270 giorni, fare ricorso e tentare conciliazione o arbitrato. Pertanto entrano nel nuovo regime i trasferimenti la cui comunicazione è stata ricevuta dal lavoratore a partire dalla data del 24 novembre 2010; trasferimento d azienda: il lavoratore dovrà impugnare la cessione del contratto, avvenuta a seguito di un trasferimento di azienda, quando la data in cui lo stesso si è realizzato cade dal 24 novembre 2010 in avanti; recesso nel contratto a progetto: l impugnazione riguarda il recesso del committente, ipotesi che (art. 67, comma 2, D.Lgs n. 276/ 2003) è limitata all atto di risoluzione del rapporto prima della scadenza del termine senza giusta causa, o con giusta causa che il collaboratore ritiene insussistente. servizio legale nazionale 5

Quadro di sintesi della nuova disciplina dell impugnazione del licenziamento Come si impugna: Con atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore di impugnare il recesso, anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale; Quando si impugna: Entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione del recesso o dalla comunicazione dei motivi, se non contestuale; A quali licenziamenti si applica: A tutti i casi di invalidità del licenziamento; A quali ulteriori ipotesi si applica: Ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto Al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto Al trasferimento del lavoratore (articolo 2103 del Cc), dalla data di comunicazione del provvedimento All'azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro (articoli 1, 2 e 4 del Dlgs 368/2001), con termine decorrente dalla scadenza del medesimo Ai contratti a termine (stipulati ex articoli 1, 2 e 4 del Dlgs 368/2001) in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della legge, con decorrenza dalla scadenza del termine Ai contratti a termine (stipulati anche in base alla disciplina previgente al Dlgs 368/2001) e già conclusi alla data di entrata in vigore della legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della legge Alla cessione del contratto di lavoro per trasferimento di azienda, con decorrenza dalla data del trasferimento In ogni altro caso in cui si chieda la costituzione o l'accertamento del rapporto di lavoro con un soggetto diverso dal titolare del contratto, anche in caso di somministrazione irregolare. 6

L impugnativa è inefficace se entro i successivi 270 giorni Non si deposita il ricorso in tribunale Non si comunica alla controparte la richiesta di conciliazione o di arbitrato Se vengono rifiutati o non c è accordo sull espletamento Entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo va depositato il ricorso in tribunale 7