L inserimento nel mondo del lavoro: un utopia possibile?



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Transcript:

Daniele Regolo L inserimento nel mondo del lavoro: un utopia possibile? Il racconto di una esperienza soggettiva può sembrare lontana da attendibilità. Per tale ragione, in questa lezione in cui parleremo molto di esperienze soggettive, cercheremo anche di capire quali siano gli agganci con la realtà di nostro interesse. Parlare di esperienze private in funzione di un utile collettivo ha senso, altrimenti no. Nel nostro caso, quindi, cercheremo di capire come stanno le cose dietro le quinte della Legge 68/99 sul collocamento mirato dei disabili. In quest ottica, e solo in questa, sarà possibile contribuire al miglioramento di quelle zone d ombra legislative che, anziché aiutare il cittadino, talvolta lo ostacolano nel raggiungimento dei suoi fini. Poi cercheremo di capire, al di là della legge, come si possa affrontare il dramma dell inserimento lavorativo dei disabili da un punto di vista dell azienda che assume e della scuola che forma. Assegnare il disabile a un posto di lavoro non è, infatti, la soluzione di tutti i mali. La professionalità del diversamente abile ha origine da lontano, dal tempo della scuola. 1. La scuola di un disabile Parlerò dunque della mia esperienza, facendo attenzione a escludere quegli episodi che, come sopra accennato, siano estranei a un interesse collettivo. Aggiungo anche che questa narrazione include esperienze non direttamente vissute da me, ma

74 DANIELE REGOLO da altri disabili, che ho volutamente convogliato in quest unica storia sempre col fine di mettere in evidenza gli aspetti sociali e le influenze collettive sul nostro agire di singoli. Se fino alla conclusione delle scuole superiori, nel confrontarsi con la mia disabilità, famiglia, professori e amici avevano fatto prevalere la relazione protettiva, con l accesso all università questa rete era destinata ad affievolirsi, e in alcuni casi a scomparire del tutto. Fino a quel momento, infatti, nonostante la mancanza di una cultura specifica e l assenza di una normativa adeguata che sarebbe intervenuta solo anni più tardi, si lasciava alla famiglia e alle persone più vicine il compito di gestire l alunno diverso. Ogni storia è a sé e, nel mio caso di disabile uditivo, la rete che mi proteggeva provvedeva anche a risparmiarmi quei momenti indispensabili nella vita di una persona giovane di confronto con i propri errori. C era una certa benevolenza verso di me, l errore non veniva mai fatto pesare troppo, e i meriti erano, il più delle volte, sovrastimati. Può sembrare, questa, una lettura fantasiosa o impietosa, ma per migliorarsi è necessario osservare con lucidità episodi anche scomodi. Quella rete che dunque mi proteggeva, che mi assisteva, e sulla quale io, ovviamente inconsciamente, mi adagiavo impedendo a me stesso di prendere conoscenza delle mie potenzialità, perdeva le sue fitte trame nel momento dell incontro con l università. Mi ero iscritto a Scienze Politiche perché amavo molto l ampio respiro assegnato a tutte le discipline, favorendo una capacità di collegamento tra ambiti diversi che, a mio avviso, resta ancora oggi la miglior qualità dello scienziato politico. Le lezioni, tuttavia, non erano svolte in una sola aula, o davanti ai soliti professori che sapevano tutto di me, ma in un contesto molto più allargato dove era difficile trovare posto in prima fila (per leggere le labbra del docente) o far conoscere ai professori la mia disabilità. Oltre che a mancare quindi una conoscenza da parte di chi si doveva relazionare con me, c è da aggiungere che io stesso, per vergogna, mi rifiutavo di palesare la mia disabilità uditiva. Non dovevo quindi meravigliarmi se, durante l esame, il docente che a malapena si ricordava di me mi guardava come se io stessi

L'INSERIMENTO NEL MONDO DEL LAVORO: UN'UTOPIA POSSIBILE? 75 tentando di prenderlo in giro (accadde almeno due volte in modo evidente, con contenuto divertimento di chi assisteva: ma il mio imbarazzo era oltre ogni limite del sopportabile!). Come se non bastasse, pur di rispondere andavo fuori tema. A quel punto era inevitabile una valutazione bassa che non corrispondeva all autentica mole di lavoro svolto a casa per studiare libri su libri! In quegli anni si era affacciata la Legge 104/92 che, opportunamente utilizzata, avrebbe potuto fornirmi, ad esempio attraverso un tutor che prendesse appunti, un significativo supporto per seguire le lezioni e per preparare gli esami con maggior tranquillità e profitto. Io, però, venni a conoscenza della Legge 104 solo dopo essermi laureato (1996) e le università italiane avevano solo allora iniziato a dotarsi di strumenti atti a rispondere alle esigenze legislative. Tutto questo, che c entra col lavoro? Ovviamente c entra perché presentarsi a un colloquio con una votazione come 101/110 (che mi lasciò molto amaro in bocca, ma data la media del 26 non potevo aspettarmi di più) è ben diverso da un 108, votazione che diventa poi, in alcuni concorsi, autentico spartiacque tra chi è ammesso e chi no. I miei amici si licenziarono con il massimo dei voti, alcuni di loro con la lode, io invece mi ero fermato molto prima nonostante avessimo frequentato insieme e studiato insieme. Perché? Perché l esame è anche la sintesi di una conoscenza della materia che il docente rivela con il suo insegnamento, soprattutto incentivando la capacità di collegamento tra le diverse discipline, e poiché la lettura labiale non era adeguata per seguire lezioni così complesse, io persi per troppo a lungo elementi preziosi per la mia formazione: studiare centinaia di pagine in più non bastava a colmare il gap. Non mi resi subito conto, quindi, nel fare il mio ingresso nel mondo del lavoro, di essere deficitario non solo da un punto di vista culturale ma anche caratteriale, perché confidavo segretamente ancora nell aiuto della rete. Ma questa, che già negli anni accademici si era sfilacciata, nel mondo del lavoro era destinata a scomparire del tutto.

76 DANIELE REGOLO 2. Alla ricerca del lavoro mai avuto Ha inizio quindi il calvario come altrimenti chiamarlo? della ricerca di un lavoro. In realtà, più di una ricerca attenta e consapevole, che si basasse sul mio corso di studi, si trattava di un mero cercare, o per meglio dire un arrancare, per prendere quello che c era e che si doveva accettare. Vorrei citare ora un episodio clou della mia formazione, che ben illustra la condizione del disabile che si affaccia al mondo lavorativo. In linea col mio percorso di studi, ebbi l occasione di partecipare a una selezione per uno stage (internship) presso una ONG con sede all estero. In fondo era la vita che avevo sempre desiderato, quella di viaggiare e conoscere diverse culture cercando di portare il mio contributo in termini lavorativi. E nonostante tutto fosse pronto per il colloquio, io all ultimo rinunciai perché temevo di non farcela. Temevo di non essere in grado di sostenere una conversazione, di non capire le parole pronunciate, di sbagliare nel lavoro a causa del mio udito Quel momento fu determinante per la mia vita lavorativa perché, avendo chiuso (da solo, questa era la cosa peggiore) le porte a una grande occasione di vita che, molto probabilmente, mi avrebbe permesso di affrontare al meglio il mio ostacolo, ripiegai su qualsiasi cosa, anche mortificante, che avesse la parvenza di un lavoro. Molti furono i colloqui di lavoro per la copertura di quote riservate ai lavoratori disabili, ma nella maggior parte dei casi mi veniva detto, prima di iniziare il colloquio, che ero stato chiamato per rispettare la legge e che dovevo tuttavia sapere che non sarei stato assunto. Quindi iniziava l inutile recita delle domande e delle risposte, delle prove di grafia, del test attitudinale, affinché le carte della burocrazia tornassero, compilate, da dove erano venute: ma in realtà non cambiava nulla. Questa, a mio avviso, è la lacuna più grande che si ha nell applicazione della Legge 68. Sono il primo a dire che se un candidato non è adatto per il profilo ricercato da un azienda non ha senso assumerlo, ma appare desolante essere chiamati per decisioni già prese.

L'INSERIMENTO NEL MONDO DEL LAVORO: UN'UTOPIA POSSIBILE? 77 Dopo molti anni così trascorsi, arrivò un concorso pubblico per un azienda sanitaria, riservato a disabili. Fu un concorso difficile, e alla mia soddisfazione per essere stato ammesso in graduatoria si accompagnava un intenso rammarico nel vedere tanti ragazzi tornare al punto di partenza. L assunzione che poco dopo arrivò assunzione a tempo indeterminato fu per me una condanna lenta. Venni assegnato, secondo il volere apparentemente equo del pallottoliere pubblico, a uno sportello ospedaliero nonostante la mia sordità profonda. Ma come potevo lamentarmi! Anzi, avrei dovuto accendere un cero a qualche Santo! Invece quel posto così agognato si rivelò per me una autentica tortura, per mano della stessa struttura pubblica che per sua natura beffa nella beffa si occupa di salute, benessere e prevenzione. Conobbi il panico, la disperazione, l impotenza. Nessuno era in grado di individuare per me un posto più rispettoso della mia disabilità. Nessuno. Tutti erano schiavi del meccanismo burocratico e, solidarietà a parte, la situazione era immodificabile. Dopo due anni riuscii, grazie alla Legge 104/92, ad avvicinarmi a una diversa azienda sanitaria. Iniziai a lavorare in ufficio, ma quell apparente calma non era veramente tale per me. Scoprii come il meccanismo della burocrazia lo stesso che aveva impedito la mia assegnazione in una diversa destinazione nella ASL precedente era troppo condizionante per il corpo amministrativo, ridotto a mero esecutore di pratiche estranee a ogni logica umana e sociale. D altronde Max Weber aveva già parlato della gabbia d acciaio in tempi non sospetti Compresi di essere arrivato a un bivio nella mia vita e mi dimisi da quel posto di lavoro che avevo tanto voluto. Era arrivato il momento, per me disabile, di riappropriarmi del significato più profondo della parola lavoro. Dopo alcuni mesi di riflessione, trascorsi alla realizzazione di una piattaforma informatica che ambisse a diventare il punto

78 DANIELE REGOLO di riferimento per quei disabili che intendevano presentarsi al meglio al mondo del lavoro, nacque il portale <Jobdisabili.it> 1. Scopo del portale era non soltanto quello di consentire al disabile di caricare il proprio curriculum vitae, ma anche di presentarsi, attraverso l utilizzo di una apposita voce denominata Vi parlo di me, in modo completo come spesso non gli è consentito di fare. Il principio del portale, come recita il motto prima le persone, poi le competenze, è quello di favorire una più approfondita conoscenza della miglior persona su cui costruire determinate competenze. Il sito ha avuto fin da subito molto successo, grande seguito della stampa, oltrepassando a distanza di un anno dalla sua creazione (febbraio 2011) i 2500 utenti ben distribuiti in tutta Italia. Nel portale, almeno per ora, non esiste una vera e propria bacheca per evitare di ricevere come troppo spesso accade richieste di basse qualifiche lavorative. Questo è un discorso che merita di essere approfondito. Sono in molti a dire che il disabile debba essere un professionista valido, e questo è legittimo affermarlo e pretenderlo. Molti direttori del personale, tuttavia, non sanno che spesso i disabili provengono da condizioni familiari e sociali difficili, e per loro è un sacrificio troppo grande (e oneroso) ottenere perfino una bassa qualifica. Questo è un dramma nascosto che oltrepassa il rapporto tra datori di lavoro e candidati disabili per rivolgersi a una ampia fetta di società che invitiamo alla riflessione: quante persone svantaggiate per propria condizione incontrano handicap ancora più gravi da parte della società che, non sufficientemente aperta e accessibile, non consente loro una adeguata formazione? E ancora: quante malattie rare, non riconosciute, costringono il lavoratore con disabilità a essere escluso due volte? La prima per la sua situazione oggettiva di svantaggio, e la seconda perché non rientrante nella casistica delle categorie protette menzionate dalla Legge 68/99? 1 Il tasso di occupazione delle persone con disabilità è pari al 19,3%, mentre per le persone senza disabilità si aggira intorno al 55,8% (ISTAT, 2002).