LA CRISI SOSTENIBILE

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LA CRISI SOSTENIBILE di Mirco Marotta 1 La Crisi della finanziarizzazione dell Economia Globale segna quotidianamente le pagine dei giornali e delle riviste specializzate. Un continuo rincorrersi di fiumi d inchiostro che vanno a confluire nel calderone capace di teorie, idee e congetture in grado di suggerire scenari e prospettive indicativi di tutto e contemporaneamente del suo stesso contrario. Analisi, giudizi di valore, ricette e suggerimenti perlopiù rappresentativi di interpretazioni diverse solcano lo stato d animo della pubblica opinione in un altalenarsi continuo di umori contrastanti: oggi speranza, ieri catastrofismo apocalittico, domani incertezza. Il contributo che segue intende delineare un percorso ben determinato attraverso la dinamica della generazione della crisi e delle sue più recenti evoluzioni (previsionali) fino ad addentrarsi nell analisi del nuovo panorama dischiuso dal contesto economico di riferimento, nell accenno ad alcune best practice e alle nuove opportunità che il Mercato sembra già suggerire agli operatori più avveduti e lungimiranti. Si porranno in evidenza soluzioni e sistemi nuovi, rivisitazioni di vecchie e consolidate pratiche, le risposte ad un sentimento diffuso di fortissima insicurezza, instabilità, precarietà. Racconteremo del tentativo in atto di una svolta che possiamo definire etica, con tutte le accezioni e conseguenze che questo aggettivo implica. Ma che, 1 Centostazioni, Gruppo Ferrovie dello Stato, Direzione Relazioni Esterne Collaboratore didattico della Cattedra di Economica e Gestione delle Imprese, Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università La Sapienza di Roma.

vedremo, rischia, da sola, di non esaurire la complessità del caso che chiama in causa anche altre categorie dell esperienza umana. Analisi di un contesto articolato, dunque, che ci impone di proseguire problematizzando e sondando anche step ulteriori. Che ci chiede di fare uno scatto in più. Fermarsi all analisi della Crisi e delle potenzialità che questa apre al Mercato, infatti, non aggiungerebbe che poche novità ad un dibattito, come detto, già ben avviato. Appare così necessario andare oltre il concetto (abbondantemente stressato) di opportunità derivanti dalla Crisi. Sarebbe un peccato, in altre parole, se non considerassimo le minacce latenti al concetto stesso di opportunità ed alle sue dirette implicazioni in questa storia. Il crollo dell impalcatura sistemica (per ora apparente), ma prima ancora di un intendere l Economia come materia astratta, in grado di autoalimentare in maniera artificiale un sistema quasi esclusivamente finanziario, ha recato con sé alcuni interessanti paradossi. Quello che prima non si poteva dire, oggi si dice e si scrive. Si affermava, ad esempio, che lo Stato non poteva e non doveva entrare nel Mercato. Ed oggi salva le Banche. Che soldi potevano generare soldi. Ma oggi il denaro serve più concretamente per riparare ai debiti. Che si poteva comprare una lavatrice, una casa, un azienda intera (Alitalia?) contraendo un debito. Quando oggi, nel Mondo, si è forse un po più cauti nel concedere prestiti. Che una volta esisteva la cosiddetta classe media. E che oggi, invece, i ricchi sono straordinariamente più ricchi e che i poveri aumentano sempre più di numero. Non occorre essere esperti di economia per capire che se i soldi non bastano per mantenere in piedi le fondamenta del castello di carta,

recessione e meno risorse significano da un lato una riduzione dei consumi (compreremo meno cibo, meno vestiti, meno lavatrici, andremo di meno al cinema ) e dall altro una riduzione di posti di lavoro. Il tutto si somma ad un panorama già difficile se ricordiamo, ad esempio, a livello nazionale, il tasso di indebitamento pubblico del nostro Paese. Ormai sembra appurato che l effimero circolo virtuoso delle opulente economie occidentali abbia calato il velo, scoprendo le carte in tavola senza troppi complimenti. Uno scenario drammatico. Un vicolo cieco che sembrerebbe chiamare in causa direttamente il Sistema Capitalistico nella sua accezione più estrema della dottrina del laissez faire. Se da un lato, come ci suggerisce il Premio Nobel Edmund Phelps in un suo recente intervento su Il Sole 24 Ore 2, si può affermare naturalmente e senza timore che non c è Capitalismo senza incertezza, dall altro proprio questa considerazione sembra aver aperto le porte alla critica al liberismo selvaggio e spregiudicato, sollevata da più parti, anche non propriamente di estrema sinistra. Come suggerisce lo stesso Phelps, effettivamente, i sistemi capitalistici funzionano meno correttamente se lo Stato non protegge aziende, cittadini, investitori da condizioni strutturali deviate quali possono essere, ad esempio, i monopoli o le truffe o ancora l aggiramento pianificato delle regole. Tutto ciò, tuttavia, non comporta un impedimento alla sua fisiologica componente di incertezza di manifestarsi in maniera strutturale. Una componente, si badi bene, insita nel sistema stesso, che non può essere in alcun modo sradicata meccanicamente perché facente parte dell essenza stessa del rischio che comporta la logica d impresa (da non confondersi, quindi, con la volatilità delle dinamiche finanziarie manifestatesi con la Crisi, ben altra cosa). 2 Non c è Capitalismo senza incertezza, Il Sole 24 Ore, 17 aprile 2009, pag. 13

Appare dunque evidente l asimmetria e la distanza che risulta tra i ritagli concettuali di incertezza e di crisi. Il Sistema Capitalistico se da un lato reca in sé per definizione un portato di incertezza, dall altro rigetta con altrettanta sicurezza la determinazione di una Crisi epocale e strutturale così come quella che si sta attualmente vivendo. Detto in altri termini, un Sistema Capitalistico sano (guidato cioè da uno Stato regolatore efficiente ed efficace) con tutta la sua incertezza di fondo non dovrebbe mai cedere il passo ad un baratro simile. D altro canto, però, l evidenza dei fatti palesa che proprio tra i gangli di questi ingranaggi e di una pratica finanziaria non del tutto ortodossa, qualcosa si sia sedimentato nel tempo arrivando oggi a scardinare dalle fondamenta un meccanismo comunque imperfetto. A tutto ciò (e non a caso) si somma, poi, una crisi dovuta anche a squilibri competitivi non facilmente aggiustabili, derivanti dalla perdita della distanza che isolava in precedenza paesi dotati di costi del lavoro assolutamente inconfrontabili e che oggi invece fanno parte dello stesso villaggio globale mettendo in moto dinamiche competitive di grande portata, tali da trascinare stabilmente fuori equilibrio molti capitalismi nazionali (tra cui il nostro), bisognosi di un drammatico riposizionamento. Da tutto ciò, emerge dunque un primo dato significativo che, vedremo, individua fin da subito un elemento fondante il ragionamento che seguirà nelle prossime pagine. Soggetto eminentemente strategico è lo Stato (e quindi la Politica) che con la sua funzione di garante efficiente dovrebbe assicurare il giusto assetto all interno di un contesto votato al libero Mercato. Funzione di controllo discreta atta a sancire molto concretamente, e fuori da ogni retorica, attraverso l azione di manager (in quanto gestori della cosa pubblica) validi, preparati ed

attenti, tutte quelle logiche di struttura e di lungo periodo (ad ora mancate) capaci di segnare il necessario equilibrio tra economia reale e finanza 3. A questo punto risulta utile procedere nell analisi, facendo brevemente il punto su quale sia la direzione che l economia mondiale sta imboccando stante queste premesse. Cosa ci dicono le ultime notizie? L analisi degli ultimi dati raccolti e le ultime tendenze? Premesso che ogni previsione vada presa con la relativa cautela del caso, facciamo riferimento ai dati e alle stime del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) che fotografano nell aprile 2009 la situazione globale e nazionale. Due indicatori su tutti sono lo specchio dei tempi capaci di riflettere la convinzione che se ripresa ci sarà, questa sarà lenta e debole : l indice di produttività e quello legato all inflazione. Sul versante della produttività, la contrazione globale vicina all 1% ha paralizzato il motore dell economia rendendo incerto e particolarmente faticoso ogni tentativo di rianimazione. La dinamica, che prende le mosse già dal secondo semestre del 2008, è stata particolarmente scioccante proprio per la sua assoluta sincronizzazione mondiale. E infatti accaduto solo nel 1975, 1980 e 1982 che più della metà delle economie avanzate accusassero una contemporanea contrazione. In questo caso, però, l allungamento dei tempi della recessione e della ripresa è dovuto in buona misura al diretto coinvolgimento degli Stati Uniti, il maggior importatore a livello mondiale. La spinta inflattiva. Anche questo è un indicatore evidentemente emblematico; in un sistema che ha fisiologicamente spinto all aumento oltremisura dei consumi (anche non utili) fino alle proposte sempre più 3 Ove, non a caso, in ambito accademico, si parla correttamente di equilibrio economico-finanziario

aggressive di credito al consumo, non si registrava dal 1969 (Italia) un rallentamento così significativo della corsa dei prezzi. I dati UE del mese di marzo 09 ci raccontano di un Europa livellata su valori anche inferiori rispetto alla media nazionale italiana: INFLAZIONE Variazione % annua (al 31 marzo 2009) Germania -------- 0.4 Francia ----------- 0.4 Area Euro---------------- 0.6 Italia------------------------------------------------ 1.2 (fonte: Eurostat, 16 aprile 2009) Secondo l Istat il deciso rallentamento dell inflazione, a marzo, risente del netto ridimensionamento della crescita tendenziale dei prezzi sia nel comparto dei beni (+0.8% contro l 1.2% di febbraio) sia in quello dei servizi (dal 2.2% di febbraio al 1.7%). Giusto per rendere l idea, se da un lato aumentano i tassi di crescita di capitoli quali le bevande alcoliche, i tabacchi, le spese per l abitazione, dall altro lato registrano il segno meno (deflazione) il comparto dei trasporti, della cultura, delle comunicazioni. Siamo giunti quindi alla definizione di uno scenario descritto qualitativamente nelle sue logiche e quantitativamente attraverso l espressione della rilevanza dei suoi indici più significativi. Uno scenario che pone l esigenza forte di politiche non solo anticicliche ma soprattutto non episodiche per percorrere la via di ciò che

continuamente viene auspicato: una ripresa decisa, che stenta a manifestarsi. Proprio sul concetto di ripresa appare utile soffermarsi un istante. Giornalisti, opinionisti, uomini politici si sono pronunciati quasi esclusivamente utilizzando proprio questa parola. L opinione pubblica sembra non averci fatto più di troppo caso. Ma se è vero (come è vero) che il linguaggio con il suo portato semantico ha il suo valore, occorre interrogarci sull utilizzo di un espressione del genere. Il termine ripresa sembra suggerire, ammiccare ad un ritorno quasi meccanico alle condizioni pre-crisi, ad uno stile di consumi (e, si badi, non ad uno stile di vita) noto, ad un ripristino dell ordine costituito in precedenza. Una ripresa, è il caso di dirlo, dell intero pacchetto di presupposti, prospettive ed attributi rassicuranti (non solo perché comodi ma soprattutto perché conosciuti) del prima. Non occorre scomodare teorie e studi sulla comunicazione e sul linguaggio politico per rendersi conto del portato tanto simbolico quanto sostanziale della scelta (spesso consapevole) di questa parola. La si preferisce, di contro, ad una più lungimirante tendenza al concetto di svolta ; dell opportunità di una svolta, segno del cambiamento, della novità, della de-strutturazione. Immersi nel canale mediatico, abbiamo sentito parlare più volte del concetto di opportunità accostato a questa Crisi economica. Degli spazi interstiziali dischiusi all interno dei quali poter disegnare, se opportunamente attivati, nuovi contesti e nuove prospettive di sviluppo. A ben considerare la questione, la prima domanda da sollevare con lucida cognizione di causa e la giusta dose di lecito sospetto è la seguente: crisi e possibili opportunità ma per chi? Se è vero che la crisi prima di tutto è crisi con tutto ciò che comporta, c è da chiedersi in prima istanza se le opportunità mediaticamente

ipotizzate possano essere considerate quelle di chi sta bene potendo arrivare a stare benissimo, approfittando del malessere altrui. Un cinico sciacallaggio in perfetto stile ultraliberista, incapace di compenetrarsi nella rilevanza e nel ruolo sociale che ciascun corpo economico ha, all interno dell impalcatura economico-sociale. Una prima ipotesi di lettura che vede la non-etica di alcuni comportamenti d impresa messa a sistema, quasi fosse regola di un certo modo di fare Capitalismo, oggi. Da un altro punto di vista, si potrebbe poi immaginare di rispondere all accostamento dei termini Crisi/Opportunità individuandone i beneficiari in quei settori dell Economia floridi o molto floridi che in epoca di Crisi (anche semplicemente ciclica e congiunturale) si fanno forti delle risposte che sono capaci di dare al Mercato. In questa sede vogliamo citare tre esempi emblematici, indicativi anche se non assolutamente esaustivi di aree di business o di canali distributivi storicamente vincenti in tempi di crisi. Gallerie e Factory Outlet: Negli outlet si trovano soprattutto negozi di abbigliamento e accessori di grandi marchi, ma con sconti che vanno dal 30 al 70%. Il segreto? Sono capi delle stagioni precedenti, diversi da quelli in vendita nei monomarca delle vie del lusso. Chi vuole essere all'ultima, anzi, ultimissima, moda non dovrebbe scegliere l'outlet. Ma in tempi di crisi, o almeno di grande incertezza sul futuro, la voglia di risparmiare prende il sopravvento. Si spiegano anche così i dati 2008 che vedono ricavi complessivi in crescita del 10% sul 2007 confermando e superando il trend nel primo trimestre 2009. E-commerce: Una crescita del 30% può bastare? Alle aziende italiane impegnate nel commercio elettronico probabilmente sì. Questo mercato,

secondo la ricerca realizzata da Casaleggio Associati E-commerce in Italia 2009, ha infatti raggiunto nel 2008 un fatturato pari a 6,4 miliardi di euro, il 31% in più rispetto al 2007. Le aspettative per il 2009 tratteggiate dall indagine sono positive: molti produttori di beni e servizi stanno decidendo di entrare sul mercato per vendere direttamente al cliente finale. Gli effetti della crisi economica sull'ecommerce saranno molteplici: già in questi mesi i consumatori on line si sono dimostrati molto più sensibili alle promozioni e agli sconti. Per quanto riguarda l'incremento di fatturato del settore, la crescita attesa nel 2009 dovrebbe essere simile a quella dello scorso anno (nell'ordine del 30%), grazie a un ottimo andamento del turismo (+81%), della casa e arredamento (+27%), della moda (+27%) e del tempo libero (+24%). Settore Giochi e Scommesse: curiosamente la ciclicità di piccole crisi economiche e di fasi di recessione fisiologiche dei sistemi economici delle realtà occidentali coincide (soprattutto per quanto riguarda la realtà italiana) con un aumento proporzionale della spesa media procapite nel settore dei giochi e delle scommesse. Dalle lotterie alle puntate sui risultati delle partite di calcio, dalle partite virtuali di poker on line ai gratta e vinci: gioca che ti passa sembra essere il feeling più diffuso. Mentre le raffiche della crisi infuriano sull'economia italiana, il settore del gioco va a gonfie e vele: con un'esplosione del 169% negli ultimi cinque anni, il comparto ha infatti chiuso il 2008 con un volume d'affari di 47,5 miliardi di euro. Una performance che 'vale' il 3% del Pil nazionale. Non basta: secondo un recente studio elaborato da Nomisma (su dati dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato) le stime per il 2009 segnalano una crescita ulteriore nell'ordine del 13%, per una raccolta totale che a fine anno dovrebbe attestarsi intorno ai 53,8 miliardi di euro.

Terza chiave di lettura che lega la Crisi economica alla possibilità di cogliere opportunità potenziali di miglioramento è quella che vede condivisi e spalmati orizzontalmente i benefici derivanti dalle cosiddette buone pratiche che si stanno moltiplicano più o meno spontaneamente in diversi settori trasversali del mondo della produzione e del consumo con ampi riflessi sociali sulla diffusione di nuovi stili di vita più attenti, sobri e critici. Una prospettiva più etica, se vogliamo, questa dell estensione dei benefici potenziali ad una base più diffusa di soggetti consapevoli che operano nella direzione di logiche rispondenti ad un reale obiettivo di sostenibilità. Quella della Sostenibilità è una sfida globale che investe oggi i più diversi ambiti dell economia, della conoscenza e della vita umana. Una scommessa a trecentosessanta gradi che, contrariamente alla sua più comune accezione, va ben oltre il significato legato all ecologia ed all impatto ambientale di un sistema economico e di consumo energivoro, minaccioso per l ecosistema. Tecnicamente la sostenibilità è la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto ad un certo livello indefinitamente. In anni recenti questo concetto è stato applicato più specificamente agli organismi viventi ed ai loro ecosistemi. Con riferimento alla società tale termine indica un "equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprie" (Rapporto Brundtland del 1987). Il termine si riferisce alla potenziale longevità di un sistema di supporto per la vita umana, come il sistema climatico del pianeta, il sistema agricolo, industriale e delle comunità umane che in genere dipende da

questi diversi sistemi. In particolare tale longevità è messa in relazione con l'influenza che l'attività antropica esercita sui sistemi stessi. Perché un processo sia sostenibile esso deve utilizzare le risorse naturali ad un ritmo tale che esse possano essere rigenerate naturalmente. Sono emerse oramai chiare evidenze scientifiche che indicano che l'umanità sta vivendo in una maniera non sostenibile, consumando le limitate risorse naturali della Terra più rapidamente di quanto essa sia in grado di rigenerarle. Di conseguenza uno sforzo sociale collettivo per adattare il consumo umano di tali risorse entro un livello di sviluppo sostenibile, è una questione di capitale importanza per il presente ed il futuro dell'umanità 4. La popolazione del pianeta terra Il dato emblematico della crescita vertiginosa della popolazione del nostro Pianeta è fortemente indicativo dell importanza che oggi riveste un concetto come quello di sostenibilità Fonte: Wikipedia 2009 (dati in miliardi di persone) 4 Fonte: Wikipedia 2009

Gli stimoli derivanti da questo interessante ambito d analisi ci riportano immediatamente a considerare questo nuovo nesso di causa-effetto (potenziale) che lega la Crisi economica con l opportunità di scoprire una nuova via sostenibile allo sviluppo. Una via condivisa anche con la base della cosiddetta società civile, si diceva. La centralità di un approccio così strutturato reca con sé, come è evidente, una serie di importanti conseguenze relative alle caratteristiche stesse della domanda e dell offerta che maturano una consapevolezza diversa nel pensare produzione e consumo. Se nel Sistema attuale un oggetto, un prodotto, un servizio non ha più valore in quanto tale, per il suo portato tecnico ma solo in quanto esiste una domanda che ne condiziona l andamento del prezzo, con una nuova visione sostenibile dell economia torna ad acquistare una maggiore importanza la cosiddetta funzione d uso delle merci. Oggetti non più fantasmagoria di sé stessi, non più venduti e consumati per motivi essenzialmente legati alle mode o al loro significato estetico: il loro valore, così, potrebbe esser legato a quanto effettivamente queste cose siano utili alla gente e non solo perché ne esiste una forte domanda, magari indotta. Tutto ciò porterebbe a superare ogni concezione prodotta nei paesi occidentali da sessant'anni di sovrabbondanza e ad adottare comportamenti individuali e stili di vita più responsabili nei confronti degli ambienti: meno spreco di risorse e meno emissioni. In tutto questo, dal lato della produzione, non è peregrino immaginare che un ipotesi del genere apra anche grandi prospettive per investimenti e sviluppo di settori industriali che producono, commercializzano, installano e fanno la manutenzione di tecnologie che accrescono

l'efficienza nell'uso delle risorse: dalla coibentazione degli edifici alla produzione di macchinari ed elettrodomestici più efficienti, dal recupero delle materie prime secondarie contenute negli oggetti dismessi allo sviluppo di forme di mobilità più veloci e meno inquinanti (mezzi pubblici collettivi e mezzi pubblici a uso privato a domanda, alimentati elettricamente, a rete). Se questa ipotesi si realizzasse, si potrebbe avviare un nuovo ciclo economico virtuoso basato sulla riduzione dei consumi di materie prime e di energia a parità di produzione 5. Evidentemente una notevole rivoluzione copernicana che comporterebbe una necessaria riorganizzazione sistemica ed eviterebbe tanta parte di un possibile ed aspro confitto sociale. Del resto, l essere umano, nella sua Storia, ha sempre trovato soluzioni efficaci ai suoi problemi, dimostrandosi in grado di generare insospettate risorse anche nei momenti più difficili. Ed è così che attualmente assistiamo al brulicare di input più o meno strutturati, testimonianze e/o stimoli concreti ad una via sostenibile di fare economia. Mai come in questo periodo, passata la freschezza della notiziabilità delle caratteristiche della Crisi, i media stanno dando spazio al microcosmo di soluzioni organizzate e realizzate da gruppi, aziende, operatori di settore, istituzioni. Come se se ne parlasse per la prima volta in assoluto, temi come l impatto ambientale dei rifiuti, l efficienza energetica, l ottimizzazione dei costi, la necessità degli acquisti ottengono dignità di titoli da copertina sui giornali. La partita così arriva a giocarsi su un piano che investe le scelte politiche, le logiche di produzione, di scambio e il nostro stesso stile di vita. 5 Fonte: Contributo di Maurizio Pallante, La Repubblica on line: www.repubblica.it/2009/02/sezioni/ambiente/crisi-e-ambiente/crisi-e-ambiente/crisi-e-ambiente.html

Il rispetto dell uomo, dell ambiente, la ricerca dell energia che si rinnova sembrano rappresentare le tre chiavi strategiche d accesso alla nuova economia perché fanno breccia, costituendo soluzione, nelle maglie mancanti del sistema precedente che si è dimostrato carente proprio perché non ha mai saputo organizzare la sua crescita in maniera proporzionata ed equilibrata nei confronti dell ambiente (costantemente avvelenato) e degli uomini e delle donne (del cosiddetto terzo mondo ). Ed è così, come si diceva, che le risposte ai problemi della crisi fioriscono in un sottobosco articolato, varie ma sempre molto coerenti (anche e soprattutto nel caso dell ambientalismo) alle questioni aperte sul piano squisitamente economico. Una transizione che parte dai piani più complessi che vedono le Istituzioni fortemente presenti nel dettare la linea da seguire fino ad arrivare alle micro organizzazioni locali dei Gruppi d acquisto solidale (GAS, i consumatori che si uniscono insieme per comprare direttamente dai produttori instaurando relazione di lungo termine), o dell autoproduzione, o del riuso e del riciclo dei materiali 6 con l obiettivo Rifiuti 0. Anche nel campo della Finanza, principale indiziata della Crisi attuale, si sviluppano esperienze come, ad esempio, quelle di Banca Etica (l unica banca attualmente in buona salute e saldamente ancorata a progetti di economia reale) o quella di Zopa che disintermedia la catena del prestito di denaro utilizzando la logica del peer-to-peer creando anche in questo caso relazione come ulteriore valore aggiunto. Una costellazione di valore e di valori. Una realtà multiforme. 6 Solo a titolo esemplificativo si possono citare i dati sull incremento della Raccolta differenziata arrivata nell Unione Europea ad una media del 54% (materiali riusati per nuove produzioni che non finiscono in discarica) o il telefonino prodotto interamente con bottiglie di plastica riciclate o i 500 miliardi stanziati dal Governo tedesco in forma di incentivi per incrementare l efficienza energetica con le sue previsioni di impiego di 500.000 unità entro il 2020 solo nel settore delle energie rinnovabili. Potremmo andare avanti ancora per molto con altri esempi.

Ma le spinte attuali e le differenti risposte alla Crisi remano in direzioni diverse, spesso opposte; tendenze fotografate dal modello che riportiamo di seguito. Lobby tradizonali Politiche (Sostenibili) INNOVAZIONE vs Stato Infrastrutture (Sostenibili) PRODUZIONE Lobby sostenibili Servizi (Sostenibili) Fonte: elaborazione propria Come si evince, il processo tradizionale che lega la Ricerca e Sviluppo, l Innovazione (sempre più importante e nodale in prospettiva sostenibile ) e la fase di Produzione si sviluppa non più esclusivamente in maniera diretta e solo liminalmente interessata dall intervento pubblico. In questa fase di Crisi abbiamo potuto osservare quanto proprio l intervento dello Stato sia prepotentemente e necessariamente stato presente nell indirizzare e sostenere interi comparti dell economia (si pensi agli incentivi sulla diffusione dei pannelli solari attraverso il conto energia o, di contro al salvataggio di interi istituti di credito) anche in contesti ove mai e poi mai si sarebbe

potuto immaginare una simile ingerenza. L accenno al cosiddetto New Deal verde del neopresidente degli Stati Uniti, Barack Obama, per promuovere la produzione di automobili "pulite", il risparmio energetico e l'utilizzo di energie rinnovabili (per un risparmio di almeno 2 milirdi di dollari) è piuttosto emblematico se riferito alla patria del libero Mercato. Lo Stato si pone come facilitatore ed acceleratore (come garante) di un processo che altrimenti farebbe fatica a prendere piede, così come ne ha fatta finora. Ma ciò che risulta più interessante da notare nel modello è la dicotomia di influenze che oggi premono sull Istituzione pubblica cercando di valorizzare il portato dei propri interessi a livello sistemico. Il confronto lobbistico tra indirizzi pressoché opposti è naturalmente acuito dal momento di forte incertezza causato dalla Crisi. In uno scenario di forte duttilità e malleabilità politica, economica, emotiva, gli spazi di manovra per consolidare posizioni o guadagnarne di insperate aumentano, serrando il contrasto e la sfida. Ne deriva una situazione in cui l ago della bilancia della variabile regolatrice istituzionale pende ora verso politiche sostenibili (incentivi al rinnovo del parco auto pubblico e privato solo a condizione che questo rispetti parametri verdi ), ora verso politiche tradizionali (investimenti pubblici per il ritorno all energia nucleare). Senza false ingenuità, arrivati a questo punto, non possiamo esimerci dal fare qual passo in più già anticipato all inizio di questo lavoro. Se il binomio Crisi-Opportunità in ottica di sostenibilità è un argomento ormai consolidato, nel momento liquido che stiamo vivendo è pure vero che la partita non è certo chiusa a favore delle tesi di chi in maniera più che concreta propone il concetto stesso di sostenibilità (fino a quello della decrescita felice ) come ricetta anti-crisi per l Economia mondiale. Un analisi seria e più approfondita di questo

scenario ideale e fortemente etico, ci spinge a porre in luce pure un insieme di elementi ostativi non indifferenti che potranno farci meglio intendere la complessità che lo scenario stesso propone. La via dello sviluppo sostenibile necessita ineluttabilmente e senza compromessi della diffusione sistematizzata e strutturale delle sue soluzioni. Perché ripensa il Sistema, lo destruttura per poi ricostruirlo. Non ci sono possibilità intermedie che non siano nicchie episodiche e statisticamente poco rilevanti. Oggi, a ben vedere, siamo ben lontani da una prospettiva del genere. In primo luogo, come si è visto, per la fortissima pressione di lobby potenti (energia, edilizia, trasporti ) ed ancora fortemente vincolate ad interessi di tipo tradizionale. Si tratta di gruppi di potere con un trascorso ed un influenza ben più radicata della propria controparte, abituati ad incidere sulla realtà e poco inclini al cambiamento per loro stessa natura. E poi la diffusione ancora scarsa di comportamenti e stili di vita diversi, la percezione e la paura tutta culturale del rischio di un abbassamento della qualità della vita, le difficoltà oggettive della riconversione di una catena della Produzione chiamata a produrre meno e meglio, uno Stato a volte capace solo di finanziare a fondo perduto alimentando un sistema di consumi drogati e ormai al collasso, non incentivano di certo la necessaria sistematizzazione di questo nuovo paradigma facendo il paio con un ancora troppo sedimentata deresponsabilizzazione degli operatori di mercato, le cui origini sono probabilmente da ascriversi al livello formativo, fin dentro le aule delle più prestigiose business school. La svolta sostenibile che assurge a Sistema appare ancora lontana seppur necessaria. Forse ineluttabile.

Se non dovesse essere raggiunta, il rischio di un forte aumento della conflittualità sociale globale dipinge una prospettiva effettiva. C è da riflettere: forse un altra occasione per conservare pace e benessere in questa parte occidentale di mondo non (ci) sarà più data BIBLIOGRAFIA - Brown Plan B 3.0, Ed. Ambiente, Roma 2008 - Castellett Sinergie, Ed. Mc Graw-Hill 2004 - Colombi Del merito e del metodo - Finanza condizionata e teoria del valore, Ed. Aracne, Roma 2003 - Canevacci Antropologia della Comunicazione visuale, Ed. Meltempi 2001 - Golinelli Approccio sistemico al governo dell impresa, Ed. Cedam 2005 - Perniola Sex appeal dell inorganico, Ed. Einaudi, Torino 1994 - Sciarelli Economia e gestione dell impresa, Ed. Cedam 2003 - Volli Fascino: feticismo ed altre idolatrie, Ed. Feltrinelli, 1997 Riviste, quotidiani, ricerche AltraEconomia, uscite varie Corriere della Sera, uscite varie Harvard Business Review, aprile 2009 Il Mondo, uscite varie Il Sole 24 Ore, uscite varie La Repubblica, uscite varie Nòva, supplemento de Il Sole 24 Ore, 16 aprile 2009