Lenin e la questione dell aristocrazia operaia. di Eric Hobsbawm

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Lenin e la questione dell aristocrazia operaia. di Eric Hobsbawm Il breve saggio che segue vuol essere un contributo alla discussione sul pensiero di Lenin, in occasione del centesimo anniversario della sua nascita. L argomento si presta in modo particolare ad essere trattato da un marxista inglese, poiché il concetto di aristocrazia operaia Lenin lo ha chiaramente derivato dalla storia dello sviluppo del capitalismo inglese nel XIX secolo. I suoi concreti riferimenti all aristocrazia operaia come ad uno strato della classe operaia sembrano riferiti alla sola Gran Bretagna (anche se nei suoi studi sull imperialismo egli noti la presenza di fenomeni analoghi anche nelle parti bianche dell Impero britannico). Il termine stesso è quasi certamente derivato da un passo di Engels scritto nel 1885 e ristampato nella prefazione all edizione del 1892 della Situazione della classe operaia in Inghilterra nel 1844 in cui si parla delle grandi Trade Unions inglesi come di organizzazioni che costituiscono un aristocrazia nella classe operaia. L espressione può essere di Engels, ma il concetto era quanto mai ricorrente in Inghilterra nel dibattito politicosociale, particolarmente nel decennio a partire dal 1880. Si era generalmente d accordo sul fatto che la classe operaia inglese in quel periodo comprendesse uno strato privilegiato una minoranza, ma comunque nutrita che veniva di solito identificata con gli artigiani (cioè con i lavoratori qualificati, operai e artigiani dipendenti), e più in particolare con quelli organizzati nelle Trade Unions o in altre associazioni operaie. Quegli osservatori stranieri usavano il termine, per es. Schulze-Gaevernitz, che Lenin cita approvandolo su questo punto nel famoso capitolo 8 dell Imperialismo. Questa identificazione convenzionale non era del tutto valida, ma, al pari dell uso generale del concetto di uno strato superiore della classe operaia, rifletteva un evidente realtà sociale. Marx, Engels, Lenin, non avevano inventato una aristocrazia operaia, esisteva fin troppo visibilmente nell Inghilterra della seconda metà del XlX secolo. Del resto, se esisteva anche altrove, era comunque meno visibile o significativa. Lenin partì dall assunto che, almeno fino al periodo dell imperialismo, essa non era esistita in nessun altro paese. La novità dell idea di Engels risiede altrove. Egli sosteneva che questa aristocrazia operaia era stata resa possibile dal monopolio industriale mondiale della Gran Bretagna, e sarebbe quindi scomparso, o si sarebbe maggiormente ravvicinata al resto del proletariato, con la fine di tale monopolio. Su questo punto Lenin segui Engels, e infatti negli anni immediatamente precedenti il 1914, allorché ii movimento operaio inglese andava radicalizzandosi, tendeva a mettere in rilievo la seconda metà dell argomentazione di Engels, per esempio negli articoli Discussioni in Inghilterra sulla politica operaia liberale (1912), Il movimento operaio inglese nel 1912, e In Inghilterra, effetti deleteri dell opportunismo (1913). Pur non dubitando minimamente che l aristocrazia operaia fosse alla base dell opportunismo e del liberal-laburismo del movimento operaio inglese, sembra che egli non sottolineasse ancora le implicazioni internazionali di questo modo di vedere. Per esempio, è evidente che nella sua analisi delle radici sociali del revisionismo (vedi Marxismo e revisionismo [1908] e I dissensi nel movimento operaio europeo 1910), sosteneva piuttosto che il revisionismo, come l anarcosindacalismo, era dovuto alla continua creazione, ai margini del capitalismo in via di sviluppo, di certi strati intermedi piccoli produttori, lavoratori a domicilio, che un poco alla volta vengono respinti nelle file del proletariato, determinando nei partiti proletari un inevitabile infiltrazione di

tendenze piccolo-borghesi. La linea di pensiero che egli derivava dalla sua conoscenza della aristocrazia operaia era in questo stadio diversa, e la mantenne, almeno in parte, fino alla conclusione della sua vita politica. Lenin ricavò la sua conoscenza del fenomeno non solo dagli scritti di Marx e di Engels, che si occupano spesso del movimento operaio inglese, e dalle personali relazioni con dei marxisti in Inghilterra (dove egli si recò sei volte tra il 1902 e il 1911), ma anche dall opera più completa e meglio informata sulle aristocratiche Trade Unions del XIX secolo, La democrazia industriale di Sidney e Beatrice Webb. Questo importante libro Lenin lo conosceva bene, avendolo tradotto durante il suo esilio in Siberia, il testo fornì una immediata comprensione dei legami esistenti tra i fabiani inglesi e Bernstein: la fonte originale di molti giudizi e idee di Bernstein scriveva il 13 settembre 1899 a un corrispondente e negli ultimi libri scritti dai Webb, Lenin continuava a citare notizie tratte dai Webb molti anni dopo, e nel Che fare? si riferisce specificamente a Democrazia industriale nel corso della discussione. Due proposizioni possono essere state derivate in parte, o principalmente, dall esperienza dell aristocrazia operaia inglese. La prima, in ogni sottomissione del movimento operaio alla spontaneità, ogni menomazione della funzione dell elemento cosciente, della funzione della socialdemocrazia, significa di per sé non importa lo si voglia o no un rafforzamento dell influenza dell ideologia borghese sugli operai. La seconda, una lotta puramente tradunionista è necessariamente una lotta di categoria, perché, le condizioni di lavoro sono estremamente diverse nei diversi mestieri, e, inoltre, la lotta per il miglioramento di queste condizioni può non essere condotta che per categorie. La prima di queste proposizioni sembra fondarsi sull idea che in regime capitalista l ideologia borghese sia egemonica a meno che non venga deliberatamente contraddetta dall elemento cosciente. Questa importante osservazione ci conduce ben oltre la pura questione dell aristocrazia operaia, e non è questo il luogo per occuparcene ulteriormente. La seconda proposizione è strettamente legata all aristocrazia operaia. Essa sostiene che, data la legge dello sviluppo ineguale in seno al capitalismo cioè la diversità di condizioni nelle varie industrie, regioni, ecc. della stessa economia un movimento operaio puramente economicistico tende necessariamente a frantumare la classe operaia in segmenti egoistici (piccolo-borghesi), ciascuno teso a perseguire i propri interessi, se necessario in alleanza con i propri datori di lavoro, a spese di tutto il resto. Lenin cita più volte il caso delle Birmingham Alliances dell ultimo decennio del secolo scorso, ovvero i tentativi di arrivare ad un blocco congiunto tra sindacati e padroni per sostenere i prezzi in varie branche dell industria metallurgica; quasi certamente egli derivò anche questa notizia dai Webb. Di conseguenza questo movimento puramente economicistico non può non tendere a spezzare l unità e la coscienza politica del proletariato e ad indebolire o contrastare la sua funzione rivoluzionaria. Questa tesi ha anche un carattere molto generale. Possiamo considerare I aristocrazia operaia come un caso particolare di questo modello generale. Esso si presenta quando particolari condizioni economiche permettono al capitalismo di fare importanti concessioni al proprio proletariato, infatti, certe categorie di lavoratori, a causa della loro stessa scarsità, della loro specializzazione, posizione strategica, forza organizzativa, ecc., riescono a conquistarsi condizioni migliori degli altri. Possono così darsi situazioni storiche, come nell Inghilterra della fine del XIX secolo, in cui I aristocrazia operaia quasi si identifica con lo stesso movimento tradunionista, come talvolta Lenin fu assai vicino ad affermare. Ma se la tesi è in linea di principio più generale, non può esservi dubbio che ciò a cui Lenin pensava adoperandola era l aristocrazia operaia. Più volte troviamo che egli usa frasi come queste: lo spirito corporativo piccoloborghese che prevale in questa aristocrazia operaia, le TradeUnions inglesi, chiuse in sé, aristocratiche, egoistiche (La riunione dell Ufficio internazionale

socialista, 1908); gli inglesi sono fieri del loro praticismo e della loro antipatia per i principi generali; è questa una ripercussione di quello stesso spirito corporativo nel movimento operaio. (Discussioni in Inghilterra sulla politica operaia liberale, 1912). Questa aristocrazia operaia si era chiusa in associazioni ristrette e cupide che si erano staccate dalla massa del proletariato (Harry Quelch, 1913). Inoltre, molto più tardi, in una dichiarazione programmatica accuratamente elaborata, cioè nel suo abbozzo di tesi sulla questione agraria per il secondo Congresso dell Internazionale comunista (1920), la connessione viene stabilita con grande chiarezza: gli operai dell industria non potranno adempiere la loro missione storica mondiale la liberazione dell umanità dal gioco del capitale e dalle guerre se si rinchiuderanno nella difesa dei loro ristretti interessi corporativi e professionali e si limiteranno egoisticamente a preoccuparsi e a darsi da fare per migliorare la loro situazione, che è talvolta abbastanza soddisfacente, piccolo-borghese. Le cose vanno appunto in questo modo in molti paesi progrediti nei quali esiste una aristocrazia operaia che è la base dei partiti pseudo-socialisti della Seconda Internazionale. Queste riflessioni, sulla aristocrazia operaia, sono espresse in scritti che tutti i marxisti ben conoscono; esse risalgono per lo più al periodo 1914-1917, e fan parte dello stesso sforzo compiuto da Lenin per fornire una spiegazione marxista coerente allo scoppio della guerra e in particolare al simultaneo, traumatico crollo della Seconda Internazionale e di gran parte dei partiti ad essa affiliati. La loro esposizione più completa la troviamo nel famoso capitolo 8 dell imperialismo, e nell articolo L imperialismo e la scissione del socialismo, scritto un po più tardi (autunno 1916) a suo complemento. La tesi dell imperialismo è ben nota, ma non altrettanto note sono le nefandezze dell imperialismo e la scissione. Grazie alla peculiare situazione del capitalismo britannico, un grande possesso coloniale e una posizione di monopolio nel mercato mondiale, la classe operaia inglese tendeva già verso la metà del XIX secolo a dividersi in una minoranza privilegiata di aristocrazia operaia e in un più vasto strato inferiore. Lo strato superiore diventa borghese, mentre nello stesso tempo, una parte del proletariato si fa guidare da capi che sono comprati o almeno pagati dalla borghesia. Nell epoca dell imperialismo, quello che era una volta un fenomeno puramente britannico lo si può trovare ormai in tutti i paesi imperialisti. L opportunismo, degenerando in social sciovinismo, caratterizzava tutti i principali partiti della Seconda Internazionale. Tuttavia, l opportunismo non può restare completamente vittorioso nel movimento operaio per una lunga serie di decenni come per l Inghilterra, perché il monopolio mondiale deve essere oggi diviso tra un certo numero di paesi in competizione. Così l imperialismo, mentre rende generale il fenomeno dell aristocrazia operaia, crea anche le condizioni per la sua scomparsa. Questi passi relativamente affrettati dell imperialismo vengono ampliati in una trattazione più completa dell imperialismo. L esistenza di una aristocrazia operaia è spiegata dai sovrapprofitti del monopolio che permettono ai capitalisti di sacrificarne una piccola parte per corrompere i propri operai, per creare una specie di agiatezza tra gli operai di una data nazione con i propri capitalisti contro gli altri paesi. Questa opera di corruzione viene condotta attraverso i trusts, le oligarchie finanziarie, gli alti prezzi, ecc. (cioè qualcosa di simile a dei monopoli associati tra un dato capitalismo e i suoi operai). L ammontare di questa potenziale esca è considerevole. Lenin lo calcolava a circa un centinaio di milioni di franchi su un miliardo di sovrapprofitti e così è ugualmente considerevole, in determinate circostanze, lo strato che ne beneficia. Tuttavia, la questione di sapere come viene divisa questa piccola elemosina tra gli operai ministri, gli operai deputati, gli operai che partecipano ai comitati dell industria di guerra, gli operai funzionari, gli operai organizzati in ristretti sindacati di categoria, gli impiegati, è una questione non secondaria. E indispensabile ricordare che l analisi di Lenin mirava a spiegare

una particolare situazione storica il crollo della Seconda Internazionale e sostenere le particolari conclusioni politiche che da tale crollo egli traeva. Lenin affermava per prima cosa che, dal momento che l opportunismo e il social sciovinismo rappresentavano solo una minoranza del proletariato, i rivoluzionari dovevano andare più in basso e più in profondità, verso le masse reali e i partiti operai borghesi che erano ormai irrevocabilmente venduti alla borghesia, e non sarebbero né spariti prima della rivoluzione né in qualche modo ritornati al proletariato, sebbene fossero sempre pronti a giurare e spergiurare nel nome di Marx, là dove il marxismo era popolare tra gli operai. I rivoluzionari devono quindi respingere una unità fittizia tra i proletari rivoluzionari e la corrente opportunista e filistea in seno al movimento operaio. In breve, era necessario operare nel movimento internazionale una scissione, così da poter sostituire al movimento, socialdemocratico un movimento operaio comunista. Queste conclusioni si riferivano ad una particolare situazione storica, ma l analisi che le sosteneva era più generale. Poiché essa era parte di una precisa polemica politica e insieme di un analisi più ampia, alcune ambiguità nell argomentare di Lenin sull imperialismo e l aristocrazia operaia non vanno esaminate troppo da vicino. Come abbiamo visto, egli stesso ne metteva da parte alcuni aspetti definendoli secondari. Tuttavia, da certi punti di vista, il discorso è poco chiaro o ambiguo. Gran parte delle difficoltà sorgono dal fatto che Lenin insisteva nel dire che la parte corrotta della classe operaia è e può essere solo una minoranza, e anche, come a volte egli afferma in tono polemico, una piccola minoranza di fronte alle masse non contagiate dalla rispettabilità borghese, e alle quali i marxisti devono fare appello, perché è questo il fondo della tattica marxista. In primo luogo è evidente che la minoranza corrotta potrebbe essere, anche nell assunto di Lenin una parte numericamente considerevole della classe operaia, e una parte ancor più considerevole del movimento operaio organizzato. Anche se raggiungesse il 20% soltanto del proletariato, come le organizzazioni operaie in Inghilterra verso la fine del XIX secolo o nella Germania del 1914 (le indicazioni sono di Lenin), essa non potrebbe essere a piacimento cancellata politicamente, e Lenin era troppo realista per farlo. Da qui una certa esitazione nelle sue formulazioni. Non era l aristocrazia operaia come tale, ma solo uno strato di essa che era passato economicamente dalla parte della borghesia. Di quale strato si trattasse non risulta però chiaramente. Le uniche categorie di lavoratori indicate con esattezza sono i funzionari, i politici, ecc. dei movimenti operai riformisti. Queste si, sono vere minoranze piccole minoranze, corrotte e talvolta apertamente vendute alla borghesia, ma la questione del perché costoro riescano a ottenere l appoggio dei loro seguaci non viene discussa. In secondo luogo, è lasciata in una certa ambiguità la posizione della massa degli operai. E chiaro che il meccanismo di sfruttamento del monopolio dei mercati, che Lenin considera la base dell opportunismo, funziona in maniera da non poter limitare i suoi benefici ad uno strato soltanto della classe operaia. C è qualche buona ragione per supporre che quella specie di alleanza tra gli operai di una data nazione con i propri capitalisti contro gli altri paesi e che Lenin illustra richiamandosi alle Birmingham Alliances (descritte dai Webb) comporti alcuni vantaggi per tutti gli operai, sebbene ovviamente maggiori per quelli tra di essi che compongono l aristocrazia operaia ben organizzata e strategicamente più forte. E certamente vero che il monopolio mondiale detenuto dal capitalismo inglese nel XIX secolo ha probabilmente portato agli strati inferiori del proletariato vantaggi irrisori, mentre ne offriva di sostanziali all aristocrazia operaia. Ma ciò era possibile perché, nelle condizioni del capitalismo competitivo e liberale del lasciar fare e dell inflazione, non esisteva nessun altro meccanismo oltre quello del mercato (compresa la contrattazione collettiva dei pochi gruppi capaci di servirsene) per distribuire i vantaggi del monopolio mondiale agli operai inglesi. Ma nelle condizioni

dell imperialismo e del capitalismo monopolistico non fu più così. I trust, il sostegno dei prezzi, le alleanze fornirono i mezzi per distribuire ampie concessioni agli operai interessati. Inoltre, il ruolo dello Stato stava cambiando, come Lenin ben sapeva, ruolo che egli esaminò molto acutamente in l imperialismo e la scissione, mirava a far approvare considerevoli elemosine agli operai obbedienti sotto forma di riforme sociali. E evidente che gli operai non aristocratici avrebbero verosimilmente beneficiato di tali riforme in maniera relativamente più consistente di quelli aristocratici già ben sistemati. Infine la teoria leninista dell imperialismo sostiene che un pugno di nazioni più ricche e privilegiate si sono trasformate in parassiti sul corpo della rimanente umanità, cioè in sfruttatori collettivi, e suggerisce una divisione del mondo in nazioni sfruttate e proletarie. Possono i benefici di un simile sfruttamento collettivo essere interamenteconfinati a uno strato privilegiato del proletariato metropolitano? Lenin sapeva che jl proletariato dell antica Roma era collettivamente una classe parassita. Scrivendo sul Congresso internazionale di Stoccarda nel settembre del 1907, osservava una classe di persone nullatenenti che non lavorano e non sono in grado di abbattere gli sfruttatori. Solo la classe dei proletari, che mantiene tutta la società, ha la forza di farela rivoluzione sociale. Una vasta politica coloniale ha portato ad una situazione in cui il proletariato europeo viene in parte a trovarsi in condizioni tali che tutta la società non viene mantenuto dal suo lavoro, ma con il lavoro degli indigeni quasi schiavizzati delle colonie. Questa situazione crea, in determinati paesi la base materiale che permette allo sciovinismo coloniale di contagiare il proletariato. Questo sarà un fenomeno transitorio, ma occorre aver chiara coscienza del male e capirne la causa. Marx ha più volte menzionato un detto di Sismondi che ha un enorme importanza. I proletari del mondo antico vivevano a spese della società. La società moderna vive a spese del proletariato. (1907). Nove anni dopo, nel contesto di un ulteriore discussione in l imperialismo e la scissione, Lenin ricorda ancora che il proletariato di Roma antica viveva a spese della società. L analisi leninista delle radici sociali del riformismo viene spesso presentata come se trattasse soltanto della formazione dell aristocrazia operaia. E naturalmente innegabile che Lenin abbia sottolineato questo aspetto della sua analisi più di qualsiasi altro e quasi esclusivamente ai fini del dibattito politico. E anche chiaro che egli esitò a portare avanti altre parti della sua analisi, che sembravano non avere alcuna attinenza con la questione politica che gli stava in quel momento a cuore. Tuttavia, una accurata lettura dei suoi scritti dimostra che egli non trascurò affatto altri aspetti del problema, e che era consapevole di alcune delle difficoltà che una visione troppo unilaterale della aristocrazia operaia poteva comportare. Oggi, essendo possibile separare ciò che vi è di permanente nelle idee di Lenin da ciò che riflette i limiti della sua informazione e le esigenze di una situazione politica particolare, siamo in grado di vedere i suoi scritti in una prospettiva storica. Se proviamo a giudicare la sua opera sulla aristocrazia operaia in tale prospettiva, possiamo tranquillamente concludere che i suoi scritti del 1914-1916 sono un po meno soddisfacenti della profonda linea di pensiero che egli perseguì coerentemente dal Che fare? all Abbozzo di tesi sulla questione agraria del 1920. Infatti, sebbene gran parte dell analisi dell aristocrazia operaia sia applicabile al periodo dell imperialismo, l ottocentesco e classico modello di tale aristocrazia (quello inglese), che stava a fondamento del pensiero di Lenin in materia, aveva ormai cessato nel 1914 di fornire una guida adeguata per la comprensione del riformismo almeno del movimento operaio inglese, sebbene come strato della classe operaia fosse probabilmente al suo culmine sul finire del XIX secolo e agli inizi del XX. D altra parte, la più generale argomentazione circa i pericoli insiti nello spontaneismo e nell economicismo del movimento tradunionista, quantunque messi in luce dall esempio storico dell aristocrazia del lavoro sul finire dell 800 inglese, conserva tutta la sua pregnanza. Esso rimane

in verità uno dei più importanti e profondi contributi di Lenin al marxismo. Pubblicato in N. 1 Maggio 2013