CERAMICHE E COMMERCI MEDITERRANEI NEI CONTESTI STRATIGRAFICI DI XI-XIII SECOLO A SAVONA

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Carlo Varaldo 75 CERAMICHE E COMMERCI MEDITERRANEI NEI CONTESTI STRATIGRAFICI DI XI-XIII SECOLO A SAVONA Carlo Varaldo Nel precedente incontro del settembre del 1991, qui a Ravello, avevo preso in considerazione la produzione ceramica savonese tra XII e XIV secolo alla luce della fitta stratigrafia messa in luce in alcuni settori dello scavo della Contrada di San Domenico, ai piedi della fortezza del Priamàr, eretta sul colle omonimo nella prima metà del XVI secolo (Il Priamàr 1982: 32-47). Per l'incontro odierno intenderei verificare alcuni contesti stratigrafici all'interno del complesso militare, là dove si stendeva il quartiere più antico della città, e dove le indagini archeologiche di questi anni (VARALDO 1992: 75-112) hanno permesso l'individuazione di significative stratificazioni di XI-XIII secolo. Si tratta di due situazioni assai differenti e complementari tra loro: mentre all'interno della fortezza, sull'alto del colle, la continuità di vita dall'età protostorica al basso Medioevo è pressoché ininterrotta, salvo una breve parentesi tra la metà del VII e la fine dell'viii secolo, nell'ampia area pianeggiante esterna si può parlare di urbanizzazione ex novo a partire dagli inizi del XIII secolo ( VA R A L D O 1996a: 314-315), dal momento che in q u e s t ' a r e a lo hiatus rispetto all'età tardoantica e bizantina si era protratto per quasi cinque secoli; in quest'ultimo caso, però il giacimento archeologico superava i sei metri di spessore, a differenza della situazione in altura, dove la stratificazione non raggiungeva, generalmente, il metro e mezzo di spessore e solo in rari casi sfiorava i sei metri. La mole dei materiali da esaminare e il tempo a disposizione mi hanno precluso un utile raffronto tra le due differenti situazioni, per cui mi limiterò, in questa sede, a presentare alcuni dei contesti di XI-XIII secolo più significativi individuati nel vano F della Loggia del Castello Nuovo. Il Palazzo della Loggia è l'unico edificio medievale risparmiato dalle distruzioni genovesi per la costruzione cinquecentesca della fortezza. Costruito nel 1417 in aderenza al vecchio castello di S.Maria - che proprio dopo tali trasformazioni, assumerà la denominazione di Castello Nuovo (NICOLINI 1987: 8) - si presenta oggi in parte alterato, nella parte superiore, dai successivi adattamenti alle esigenze della fortificazione militare. Gli scavi archeologici e i lavori di restauro di questi anni hanno messo in luce precedenti ambienti appartenenti al castello di S.Maria, costruito a partire dal 1213, e ancora più antiche strutture dell'abitato medievale a loro volta inglobate nel castello medievale, strutture che le analisi mensiocronologiche di T.Mannoni hanno datato agli anno ottanta del XII secolo. Lo scavo ha interessato l'intero complesso della Loggia, esteso su di una superficie di 1365 mq e articolato nei vani indicati con le lettere A, B, C, D, E, F, G, H, nella Sala ad ombrello e nel lungo porticato. Il vano F, in particolare, è posto all'estremità nordoccidentale dell'edificio e si presentava, prima degli interventi di restauro che ne hanno unificato l'area, diviso in due ambienti, separati tra loro da una tramezza muraria sorretta da un pilastrino. L'indagine archeologica, condotta nel 1985-86 ( LA V A G N A- VA R A L D O 1990: 387-390, VA R A L D O 1 9 8 7-88: 129-134), ha evidenziato tre successive pavimentazioni in laterizi, la più antica delle quali, in mattoni disposti a spina-pesce, conservava il suo compatto sottofondo preparatorio di calce del XIIIinizi XIV secolo, che sigillava l'intera superficie del vano e la sottostante stratificazione composta da dodici distinti livelli. È stato così possibile documentare le fasi altomedievali, con alcuni focolari, piani d'uso, lacerti di strutture edilizie e il basamento di un poderoso muro in pietra e calce appartenente, con tutta probabilità, alla cinta muraria del c a s t r u m altomedievale. Negli strati inferiori, a contatto col piano roccioso del colle, si stendeva il settore nord-occidentale della necropoli tardoantica e bizantina (metà IV-metà VII secolo), con le sepolture intagliate nella roccia, mentre numerosi reperti ceramici, in giacitura secondaria, attestavano la frequentazione del colle già in età protostorica. Nell'economia di questo intervento vengono presi in esame gli strati C, C1 e D, cronologicamente compresi fra XI e XIII secolo (per un totale di 4094 reperti ceramici), tralasciando i sottostanti livelli D1 ed E che, pur presentando ancora alcuni frammenti fittili di XI e XII secolo (dovuti ad intromissioni ed inquinamento), documentano un orizzonte cronologico principalmente tardoan-

76 CERAMICHE, CITTÁ E COMMERCI NELL ITALIA TARDO-MEDIEVALE tico ed altomedievale, con percentuali di materiali di questi più alti periodi, attestate, rispettivamente, intorno al 93.7 % e al 99.3 %. Un aspetto da sottolineare è, comunque, l'altissima incidenza, anche nei livelli di XII e XIII secolo, dei reperti residuali tardoantichi ed altomedievali, dovuta, evidentemente, alle particolari condizioni dell'insediamento d'altura ed al limitato spessore del manto terroso che, a causa delle intense trasformazioni e fasi edilizie medievali, ha subito un sistematico rivolgimento, che ha intaccato le stratificazioni più antiche. Su di un totale di 4094 reperti ceramici contenuti nei tre livelli C, C1 e D, solo un quarto, infatti, è costituito da materiali bassomedievali, così ripartiti: 29.8 % nello strato C, 23.3 % nel C1, 30 % nel D, quindi senza neppure quella progressiva crescita numerica dei reperti medievali che dovrebbe contraddistinguere una logica sequenza stratigrafica. Da un esame complessivo del materiale bassomedievale risulta che le ceramiche prive di coperta locali, in nettissima maggioranza nello strato D (databile al 2-3 quarto del XII secolo), quando costituiscono il 67.2 % del totale, crollano al 26.9 % nel C1 (compreso fra l'ultimo quarto del XII ed il primo quarto del XIII), per ridursi al solo 8.9 % nel C (prima metà del XIII). Inversamente crescono le invetriate locali, che dal 10.1 % del livello D passano al 18 % ed al 22.3 % nei due successivi C1 e C. Ma sono soprattutto le pregiate savonesi e, in primo luogo la Graffita arcaica tirrenica ( VA R A L D O 1997), l'ingobbiata chiara ( MA N N O N I 1975: 62-64, VA R A L D O 1996b: 48-51) e l'ingobbiata monocroma ( MA N N O N I 1975: 65-67, RA M A G L I 1996: 58-62) a riempire i vuoti provocati dalla drastica contrazione delle prive di rivestimento, crescendo, complessivamente, dal 4.7 % del D al 29.8 % del C1, al 44.4% del C. È la chiara conferma della profonda trasformazione in atto nella società ligure, dell'affermazione di quella civiltà urbana che manifesta, al tempo stesso, l'esigenza di un più evoluto tenore di vita ed una spiccata vocazione per attività artigianali (in questo caso specifico la produzione della ceramica) su di un livello di alta specializzazione e per buona parte rivolta all'esportazione marittima. Significativo è anche l'andamento quantitativo delle importate islamiche e bizantine, che dal 18 % dello strato D (quando le pregiate locali sono ancora quasi completamente assenti: solo il 4.7 %) sale leggermente al 23.2 % nel C1, per poi avviare nella prima metà del XIII secolo quella progressiva, rapida flessione (18.9%) che è già stata ampiamente documentata in altri contesti regionali (GA R D I N I 1 9 9 1 : 75), come diretta conseguenza dello sviluppo, in particolare, della Graffita arcaica tirrenica e delle altre tipologie ingobbiate e smaltate italiane, che vengono a monopolizzare il mercato del vasellame da tavola. È proprio la Graffita arcaica tirrenica a porsi come tipologia trainante, passando dallo 0.8 % dello strato D al 12.5 % del C1, al 22.3 % del C, quando rappresenta, a parità delle invetriate locali (per lo più pentolame da fuoco), la tipologia nettamente più presente, superiore alle stesse importate nel loro complesso. Per l'ingobbiata chiara, che sappiamo anticipare di pochi anni la Graffita, non si riscontra uguale fortuna e già nel corso della prima metà del XIII secolo si registra quella leggera flessione che la attesterà, per tutto il secolo, su posizioni di secondo piano. Cresce, per contro, l'ingobbiata colorata che, grazie soprattutto all'uso quasi esclusivo del verde, viene a sostituire - come ha già rilevato Gardini per Genova ( CA B O N A- GA R D I N I- PI Z Z O L O 1 9 8 6 : 462) - le invetriate, le ingobbiate e le smaltate verdi di importazione, islamiche e bizantine. Su indici molto modesti si colloca la Protomaiolica savonese ( VA R A L D O 1990, GA R D I N I 1990) e il suo sottoprodotto ingobbiato, mentre nel corso della prima metà del XIII secolo fa la sua comparsa la Maiolica arcaica pisana, che non è naturalmente presente degli strati D e C1 di XII e di primo XIII secolo. Per le importate islamiche e bizantine il quadro è assai ampio e articolato e sembrerebbe documentare una prevalenza delle tipologie di area orientale su quelle islamiche occidentali. È opportuno usare il condizionale perché per le invetriate verdi, che rappresentano peraltro il gruppo di gran lunga più abbondante, non è sempre possibile distinguere le due produzioni senza un completo ed approfondito esame mineralogico delle argille; tra l'altro, sulle produzioni di area egea sono tutt'ora numerosi i problemi aperti e le ampie lacune di conoscenza ( GE L I C H I 1993: 13, GA R D I N I 1993: 54-58). All'interno di queste importazioni le invetriate e smaltate verdi rappresentano, come già riferito, le classi maggiormente presenti, nettamente superiori a tutte le altre importate, nelle quali costituiscono, rispettivamente nei tre strati D, C1 e C il 65.2 %, il 65.7 % ed il 64 %. Esse sono seguite dalle monocrome bianche bizantine (complessivamente l'11.1 %), dalle invetriate gialle (4.4 %), dalle smaltate cobalto-manganese (3.5 %), dalle invetriate con decorazione dipinta e dalle ingobbiate monocrome (entrambe attestate attorno al 3 %); su dati percentuali minori le altre importate islamiche e bizantine, dati percentuali che, come già sottolineato, si riferiscono al complesso di tali importate e non, naturalmente, all'insieme delle ceramiche bassomedievali di tali contesti. Da sottolineare la totale assenza da questo settore dello scavo del Priamàr delle graffite bizantine e mediorientali (soprattutto lo Zeuxippus ware ) peraltro presente in altre aree dello stesso complesso. È il caso, piuttosto, di prendere in esame, singolarmente, i tre diversi contesti per sottolinearne le associazioni stratigrafiche complessive. Strato D La ceramica priva di rivestimento (fig.1/a),

Carlo Varaldo 77 numericamente la più abbondante in tale livello (pari al 67.2 % del totale), è rappresentata da varie forme ollari, solo in parte con orlo svasato, abbondanti catini-coperchio, grandi bacini con stretta tesa decorata a linee ondulate incise. Scarse le invetriate (fig.1/b), fra le quali è da segnalare un bacino a parete inclinata, e le pregiate locali, fra cui un'ingobbiata chiara, la cui forma e vetrina marcatamente giallina potrebbero però far sorgere qualche dubbio sulla effettiva paternità savonese (fig.1/c). Per il servizio verde di importazione (fig.1/d) si possono distinguere: le siciliane e tunisine, rappresentate principalmente da scodelle a tesa orizzontale, bacini, forme chiuse con ansa crestata, tutte contraddistinte da uno smalto esteso su entrambe le superfici; le iberiche e marocchine con smalto interno e vetrina esterna; quelle, infine, di area egea, con una forma chiusa con decorazione solcata a strigilature. Sono anche presenti un bacino maghrebino con decorazione dipinta in verde e bruno (fig. 1/E), che trova confronti con esempi della prima metà dell'xi secolo presenti a Pisa, ma dai quali si differenzia per la morfologia; un bacino con impasto rosato, schiarito in superficie e smalto bianco mielato, che si avvicina alla forma 126 di Pisa (BERTI-TON- G I O R G I 1981: 214), ma sulla cui identità ho parecchi dubbi; un boccale o bottiglia a smalto bianco dorato, forse di area egea (fig.1/f); un discreto numero di invetriate gialle probabilmente bizantine, su impasto giallo-chiaro, tutte appartenenti a forme chiuse. Per la datazione possono rientrare tutte tra secondo e terzo quarto del XII secolo, ad eccezione, naturalmente, delle residuali. Strato C1 Le prive di rivestimento locali rappresentano oltre un quarto del totale e sono principalmente rappresentate da olle, piccoli recipienti ad orlo appena svasato, bacini-coperchi, bacini con orlo svasato e decorazione incisa, boccali con larga ansa e alto attacco all'orlo, boccale con versatoio a cannone (fig. 2/A). Attestate attorno al 18 % le invetriate, con tegami caratterizzati da pareti più o meno inclinate, talvolta leggermente rientranti all'orlo, con prese a bugna singole o doppie (fig. 2/B). Le ceramiche rivestite locali sfiorano il 30 % e vedono predominare la graffita arcaica tirrenica, seguita a breve distanza dall'ingobbiata chiara, mentre risultano ancora poco diffuse - in linea con la generale situazione savonese - le ingobbiate monocrome (fig.2 e fig.3). Poco meno di un quarto del totale è rappresentato dai materiali di importazione, con una ricca molteplicità di tipologie. Le invetriate e smaltate verdi toccano, in questo contesto stratigrafico, il livello percentuale più alto, superiore al 65 % delle importate, con un'ampia gamma di tonalità, che vanno dal verde turchese allo smeraldo, al verde scuro, all'olivastro; così come sono presenti sia le produzioni ad un solo bagno siciliane e tunisine, sia quelle marocchine e iberiche, sia, particolarmente numerose, quelle di area egea (fig.4/a). Sempre da area bizantina proviene un discreto numero di ingobbiate chiare con vetrina paglierina, ingobbiate monocrome verdi (il 6% delle importate), invetriate marroni, invetriate gialle, e un bacino ingobbiato con vetrina a chiazze con piccola tesa orizzontale terminante a punta (fig. 4/B). Dall'area mediorientale proviene uno 0.2 % di alcaline con rivestimento bianco-azzurrino, spesso, brillante; probabilmente siriano è un frammento a impasto bianco-giallino che presenta sulla parete esterna, acroma, un piccolo cerchio impresso. Il gruppo numericamente più numeroso fra le importate, dopo le invetriate e smaltate verdi, è però rappresentato dalle smaltate bianche (9 %) che, in alcuni casi, per essere frammenti troppo minuti, non consentono di verificare l'eventuale presenza anche di campiture policrome. Policromo, con decoro in verde e bruno su fondo bianco avorio, è un frammento smaltato con impasto rosso e anima marronescuro, assegnabile sulla base dei confronti pisani a produzione maghrebina degli inizi dell'xi secolo. Ancora fra le policrome si segnala una invetriata con decorazione dipinta in bruno e verde, le smaltate verdi con decorazione in bruno, le cobalto-manganese e una rara smaltata verde con decorazione a boli gialli di primo XI secolo (fig. 4/C). Monocrome, sempre di area islamica occidentale, sono le invetriate con decorazione impressa (soprattutto verde, ma anche avorio con caratteri epigrafici) della prima metà del XII (fig.4/d). Non manca anche una presenza pugliese con due frammenti di scodelle di protomaiolica di XIII secolo, uno dei quali certamente brindisina (fig. 4/F). Fra le prive di rivestimento di importazione si segnalano i grandi catini delle Baleari con decorazione impressa (fig. 4/E), che a Genova sono costantemente presenti nei contesti di metà XII, mentre rimane aperto il problema delle acrome dell'italia meridionale con decorazione a bande rosse, che per lo stato estremamente frammentario, non è sempre possibile distinguere dall'analoga produzione altomedievale, peraltro più decisamente abbondante nel sottostante strato D1. Nel suo complesso, il livello C1 può essere datato a cavallo tra l'ultimo quarto dell'xii e il primo quarto del XIII secolo, datazione alla quale non portano significativi elementi le tre monete recuperate, trattandosi di denari della Repubblica di Genova appartenenti al primo periodo dei Consoli, Podestà e Capitani (1139-1339). Strato C Anche in questo caso il quadro si apre con le prive di rivestimento locali, e non si differenzia

78 CERAMICHE, CITTÁ E COMMERCI NELL ITALIA TARDO-MEDIEVALE molto rispetto al livello precedente, salvo l'ulteriore drastica riduzione che le fa scendere all'8.9 %, rispetto al 26.9 % del C1 ed al 67.2 % del D. Dal punto di vista morfologico, infatti, tale vasellame non registra trasformazioni di sorta, con la presenza dei boccali con alto attacco dell'ansa, olle, recipienti ovoidali a larga bocca, catini-coperchio (talvolta con decorazione impressa a rullo) (fig.5/a). Le invetriate (fig. 5/B) sono rappresentate prevalentemente dal tegame con prese a bugna semplice o doppia, nella cui tipologia fanno la loro comparsa quello a parete carenata e quello con orlo segnato da un leggero canale, che avranno ampia diffusione nei secoli successivi; accanto ad esso si collocano, come già per le prive di coperta, dei recipienti ovoidali a larga bocca e il boccale con ansa a sezione trapezoidale. Quasi la metà di tutti i reperti ceramici contenuti in questo livello (il 47.6 %) è rappresentato dalle pregiate locali, con la graffita arcaica tirrenica (fig.6/b) che, toccando l'apice della sua produzione, viene a costituire il 22.3 % del totale, con ciotole, scodelle, piatti, bacini conici e carenati. Seguono le ingobbiate: l'ingobbiata monocroma (fig.5/c) con il 12.3 % e l'ingobbiata chiara (fig.6/a) con il 9.8 %, mentre più distanziate sono l'ingobbiata policroma con l'1.9 % e la protomaiolica savonese con l'1.3%. Fa finalmente la sua comparsa la maiolica arcaica pisana, presente però ancora con valori piuttosto bassi, poco superiori al due per cento. Ancora ben rappresentate sono le importate (fig.7), che fanno però registare, rispetto al livello precedente, una sostanziale flessione, segno inequivocabile di quella loro rapida sostituzione, sul mercato ligure, da parte del vasellame pregiato locale. Fra i reperti più significativi si segnala una scodella a vetrina in monocottura assorbita e bollosa, già presente nei contesti genovesi di Palazzo Ducale (CA B O N A- GA R D I N I- PI Z Z O L O 1984: 466) e, come quella, caratterizzata da un colore irregolare che vira dal verde marcio all'ocra, al giallo. Le invetriate e smaltate verdi costituiscono sempre il gruppo più rappresentativo, caratterizzato, come sempre, da una ricca gamma cromatica. Seguono, numericamente, le smaltate monocrome bianche (pari al 15 % delle ceramiche d'importazione ed al 2.8 % del totale dello strato), quindi le cobalto-manganesi, con il 7 % (1.3 % del totale). Attestate sempre sugli stessi valori percentuali riscontrati nello strato C1 sono le invetriate con decorazione dipinta e le invetriate gialle. Più rare le invetriate marroni bizantine, le ingobbiate monocrome, le smaltate policrome e le invetriate monocrome con decorazione impressa di primo XII. Unico esempio in tutto lo scavo preso in esame è un frammento con decorazione a fogliami a rilievo, con tracce di rivestimento a smalto bianco e lustro rosso-bruno. Discretamente rappresentate, infine, le protomaioliche dell'italia meridionale e soprattutto pugliesi. Un quadro nel complesso piuttosto articolato, che trova i suoi confronti più immediati nella situazione documentata a Genova, nello scavo di Palazzo Ducale che, per quanto non certo recente, rimane sempre l'esempio più completo finora pubblicato di stratigrafia del primo basso Medioevo in un contesto urbano ligure. D'altronde la funzione di centro commerciale di raccordo tra area padana e mondo mediterraneo è del tutto simile, pur su scala differente, nei due centri liguri e la documentazione archivistica, ancora in parte inedita, lo conferma in modo evidente. Non è il caso di ritornarvi, avendovi già fatto riferimento nel precedente seminario del 1991, ma almeno è il caso di ricordare, per sommi capi, che il commercio marittimo extra-regionale in partenza dal porto di Savona è indirizzato, tra l'ultimo ventennio del XII secolo e il primo ventennio del XIII, verso il Nord Africa occidentale per un 34.8 %, verso la Provenza per un 29.7%, verso l'oriente (bizantino, siro-palestinese ed egiziano) per un 15.5 %, verso la Sicilia per un 8.4 %, verso la penisola iberica per un 5.8 %, verso la Sardegna e la Corsica per un 2.6 %, verso la Campania sempre per un 2.6 %, verso il Lazio per uno 0.6 %. Con questo penso di poter chiudere il mio intervento, scusandomi per non aver potuto presentare un quadro più completo, comprensivo sia dell'area alta che dell'area bassa del complesso del Priamàr, e quindi sia di un quartiere in fase di progressivo invecchiamento ed emarginazione quale l'area alta del colle, sia di un quartiere nel pieno della sua espansione topografica nella sottostante pianura. Così come non ho fatto alcun cenno alla produzione anforica bizantina, pur presente in discreta quantità nei tre contesti stratigrafici savonesi. Ma penso che potrà questo essere un approfondimento da affrontare in un futuro incontro, se questi appuntamenti a Ravello avranno un seguito e la sistematicità che tutti ci auguriamo. Riassunto Si prende in esame un contesto stratigrafico di Xl-XIII secolo degli scavi all'interno del complesso monumentale del Priamàr, a Savona, articolato su tre distinti livelli indicati come strati C, C1 e D. Le profonde trasformazioni in atto nel centro savonese sia dal punto di vista sociale che economico-commerciale è ben evidente dalla progressiva e rapida riduzione delle ceramiche acrome e crescita, per contro, delle pregiate di importazione. Queste ultime registrano il loro apice nell'ultimo quarto del Xll secolo per accusare anch'esse una drastica flessione con il primo quarto del XIII, quando le produzioni pregiate savonesi, che fanno la loro comparsa sul finire del Xll, gli subentrano rapidamente, monopolizzando il mercato locale.

Carlo Varaldo 79 Fig. 1) Strato D: Ceramiche prive di coperta (A), Invetriate (B) e Ingobbiata chiara (C) locali; Ceramiche di importazione invetriate e smaltate monocrome (D e F) e policroma (E). (I disegni delle tavole illustrative sono in scala 1:2).

80 CERAMICHE, CITTÁ E COMMERCI NELL ITALIA TARDO-MEDIEVALE Fig. 2) Strato C1: Ceramiche prive di coperta (A), Invetriate (B) e Ingobbiata chiara (C) e ingobbiata monocroma (D).

Carlo Varaldo 81 Fig. 3) Strato C1: Graffita arcaica tirrenica.

82 CERAMICHE, CITTÁ E COMMERCI NELL ITALIA TARDO-MEDIEVALE Fig. 4) Strato C1: Ceramiche di importazione: Smaltate e invetriate verdi (A), ingobbiate chiare e monocroma verde bizantina (B), Invetriate e smaltate policrome (C), Invetriate con decorazione impressa (D), Prive di coperta iberiche (E), Protomaiolica brindisina.

Carlo Varaldo 83 Fig. 5) Strato C: Prive di coperta (A), Invetriate (B) e Ingobbiate monocromi (C) locali.

84 CERAMICHE, CITTÁ E COMMERCI NELL ITALIA TARDO-MEDIEVALE Fig. 6) Strato C: Ingobbiata chiara (A) e Graffita arcaica tirrenica (B).

Carlo Varaldo 85 Fig. 7) Strato C: Ceramiche di importazione islamiche: Invetriate e smaltate monocrome (A), policrome (B), verdi (C) e Cobalto-manganese (D).

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