LABORATORIO DI POLITICA



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Transcript:

LABORATORIO DI POLITICA 3

Direttore Michele PROSPERO Sapienza Università di Roma Comitato scientifico Marco ALMAGISTI Università degli Studi di Padova Fortunato MUSELLA Università degli Studi di Napoli Federico II Pierre MUSSO Università di Rennes 2 e Istituto Télécom ParisTech Pasquale SERRA Università degli Studi di Salerno Gheorghe STOICA Università di Bucarest Nicola GENGA Sapienza Università di Roma Francesco MARCHIANÒ Sapienza Università di Roma

LABORATORIO DI POLITICA Attraverso la pubblicazione di opere originali e la traduzione di volumi editi all estero la collana intende valorizzare il lavoro di studiosi che si soffermano sull analisi dei fenomeni politici in ambito italiano e internazionale.

Domenico Fruncillo A sinistra del Partito democratico La sinistra alle elezioni regionali dopo la débâcle del 2008 Presentazione di Michele Prospero

Copyright MMXII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it via Raffaele Garofalo, 133/A B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978-88-548-5644-8 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: novembre 2012 Il volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Scienze Politiche Sociali e delle Comunicazione DSPSC dell Università degli Studi di Salerno (Fondi FARB 2010).

Ai Maestri, a Mario, a Mauro, a Rita. A Enrico che mi ha dato l opportunità di incontrarli

Indice 11 Presentazione 17 Introduzione 29 Capitolo I Dopo la sconfitta della Sinistra arcobaleno: nuove sigle e nuovi progetti 39 Capitolo II La sinistra alle elezioni regionali dal 2008 al 2011: liste e alleanze 51 Capitolo III I risultati alle elezioni regionali dal 2008 al 2011 67 Capitolo IV L evoluzione dei consensi alla sinistra dal 2005 al 2011 75 Capitolo V L analisi del voto di preferenza, una possibile chiave di lettura delle «fortune» elettorali di Sel e Fds 91 Capitolo VI La sinistra, il Pd, il centrosinistra: i confini dell alleanza e il «terreno» della competizione 103 Capitolo VII Le «risorse» tradizionali. Gli iscritti e la presenza nei consigli regionali di Fds e Sel 117 Capitolo VIII Il «credito» della sinistra «misurato» dai sondaggi 9

10 Indice 131 Capitolo IX Alcune Considerazioni conclusive 143 Riferimenti bibliografici 149 Ringraziamenti

Presentazione Questo libro di Domenico Fruncillo narra di un esperienza politica alla sinistra del Pd che parrebbe, con una certa regolarità, votata al suicidio. Accadde già nelle elezioni del 2008 e si ripete ora nelle consultazioni regionali siciliane del 2012: ogni volta che la sinistra cosiddetta radicale rompe con l altra sinistra, quella di governo, e cerca di percorrere un tragitto autonomo è condannata alla marginalizzazione. Addirittura scompare dalla rappresentanza. Il richiamo del voto utile sgonfia ogni velleità di aggirare in solitudine i meccanismi delle alleanze in nome di arroccamenti identitari condannati alla sterilità della testimonianza. Non si tratta solo di un prevedibile effetto di penalizzazione connesso alla struttura bipolare del sistema politico che esalta al momento del voto le formazioni con una maggiore apertura competitiva nella contesa elettorale. Dietro quella che Fruncillo chiama la «modificazione del tradizionale rapporto di identificazione e lealtà tra partito e elettore» si nasconde anche un problema di cultura politica più di fondo. A sinistra del Pd la lezione del realismo politico, che in Italia ha marcate ascendenze togliattiane, sembra non essere stata mai ascoltata. Le istanze di allestire movimenti di movimenti, i propositi di progettare liste con spirito antagonista non godono di una cultura politica in grado di costruire grandi sintesi e si sgonfiano nelle urne oppure si perdono come gocce insignificanti nell oceano dell antipolitica trionfante. Fruncillo ritiene che a sinistra del Pd esista un qualche spazio da occupare oltre la fiacca testimonianza ma esso si disperde inesorabilmente se è ricercato in contrasto con il Pd. La morsa che stringe la sinistra radicale tra marginalizzazione o estinzione non può essere evitata con scorciatoie che negano al Pd il carattere di partito cerniera. Occorre perciò sciogliere questioni di fondo. Dice con efficacia Fruncillo che «non è proponibile la divisione del lavoro tra chi organizza la lotta e chi si fa carico del governo». È il nodo segnalato questa estate da Mario Tronti e parla della insostenibile leggerezza della dottrina delle 11

12 Presentazione due sinistre. Oltre alle amare repliche delle urne, essa va incontro anche alle ineludibili necessità di aggiornare la mappa dei concetti politici dinanzi alle trasformazioni. Una grande crisi, come quella scoppiata dal 2007, costringe sempre i partiti ad aggiornare i paradigmi e a cercare nuove vie per resistere all urto di tempi difficili che sconvolgono le antiche geografie politiche. È in questa giuntura critica che Tronti solleva il tema di una rivisitazione analitica della pigra dottrina delle due sinistre, che domina ormai da vent anni con esiti politici catastrofici. Dopo il crollo dell 89, lo spazio politico ha visto un confuso condominio tra una inclinazione (nuovo centro, terza via) a cavalcare le spinte della globalizzazione, mitigandone talune escrescenze, per incassare nell immediato i frutti della innovazione tecnologica, e una mentalità antagonista incapace di trascendere una prospettiva minoritaria. O incorporazione negli schemi dominanti del neoliberismo, o ribellismo cieco non in grado di spostare forze materiali: questa è la condizione culturale della sinistra. Per districare la questione che anche Fruncillo affronta, serve una ricognizione comparata (che esula dal taglio specifico di questa ricerca di Fruncillo). La revisione degli strumentari della sinistra, declinata come variante ragionevole del mercatismo egemone, ha condotto a mutamenti significativi delle forze più rilevanti della sinistra europea. Un po ovunque in Europa la sinistra sta uscendo dal lungo letargo dogmatico che l aveva resa poco credibile come alternativa ai processi di de democratizzazione (C. Tilly) sprigionanti dal liberismo in fuga dalla sfera pubblica. Con la vittoria di Hollande comincia una nuova fase, nella quale la sinistra appare come la principale alternativa alle nuove marginalità e al rigorismo imposto dalle tendenze europee. Archiviato il tempo della sinistra che in Francia definiscono bo bo, cioè radicata nelle istanze postmaterialiste della società civile, i socialisti si propongono come una forza popolare capace di dare rappresentazione alle nuove forme di diseguaglianza ed esclusione. Muovendo dal lavoro, è possibile anche declinare i nuovi diritti, parlare cioè il linguaggio dell inclusione e della partecipazione civica. In America le tendenze di fondo non paiono molto diverse. Non è detto che stare al governo in tempi di crisi comporti una inevitabile scottatura. Ad Obama questo non è successo. Proprio in America è apparsa la grande contrazione economica che subito ha contagiato l altra sponda dell Oceano con effetti sociali ancora oggi devastanti.

Presentazione 13 Tutti i governi dei paesi europei colpiti dalla emergenza del debito sono stati travolti. Alcuni partiti di sinistra, percepiti come anch essi interni al paradigma liberista, avranno difficoltà non solo a tornare al potere ma a sopravvivere. Obama invece resiste al comando e si insedia di nuovo alla Casa Bianca perché ha mostrato che un altra risposta alla crisi è possibile. La lezione americana, per chi in Europa deve intenderla, è trasparente. La crisi distrugge il sostegno a governi che restano inchiodati ad un arcaico credo liberista che pretende di soffocare ogni politica pubblica per imporre con poteri d emergenza tagli, riduzioni, sacrifici, austerità. Più volte Obama, e gli economisti vicini alla sua amministrazione, hanno palesato sconforto dinanzi alla inopinata dimenticanza europea del ruolo cruciale che la politica ha da giocare nel controllare i costi umani della crisi. I democratici vincono una battaglia durissima proprio perché parlano il linguaggio della inclusione sociale che la vecchia Europa ha archiviato. All origine della crisi si scorgono anzitutto inediti problemi di diseguaglianza. In nome di obiettivi di giustizia sociale Obama sfida il cuore della filosofia neoliberista che associa una elevata diseguaglianza competitiva e parametri di crescita. Egli denuncia proprio nel cumulo di ineguaglianze un fattore di irrazionalità, di arresto della mobilità sociale e di decrescita. Per questo inaridirsi del sogno americano invoca riforme sociali, politiche industriali, investimenti nella ricerca e nell innovazione, coinvolgimento esplicito dei ceti possidenti nel pagamento dei costi della contrazione. Lo scontro ingaggiato con i repubblicani è apparso nitido. Dal voto esce certo l immagine di una democrazia fortemente polarizzata (nei ceti sociali, nelle appartenenze etniche, negli insediamenti territoriali). Ma la polarizzazione è un prezzo che va pagato se si vuole l innovazione. La reaganiana ricetta liberista (che propone una marcata diseguaglianza nei possessi e scava la trincea identitaria come presidio dei sacri valori della tradizione) è stata rispolverata dai repubblicani. Ma stavolta è stata strapazzata perché di fronte l elettore non aveva una semplice sinistra dei valori post materialisti ma una proposta politica solida capace di coniugare diritti di cittadinanza, nuove libertà civili e politiche socio economiche di inclusione. L ideologia del mercato come fine in sé, con le sue deregolamentazioni selvagge ha provocato sconquassi troppo ravvicinati per sedurre di nuovo un soggetto frastornato dalla crisi.

14 Presentazione L America delle città e dei simboli postmoderni ha stretto un patto con i ceti della sofferenza sociale. Ha fatto presa nel sentimento popolare e nelle pulsioni delle minoranze la paura di vedere la Casa Bianca abitata da un grande capitalista che si prefiggeva di rinverdire le parole d ordine ideologiche di un trentennio liberista che con la sua idolatria della finanza ha condotto al disastro. I segnali di ripresa che l America già intravvede sono legati a una politica che ha imboccato una strategia diversa da quella europea (incentivi ai consumi, argini alla deindustrializzazione, tassazione ai ricchi patrimoni). Il coro di laudatori di Obama è perciò sospetto se occulta questa alterità della sua politica rispetto all ortodossia imposta dalla «troica». La vecchia Europa non cura i suoi mali sociali che sono profondi se non ripara la debolezza istituzionale di una moneta senza sovrano e non accantona in fretta una propensione angusta a impiegare il governo politico solo per decostruire la cittadinanza disegnata dal costituzionalismo novecentesco. Dopo il voto americano appare tracciata una strada diversa per il governo della crisi e conduce molto lontano dalle ubriacature per manovre inefficaci che invocano solo altre manovre. Il governo non logora chi lo guida nei tempi di crisi soltanto se la politica sfida le ineguaglianze e rifiuta la malsana idea che per ridurre il debito occorre imporre la via oscura di una de democratizzazione che sacrifica le piccole libertà solidali che sorreggono gli sprazzi di una vita buona. La lezione americana e ancor più quella francese parlano all Italia per una sinistra che come sostiene Fruncillo si proietti oltre «la propensione frazionistica» e la sospensione della identità. Non per astratte questioni identitarie, ma per stringenti motivi politici la confluenza sempre più organica con i lavori di risistemazione teorica che vede impegnata la sinistra europea è una necessità politica, ineludibile. Anche in Italia un abisso separa lo spirito originario del Lingotto (andare oltre le cassapanche del conflitto sociale) e la rifondazione dell identità, del radicamento, del modello di partito del Pd tentata da Bersani. Per tutto il campo del centro sinistra italiano l alternativa è secca: o si entra in sintonia con le nuove categorie del socialismo europeo oppure si precipita in una condizione di completa marginalità. La cosiddetta «foto di Parigi» è da questo punto di vista una conquista di cultura politica di non ritorno, indica una prospettiva politica per certi versi obbligata, cui è difficile sfuggire. L incrocio tra la dimen-

Presentazione 15 sione italiana e la specifica fisionomia delle culture politiche europee deve essere posto alla base del superamento della cattiva tradizione delle due sinistre. A sinistra del Pd, oltre a inclinazioni neopopuliste (riassumibili nella formula di Ferrero «Grillo è meglio di Bersani») si avvertono istanze per oltrepassare una vocazione minoritaria incapace di resistere agli sconquassi provocati dal turbo capitalismo finanziario che ha spezzato antichi legami sociali generando malesseri profondi raccolti da populismi di varia risma che parlano sempre più il solo dialetto dell antipolitica. Con i loro media omologati, i poteri economici e finanziari civettano sempre più con l antipolitica. Anzi, la alimentano per servirsene come un arma offensiva pronta per bloccare il cambiamento di classe politica e ottenere, in nome dell emergenza, il commissariamento del governo gestito dai tecnici. La sinistra radicale (ma anche una parte del Pd sensibile alla «rottamazione») è tentata dalla fabbrica della deviazione semantica che produce un senso comune ostile alla politica. Tra seduzione antipolitica e referendum di classe sull articolo 18 si persegue una deriva populistica che strapazza l analisi politica e amplifica la ricerca di una visibilità a buon mercato per segnare una artificiale linea di rottura tra i partiti e i sindacati. Dominano perciò il gesto plateale, le scappatoie furbesche che più assicurano la differenziazione su temi simbolici. Già in due occasioni (prima per la difesa della scala mobile e poi per l estensione dell articolo 18 alle piccole imprese) si sono celebrati referendum che non hanno però raggiunto il quorum. Il loro fiasco ha però indebolito il sindacato e reso più incerta la tutela del lavoro. Con il terzo referendum per ora tenuto in ombra, ma che in realtà diventerà qualificante per attirare la partecipazione dei cittadini alle urne, quello contro la casta, contro il finanziamento pubblico della politica, la sinistra radicale accetta di camminare con la potente macchina del populismo senza alcuna reale prospettiva di dirigerla. La leadership più consapevole della sinistra che si pone al di là del Pd è chiamata a scelte esplicite tra le inclinazioni a rincorrere l antipolitica con un impasto di giustizialismo e radicalismo e il contributo a una riprogettazione della sinistra italiana. Fruncillo scorge una confusa oscillazione tra manifestazioni velleitarie di tradizionalismo (uso di simbologie e cose di un tempo senza però avere le forze che ad esse corrispondevano) e sperimentalismo organizzativo che precipita in

16 Presentazione destrutturati partiti personali edificati attorno al governatore. In tutte le sue manifestazioni la sinistra radicale è alle prese con problemi immediati di sopravvivenza, di disorientamento, di incertezza strategica, di insediamento fragile. Queste difficoltà non paiono congiunturali, rivelano un punto critico. Oggi c è spazio solo per una sinistra che si candidi al governo del paese recuperando un nesso con i ceti popolari e anche una ambizione progettante. Ciò implica un difficile lavoro per il superamento dei limiti strutturali dei partiti della seconda repubblica che sono tutti quanti sorti sul mero terreno elettorale. Nel ventennio trascorso, la semplice presenza di Berlusconi ha tramutato ogni appuntamento elettorale in «elezioni critiche», come sostiene Fruncillo. Sul semplice piedistallo della competizione elettorale da affrontare con cartelli eterogenei però non si definiscono delle solide prospettive di partito, che richiedono sempre di essere innestate sulle tendenze di più lunga durata della storia italiana ed europea. Solo un dialogo intenso con le culture e le organizzazioni della sinistra europea può consentire la fuoriuscita dall eccezionalismo italiano di cartelli elettorali slegati dalle grandi famiglie dei partiti europei. Guidare la difficile transizione del sistema politico italiano verso nuovi lidi, in grado di sorreggere una alternativa alle ritornanti manifestazioni del populismo e dell antipolitica, e garantire l ancoraggio europeo delle sue categorie è la principale sfida che sta dinanzi alla sinistra. Partire dal lavoro e dalla sua autonomia politica per definire anche un senso nuovo del generale è l imperativo prioritario per una sinistra che, scrive Fruncillo, vada oltre un semplice lavoro di «manutenzione». Una sinistra competitiva oltre al suo mondo di elettori secolarizzati annidati nelle metropoli e in grado di offrire solo una «fedeltà leggera», deve guardare alle inquietudini dei ceti sociali periferici che se non coinvolti in «relazioni di fedeltà» o «meccanismi di identificazione» si lasciano catturare da manifestazioni politicamente devianti. Questa avvertenza di Fruncillo pare sostenibile solo se si trascende il dogma delle due sinistre. Michele Prospero

Introduzione «Terremoto in Parlamento: sparisce la sinistra radicale» (Corriere della Sera, 15 aprile 2008). Il titolo, in prima pagina, dell articolo di Gian Antonio Stella segnalava efficacemente la débâcle della Sinistra l Arcobaleno alle elezioni politiche del 2008. Non si era trattato di una semplice sconfitta elettorale, ma, come aveva evidenziato Piero Sansonetti nel suo editoriale su Liberazione, di «... una batosta storica. Addirittura, di fronte al crollo della sinistra, passa in secondo piano la nettissima affermazione del centrodestra e il ritorno al potere, solenne e festoso, di Silvio Berlusconi. L Italia si ritrova per la prima volta ad avere un Parlamento della repubblica privo di una delegazione della sinistra». E anche Gabriele Polo, al tempo direttore de Il Manifesto, nel suo articolo di fondo aveva rimarcato che «ciò che oggi salta più ai nostri occhi, in maniera netta, è la sconfitta della sinistra, fin dentro al baratro perdendo tre milioni di voti della scomparsa parlamentare». Alle elezioni del 2008 la sinistra era stata fiondata fuori dalle aule parlamentari. Il tonfo era stato fragoroso e, a seconda dell orientamento politico, aveva destato stupore, meraviglia, sorpresa, sconcerto, smarrimento, sgomento... Nei mesi che avevano preceduto le elezioni all orizzonte non si erano profilate avvisaglie di quell esito. Gli istituti di sondaggio accreditavano Sinistra arcobaleno di un numero di consensi sufficiente ad entrare alla Camera e, in alcune regioni, anche al Senato, pur segnalando una significativa contrazione del patrimonio di voti conquistato due anni prima dai partiti che avevano dato vita alla nuova proposta elettorale della sinistra. Per altro, i gruppi dirigenti e gli stessi candidati erano più che fiduciosi di riuscire ad ottenere il visto di ingresso in Parlamento. A questo proposito è sufficiente ricordare la «cura» con cui i parlamentari uscenti dei soci fondatori di Sinistra arcobaleno si erano dedicati alla definizione delle graduatorie delle liste. I risultati delle elezioni del 2008 complessivamente sembravano in forte discontinuità anche rispetto al passato più recente. Sul piano ge- 17

18 Introduzione nerale, in entrambe le Camere si era insediata un ampia maggioranza e dello stesso segno, il numero effettivo dei partiti si era significativamente ridotto e il sistema partitico era incardinato intorno ai due nuovi grandi partiti Pd e Pdl che avevano conseguito un significativo successo elettorale. Sotto il profilo più strettamente politico, l alleanza promossa dal Pdl attorno a Berlusconi aveva ottenuto un considerevole vantaggio rispetto alla coalizione allestita dal Pd. Tra le liste rimaste fuori dalle due coalizioni, quella dell Udc era riuscita a sopravvivere alla scure delle soglie, mentre la Sinistra l Arcobaleno era stata sonoramente bocciata dall elettorato (Di Virgilio, 2008; Itanes, 2008; Mannheimer Natale, 2008; Morcellini Prospero, 2009; Fruncillo, 2010). E proprio la «storica» esclusione della sinistra dalle assemblee parlamentari ovviamente aveva catalizzato l attenzione dei mezzi di comunicazione. L Italia non è l unico paese in cui la sinistra non è presente in Parlamento. Anche in altri Stati, a cominciare da quelli, che spesso vengono assunti o si propongono come modelli di democrazia, gli esponenti della sinistra radicale o estrema non hanno trovato posto nelle assemblee parlamentari. Tuttavia, l esclusione della sinistra dal Parlamento italiano è apparsa incredibile agli occhi di tutti, persino dei suoi avversari e dei suoi detrattori, anche perché per quasi mezzo secolo e fino alla fine degli anni Ottanta, in Italia era presente il partito comunista più forte, almeno sotto il profilo elettorale, di tutte le democrazie occidentali. Ancora nel 1987 il Pci raccoglieva poco più di dieci milioni di voti (10.250.644) pari al 25,7% dei voti validi e al 22,4% degli elettori, ottenendo complessivamente 278 deputati o senatori ossia il 29,4% dei seggi parlamentari. È pur vero che gran parte di quel patrimonio era stato ereditato prima dal Pds/Ds e poi dal Pd, ma nel 2006 le due forze che più esplicitamente, almeno nel nome, si richiamavano alla tradizione politica che discendeva dal Pci, ossia Rifondazione comunista e Comunisti italiani, avevano ottenuto il consenso di 3.113.591 elettori (8,2%). Ad ogni modo, la sconfitta della sinistra aveva sollecitato l interesse degli studiosi che hanno prodotto numerose e interessanti ricerche come viene evidenziato dai titoli di alcuni volumi dedicati all analisi

Introduzione 19 dei risultati elettorali 1. Alcune di esse hanno cercato di valutare a quale profondità poteva essere situato l epicentro di quel «terremoto». L analisi sulle performance elettorali della sinistra, che viene proposta in questo contributo, si inserisce nel filone di studi che adotta un prospettiva di ricerca in cui fattori di breve periodo, che riguardano singoli elementi del sistema partitico, si correlano tra loro fino a configurare dinamiche complessive di ordine generale. Il rendimento elettorale della sinistra, in quanto parte di un insieme complesso, viene collocato in una articolata rete di relazioni causali e la sua analisi si rivela interessante e promettente proprio perché potrebbe contribuire a definire gli scenari di lungo periodo del sistema politico italiano. In tale prospettiva, infatti, il tema della crisi della sinistra assume una rilevanza di ordine più generale. In particolare, l esito delle elezioni del 2008, proprio con specifico riferimento alla débâcle della sinistra, può essere assunto come un indicatore della trasformazione del rapporto tra partiti ed elettori. Quando in occasione di una consultazione si registrano risultati significativamente diversi rispetto all immediato passato, è possibile ipotizzare una modificazione del rapporto di identificazione o di lealtà tra i partiti e i loro tradizionali elettori. Nella letteratura anglosassone si suole distinguere le elezioni di ri allineamento da quelle di de allineamento. Le prime sono considerate elezioni critiche poiché sono espressione di un cambiamento profondo per cui nuovi allineamenti rimpiazzano quelli vecchi. Le seconde segnalano la progressiva erosione dei tradizionali allineamenti, ma non implicano la loro sostituzione. Anche in questo caso, come per le elezioni critiche, il cambiamento degli esiti elettorali può essere consistente e repentino, tuttavia nelle successive consultazioni esso è assorbito all interno del trend generale di progressivo indebolimento dei tradizionali rapporti di lealtà verso i partiti (Evans e Norris, 1999). In altri termini la crisi della sinistra alle elezioni del 2008 potrebbe essere conseguenza di un ri allineamento del rapporto con gli elettori o di un de allineamento. Nel primo caso alle successive consultazioni i consensi alla sinistra dovrebbero diminuire ulteriormente; nel 1. Solo a titolo di esempio, si ricordano R. MANNHEIMER e P. NATALE (a cura di), 2008, Senza più sinistra. L Italia di Bossi e Berlusconi, Milano, Il Sole 24 Ore; M. MORCELLINI e M. PROSPERO (a cura di), 2009, Perché ha perso la sinistra, Roma, Ediesse; E.A. CARRA, 2008, Ho perso la sinistra, Roma, Ediesse.

20 Introduzione secondo caso essi potrebbero aumentare ma attestarsi sotto il livello precedente al crollo del 2008. In Italia, negli ultimi decenni, sulla scorta di diverse ricerche empiriche, è stata avanzata l ipotesi che il voto di appartenenza, basato su stabili legami psicologici, abbia subito una progressiva erosione in termini di diffusione e di intensità per lasciare il posto a scelte elettorali orientate da fattori di breve periodo (Maraffi, 2002). Insomma, sarebbe aumentato il numero di elettori che assume decisioni caratterizzate da un elevato grado di specificità. Le scelte di voto variano di consultazione in consultazione in relazione all importanza della posta in gioco, al grado di competitività, alle caratteristiche dell offerta. Se questa ipotesi avesse un fondamento, si dovrebbe riscontrare una oscillazione relativamente ampia del numero di voti alla sinistra, passando da una consultazione all altra. Il consenso verso di essa, infatti, sarebbe associato alla sua possibilità di conseguire un risultato positivo ossia alla probabilità di accedere alle assemblee deliberative o di prevalere nella competizione per la guida degli esecutivi nonché all appeal della sua proposta in termini di credibilità dei candidati e della leadership e di posizionamento su determinati temi particolarmente rilevanti per quel livello istituzionale. Una sommaria ricognizione dei più recenti studi elettorali in Italia (D Alimonte e Bartolini, 1997; 2001; D Alimonte e Chiaramonte 2007; 2010; Diamanti e Mannheimer, 1994; Pasquino, 2002; Caciagli e Corbetta, 2002; Itanes, 2006; 2008; Fruncillo, 2010; Mannheimer e Natale, 2006; 2008; Morcellini e Prospero, 2009) renderebbe evidente che l attenzione dei ricercatori si è spostata dai fattori di lungo periodo a quelli contingenti. Ciò è avvenuto per due ordini di ragioni. In primo luogo, negli ultimi anni la competizione si è tendenzialmente strutturata attorno a due poli; di fatto dalle elezioni del 1994 in avanti è stato registrato un capovolgimento dell esito delle consultazioni precedenti. E dunque è stato ipotizzato, sulla scorta dei risultati delle inchieste campionarie e dell analisi dei flussi elettorali, che un certo numero di elettori tenda a modificare la propria scelta di voto affidandosi a motivi contingenti. Tuttavia, molti ricercatori hanno rivolto un attenzione crescente a quelli che possono essere definiti elettori fluttuanti (Fruncillo, 2004), poiché ritengono che, nel corso del tempo, il loro numero sia aumentato, mentre, corrispondentemente, sia diminuito quello degli elettori fedeli, ossia di coloro che esprimono la medesima scelta di voto in consultazioni consecutive.