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Estratto distribuito da Biblet

Estratto distribuito da Biblet S O C I O / L O G I E 4 Collana diretta da Alberto Abruzzese

Estratto distribuito da Biblet ISSN 1972-0785 Liguori Editore

Estratto distribuito da Biblet Questa opera è protetta dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modificazioni. L utilizzo del libro elettronico costituisce accettazione dei termini e delle condizioni stabilite nel Contratto di licenza consultabile sul sito dell Editore all indirizzo Internet http://www.liguori.it/ebook.asp/areadownload/ebooklicenza. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla citazione, alla riproduzione in qualsiasi forma, all uso delle illustrazioni, delle tabelle e del materiale software a corredo, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla pubblicazione e diffusione attraverso la rete Internet sono riservati. La duplicazione digitale dell opera, anche se parziale è vietata. Il regolamento per l uso dei contenuti e dei servizi presenti sul sito della Casa Editrice Liguori è disponibile all indirizzo Internet http://www.liguori.it/politiche_contatti/default.asp?c=legal Liguori Editore Via Posillipo 394 - I 80123 Napoli NA http://www.liguori.it/ 2001, 2005 by Liguori Editore, S.r.l. Tutti i diritti sono riservati Seconda edizione italiana Novembre 2005 Ragone, Giovanni : Analogie. Il medium pubblicità/giovanni Ragone, Emiliano Laurenzi Socio/logie Napoli : Liguori, 2005 ISBN-13 978-88 - 207-5896 - 7 ISSN-1972-0785 1. Comunicazione di massa 2. Sociologia della pubblicità I. Titolo II. Collana III. Serie Aggiornamenti: 13 12 11 10 09 08 07 06 05 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

INDICE 1 Capitolo primo Teoria e storia della pubblicità 1. Fondamenti 1; 2. Modelli economici 2; 3. Modelli psico-neurologici: immagine e sentimento 4; 4. Modelli retorici: l effetto analogico 8; 5. Il medium pubblicitario 12; 6. Mitologie: analogia e metafora 16; 7. I linguaggi di consumo 23; 8. La pubblicità come discorso di formazione 29; 9. La semantica del consumo 38; 10. Gli inizi: dalla metropoli al broadcasting 44; 11. La pubblicità e i media elettrici 49; 12. La pubblicità nell Italia radio-televisiva 55; 13. Dalla tecnica classica dell USP all emergere del brand 60; 14. Tecniche dello spazio dei flussi 67; 15. Verso l acme della comunicazione di massa 77. Estratto distribuito da Biblet 89 Capitolo secondo Introduzione al linguaggio pubblicitario 1. Il discorso pubblicitario 89; 2. Stilistica 96; 3. Quattro tipi di discorso pubblicitario 102; 4. Semantica e progettazione; il brief 107; 5. Dal prodotto alla comunicazione: figure e procedure professionali 116; 6. I livelli dell enunciato 124; 7. Simulazione e dimensione referenziale 127; 8. Essenza del prodotto ed enunciato sostanziale 129; 9. Spostamenti simbolico-mitici 133; 10. Seduzione e interpretazione obliqua 136; 11. Le componenti dell enunciato 139; 12. Esempi di analisi 146; 13. Altri strumenti per l analisi del messaggio 157. 163 Capitolo terzo L estensione del dominio della pubblicità 1. Dalla centralità televisiva alla società delle reti 163; 2. Product placement e publicity 166; 3. Le nuove forme televisive e simbiotiche 171; 4. La visibilità dei brand, dal packaging all evento 175; 5. Non profit 178; 6. Web advertising 186; 7. Il discorso pubblicitario in rete 190.

Estratto distribuito da Biblet viii INDICE 205 Piccolo dizionario della pubblicità 215 Bibliografia

Estratto distribuito da Biblet Questa seconda edizione di Analogie è notevolmente cambiata, per circa due terzi, da quella iniziale comparsa nel 2001. Un orientamento più deciso verso la scienza dei media si è tradotto nella sezione I, che assume qui le dimensioni di una teoria mediologica della pubblicità, incluso seppure in modo schematico il tracciato storico. La sezione II che introduce al linguaggio e alle pratiche pubblicitarie è stata rivista, tenendo conto delle indicazioni di un esperienza didattica ormai lunga. Al lavoro si è inoltre aggiunta la sezione III (L estensione del dominio della pubblicità) che prova a rendere sistematico il discorso sulle tendenze più recenti. Rimane invariata la strategia di insieme: tensione interpretativa elevata, ma anche offerta di strumenti introduttivi a un lettore inesperto, per una comprensione approfondita del medium; un livello di riflessione che assume le conoscenze specialistiche e cerca di integrarle in una rete teorica più ampia, ma anche una continua sollecitazione a riflettere e analizzare. Se almeno in parte il tentativo avrà successo, un ringraziamento lo dovremo ai lettori e agli studenti che hanno segnalato luci e ombre della prima redazione. Roma, agosto 2005

1 TEORIA E STORIA DELLA PUBBLICITÀ 1. Fondamenti Tutti conoscono almeno gli aspetti più generali della pubblicità: quella forma di comunicazione e quel settore dell industria culturale che mira a promuovere le vendite di prodotti o servizi, o ad estendere l area di visibilità e di consenso di un partito o di un uomo politico, o a propagandare una particolare causa sociale o di altro genere, attraverso un messaggio creativo. Nella nostra civiltà post-metropolitana, alcune nozioni standard sulla pubblicità sono ormai entrate nel bagaglio culturale comune: nelle forme classiche dell advertising la comunicazione si basa su un messaggio creato appositamente, che viene inviato intenzionalmente a un audience attraverso uno o più media; i costi di produzione e di emissione del messaggio sono a carico del committente (che ha il più delle volte diritto di controllo sull intero processo, secondo regole fissate per contratto, e nei limiti di regole e standard definiti dai media prescelti); la creazione del messaggio può essere realizzata all interno dell impresa o dell istituzione, a cura del soggetto che intende comunicare, oppure viene affidata a un agenzia pubblicitaria (in questo caso le scelte di strategia, così come l individuazione dei media da utilizzare, richiedono un accordo tra impresa e agenzia, almeno a un certo punto della procedura). Quasi altrettanto condivise rispetto a queste definizioni sono le domande, e non di poco conto, che i commissionari, gli addetti ai lavori della pubblicità e dei media e spesso anche i destinatari, il pubblico, si pongono sul senso di questo tipo di comunicazione. Domande che investono il piano dell utilità economica (dotarsi di strategie e campagne pubblicitarie è veramente necessario? e sono certi gli effetti sul comportamento del consumatore?), dei processi culturali (quanto e come incidono i

2 ANALOGIE messaggi pubblicitari nella costruzione delle identità? e in che direzione viaggia la simbiosi tra la pubblicità e altre forme della comunicazione?), delle dinamiche semiotiche (qual è la deriva delle retoriche e dei linguaggi specifici della pubblicità?) e dei valori estetici (si tratta solo di informazione e persuasione, o anche di creazione? si può dire che la pubblicità sia una forma di arte applicata?). 2. Modelli economici Iniziamo dai temi economici, uno sfondo che è necessario conoscere, anche per chi si interessi prevalentemente di comunicazione e di linguaggi. A livello globale, l investimento medio delle grandi imprese in pubblicità è notevole: una somma pari al 6% circa del valore delle vendite. Tuttavia gli studi di settore mostrano che al crescere dell investimento corrisponde mediamente e a breve un modesto aumento delle vendite e dei profitti: a un 5% di aumento annuo delle spese per pubblicità di un impresa corrisponde mediamente un modesto 1% di aumento delle vendite, e in misura ancora minore, dei profitti (secondo alcune ricerche, il tasso potrebbe anche essere intorno allo 0,5%). Questo spiega perché molto spesso le grandi imprese preferiscono investire in promozioni piuttosto che in pubblicità (le promozioni, vale a dire le diminuzioni temporanee del prezzo richiesto ai consumatori, funzionano del resto come un veicolo pubblicitario implicito o correlato a campagne pubblicitarie), strategia che produce a breve un espansione delle vendite molto maggiore, ma di solito nessun profitto aggiuntivo; il valore medio dell investimento annuo in promozioni effettuate dalle grandi imprese è infatti intorno al 18% delle vendite 1. Inoltre gli effetti a lungo termine dei soldi spesi in pubblicità dipendono totalmente da due variabili che non è possibile controllare a priori, vale a dire dal rafforzamento simbolico del brand (l immagine, il marchio, la fidelizzazione dei consumatori) e dal livello più o meno alto di aggressività pubblicitaria-promozionale della concorrenza. Questo insieme di relazioni implica un corollario assai rilevante, e delle pratiche reali a cui solo raramente i dirigenti delle grandi imprese osano derogare: occorre infatti investire in pubblicità stabilmente, e se è possibile aumentando gradualmente lo sforzo, senza intermittenze che lascerebbero il campo libero e annulle- Estratto distribuito da Biblet 1 John Ph. Jones, Advertising: Evaluation of effectiveness, in Enyclopedia of International Media and Communication, a cura di Donald H. Johnson, Elsevier Science, San Diego- London 2003, pp. 27-34.

TEORIA E STORIA DELLA PUBBLICITÀ 3 rebbero l effetto di stabilizzazione a medio termine su cui si innesta l effetto di possibile dominio del mercato nel tempo più lungo (il vero obiettivo economico, si potrebbe dire, di questo genere di spesa: dominare un mercato significa fissare i prezzi senza dipendere strettamente dal consumatore, ormai fedele, con la possibilità di tenere più alti i profitti). Il quadro è diverso per le piccole imprese o le piccole organizzazioni: in questo caso il vero interesse per la pubblicità sta nel tentare di rendersi visibili, di gettare le basi per la creazione di un brand stabile, ciò che può avvenire solo dopo un espansione rilevante delle vendite. Il fattore che conta allora non è la continuità, ma l esplosione iniziale. E naturalmente la qualità della comunicazione pubblicitaria è decisiva. Il punto di vista degli economisti dà in genere per scontato un effetto forte della pubblicità sul comportamento del consumatore, e a valle di questo un effetto forte sulle sue conoscenze e attitudini. E le teorie elaborate dai pubblicitari danno naturalmente una mano agli economisti: una celebre affermazione di David Ogilvy è che un cambio di headline in un annuncio può fare aumentare le vendite fino a dieci volte. Probabilmente è accaduto, ma è anche vero che una seria tecnica di rilevazione del peso specifico della pubblicità in caso di successo di un prodotto non è stata inventata fino a tempi molto recenti (negli anni Novanta, con l aiuto dell informatica). Si tratta della single-source research, che prevede l analisi del comportamento di singole famiglie (scelte a campione, naturalmente). Si verificano per ogni componente della famiglia tutti i casi di ricezione di messaggi pubblicitari per ogni brand, e tutti i casi di acquisto relativi agli stessi brand. Allargando il campione, è possibile definire su base statistica le tipologie di correlazione stimolo-risposta, e quindi valutare l efficienza e l efficacia delle campagne pubblicitarie. La cibernetizzazione degli atti di acquisto (iniziata con i codici a barre) e dei messaggi audiovisuali dei media (che veicolano etichette elettroniche subliminali) o di quelli digitali via Internet permette almeno parzialmente uno scanning automatico sia degli stimoli che delle risposte (ma siamo solo all inizio di un tracciamento e marcamento dei consumatori prevedibilmente via via più serrato). Le società di rilevazione più importanti a livello globale offrono i loro servizi rivolti ovviamente soprattutto alla grande impresa con un discreto livello di affidabilità per quanto riguarda la pubblicità televisiva: sul brevissimo periodo (il volume delle vendite viene di solito rilevato ogni sessanta giorni), sembra che si arrivi in seguito a una campagna pubblicitaria a picchi di aumento fino al 136% negli USA (ma sono possibili anche cadute fino al 27%), all 84% in Gran Bretagna (con diminuzioni ancora fino al 27%), e al Estratto distribuito da Biblet

4 ANALOGIE 54% in Germania (contro un 17%) 2. Si tratta per ora di rilevazioni troppo costose per la maggior parte delle imprese, e comunque limitate al medium televisivo (del quale contribuiscono ad aumentare la forza relativa). Per il resto, il committente o l emittente di messaggi pubblicitari può ragionare empiricamente sui dati di mercato, ed eventualmente utilizzare altre tecniche di rilevazione a campione delle reazioni dei consumatori (con interviste, questionari, focus groups, ecc., servizi a volte resi dalle stesse agenzie pubblicitarie). Con questo, siamo entrati nel cuore del problema: i modelli economici si limitano a spiegare la rilevanza di lunga durata del lavoro sul brand, e l impatto possibile a breve periodo di campagne aggressive sui media di massa. Per comprendere il funzionamento della pubblicità occorre fare appello alla psicologia, e soprattutto alla scienza dei media. 3. Modelli psico-neurologici: immagine e sentimento In tutti i tipi di comunicazione pubblicitaria, l obiettivo è quello di ottenere una risposta dai destinatari in termini di attenzione, curiosità, coinvolgimento, consenso, identificazione, motivazione (verso azioni di consumo o di voto, o verso ulteriori catene di azioni), come premessa necessaria di vantaggi successivi, sul piano commerciale, o politico-culturale. Perché il messaggio sia efficace (anche per la rapidità e la brevità dovuta agli alti costi), occorre che esso sia costruito secondo tecniche che implicano effetti, vale a dire un adesione marcatamente sentimentale, che è a sua volta il medium della azione comunicativa di risposta dei destinatari. E qui vale la pena di abbandonare i luoghi comuni e di approfondire il discorso. Messaggio tecnicamente strutturato, effetto sentimentale, risposta. Oggi siamo in grado di definire su basi credibili i processi percettivi e cognitivi che collegano emozione, sentimento e altre forme di organizzazione superiore del pensiero. Esistono modelli accertati su base sperimentale che spiegano in modo convincente a cosa corrispondono queste parole e concetti così antichi e fondanti per la nostra cultura, dal pensiero grecoantico in avanti. Negli anni Novanta, la neurologia e la psicobiologia più avanzate hanno messo in crisi una categoria fondamentale della scienza moderna: l idea di una separazione funzionale netta fra gli strati più antichi del cervello umano, sede dei riflessi istintuali e immediati, e le zone alte Estratto distribuito da Biblet 2 Ivi

TEORIA E STORIA DELLA PUBBLICITÀ 5 della corteccia cerebrale, dove si elaborano pensieri razionali e volontari, sviluppando in continuazione la memoria. Era uno schema fondato sulle convinzioni più profonde della filosofia illuminista, fin dal XVII secolo, confermate dal positivismo scientifico; ora esso si rivela errato: molte e diverse ripartizioni cerebrali, più antiche e più recenti, vengono implicate, in un ciclo complesso, che ha sempre come base lo stimolo esterno (nell ambiente fisico o nell immaginazione). Se è vero infatti che alcune risposte a stimoli sono basate su categorizzazioni immediate dell oggetto percepito (dimensione, estensione, movimento, certi suoni, certi stati del corpo), che generano associazioni semplici, motrici di reazioni fisiche di paura, o di piacere, o di allarme, o di curiosità, ecc. ed è questo che possiamo definire come emozioni, sembra tuttavia che esse siano affiancate e proseguite da un processo semi-conscio o conscio: il sentire l emozione in connessione con l oggetto che l ha suscitata, il rendersi conto del legame tra l oggetto e lo stato emotivo del corpo 3. Lo stato semi-cosciente permette di collegare l emozione alle esperienze soggettive accumulate e a loro volta categorizzate, e dunque di rispondere alla percezione dell oggetto con maggiore flessibilità, sulla base della particolare storia delle interazioni del soggetto con l ambiente. Le emozioni primarie implicano insomma da subito dei sentimenti. Ed essi preludono a nuovi stati emotivi secondari, che si presentano una volta che abbiamo cominciato a provare sentimenti e a formare connessioni sistematiche tra categorie di oggetti e situazioni, da un lato, ed emozioni primarie, dall altro 4. Il ciclo, naturalmente, si innesca davanti ad ogni immagine stimolante, e a maggior ragione davanti all immagine pubblicitaria, che è progettata esattamente a questo scopo; quindi vale la pena di descrivere analiticamente tutto il processo (tenendo presente che nel funzionamento neurobiologico ognuna delle azioni descritte vede implicate zone specifiche del cervello). Stimolato da un primo stato emotivo e sentimentale indotto da ciò che ha visto, lo spettatore si forma immagini mentali degli aspetti chiave della scena; intanto nel suo stato fisico si sviluppa un cambiamento, definito da svariate modificazioni in diverse regioni del corpo (cuore, pelle, muscoli facciali che governano l esperessione e altri che rilassano o tendono le membra interne e gli arti, ghiandole endocrine, e quindi processi chimici). Quello che accade è definibile: a) come un lavoro consapevole di Estratto distribuito da Biblet 3 Antonio R. Damasio, L errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, Milano 1995, p. 193. 4 Ivi, p. 196.

6 ANALOGIE elaborazione a cui partecipano diversi strati del cervello, utilizzando una miriade di relazioni tra immagini non verbali e immagini verbali evocate dal substrato topograficamente organizzato in varie cortecce sensitive di ordine inferiore (visive, uditive e altre), costruite sotto la guida di rappresentazioni disposizionali distribuite su un gran numero di cortecce di associazione di ordine superiore ; b) ma anche come una risposta automatica, non volontaria, ai segnali che scaturiscono dalla elaborazione di tali immagini. È una reazione mentale che deriva nella corteccia prefrontale da rappresentazioni che incorporano conoscenza relativa al modo in cui, secondo l esperienza individuale, certi tipi di situazione sono stati accoppiati, di solito, a certe rappresentazioni emotive; e si tratta di strutture che per quanto in larga misura simili per i diversi individui, sono modellate dall esperienza delle singole persone; c) proprio da quelle rappresentazioni si scatenano in modo automatico, non conscio e non volontario, una serie di reazioni fisiche che interessano di nuovo il corpo e lo stesso encefalo: una risposta massiccia e variata, diretta all intero organismo che costituisce l ondata delle emozioni secondarie e di sentimenti più complessi 5. Riassumendo: il ciclo innescato da stimoli sensoriali esterni vede susseguirsi associazioni coscienti e inconsce, emozioni primarie, un primo livello di sentimento, il lavoro mentale che ne deriva su rappresentazioni percettive, il coinvolgimento di strutture personali e di nuovo il trasferimento al corpo, dove abbiamo di nuovo l emozione, uno stato emotivo del corpo e del cervello stesso. Ma questo non è ancora sufficiente perché una qualsiasi comunicazione abbia effetto (sebbene sia condizione necessaria perché una comunicazione esista). Occorre innescare di nuovo uno stato sentimentale, e di lì far partire un processo cognitivo. Anche a livello secondario e più complesso il sentimento parte dall emozione: tutti i cambiamenti fisici sono percepiti internamente e vengono segnalati al cervello attraverso un percorso neurale e chimico di ritorno. Alcune cortecce cerebrali, in particolare, coordinano una veduta di insieme del mutevole paesaggio del corpo durante un emozione, attraverso rappresentazioni dinamiche continuamente fluttuanti. L essenza del sentimento è l esperienza di questo cambiamento fisico in relazione all immagine mentale che ha dato avvio al ciclo: sentire il proprio corpo che patisce dopo che l immagine è comparsa. Sembra anzi che vi siano almeno tre livelli riconoscibili: i sentimenti derivanti dalle emozioni primarie, che innescano reazioni sostanzialmente Estratto distribuito da Biblet 5 Ivi, pp. 198-202.

TEORIA E STORIA DELLA PUBBLICITÀ 7 preorganizzate e universali (e allora sentiamo fisicamente tristezza, felicità, ira, paura, disgusto); quelli più sottili, che associano lievi variazioni di stato emotivo del corpo a lievi sfumature di stato cognitivo, regolate dall esperienza (per esempio la sensazione di malinconia, di timidezza, o per entrare in una zona assai praticata dalla pubblicità l euforia, l estasi, o il senso di tensione del giallo, e il piacere estetico derivante da immagini belle o da citazioni montate con intelligenza); infine vi sono sentimenti di fondo, che non derivano da emozioni forti o più intellettualizzate, ma semplicemente dallo stato basilare dell essere: la nostra immagine del paesaggio corporeo quando questo non è agitato, una struttura di sentimenti che resiste per ore e giorni e non cambia sostanzialmente con i cicli emotivi e con il flusso e riflusso del pensiero. Un mood della nostra esistenza personale 6. La ricerca, in questo modo, ci rivela quanto il corpo sia implicato negli inneschi cognitivi, a partire in particolare dagli stati sentimentali. Per gli aspetti che sono più utili per il nostro oggetto: è probabile che la comunicazione pubblicitaria tenda a generare sentimenti su tutti e tre i livelli. Il primo ha un target più o meno universale; il secondo è più determinato da esperienze individuali, largamente generalizzabili attraverso la ripetizione e la serialità; il terzo implica dei mix ancora più soggettivi, ma non è affatto irrilevante per i pubblicitari: solo attraverso la capacità di associare stabilmente l immagine pubblicitaria ai mood individuali si ottengono dei consumatori fedeli. Un immagine causa emozione. I segnali corporei dell emozione e i segnali che riguardano l immagine-fonte trovano una associazione particolare in zone cerebrali di convergenza che operano come mediatore terzo, e si connettono generando il senso di un preciso legame causa-effetto. All immagine pubblicitaria si associa (con un audience più o meno universale, e legandosi a mood più o meno stabili nel tempo) un sentimento. Attraverso la ripetizione, il ciclo che porta ai sentimenti può venir innescato semi-automaticamente, sia in senso utile (il consumatore prova sentimenti positivi associandoli al messaggio e al prodotto), sia in direzione opposta (il consumatore prova disgusto, noia, estraneità sui tre livelli primario, sottile e di fondo). Questo, in sintesi, è il gioco. La pubblicità chiama in campo l esperienza accumulata, l inconscio, il corpo. Estratto distribuito da Biblet 6 Ivi, pp. 206-217.

8 ANALOGIE 4. Modelli retorici: l effetto analogico Come ogni altro genere di comunicazione, anche la pubblicità richiede un patto implicito tra emittente e destinatario. Il messaggio deve essere riconoscibile come commercial, di solito attraverso una cornice (che è data dall essere collocato in uno spazio/tempo apposito, per es. il cartellone stradale, o la serie periodica di spot nella programmazione televisiva; oppure semplicemente da uno stile di presentazione particolare, nella grafica o sul piano audiovisivo; a volte, soprattutto nelle forme a stampa, compare direttamente la sigla dello studio pubblicitario in carattere molto piccolo e seminascosto come era un tempo la firma del pittore nei quadri). Ma superato il frame che si presenta del resto in forme sempre più tenui scatta qualcosa di più di un cambio di genere : si entra in un mondo magico, dove è richiesto un tipo particolare di ricezione, moderatamente euforica, disponibile a lasciare da parte i sistemi simbolici della conoscenza, dell utile e della prassi, e a vivere in una dimensione ludica. Lì ci abbandoniamo al sentimento, godiamo di uno spazio/tempo virtuale, dove è esperienza comune venir trasportati senza preavviso dalle regole della vita normale all universo del jet-set, spettacolare e totalmente soggetto al design, oppure in una famiglia felice che ci ricorda i fumetti o la tv della nostra infanzia. Il patto comunicativo non prevede che i codici simbolici del sociale vengano sovvertiti o variati, ma che li si lasci fluttuare in un ambiente iper-sentimentale, plurimo e fluido. La tecnologia provvederà a costruirlo. Le tecniche degli effetti, e più precisamente l utilizzo suggestivo e di massa delle tecnologie per generare ambienti virtuali predisposti al gioco dei sentimenti, hanno radici lontane nel tempo (un primo sviluppo su larga scala risale alle tecniche della stampa e alla macchine teatrali, fra XVI e XVII secolo), ma segnano fortemente la fase matura della modernità industriale, con il suo culmine nella spettacolarizzazione della vita sociale attraverso i mass media. Nelle forme brevi della pubblicità esse hanno trovato uno dei punti di massimo impatto sulla cultura e sulla comunicazione, contribuendo visibilmente alla attuale società globalizzata. Del resto, l impatto culturale delle tecniche degli effetti è avvenuto su molti piani, come mostrano la storia della letteratura, delle arti, del design, e della cultura delle immagini. I segni evidenti di una svolta emozionale/spettacolare e seriale sono visibili dalla metà dell Ottocento nei racconti e negli scritti teorici di autori che vanno da Edgar Allan Poe a Emile Zola; negli impressionisti; nell apparizione delle architetture in ferro e vetro e nella produzione in serie di oggetti da arredamento; nei primi esperimenti della

TEORIA E STORIA DELLA PUBBLICITÀ 9 fotografia. Coeva a questi punti di soglia verso la cultura spettacolare delle metropoli è anche la pubblicità, nella forma grafica dell affiche esterna. Forse più che per gli altri media, la necessità imperativa di una tecnica degli effetti e del sentimento è il fattore che trascina lungo la storia delle metropoli la comunicazione pubblicitaria da retoriche di tipo informativo/persuasivo verso un ampio utilizzo analogico dell immagine e del mito. Per analogia i dizionari e il senso comune intendono una relazione di corrispondenza fra elementi che hanno un certo numero di tratti simili. Ovviamente qualsiasi linguaggio, per essere un linguaggio, vale a dire un sistema dinamico di regole per comunicare, si costruisce su relazioni analogiche; ma i linguaggi godono di diversi gradi di coerenza interna: le lingue naturali e ancora di più i linguaggi scientifici utilizzano l analogia come base grammaticale, regolatrice di sistemi relativamente fissi (per es. le desinenze del singolare e plurale, le coniugazioni dei verbi, l ordine delle parole nella sintassi, la concatenazione dei concetti e dei segni nelle dimostrazioni scientifiche e nelle formule matematiche, ecc.). La funzione dell analogia, secondo i linguisti, è di tipo regolarizzante: rimandare il senso di qualcosa che è dubbio verso un altra cosa che non è dubbia, ridurre l ambiguità o l apertura di significati a un minimo di stabilità, livellare e regolamentare le forme anomale, creandone altre normalizzate. Ma dall ultimo Ottocento (con le poetiche simboliste) si sono affermate teorie e tendenze culturali e linguistiche che interpretano lo stesso meccanismo in senso esattamente opposto. Secondo queste correnti (connesse all apparizione dei sistemi artistici e intellettuali delle avanguardie e di nuovi abiti mentali, rilanciati nel secondo Novecento dalla semiotica di Tartu, dalla psicolinguistica cognitiva, dalla scienza dei media, ecc.), se da un lato l analogia si comporta come forza che attraverso la logica della similarità agisce in senso regolarizzante e riducente, da un altro lato essa funziona piuttosto come la base associativa fondamentale della creazione simbolica, e quindi come forma innovativa. Per comprendere il ruolo creativo dell analogia, torna particolarmente utile mettere a confronto le due definizioni molto simili tra loro che hanno formulato dell analogia i semiologi russi, eredi del formalismo, e gli psicolinguisti: per i primi, l analogia funziona ponendo in relazione campi semantici sull asse paradigmatico (un paradigma con un altro paradigma, anche molto differente), e quindi assimilandoli, ma creando un nuovo senso (due immagini si accostano producendo una relazione di similarità e una sovrapposizione ambigua di significati: il simbolo, il linguaggio della poe- Estratto distribuito da Biblet

10 ANALOGIE sia) 7. Per le ricerche psicolinguistiche sui meccanismi di acquisizione delle categorie concettuali, quando pensiamo, una figura viene associata inconsciamente e assimilata per analogia ad altre figure-centro dotate di particolare attrattiva, ruotando in una specie di cerchio magico (per es. il pipistrello viene associato alla categoria uccelli a cui scientificamente non appartiene e ad altre come notte, orrore, vampiro, ecc., a diversi livelli di analogia). La pubblicità viene tradizionalmente associata ai meccanismi retorici della persuasione: un discorso volto a convincere all acquisto. Ma non casualmente, la retorica (fin dall epoca antica) non prevede una teoria dell analogia, poiché essa esclude l idea che sia possibile persuadere attraverso una creazione di messaggi. I trattatisti considerano l inventio come una ricerca e ritrovamento delle idee (res) adatte alla materia, a vantaggio della parte in causa da rappresentare, idee che servano come strumenti intellettuali e affettivi per raggiungere il sucesso della parte con la persuasione del giudice..., non [...] come un processo creativo (come in alcune poetiche moderne), ma come un ritrovamento per mezzo della memoria[...]: le idee adatte al discorso esistono già come copia rerum nell inconscio o nel subconscio dell oratore e devono essere solo richiamate alla memoria da un abile tecnica e possibilmente da un continuo esercizio... 8 Secondo la retorica, non l analogia nel senso creativo ma la connessione logica di segmenti di senso già esistenti è il meccanismo fondativo della persuasione. L arte retorica, nella sua tradizione legata alla parola e soprattutto alla scrittura, si basa infatti su un repertorio stabile, e ritiene una volta garantita la credibilità dell emittente che una buona successione logica del discorso, (esordio, proposizione/narrazione, dimostrazione, perorazione finale), una adeguata scelta delle prove di tipo obiettivo o affettivo, e la scelta di espressioni adatte, comprensibili e belle, sia sufficiente a garantire il risultato. Non si tratta insomma di creare, ma di convincere. Questa teoria si è adattata abbastanza bene ai primordi della pubblicità; ma via via, la cultura dell immagine e la società dei consumi post-metropolitana hanno reso evidente che si tratta tanto di creare che di convincere, e forse più di creare che di convincere. L analogia creativa ha presto soppiantato l arte del credibile e del dimostrabile. Probabilmente questo si deve al fatto che l immagine, a differenza della Estratto distribuito da Biblet 7 Dizionario di linguistica, diretto da Gian Luigi Beccaria, Einaudi, Torino 1994, pp. 60-62; Jurij Lotman, La struttura del testo poetico (1970), Mursia, Milano 1972. 8 Heinrich Lausberg, Elementi di retorica, Il Mulino, Bologna 1969, p. 30.

TEORIA E STORIA DELLA PUBBLICITÀ 11 parola nella lingua naturale e scritta, si associa più facilmente sull asse paradigmatico, e per analogia, che su quello logico-sintagmatico. L immagine è già di per se stessa una sintesi visuale, difficilmente segmentabile, e le sue relazioni di similarità con altre immagini, o di rinvio a concetti, viaggiano per strade prevalentemente intuitive, semi-consce e inconsce, assumendo significato sociale attraverso quelle strade (e sappiamo anche perché: sono stimoli e percorsi che innescano direttamente il ciclo dei sentimenti). La stessa idea di società dell immagine rinvia più che alla comunicazione di oggetti visibili a un atteggiamento cognitivo ed espositivo prevalentemente iconico-metaforico oggi dominante, opposto a un più tradizionale atteggiamento logico-sequenziale 9 La visibilità implica infatti l esistenza di oggetti-icone, ma anche di modelli/ordinamenti della visione: competenze, conoscenze e pratiche socialmente diffuse, attraverso le quali un soggetto, collocato a distanza (spaziale e temporale) dall emittente, può fruire del messaggio in quanto struttura di stimoli significativi (figure, suoni, parole) 10. Si tratta di ordinamenti che utilizzano l analogia prevalentemente nel suo senso creativo. Per esempio: ogni epoca elabora determinate pratiche sociali della visione, che rinviano a regole a loro volta metaforiche (si pensi all arte del ritratto, che include ed esclude nel corso dei secoli strati sociali, rinvii simbolici e allegorici, ecc.; o alla struttura visiva della sala da ballo; o alla evoluzione dei musei; ecc.). Lo spettacolo in quanto pratica della visione socialmente condivisa presuppone la condivisione di sistemi della visione e di generatori di relazione analogica, che a loro volta costituiscono una delle strutture dominanti di una cultura; a ben vedere, per il cinema, il teatro, la pubblicità, la televisione, più che di grammatiche complesse e coerenti, dovremmo parlare di alcune regole implicite e abbastanza semplici, che utilizziamo per associare tra loro analogicamente senza vincoli logici o linguistici imperativi, e con un certo grado di libertà dai vincoli simbolico-sociali assestati dei testi -immagine (che hanno un valore di testimonianza: sono elementi della tradizione, portatori di un significato simbolico), generandone di nuovi, dotati di un certo grado di coesione 11. La pubblicità, in questo senso, si fonda su un doppio statuto analogico: da un lato perché istituisce, come vedremo, una rete di relazioni di similarità (prodotto/ brand image/ messaggio/ immaginario del riceven- 9 Gianni Vattimo, La società trasparente, Garzanti, Milano 1989. 10 Fausto Colombo e Ruggero Eugeni, Il testo visibile, Carocci, Roma 1996. 11 Ivi, pp. 24-32.

12 ANALOGIE te); dall altro, perché i suoi messaggi sono fondamentalmente costruiti in senso creativo, associando le immagini attraverso tecniche artistiche tendenzialmente analogiche (iconologiche, ma anche verbali e musicali). La base del messaggio pubblicitario è dunque soprattutto nella struttura creativa. Le forme retoriche persuasive si associano alla struttura creativa, di solito sul piano del tono (piacevole o patetico), dell amplificazione, dello straniamento, oltre che dell espressione linguistica 12, oppure la chiudono, spostando la comunicazione su un piano informativo, referenziale e logico. Il messaggio pubblicitario, piuttosto che a quello della scrittura, appartiene al regno dell immagine, dello spettacolo, della comunicazione multimediale: il regno dell analogia. 5. Il medium pubblicitario Il formidabile legame strutturale e organizzativo che si è venuto a stabilire tra pubblicità e media 13 è il dato di fatto naturalmente indissolubile dalla struttura del linguaggio pubblicitario (come interfaccia dei soggetti sul piano economico, psico-sensoriale, e analogico, come si è visto sin qui) dal quale è indispensabile partire. È anzi possibile, riguardo alla connessione pubblicità/media, sostenere che la pubblicità intensifica le tecniche e i linguaggi dei media, rappresentandone l evoluzione, e dunque anche anticipandola. In questo senso la storia della pubblicità è saldamente intrecciata alla storia dei media di massa nelle società metropolitane, e dunque alla deriva che ha visto le culture delle immagini veicolate dai media prendere il sopravvento sulle culture istituzionali della scrittura. A partire dalla grafica e dalla fotografia del secondo Ottocento, la pubblicità esterna dei cartelloni, affiches, locandine, volantini, insegne, e le inserzioni a forte impatto visivo sui giornali e le riviste hanno contribuito all evoluzione delle nuove tecniche di stampa industriali, e hanno sospinto l evoluzione spettacolare delle tecnologie audiovisive, fino al cinema, alla radio e alla televisione, da cui si sono sviluppati a loro volta i nuovi linguaggi pubblicitari di flusso del trailer, del refrain e dello spot. Nello stesso senso, vale a dire come aspetto specifico del medium, la pubblicità rappresenta anche la storia di un passaggio invasivo e delocalizzante dallo spazio esterno della civiltà urbana, meccanica, gutenberghiana, Estratto distribuito da Biblet 12 Quindi sul piano della dispositio e della elocutio, piuttosto che dell inventio (ivi, passim). 13 Alberto Abruzzese, Metafore della pubblicità, Costa e Nolan, Genova 1991 2, p. 32.