Capitolo 1 Informazione e democrazia Esiste un irrinunciabile duplice natura del diritto a manifestare il pensiero, che coincide con una liberta inviolabile dell individuo e valore fondamentale di ogni ordinamento democratico. La forma di stato democratica deve garantire un pluralismo ideologico per far conoscere le diverse opinioni politiche, economiche e culturali. Tutto cio comprende anche il diritto di cronaca, di critica e di satira nei confronti di ogni potere. La liberta di espressione trova il suo primo riconoscimento nella forma di stato liberale diventandone il simbolo (abolizione della censura). è 1789 Francia Dichiarazione dei diritti dell uomo e del cittadino è 1791 USA Costituzione degli Stati Uniti è 1848 Italia Statuto Albertino (sottolinea che la stampa sara libera, ma una legge ne reprime gli abusi). L ordinamento non si arroga la pretesa di predefinire una verita dall alto, ma si limita a predisporre I procedimenti e le regole perche attraverso il metodo del contraddittorio si raggiunga, all interno dei valori fondamentali condivisi, la soluzione ritenuta migliore dalla maggioranza dei consociati. Libero mercato delle idee e delle notizie. La liberta di espressione e dunque un diritto al contempo INDIVIDUALE (ognuno possa avere un proprio pensiero) e SOCIALE (lo Stato deve essere attivo affinche, attraverso un opinione pubblica consapevole, I cittadini partecipino all organizzazione politica, economica e sociale del Paese). à Partecipazione alla vita pubblica (diritto ad essere informati). à Pluralita delle fonti di informazione ( Spazio per esprimere e divulgare idee nuove e anticonformiste ), concorrenza di informazioni perche l opinione finale sia obiettiva. Nuova realta (il diritto cioe ad essere informati e della pluralita delle fonti) che si riflette nel secondo dopoguerra e nelle carte internazionali che tutelano I diritti umani (Convenzione europea del 1950, Repubblica federale tedesca 1949, Costituzione spagnola 1978, Confederazione elvetica 2000, Carta dei diritti fondamentali dell Unione Europea 2000). Costituzione italiana (1947) --- Articolo 21 e l unico ad essere generico su questo tema, dando un limite alla liberta di stampa soltanto per cio che riguarda il buon costume. Nonostante la Costituzione trascuri I due importanti diritti prima citati, le sentenze hanno invece giocato un ruolo incisivo nella loro attuazione. Nella seconda meta degli anni ottanta, vengono istituite due autorita in modo da adeguare l ordinamento italiano alle direttive europee: il Garante per la protezione dei dati personali e l Agcom (autorita per le garanzie nelle comunicazioni quali editoria, stampa, radiotelevisione, telecomunicazioni ecc). Capitolo 2 La tutela costituzionale della liberta di stampa ARTICOLO 21 della nostra Costituzione: Il primo e l ultimo comma dell articolo contengono le proclamazioni (rispett del diritto e del suo unico limite espresso) generali e valide per tutte le modalita di espressione. Dal secondo al quinto comma, invece, ci si riferisce escusivamente alla liberta di manifestazione del pensiero attraverso lo scritto e l immagine stampata. Grande importanza data alla stampa, ma carenza di predisposizioni per la manifestazione del pensiero attuata con altri, e oggi piu importanti, mezzi di comunicazione. (Spiegazione storica: evitare che si potessero rinnovare le gravi misure limitative della liberta di espressione del period fascista, che avevano riguardato quasi fondamentalmente la stampa). è La Costituzione vieta in modo assoluto ogni misura di tipo PREVENTIVO, cioe precedente alla diffusione dello stampato (non sono ammesse autorizzazioni ne censure). Vi e solo il sequestro, che pero e uno strumento esclusivamente successive alla diffusione/distribuzione dello scritto. 1956: prima sentenza della Corte Costituzionale che assume un importante valore simbolico, rappresentando la vittoria della Costituzione repubblicana sugli abusi del regime fascista (viene dichiarato incostituzionale l articolo 113 che vietava di distribuire in un luogo pubblico manifesti scritti e disegni). Differenza tra liberta di corrispondenza (art.15) e liberta di manifestazione del pensiero (art.21).
Capitolo 3 Il limite del buon costume E l unico limite espressamente contemplato nell articolo 21, che comunque non abilita il legislatore all introduzione di meccanismi di controllo preventivo sulla stampa (e possibile invece un controllo preventivo per forme diverse dalla stampa, quali spettacoli teatrali e cinema). Per quanto riguarda la radiotelevisione, e piu facile controllare la trasmissione di film o spettacoli di intrattenimento piuttosto che l attivita giornalistica. Esistono pero delle misure repressive: divieto di trasmettere programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori o che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche (sanzioni sia penali che amministrative). Problema del concetto di buon costume, in quanto metagiuridico finisce nella coscienza sociale. Generalmente si intende l insieme dei principi etici dominanti in un certo momento storico, ovvero col concetto di pubblica moralita. Oppure e osceno tutto cio che offende il pudore, quindi il buon costume puo essere identificato come il comune sentimento del pudore, che se non rispettato possa creare fastidio, imbarazzo, disagio o turbamento, soprattutto se in presenza di minori. Il buon costume è definito, da una parte civilistica, come morale o coscienza etica, dall altra penale, come cio che urta il pudore sessuale. Sentenza 9 del 1965: controllo delle nascite il buon costume non puo essere definito come qualcosa di morale media, poiche la legge morale vive nella coscienza individuale e non puo essere oggetto di regolamento legislativo. Ma non puo essere identificato nemmeno solo con il pudore sessuale. E piuttosto un insieme di regole di comportamento che devono essere osservate in una societa civile e la cui inosservanza comporta la violazione del pudore sessuale, della dignita personale e del sentimento morale dei giovani. Specificamente, la propaganda sugli anticoncezionali (che riguada la sfera sessuale) viene fatta pubblicamente, violando il naturale riserbo o pudore delle cose sul sesso. Sentenza 49 del 1971: cambio di orientamento; le pratiche contraccettive non sono contrarie al buon costume. La nozione di buon costume e collettiva, e un bene che appartiene alla collettivita e non solo alla sfera individuale; dunque, affinche sia violato il limite del buon costume e essenziale che esista l elemento della pubblicita, dell essere pubblico. Sentenza 293 del 2000: pubblicazione di foto di un carattere. Piu che far riferimento al buon costume e ad un comune sentimento della morale, ci si riferisce all articolo 2 della Costituzione, per il rispetto della persona umana. Le immagini, infatti, per essere considerate contrarie al buon costume, devono ledere la dignita di ogni essere umano appartenente all intera collettivita. Capitolo 4 Il diritto di cronaca e di critica Diritto di cronaca (comunicare al pubblico notizie attraverso parole o immagini) VS Diritto dell individuo a preservare il proprio onore e la propria reputazione. Nessuno di questi due viene menzionato nella Costituzione, nonostante ormai siano quasi unanimamente riconosciuti come valori. Ogni attivita giornalistica di descrizione di eventi quotidiani contiene una manifestazione del pensiero, un elaborazione intellettuale. Le opinioni si formano sui fatti e non potrebbe esservi circolazione di idee se non vi fosse del pari circolazione delle notizie. La liberta di informazione, dunque, non rimanda soltanto all articolo 21, ma all intero sistema costituzionale democratico, in quanto l opinione pubblica si forma liberamente soltanto a patto che esista un informazione ampia, libera e solida. - Onore (sentimento che ciascuno ha della propria dignita ) - Reputazione (considerazione di cui gode un individuo all interno di una collettivita ) Difficile capire se essi rientrino nell art.2 o nel 3 che afferma la pari dignita sociale degli individui. E necessario, dunque, un giudizio di bilanciamento nel caso in cui la cronaca contiene aggressioni all onore e alla reputazione.
A tutela dell onore e della dignita Reati di - INGIURIA (reato di chi offende l onore o il decoro di una persona presente; se l offesa e commessa in presenza di piu persone la pena e aumentata) - DIFFAMAZIONE (reato di chi lede la reputazione di una persona assente, comunicando con due o piu altri soggetti; la pena e fin da subito maggiore dell ingiuria poiche il soggetto non e presente e dunque non puo difendersi; e un danno ad un soggetto passivo. La diffamazione commessa con il mezzo stampa a un fatto determinato, ha una pena da 1 a 6 anni + una pena pecuniaria in concreto, pero sono pochissime le sentenze che irrogano il carcere per i giornalisti). Si tratta di delitto quando: - viene lesa la reputazione la comunicazione e lesiva vi e un carattere illecito della condotta o dell evento. I giornalisti possiedono il diritto di cronaca e di critica, purche sia fatto un buon governo delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza. Per essere tale, il diritto di cronaca implica, quando vi siano info lesive della reputazione, che: - I fatti narrati siano veri (veridicita ) [non esige una verita assoluta, ma almeno una seria diligenza nella scelta delle fonti e un accurato lavoro di ricerca e verifica Verita putativa] - Gli argomenti siano di interesse pubblico - Gli argomenti siano espressi con continenza verbale (la forma data alla cronaca/critica deve essere civile; non deve superare lo scopo informativo; non deve mancare di serenita e dignita ; non deve esserci un sottointeso sapiente (ad esempio attraverso l uso delle virgolette) o accostamenti suggestionanti ad altri fatti o toni scandalizzati o drammatizzati (ad es uso di punti esclamativi o di aggettivi come notevole, impressionante, non chiaro ecc); evitare le insinuazioni come non si puo escludere che.. ). Il diritto di critica si riferisce a opinioni di cui non e predicabile la verita o la falsita ; e importante che la critica sia esercitata su temi di carattere generale e non contenga insulti gratuiti. Se il giudizio negativo prende le mosse da fatti, questi devono essere veri. Diritto di rettifica (il soggetto offeso puo rispondere per far conoscere la propria versione dei fatti) Diritto insopprimibile dei giornalisti alla liberta di informazione e di critica, limitato dall osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalita altrui; obbligo inderogabile del rispetto della verita sostanziale dei fatti e dei doveri imposti dalla lealta e dalla buona fede. Le informazioni devono pero essere di interesse pubblico. Il diritto di cronaca, infatti, a volte giustica l intromissione nella sfera privata di personaggi pubblici, purche questo possa contribuire alla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti per la collettivita (o una categoria sociale) o alla valutazione della personalita o moralita di chi debba godere della fiducia dei cittadini (esempio della presunta relazione della moglie di un calciatore: sentenza 1473 del 1997); la semplice curiosita del pubblico, pero, non puo giustificare la diffusione di notizie sulla vita privata altrui, svolta in intimita della casa della persona. Sarebbe utile, inoltre, distinguere tra personaggi pubblici e personaggi noti, i cui fatti della vita provata difficilmente hanno rilievo sul proprio ruolo sociale. Sentenza 5259 del 1984 ( sentenza-decalogo ): vengono delineati i tre principi fondamentali a cui la critica e la cronaca si devono attenere. Per quanto riguarda la verita dei fatti, la Corte sostiene che una mezza verita debba essere equiparata ad una notizia falsa (se vengono taciuti alcuni fatti, nonostante quelli esposti siano veri, c e la possibilita che il significato venga mutato completamente). Lunga spiegazione dei criteri che i giornalisti devono rispettare. Di nuovo, una mancata chiarezza puo essere piu pericolosa di una notizia falsa e deve, dunque, essere prevista una sanzione. CRITICA: il giornalista non riporta un evento, ma attribuisce ad esso un giudizio di valore. Quindi essa e leggermente meno vincolata alla verita rispetto alla cronaca. Si assume pero che, in quanto lettura ragionata di un fatto, sia un interpretazione (negativa o positiva) dell esistenza e della dinamica di quello stesso fatto. La critica, in ogni sua forma, e interpretazione e, quindi, elaborazione della realta attraverso il filtro del giudizio di valore del critico che ne da la sua personale rappresentazione. Non si puo pretendere
che la critica sia rigorosamente veritiera, ma deve avere un contenuto di veridicita relativo a un fatto storico o realmente accaduto. Diritto all oblio: diritto ad essere dimenticati quando il fatto lesivo alla reputazione e all onore non e piu di interesse pubblico. Capitolo 5 Il diritto di satira La satira ha un contenuto umoristico, spesso con il fine di suscitare ilarita, alterando in modo ridicolo il modello da cui prende spunto, trasformandolo talvolta in una caricatura, esasperandone le connotazioni, i vizi, i difetti, spesso non solo fisici. Manca il limite della verita oggettiva. Il limiti al diritto di satira sono difficili da denifire in modo univoco, come dimostrano diverse sentenze a cui sono state date interpretazioni e orientamenti differenti. 1. 1989 Sentenza Tognazzi/Nicolazzi: al comico e stato riconosciuto il diritto di satira. 2. 2000 Sentenza Pansa/direttore RAI: il giornalista viene condannato ad una pena pecuniaria. Alcune sentenze tendono ad unire ed uniformare i concetti di satira e critica. 3. Procuratore della Repubblica con capelli bianchi a forma di falce e sciarpa rossa; pistola e bilancia in mano. Suicidio di un uomo sottoposto a interrogatorio. (vignettista accusato) Estrema divaricazione di alcune sentenze. Critica / Satira: la prima deve avere una connessione con la realta e la veridicita dei fatti e risponde a esigenze informative. La satira, invece, si fonda su un presupposto, spesso alterazione del vero fino a raggiungere il paradosso; mira ad un risultato di umorismo, di ilarita. In particolare, la satira deve rispettare solo due dei tre principi del diritto di cronaca, ovvero solo l interesse pubblico e la continenza. Capitolo 6 Diritto di cronaca ed intervista diffamatoria I tre principi fondamentali del diritto di cronaca sono flessibili e possono atteggiarsi in modo diverso in relazione alla materia, al contesto, allo status e alla notorieta dei soggetti coinvolti o a seconda dei differenti strumenti utilizzati per l esercizio del diritto di cronaca. Esempio: pubblicazione di un intervista nella quale un soggetto pronunci dichiarazioni diffamatorie nei confronti di terzi. Intervista: la fonte immediata e l intervistato, che si assume la piena responsabilita delle proprie affermazioni, mentre il giornalista pone solo quesiti o riproduce dichiarazioni altrui. Tali difficolta spesso hanno diviso la Corte di cassazione, poiche anche il giornalista ha delle responsabilita e non dovrebbe venire meno soprattutto al principio di continenza. In una sentenza con Ferrara, in particolare, il giornalista viene identificato come agente provocatore, che partecipa attivamente all evento delittuoso scegliendo l interlocutore, formulando le domande e provocando le risposte. Dall altra parte, pero, esiste anche una visione piu liberale, che sostiene che un divieto alla pubblicazione dell intervista potrebbe essere semplice esistenza dell intervista. La continenza, inoltre, deve essere valutata in merito a quanto detto dal giornalista, non alle testuali parole che i cittadini hanno interesse a conoscere. Nel 1999 la Cassazione ha addirittura identificato come un dovere per il giornalista quello di pubblicare ogni dichirazione di una personalita nota relativa ad altri personaggi pubblici. Il caso emblematico (2001): corte di Appello di Napoli, sulla pubblicazione di un'intervista lesiva della reputazione del presidente dell'assomercati. Da una parte non si ritiene possibile colpevolizzare il giornalista che, una volta accertata la veridicità di quanto detto nell'intervista, decida di pubblicarla sul
proprio giornale; dall altra, però, la stampa potrebbe dare adito ad abusi e a palesi violazioni del diritto all'integrità morale dei cittadini. Bisogna, inoltre, qualificare il personaggio che rilascia l'intervista, per accertarsi che effettivamente trattasi di persona nota e affidabile e le cui dichiarazioni possano essere di interesse pubblico. Inoltre, è bene accertare se il ruolo del giornalista sia stato solo quello di osservatore o di istigatore. Capitolo 8 Riservatezza e identità personale Non esiste, nella Costituzione italiana del 1948, nessuna norma specifica alla tutela della sfera provata, anche se può essere desunta da un insieme di norme, quali quella sul domicilio (art.14), quella sulla libertà e segretezza della corrispondenza (art.15), quella sulla famiglia (art.29), quella dell'art.21 intesa in senso negativo (diritto del soggetto di mantenere segrete le proprie idee e convinzioni), quella della libertà personale (art.13) e più in generale la dignità e l'onore e la reputazione personale (art.2 e 3). Nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo esiste un articolo, l'8, specifico sul rispetto della vita privata e familiare. In Italia, il riconoscimento definitivo della riservatezza si ha nel 1975 con la sentenza n 2199. Con le nuove tecnologie ora, la circolazione e diffusione dei nostri dati personali è andata sempre più aumentando, imponendo quindi delle misure da adottare. La cosiddetta legge della privacy è la n 675 del 1996, il cui scopo è quello di proteggere i diritti e le libertà fondamentali delle persone rispetto al trattamento dei loro dati personali, con particolare riferimento alla riservatezza e all'identità personale. Nel 2003 è stato definitivamente introdotto il termine diritto alla protezione dei dati personali. Capitolo 10 Professione di giornalista e ordine professionale 1963: nascita dell'ordine dei giornalisti. In realtà, l'idea di istituire un ordine ha origine più lontane, risalenti al regime fascista, quando la stampa era un forte strumento di propaganda (l'ordine avrebbe avuto la funzione di assicurare, attraverso un controllo diretto sui singoli professionisti, la fedeltà dei giornalisti al regime; se si erano svolte attività contrarie agli interessi della Nazione, l'ammissione all'ordine era pregiudicata). Dal 1963 l'ordine è articolato in Consigli regionali o interregionali, composti da sei giornalisti professionisti e tre pubblicisti, e dal Consiglio nazionale, composto da due professionisti e un pubblicista per ogni consiglio regionale. Ai primi spetta decidere in merito alle iscrizioni o cancellazioni dall'albo e l'esercizio del potere disciplinare. Giornalisti professionisti (esercitano la professione giornalistica in modo esclusivo) -21 anni -iscrizione al registro dei praticanti -praticantato per almeno 18 mesi -prova di idoneità professionale Giornalisti pubblicisti (esercitano in modo non esclusivo) -documentazione dello svolgimento di un'attività pubblicistica retribuita per almeno 2 anni. Un esercizio solo occasionale, quand'anche retribuito, non comporta l'obbligo di iscrizione. L'esistenza stessa di un Ordine per i giornalisti ha creato diverse questioni e dubbi: per esempio, essi, rispetto ad altri Ordini come quello dei medici o degli avvocati, sono lavoratori dipendenti e non liberi professionisti. La necessità di un Ordine è quella di controllare le capacità tecniche dei professionisti e della deontologia professionale. Ma la valutazione di idoneità professionale rischia di essere fortemente arbitraria; e, inoltre, controllare l'attività dei giornalisti può anche significare interferire nella manifestazione libera del pensiero. In realtà i giornalisti esercitano semplicemente una libertà costituzionale, che chiunque potrebbe esercitare, solo che essi, essendo iscritti all'ordine, lo fanno in modo continuativo e professionale.
Capitolo 11 La responsabilità del direttore Ogni giornale o periodico deve avere un direttore responsabile, il quale deve essere iscritto all'albo dei giornalisti. La responsabilità del direttore di periodici per i contenuti di una pubblicazione è disciplinata dall'articolo 57 cod.pen.. Esso diviene responsabile nel caso in cui non abbia esercitato un diretto controllo sul contenuto del periodico da lui diretto. Per la stampa non periodica, invece, le medesime disposizioni si applicano all'editore se l'autore è ignoto o non imputabile, oppure allo stampatore se l'editore non è indicato o non è imputabile. Le condizioni per cui si possa escludere la responsabilità del direttore riguarda il fatto che esso abbia fatto quanto in suo potere per prevenire la diffusione di notizie non corrispondenti al vero: prescrivendo e imponendo regole e controlli (anche mediati) di accuratezza e di assoluta fedeltà e imparzialità rispetto alla fonte-notizia. È necessario dimostrare che, neppure usando la massima diligenza, sarebbe stato possibile evitare la commissione del reato. Capitolo 16 Il servizio pubblico radiotelevisivo a) Il ruolo e le prospettive del servizio pubblico nell'età digitale Negli ultimi decenni, lo Stato ha progressivamente ridimensionato il proprio finanziamento nelle attività economiche, pur mantenendo nel settore della radiotelevisione delle emittenti rientranti nella sfera pubblica, finanziate principalmente attraverso la tassazione. Nel panorama europeo, infatti, esiste la preferenza per un sistema duale efficace, con un equilibrio tra emittenti di servizio pubblico e privato. Entrambe devono rispettare quelli che sono obblighi tradizionali : garantire l'universalità del servizio, tutelare il pluralismo, la diversità e la qualità dell'informazione, contribuire alla crescita della cultura e dell'identità nazionale. b) La nascita del servizio pubblico radiotelevisivo in Italia Fino agli anni Settanta i servizi di radiodiffusione erano riservati allo Stato. In seguito, invece, si è venuto a creare un servizio pubblico in un sistema misto pubblico-privato che garantisse il diritto dei cittadini ad essere informati e un pluralismo e imparzialità dell'informazione. Nel 1974-75, la Corte costituzionale ha decretato la necessità da parte del Parlamento di nominare gli organi direttivi della televisione pubblica (sentenza 225 del 1974). La radiotelevisione è un servizio pubblico essenziale ed è necessario che il suo pluralismo interno possa essere assicurato dal Parlamento che istituzionalmente rappresenta l'intera collettività nazionale. Nel 1975 (legge 103) il Parlamento viene definito lo specchio della maggioranza del Paese; quindi, viene istituita una Commissione parlamentare bicamerale per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi RAI, che controlli il rispetto dei principi fondamentali (pluralismo, obiettività, completezza e imparzialità, apertura alle varie opinioni ecc). Negli anni successivi, però, le reti pubbliche hanno iniziato a diventare dipendenti dalle maggiori formazioni politiche presenti in Parlamento (le tre reti Rai, infatti, vengono sostanzialmente spartite tra i tre maggiori partiti italiani [Rai 1= DC; Rai 2= PSI; Rai 3= PCI]). c) L'evoluzione della normativa, dalla legge Mammì alla riforma del 2004 La legge Mammì (n 223 del 1990) sostiene che la funzione di servizio pubblico rimane affidata ad una società a capitale interamente pubblico, ma i principi fondamentali del sistema radiotelevisivo si realizzano con il concorso di soggetti pubblici e privati. Sembrerebbe, dunque, che anche le emittenti private debbano mantenere un pluralismo interno, venendo quindi meno ai principi di libertà di informazione e di iniziativa economica privata. Nella realtà, però, questi principi (per le emittenti private) hanno un valore solo declamatorio e non sono sempre rispettati [basti vedere cosa succede nelle reti Mediaset durante il periodo elettorale]. Anche la Rai stessa, in realtà, a partire dalla metà degli anni ottanta ha iniziato a ricercare grandi ascolti e introiti pubblicitari, spesso a scapito della qualità dei programmi, omologandosi agli altri concorrenti nel panorama televisivo italiano. La legge Mammì, inoltre, determina che l etere è risorsa scarsa, il numero massimo di reti a scala nazionale è 12 e ogni soggetto non può detenere più del 25% (ovvero 3) delle reti a scala nazionale.
Nel 1993, la legge n 206 sotrasse alla Commissione di vigilanza il potere di nomina del Consiglio di amministrazione della Rai, attribuendolo ai Presidenti delle due Camere. Il primo Consiglio nominato con le nuove regole era composto da 5 membri anzichè 16, tutte personalità indipendenti e provenienti dal mondo accademico. Questa esperienza di Rai dei professori fu uno dei pochi momenti di effettiva autonomia del servizio pubblico (durò solo fino alle elezioni del 1994). Legge Maccanico (n 249 del 1997): tentativo di distinguere la missione del servizio pubblico dalla pura logica commerciale. Si prevedeva la trasformazione di Rai 3 in un canale solamente informativo e di servizio, privo di pubblicità, regionalizzato e finanziato esclusivamente con il canone. Legge definitivamente abbandonata. Legge Gasparri (n 112 del 2004): Tutte le emittenti fanno già un servizio pubblico, quindi devono fornire un informazione plurale. Scomparsa del discrimine emittenza pubblica e privata. => Privatizzazione della RAI a) Fusione di RAI holding e RAI S.p.A. (FATTO) b) Offerta pubblica di vendita (messa sul mercato di una quota < 10% delle azioni) (DA FARE) c) Messa sul mercato del 100% delle azioni (DA FARE) Proventi della privatizzazione diventano fondi per la distribuzione del digitale terrestre. Fino a privatizzazione ultimata, CdA RAI formato da 9 membri: a) 7 nominati dalla Commissione di Vigilanza b) 2 nominati dal socio di maggioranza (Ministro delle Comunicazioni). Non vi è più la necessità di applicare le norme antitrust, poiché la risorsa digitale è ampia e garantisce in sé il pluralismo (pluralismo naturale del mezzo). Capitolo 17 La comunicazione politica Per molto tempo, la legislazione non ha ritenuto necessario intervenire sulla manifestazione del pensiero politico con una disciplina specifica che ne stabilisse tempi, modalità e limiti; anzi, negli anni '50 era molto importante mantenere questa libertà di manifestazione, per fare in modo che potesse crearsi uno sviluppo nella vita democratica della comunità politica. Essa può essere intesa come lo scambio e confronto dei contenuti di interesse pubblico prodotto dal sistema politico, dai mass media e dal cittadino (non solo nella sua veste elettorale). La disciplina della comunicazione politica, in Italia, per lungo tempo è stata confinata al rango delle campagne elettorali e in particolare delle affissioni.oggi, invece, la televisione ha un ruolo preponderante in Italia (mentre da altre parti, come negli USA, si utilizza molto di più Internet). I fondamenti costituzionali della comunicazione politica si trovano in diversi articoli della Costituzione: - Art. 3 partecipazione dei cittadini all organizzazione politica. Tutti i partiti si possono candidare alle elezioni e possono presentare i propri programmi a tutti i cittadini. - Art. 21 ovviamente, libertà di manifestazione del pensiero - Art. 49 tutti i cittadini possono far parte di partiti politici e tutti i partiti possono partecipare alle elezioni - Art. 51 ci devono essere condizioni di uguaglianza nelle campagne elettorali. Prima disciplina delle campagne elettorali (1956) questa normativa è ancora in vigore per quanto riguarda le affissioni dei manifesti, consentite solo in appositi spazi forniti dal Comune, e che vanno ripartiti tra i vari candidati. Se i manifesti sono abusivi, la sanzione è amministrativa. Nei 30 giorni prima delle elezioni non si possono fare propagande a carattere fisso in luogo pubblico, ma si possono apporre manifesti su mezzi mobili nelle ore diurne. La Corte Costituzionale ha detto, nella sentenza 48 del 1964, che tali disposizioni non limitano il diritto alla manifestazione di pensiero di ogni partito politico, ma anzi li pone tutti sullo stesso piano, secondo un principio di democrazia.
Il limite della legge del 1956 è che non si parla né di televisione né di radio, caratteristica piuttosto in contrasto con l uso che di tali mezzi si faceva (ricordiamo che dagli anni 60, ad esempio, la Rai ha cominciato a trasmettere la Tribuna Elettorale ) e la regolamentazione si riferisce soltanto al periodo delle campagne elettorali, senza citare gli altri momenti della vita politica. Non ci sono stati cambiamenti rilevanti fino al 1975 e, successivamente, nel 1993. Nel 1976 è stata liberalizzata l emittenza locale, altra cosa che naturalmente non era regolata nella disciplina delle campagne elettorali, quindi le emittenti locali non avevano alcun limite per la trasmissione di messaggi elettorali (la Rai, almeno, aveva una sorta di limite proprio nelle Tribune Elettorali). Lo stesso Berlusconi, agli inizi degli anni 90, ha usato massicciamente le sue televisioni per la propria campagna elettorale, che è stata molto pervasiva. Si è arrivati quindi a una sorte di bipolarismo coatto, in cui i partiti erano costretti ad allearsi. Disciplina delle campagne elettorali (1993) questa interviene solamente durante il periodo delle campagne elettorali. La Commissione di Vigilanza Rai si assicura che il servizio pubblico dia spazi elettorali a tutti (si comincia a profilare il concetto di par condicio). Viene in parte disciplinato il settore televisivo privato: le emittenti sono obbligate a fornire parità di trattamento ai vari candidati (ricordiamo che, in quel periodo, già esisteva un duopolio televisivo Rai- Fininvest, cristallizzato dalla legge Mammì). Divieti veniva limitata la presenza dei (troppi) politici in televisione divieto di mandare spot elettorali nei 15 giorni prima delle elezioni non si possono pubblicare sondaggi si limita la spesa di ogni candidato per la propria campagna elettorale La campagna elettorale del 1994 ha dimostrato che la legge esistente, comunque, non bastava. Il governo Dini ha allora pensato di intervenire sulla legge sulla propaganda elettorale, reiterando un DL in merito per ben 8 volte questa normativa dice: sono limitate le forme di propaganda elettorale la pubblicità elettorale deve essere perfettamente identificabile nei 30 giorni prima delle elezioni è vietata ogni pubblicità elettorale deve esserci parità di trattamento dei vari candidati è istituita una commissione (che poi è diventata AGCOM) con il compito di controllare il tempo di presenza dei vari candidati sui media, che deve essere proporzionale alla loro rappresentanza in Parlamento Legge sulla par condicio (2000) - nel 1996 c è una nuova campagna elettorale piuttosto pesante, che rende chiaro come sia necessaria una legge che limiti la possibilità, per Berlusconi, di avere a propria disposizione troppi media (che è appunto quella sulla par condicio). Tale legge non limita solo il periodo della campagna elettorale, vale sempre! Gli obblighi che impone vogliono permettere di dare un informazione politica il più possibile obiettiva e imparziale, *sempre*, sia alla radio che in televisione, assicurando una parità di trattamento nei confronti di tutti i gruppi politici. Sono previsti registri di comportamento per i presentatori dei vari programmi, non solo per i politici (ad esempio, questi non possono far capire per chi hanno intenzione di votare). Money shall not talk : tutte le emittenti, pubbliche e private, devono concedere spazi gratuiti per la comunicazione politica (questo punto è stato abrogato nel 2003); solo le televisioni locali possono decidere se concedere tali spazi gratuitamente o meno. Questo garantisce a tutti i partiti di avere la stessa visibilità e non soltanto in base alla propria disponibilità economica. La legge delega ad una Commissione e ad una Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di vigilare e garantire il comportamento corretto in ogni campagna elettorale. La legge non disciplina la comunicazione politica tramite Internet o la posta elettronica. Riguardo alla concessionaria pubblica, si creano dei Messaggi Pubblici Autogestiti (MPA), che devono durare tra 1 e 3 minuti per la televisione e 30-40 secondi per la radio Legge 2003 viene abolita la gratuità degli spazi pubblicitari e si adotta un Codice di Autoregolamentazione, secondo cui, oltre alla possibiltà di dare eguale spazio ai partiti politici, il costo deve essere il medesimo per tutti.
Capitolo 18 Internet e i confini del diritto Le nuove tecnologie, in particolar modo Internet, necessitano di nuove regolamentazioni e normative. C'è solo l'articolo 15 che regola quelle comunicazioni effettuate attraverso la rete, ma dirette soltanto ad una o più persone determinate (come ad esempio la posta elettronica). Ma esistono molte questioni da definire e da controllare/regolamentare: l'anonimato, le intromissioni da parte dello Stato o di estranei, il trattamento delle informazioni personali e private che, come nel caso di Facebook, tengono in vita il sistema stesso e lo finanziano. Servirebbero delle disposizioni internazionali per fare in modo che uno strumento formidabile e potenziale come Internet non abbia anche risvolti negativi o pericolosi. Ciò che, inoltre, manca ad Internet è la caratteristica della territorialità: è infatti una rete delle reti che si espande oltre i confini degli Stati e quindi anche delle loro leggi, che possono valutare alcuni diritti meritevoli di tutela o meno. Caso Google 2010: caricamento di un video su Google Video su una scena di bullismo nei confronti di un ragazzo disabile ripresa con un telefonino. Oltre che ai diretti autori ripresi nel video, sono stati avviati procedimenti penali anche a carico di tre dirigenti Google. È chiaramente di impossibile realizzazione il controllo totale di tutti i dati che vengono caricati dagli utenti, ma è necessario che Google informi correttamente gli utenti degli obblighi imposti dalla legge e del necessario rispetto di essi e degli eventuali rischi (non è sufficiente nascondere tali informazioni all'interno delle condizioni generali di servizio, spesso incomprensibili). La violazione della privacy del soggetto ripreso ha costituito il motivo della sanzione. Caso Yahoo! 2000: nella sezione per le aste di Yahoo sono stati messi in vendita dei cimeli nazisti. Yahoo è una società organizzata secondo le leggi dello Stato del Delaware, ma si articola in società sussidiarie situate in altri Paesi, che operano nella loro lingua nazionale e secondo le loro leggi. La Francia ha mandato una lettera di diffida a Yahoo sostenendo che, attraverso tale asta, si stavano violando disposizioni legislative francesi. Di fronte all'inazione di Yahoo, il tribunale francese ha poi ordinato alla società di prendere ogni misura necessaria per rendere impossibile la consultazione di tali aste riferite ad oggetti di provenienza nazista. Yahoo France ha, invece, dovuto inviare un messaggio ad ogni utente sui rischi penali che avrebbe corso consultando tali pagine. La Corte californiana, però, nega sul territorio degli Stati Uniti l'ingiunzione contenuta nella decisione francese. Capitolo 20 La pubblicità commerciale Nella nostra legislazione abbiamo due importanti testi normativi: 1. decreto leg 145 del 2007 (in materia di pubblicità ingannevole; pubblicità comparativa tra imprese professionali; non si occupa dei consumatori) Pubblicità tra i professionisti: Art 1. La pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta. Se ciò non viene rispettato, la pubblicità è illecita e ingannevole. La pubblicità è qualsiasi messaggio volto a promuovere attività, agevolare trasferimento di beni ecc. Come valutare la pubblicità ingannevole? - La caratteristica dei bene o servizi Il prezzo La categoria e qualifica del venditore. Art 5: la pubblicità deve essere trasparente. È considerata ingannevole la pubblicità che riguarda prodotti pericolosi o che invita i consumatori ad un uso che porta a non seguire le norme. Ingannevole anche se illude bambini o adolescenti con la loro ingenuità. Sono presenti delle limitazioni alla p (non si può fare p delle armi o di farmaci non da banco, come quelli omeopatici; del fumo). ---> Questi limiti sono compatibili con il quadro costituzionale? Se la p è comunicazione, quindi fa parte dell'articolo 21, non dovrebbero essere previsti questi limiti. Ma potrebbe rientrare nell'articolo 41, che stabilisce i limiti alla libera iniziativa economica privata (leggere articolo 41). La p è
manifestazione del pensiero o iniziativa economica dei privati? Se è il primo caso, esistono troppe limitazioni. Autorità anti-trust: attribuito il controllo sulla p ingannevole. Svolge su istanza di qualcuno (soggetto o organizzazione) degli accertamenti ed ha una serie di poteri inibitori, per sospendere temporaneamente la p; può anche avvalersi della guardia di finanza per ottenere il risultato. Nel caso non ci sia ottemperanza alla richiesta di sospensione, è prevista una sanzione da 2000 a 20000 euro. Può vietare la diffusione o la continuazione della p. 2. decreto leg 206 del 2005 (codice del consumo; si occupa della tutela dei consumatori, come persone fisiche che non agiscono in un ambito professionale). Il codice del consumo: amplia la tutela; distingue le pratiche ingannevoli dalle pratiche aggressive. Le prime contengono info non rispondenti al vero o che, seppur corrette, inducono il consumatore all'errore in relazione ad una serie di elementi: -caratt del prodotto prezzo manutenzione o ricambio natura e qualifiche del produttore. Problema delle omissioni ingannevoli di info per il consumatore. Pratiche ingannevoli di per se stesse: -esibire un marchio di fiducia senza autorizzazione -asserire che un codice di condotta ha la conferma da un'autorità (come dal Ministero della Salute) -dichiarare che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo limitato (se non vero) per far prendere ai consumatori una scelta veloce e immediata o con una determinata lingua -divieto di pubblicizzare sistemi di vendita tipo Herbalife (c'è qualcuno sotto di te che vende) -affermare che il professionista è in procinto di traslocare o cessare l'attività -affermare che un prodotto può curare malattie (Somatoline) -divieto di affermare la gratuità di un ordine ma poi le spese di spedizioni sono elevate. Pratiche commerciali aggressive: induce il consumatore a prendere decisioni che altrimenti non avrebbe preso. -effettuare visite presso la sua residenza nonostante le richieste di andarsene -convincere i bambini per far comprare ai genitori -informare il consumatore che se non acquista il prodotto, il venditore potrebbe essere licenziato -promettere vincite che non esistono -fornire servizi che non sono stati richiesti dal consumatore (tipo DeAgostini). È prevista la possibilità di ricorrere in via preventiva o sospensiva all'organo di autodisciplina.