Gli impianti idroelettrici si dividono principalmente in impianti a bacino (o a serbatoio), fig. 12.1, e ad acqua (o vena) fluente, fig 12.2.



Documenti analoghi
MACCHINE Lezione 8 Impianti idroelettrici e Turbine Idrauliche

Produzione di energia elettrica

14.4 Pompe centrifughe

Turbine idrauliche 1/8. Classificazione

LEGGE DI STEVIN (EQUAZIONE FONDAMENTALE DELLA STATICA DEI FLUIDI PESANTI INCOMPRIMIBILI) z + p / γ = costante

Il concetto di valore medio in generale

Pompe di circolazione

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI UDINE

Classificazione delle pompe. Pompe rotative volumetriche POMPE ROTATIVE. POMPE VOLUMETRICHE si dividono in... VOLUMETRICHE

MACCHINE IDRAULICHE Le macchine idrauliche si suddividono in. ELEMENTI DI IDRODINAMICA (3 a PARTE)

Politecnico di Bari I Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Meccanica ENERGIA EOLICA

Amplificatori Audio di Potenza

Dimensionamento di un ADDUTTORE

PROBLEMA 1. Soluzione

Classificazione delle pompe. Pompe cinetiche centrifughe ed assiali. Pompe cinetiche. Generalità POMPE CINETICHE CLASSIFICAZIONE

COMPONENTI TERMODINAMICI APERTI

A. Maggiore Appunti dalle lezioni di Meccanica Tecnica

ALLEGATO C1 Classificazione degli impianti idroelettrici in base alla potenza

Corso di Componenti e Impianti Termotecnici LE RETI DI DISTRIBUZIONE PERDITE DI CARICO LOCALIZZATE

Capitolo 13: L offerta dell impresa e il surplus del produttore

Energia idroelettrica

Regole della mano destra.

Impianti idro-elettrici: caratteristiche generali e peculiarità funzionali

Schema piezometrico di un generico impianto di sollevamento.

CORRENTE E TENSIONE ELETTRICA LA CORRENTE ELETTRICA

Transitori del primo ordine

CONVERTITORI DIGITALE/ANALOGICO (DAC)

Per studio di funzione intendiamo un insieme di procedure che hanno lo scopo di analizzare le proprietà di una funzione f ( x) R R

~ Copyright Ripetizionando - All rights reserved ~ STUDIO DI FUNZIONE

9. Urti e conservazione della quantità di moto.

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI

GIROSCOPIO. Scopo dell esperienza: Teoria fisica. Verificare la relazione: ω p = bmg/iω

Il modello generale di commercio internazionale

Basi di matematica per il corso di micro

Aprile (recupero) tra una variazione di velocità e l intervallo di tempo in cui ha luogo.

Dispositivo di conversione di energia elettrica per aerogeneratori composto da componenti commerciali.

I collettori solari termici

Regolazione delle Pompe Centrifughe. Dispense per il corso di Macchine e Sistemi Energetici Speciali

MACCHINE Lezione 7 Impianti di pompaggio

APPUNTI SUL CAMPO MAGNETICO ROTANTE

Indice. XI Prefazione

Generalità sulle elettropompe

IL RISPARMIO ENERGETICO E GLI AZIONAMENTI A VELOCITA VARIABILE L utilizzo dell inverter negli impianti frigoriferi.

Revision Date Description Paragraph TickRef New release All #8416

TESTO. Art. 2. Sono abrogati i decreti ministeriali 10 gennaio 1950 e 2 agosto ALLEGATO

Università di Roma Tor Vergata

Relazioni statistiche: regressione e correlazione

11. Macchine a corrente continua. unità Principio di funzionamento

La distribuzione Normale. La distribuzione Normale

Minicorso Regole di Disegno Meccanico

GEOMETRIA DELLE MASSE

V= R*I. LEGGE DI OHM Dopo aver illustrato le principali grandezze elettriche è necessario analizzare i legami che vi sono tra di loro.

Consideriamo due polinomi

Energia e Lavoro. In pratica, si determina la dipendenza dallo spazio invece che dal tempo

STUDIO DI UNA FUNZIONE

SOLUZIONE DEL PROBLEMA 1 TEMA DI MATEMATICA ESAME DI STATO 2015

Applicazioni del calcolo differenziale allo studio delle funzioni

Usando il pendolo reversibile di Kater

Indice. 8 novembre La similitudine idraulica per le pompe 2. 2 Esercizi sulla similitudine idraulica 3

Impianto di Sollevamento Acqua

Ai fini economici i costi di un impresa sono distinti principalmente in due gruppi: costi fissi e costi variabili. Vale ovviamente la relazione:

DIMENSIONAMENTO DEL MARTINETTO PER RICIRCOLO DI SFERE

ESERCITAZIONE N. 1 (11 Ottobre 2007) Verifica di un impianto di pompaggio

Le macchine elettriche

Acqua come risorsa scarsa: quali usi energetici?

Produzione del Sistema Ibrido Parallelo

Impianti per il trasferimento di energia

a) Il campo di esistenza di f(x) è dato da 2x 0, ovvero x 0. Il grafico di f(x) è quello di una iperbole -1 1

MICRO IMPIANTI IDROELETTRICI

ENERGIA INTERNA ENERGIA INTERNA SPECIFICA. e = E/m = cv T ENTALPIA. H = E + pv ENTALPIA SPECIFICA. h = H/m = cp T h = e + pv = e + p/d L-1

Analisi e diagramma di Pareto

ENERGIA. Energia e Lavoro Potenza Energia cinetica Energia potenziale Principio di conservazione dell energia meccanica

Forza. Forza. Esempi di forze. Caratteristiche della forza. Forze fondamentali CONCETTO DI FORZA E EQUILIBRIO, PRINCIPI DELLA DINAMICA

Q 1 = C carica numero 1 Q 2 = C carica numero 2 forza esercitata tra le cariche distanza tra le cariche, incognita

LA RETTA. Retta per l'origine, rette orizzontali e verticali

24 - Strutture simmetriche ed antisimmetriche

Il modello generale di commercio internazionale

CAPACITÀ DI PROCESSO (PROCESS CAPABILITY)

APPLICATION SHEET Luglio

Esercitazione 5 Dinamica del punto materiale

ESTRATTO ATTUATORE CON VITE SENZA FINE PER TRAIETTORIE NON LINEARI E ALZACRISTALLI REALIZZATO CON IL MEDESIMO

Progetto La fisica nelle attrazioni Attrazione ISPEED

Come visto precedentemente l equazione integro differenziale rappresentativa dell equilibrio elettrico di un circuito RLC è la seguente: 1 = (1)

SISTEMA DI POMPAGGIO (introduzione)

I CIRCUITI ELETTRICI. Prima di tutto occorre mettersi d accordo anche sui nomi di alcune parti dei circuiti stessi.

Giovanni Schgör (g.schgor)

Statica e dinamica dei fluidi. A. Palano

Vademecum studio funzione

Motori Sincroni. Motori Sincroni

Capitolo 10 Z Elasticità della domanda

Normative sulla Tenuta dei Serramenti ad Aria, Acqua e Vento

Fondamenti di macchine elettriche Corso SSIS 2006/07

ANALISI SOSPENSIONI Modalità Base

FISICA DELLA BICICLETTA

Pompe di circolazione per gli impianti di riscaldamento

Scelta e verifica dei motori elettrici per gli azionamenti di un mezzo di trazione leggera

Le centrali idroelettriche

Matematica e Statistica

LA MACCHINA FRIGORIFERA E LA POMPA DI

FUNZIONI ELEMENTARI - ESERCIZI SVOLTI

Transcript:

CAPITOLO 12 IMPIANTI IDROELETTRICI E TURBINE IDRAULICHE 12.1) Impianti idroelettrici. Le macchine motrici per fluidi incomprimibili sono essenzialmente destinate alla produzione d'energia elettrica e, nella quasi totalità dei casi, operano con acqua e sfruttano l'energia messa a disposizione dalla natura sotto forma d'energia potenziale gravitazionale. La potenza messa a disposizione attualmente dagli impianti idroelettrici in Italia è di circa il 15 17% della potenza complessivamente prodotta; poiché non sono prevedibili, almeno per quanto riguarda gli impianti medio-grandi, ulteriori sfruttamenti delle risorse idriche disponibili, si può prevedere che il rapporto tra l'energia idraulica prodotta ed energia termica prodotta si ridurrà progressivamente all'aumentare della richiesta agli attuali ritmi di sviluppo (aumento medio annuo dell'energia prodotta di circa il 6.6% tra il 1973 e il 2003). Possibilità di un aumento di produzione di energia idroelettrica sono prevedibili dallo sviluppo di mini e micro impianti, cioè di quegli impianti di potenzialità inferiori rispettivamente a 2 MW e a 500 KW o con la trasformazione in impianti ad accumulo degli impianti tradizionali attualmente esistenti. Fig. 12.1 Gli impianti idroelettrici si dividono principalmente in impianti a bacino (o a serbatoio), fig. 12.1, e ad acqua (o vena) fluente, fig 12.2. Fig 12.2 Come si può osservare dalle figure, in ambedue i tipi d'impianto le turbine sfruttano un salto geodetico che, però, è realizzato in maniera differente nei due casi: nel primo caso, le acque di

un dato bacino idrografico sono raccolte mediante uno sbarramento solitamente artificiale (diga), nel secondo caso il dislivello utile è ottenuto mediante lo sbarramento d'un corso d'acqua. Gli impianti a bacino possono sfruttare cadute anche molto elevate (sino ai 2000 m del salto più elevato in Canada) e permettono, in dipendenza dalle dimensioni del serbatoio d'accumulo, la modulazione della portata erogabile in funzione delle esigenze dell'utenza. Gli impianti ad acqua fluente operano con bassi salti motori (inferiori ai 20 m) e con portate praticamente costanti e imposte dalle condizioni stagionali dei corsi d'acqua. Dovrà, in ogni caso, per questo tipo di impianti essere garantita un portata minima al corso d'acqua (deflusso minimo vitale, DMV) in modo tale da non compromettere la vita acquatica e l'ambiente circostante. Gli impianti a serbatoio, giornaliero o stagionale, consentono di concentrare la produzione in determinate ore della giornata o in determinati periodi dell'anno, concorrendo, quindi, alla produzione d'energia modulata mentre la produzione dell'energia di base è coperta dagli impianti termoelettrici e ad acqua fluente. Le ragioni di una tale scelta sono dettate da considerazioni sia di natura economica (in base alle quali risulta più conveniente produrre energia di base con centrali termoelettriche e di punta con centrali idroelettriche) e sia relative ai tempi di risposta degli impianti idroelettrici, notevolmente più ridotti di quelli degli impianti termoelettrici. Al fine d'aumentare la produzione, un impianto idroelettrico a serbatoio può essere trasformato in un impianto reversibile di pompaggio (impianti ad accumulo) in cui si utilizza l'energia prodotta dalle centrali termoelettriche durante le ore a basso carico e basso costo, quali ad esempio quelle notturne, per pompare l'acqua nel serbatoio. Tale acqua sarà poi utilizzata per produrre energia modulata, a costi più elevati e quindi con vantaggio economico, durante le ore di punta. In questo tipo d'impianti, le pompe e le turbine sono collegate allo stesso serbatoio superiore mentre le pompe possono essere collegate ad un bacino inferiore fisicamente diverso da quello in cui scaricano le turbine (stazioni di pompaggio di gronda) o allo stesso bacino di scarico delle turbine. Per salti motori inferiori a 500 600 m sono utilizzate macchine reversibili (pompe-turbine) in grado di operare con buon rendimento sia come turbine in un senso di rotazione e come pompe con rotazione inversa; per salti motori maggiori di 600 m si dovrà prevedere l'utilizzo di due macchine differenti, ad esempio una turbina Pelton ed una pompa centrifuga, calettate sullo stesso asse. Nelle figure 12.3 e 12.4 sono riportati due esempi delle applicazioni sopra descritte. 123 Fig. 12.3

124 Fig. 12.4 Per quanto riguarda l'utilizzo di fluidi diversi dall'acqua, citiamo le turbine per il recupero d'energia da liquidi in pressione, risultato di processi industriali, in particolare della lavorazione di prodotti petroliferi, che altrimenti dovrebbe essere dissipata per laminazione. Tali turbine dette HPRT (Hydraulic Power Recovery Turbine) possono essere utilizzate sia per la produzione di energia elettrica, sia accoppiate a una pompa in sostituzione o in ausilio del motore elettrico che la trascina. Per ragioni di convenienza economica, anche se con rendimenti inferiori, si preferisce spesso utilizzare in questi casi una pompa in rotazione inversa al posto di una turbina di tipo tradizionale. Allo stato attuale, sono quantitativamente poco significative le turbine che sfruttano direttamente l'energia cinetica delle correnti marine e dei grandi corsi d'acqua; si tratta, per lo più, di turbine di derivazione eolica e destinate a mini e micro produzioni.

125 12.2) Classificazione delle turbine idrauliche. Le turbine idrauliche sono macchine a flusso continuo che vengono classificate secondo criteri diversi (alcuni dei quali già utilizzati nella classificazione delle pompe) e che sinteticamente di seguito elenchiamo. Criterio geometrico. Secondo questo criterio, le turbine idrauliche si suddividono in turbine radiali (centripete) e a flusso misto (turbine Francis), assiali a pale fisse o mobili (turbine Kaplan) e ruote tangenziali (turbine Pelton). In base a questo criterio le motrici idrauliche possono essere inoltre suddivise in motrici ad asse orizzontale o verticale, a vena (o camera) libera o chiusa, semplici o pluristadio. Criterio funzionale. Secondo questo criterio le turbine sono classificate in base al salto motore o, preferibilmente, al numero di giri caratteristico. Si avranno quindi: a) Turbine per basse cadute (ad elica, Kaplan) h m <50 60 m b) Turbine per medie cadute (Francis, Francis reversibili, Turgo) h m <400 500 m c) Turbine per alte cadute (Pelton) h m >400 m Poiché la geometria ottimale di una macchina non dipende solo dal salto motore sfruttabile ma anche da altri fattori, quali portata e velocità di rotazione, alla precedente classificazione è preferibile quella basata sul numero di giri caratteristico, secondo la quale si avranno: a) Turbine lente (Pelton a uno o più getti) n c <60 70 b) Turbine medie e veloci (Francis) 45<n c <450 c) Turbine veloci, rapide e ultra rapide (ad elica e Kaplan) n c >450 Criterio idrodinamico. E' un criterio basato sul grado di reazione, vale a dire sulla quantità dell'energia messa a disposizione della macchina che è trasformata in energia cinetica nel distributore o a cavallo della girante. Richiamando la definizione (7.8) del grado di reazione per le macchine idrauliche = p / g (12.1) p tot / le turbine idrauliche si possono suddividere in: a) Turbine ad azione o a vena libera (Pelton) 0 b) Turbine a reazione con grado di reazione medio (Francis) 0.4< <0.8 c) Turbine a reazione con grado di reazione elevato (Kaplan) >0.8 Trascurando le variazioni d'energia gravitazionale a cavallo della macchina e la velocità allo scarico girante, dalla 12.1 si possono dedurre le espressioni del grado di reazione più comunemente usate nel campo delle macchine motrici idrauliche: 2 =1 v 1 e =1 v 1 (12.2) 2gh m 2gh e dove v 1 è la velocità d'uscita dal distributore (velocità d'ingresso in girante). Le due definizioni tendono a coincidere per elevati gradi di reazione mentre differiscono per 0. Per la turbina Pelton, ad esempio, è, come si vedrà più avanti, v 1 = 2gh m e quindi dalla prima definizione risulta =1 2 >0 ( 0.98), mentre dalla seconda, supponendo i =0.9, risulta =1 2 / i <0. Dalle 12.2 e per un dato salto motore, si può osservare che la velocità d'ingresso in girante v 1 è massima per le turbine ad azione e diminuisce all'aumentare di : dall'espressione del lavoro euleriano nelle condizioni di massimo rendimento (scarico assiale, l e = u 1 v 1 cos 1 ) possiamo dedurre che, a pari velocità periferica, le macchine ad azione forniscono i lavori maggiori o 2

126 che, a pari lavoro fornito, richiedono le minori velocità periferiche. Sempre dalle 12.2 si può osservare che =1 è possibile solo per v 1 =0, il che comporta sezioni di passaggio infinite per portate diverse da zero; per non avere eccessive dimensioni della macchina, i gradi di reazione massimi sono limitati, perciò, a poco più di 0.96. Notiamo, ancora, che un grado di reazione nullo è possibile solo per flussi ideali con perdite interne alla macchina nulle mentre nelle macchine reali, a causa delle dissipazioni, si avrà sempre un seppur piccolo effetto di reazione. 12.3) Turbina Pelton. Nella fig. 12.5 a) è schematicamente rappresentata una turbina Pelton ad asse orizzontale e ad un getto: come si può osservare dalla figura, l'acqua, incanalata per mezzo di una condotta, giunge al livello della macchina in condizioni di elevata pressione che viene trasformata in energia cinetica nella parte terminale del distributore (boccaglio o ugello), a sezione decrescente e che scarica in aria alla pressione atmosferica. La velocità d'efflusso dal distributore sarà pari alla velocità torricelliana d'efflusso da un serbatoio a pelo libero costante ed uguale a: v 1 = 2g( h g y e ) = 2gh m (12.3) Dove h g è il salto geodetico o caduta disponibile, pari alla differenza di quota tra il pelo libero nel bacino a monte della turbina e l'asse del getto, y e sono le perdite di carico nella condotta d'adduzione alla turbina e è il coefficiente d'efflusso che tiene conto delle perdite idrauliche nel distributore ( 0.98 nelle condizioni di massima apertura della spina). Fig. 12.5 Si può osservare che la vena che interagisce con la pala della Pelton è a pressione costante e uguale alla pressione atmosferica (turbina a vena libera), sarà, quindi, costante, a meno delle perdite di carico, la velocità relativa w: la ruota Pelton, essendo nulla la variazione d'energia cinetica a cavallo della girante, è perciò una turbina ad azione. Come si vedrà più avanti, la velocità relativa di massimo rendimento è all'incirca la metà della velocità assoluta v 1 e diminuisce quindi con il salto motore con conseguente diminuzione della spinta sulle pale e aumento del coefficiente di perdita sulle stesse. La non possibilità di ridurre la pressione all'uscita del distributore con conseguente aumento delle velocità, assieme alla perdita di salto corrispondente al dislivello tra l'asse del getto e il pelo libero dell'acqua nel canale di scarico, rende questo tipo di turbine poco adatte ai bassi salti motori. La pratica dell'idro-pneumatizzazione, che cerca di ovviare a questo problema racchiudendo la turbina in una cassa a tenuta d'aria raccordata mediante una tubazione al bacino di scarico, ha avuto

scarse applicazioni a causa della complessità dell'impianto che ne risulta e del possibile innesco della cavitazione. All'interno del boccaglio è presente un otturatore (spina Doble) a bassa resistenza che permette la regolazione della portata erogata: l'avanzamento o l'arretramento della spina determina, infatti, la variazione della sezione di passaggio a velocità d'efflusso pressoché costante con conseguente variazione della portata fluente (per una diminuzione della portata, a fronte della diminuzione del coefficiente d'efflusso dovuto alla riduzione dell'area di passaggio si avrà un aumento del salto motore per effetto delle diminuite perdite di carico). In figura è visibile il tegolo deviatore che permette rapidi interventi sulla portata in caso di emergenze senza che si possano manifestare distruttivi colpi d'ariete nelle condotte di adduzione. Il getto in uscita dal distributore alimenta tangenzialmente la girante e interagisce con le pale che, come si può osservare dalla fig. 12.5 b), hanno la forma di un doppio cucchiaio. Il getto, che colpisce la pala quasi centralmente, è ripartito nei due cucchiai ed è deviato di quasi 180, conservando una componente ortogonale al getto che consente lo smaltimento laterale della portata. Per effetto della variazione della quantità di moto del getto che colpisce la pala, si determina sulla pala una spinta che mette in rotazione la girante; a causa della rotazione della girante, la pala, dopo aver percorso un certo angolo, si sottrarrà all'interazione col getto ma, prima che ciò avvenga, la pala successiva avrà già iniziato a interagire con il getto. Le pale della girante sono, inoltre, sagomate in modo tale che l'angolo d'interazione del getto con le pale sia il più possibile prossimo ai 90 (angolo di massimo rendimento del cucchiaio). 127 a) b) Fig 12.6 In fig. 12.6 a) è riportata la traccia del getto incidente sulla pala quando questa è in posizione ortogonale rispetto al getto, mentre in fig. 12.6 b) sono rappresentate alcune posizioni assunte dalla pala durante l'interazione col getto: come si può osservare dalla figura, nelle posizioni precedenti quella d'ortogonalità, il getto sarà deviato, oltre che lateralmente, anche radialmente verso l'alto (centripetazione) e, quindi, parte della sua energia cinetica sarà dissipata alla radice del cucchiaio senza scambiare energia con lo stesso. Nelle posizioni successive a quella d'ortogonalità si avrà, invece, una deviazione verso il basso (centrifugazione) e, quindi, una parte del flusso lascerà la pala senza scambiare energia con il cucchiaio. La pala dovrà essere sagomata in modo tale da poter interagire con il getto anche in posizioni diverse da quella di massimo rendimento e dovrà perciò avere un notevole sviluppo radiale. Il

128 numero e il passo delle pale saranno determinati in modo che vi siano almeno due pale sempre "in presa" e che la portata possa essere liberamente smaltita, passando fra una pala e quella adiacente senza pericolo d'urto sul dorso di quest'ultima. Osserviamo che il diametro medio D rappresentato nelle figure precedenti è il diametro della circonferenza immaginaria concentrica alla ruota Pelton e tangente all'asse del getto. Notiamo ancora che, per ragioni pratiche, la ruota deve essere disposta alquanto sopra la superficie libera del serbatoio di scarico. Per tale ragione, il salto geodetico effettivamente sfruttato dalla turbina, pari alla differenza tra il pelo libero del bacino a monte e l'asse del getto, è inferiore a quello messo a disposizione dalla natura, che è pari al dislivello fra il peli liberi dei bacini a monte e a valle, di una quantità variabile a seconda delle dimensioni della macchina. Per questo motivo, oltre al fatto più sopra accennato della impossibilità di operare a pressioni inferiori a quella atmosferica allo scarico girante, sarà conveniente utilizzare la turbina Pelton per salti motori elevati in modo che i fattori descritti non incidano troppo sulla potenza disponibile. Dimensioni delle pale, diametro del getto e diametro medio della ruota sono legati da relazioni semiempiriche corrispondenti alle condizioni di massimo rendimento della macchina e a contenute sollecitazioni meccaniche (citiamo, a titolo d'esempio, d/d 1/10 e h/d 2.5, dove h è l'altezza della pala). Tali grandezze, attraverso il diametro del getto d, sono legate alla portata elaborata dalla macchina e, quindi, al fine di evitare diametri della ruota eccessivamente grandi con conseguenti elevate sollecitazioni meccaniche, converrà, all'aumentare della portata elaborata dalla macchina, adottare macchine a più ugelli fino a un massimo di 6. Onde evitare l'interferenza fra i singoli getti, per una macchina con un numero di getti superiore a 2 sarà necessaria una configurazione ad asse verticale. La portata elaborata da macchine pluri-getto sarà espressa mediante la relazione: V = d 2 4 v z (12.4) 1 dove z è il numero di ugelli. Fig. 12.7 In fig. 12.7 è rappresentata una macchina ad asse verticale a 6 getti. Osserviamo che nelle turbine pluri-getto ciascun getto può essere regolato indipendentemente mediante l'avanzamento o l'arretramento della spina (regolazione per laminazione), senza che il rendimento dei restanti getti sia sostanzialmente alterato dalla regolazione e dalla caduta di rendimento di uno di essi. L'alimentazione di uno o più getti può inoltre essere interrotta

(parzializzazione della portata) riducendo proporzionalmente la portata elaborata dalla macchina senza sensibili cadute di rendimento. Combinando la regolazione per parzializzazione con quella per laminazione si ottengono notevoli possibilità di regolazione della potenza fornita dalla macchina con cadute di rendimento contenute com'è possibile osservare in fig. 12.8. 129 12.4) Rendimento e curve caratteristiche. Vogliamo ora analizzare, traendone alcune indicazioni di progetto, il comportamento fluidodinamico della turbina Pelton sotto le seguenti ipotesi: - Flusso uni-dimensionale - Asse del getto tangente al diametro medio della turbina - Ortogonalità tra getto e pala (ipotesi che, in realtà, è valida in un solo istante) Con riferimento all'asse del getto e ai triangoli di velocità rappresentati in fig. 12.5 b), si potrà scrivere: h e = 1 ( g u 1v 1 cos 1 u 2 v 2 cos 2 )= 1 g uv ( 1 v 2 cos 2 ) (12.5) e tenendo presente che è: v 2 cos 2 = u w 2 cos 2 e che, tenendo conto delle perdite idrauliche sulla pala mediante un coefficiente di perdita, sarà w 2 = w 1, sostituendo nella (12.5) si ottiene: h e = 1 g uv ( 1 ( u w 1 cos 2 ))= 1 g uv 1 ( u ( v 1 u)cos 2 ) da cui: Fig. 12.8 ( ) h e = 1 g uv ( u 1 )1+ ( cos 2 ) (12.6) Dalla definizione di rendimento idraulico si ottiene ancora: i = h e = uv ( u 1 )1+ ( cos 2 ) h m gh m (12.7) Introducendo nella (12.7) il coefficiente di velocità periferica k p = u 2gh m e tenendo presente la (12.3), si ottiene infine: i = 2k p ( k u )1+ ( cos 2 ) (12.8) Nell'ipotesi semplificativa che non vari al variare di k p, la 12.8 rappresenta una parabola con concavità rivolta verso il basso e vertice in corrispondenza di k p = /2.49 (condizione di massimo rendimento). Per tale valore del coefficiente di velocità periferica il rendimento idraulico della turbina Pelton varrà:

130 i max = 2 ( 2 1+ cos 2) (12.9) Osserviamo che dalle condizioni di massimo rendimento si può immediatamente dedurre u = 2 2gh = m 2 v 1 : la velocità periferica di ottimo è uguale all'incirca alla metà della velocità del getto. Osserviamo ancora che il rendimento idraulico della ruota aumenta al diminuire dell'angolo geometrico 2 ed è massimo per 2 =0.Tale condizione non è però in pratica accettabile poiché l'acqua scaricata dalle pale colpirebbe il dorso della pala successiva, esercitando un'azione frenante con forte diminuzione di rendimento. Per evitare tali perdite l'angolo di scarico dalla pala è in genere maggiore di 12 15. Nel caso di flusso ideale è =1 e =1 e dalla (12.9) il rendimento idraulico massimo è: i max = 1+ cos 2 2 Anche nel caso di flusso ideale risulta i <1 per 2 >0. Tale risultato è giustificato dal fatto che il rendimento idraulico tiene conto oltre che delle perdite idrauliche, nulle nel caso di flusso ideale, anche dell'energia cinetica di scarico dalla pala che non è nulla per portate diverse da zero e per sezioni di passaggio finite. In fig. 12.9 sono qualitativamente riportati gli andamenti del rendimento idraulico in funzione del coefficiente di velocità periferica per flussi ideali e reali. Osserviamo che, per un dato salto motore e una data turbina, il coefficiente di velocità periferica k p può variare soltanto variando la velocità di rotazione della turbina che, d'altra parte, è imposta dall'alternatore in funzione della frequenza desiderata. Il coefficiente di velocità periferica è, per quanto visto più sopra a proposito della regolazione della portata, un parametro che resta pressoché costante nella fase di esercizio dell'impianto e potrà variare soltanto durante le fasi di avviamento e di arresto dell'impianto. Dalla fig. 12.9 si può osservare che il rendimento idraulico si annulla per k p =, condizione per cui è u=v 1 e, quindi, w 1 =0. Per tale velocità di rotazione la turbina non è alimentata e la potenza erogata all'asse è nulla. Tali condizioni si manifestano per una caduta del carico all'alternatore per cui la girante accelera fino a portarsi alla velocità di fuga, condizione per cui, come si è detto, la potenza erogata dalla turbina è nulla. Dalle relazioni tra il k p di massimo rendimento e il k p corrispondente al punto di fuga si deduce immediatamente che, per una turbina Pelton, la velocità di fuga è pari al doppio della velocità di rotazione ottimale. In fig. 12.9 è riportato inoltre l'andamento della coppia all'albero deducibile, tenendo presente la (12.6), dalla relazione: M = P a = V h e m v Fig. 12.9 D 2u = V D ( 2 k p)1+ ( cos 2 ) m v (12.10)

Dalla (12.10) si può notare come nel caso di flusso ideale la coppia all'asse vari linearmente con k p, sia massima allo spunto (k p =0) e si annulli in condizioni di fuga (k p =1). Nel caso di comportamento reale l'andamento non sarà lineare a causa delle variazioni dei rendimenti e la coppia si annullerà per k p =. Diagrammi simili a quello riportato in fig. 12.9 possono essere ottenuti per diverse aperture del distributore e possono poi essere sintetizzati in un unico diagramma caratteristico della macchina quale quello qualitativamente riportato in forma adimensionale in fig 12.10. 131 Dalla figura si può osservare come il rendimento massimo si abbia per portata pari all'incirca l'80% della portata massima e che risulti pressoché costante per gran parte del campo di utilizzo. Si può ancora notare come la curva della potenza non passi per l'origine degli assi in quanto una parte della potenza sviluppata sarà necessaria per vincere gli attriti meccanici interni (potenza a vuoto). 12.5) Dimensionamento di massima. Fig. 12.10 Tenendo presente che il dimensionamento di una macchina si effettua in genere per le condizioni di massimo rendimento, sono definiti, per un dato salto motore e in base alle relazioni descritte nel paragrafo precedente, il coefficiente k p e la velocità periferica u di ottimo. Velocità periferica, velocità di rotazione e diametro medio della girante sono legati dalla relazione: u= nd/60. La scelta di n e di D dovrà tenere conto di diversi fattori quali, ad esempio, dimensioni contenute per limitare i costi e gli ingombri della macchina, diametro dei getti e numero dei getti in rapporto alle dimensioni delle pale in modo da avere un buon rendimento del cucchiaio ecc., che saranno di seguito precisati. Dall'espressione del numero di giri caratteristico (8.14) che definisce la famiglia di macchine di massimo rendimento per date condizioni operative, si ricava: n c = 3.65 60u D d 2 v 1 z 2( h m ) 3 4 dove si è trascurato il rendimento della turbina. Per la 12.3:

132 n c = 3.65 60u D ( ) 1 4 d 2 z 2gh m ( ) 3 4 ( 2g) 3 4 570 u 2gh m d D z 570k p d D z (12.11) 22gh m Come più sopra osservato, il rapporto d/d definisce le dimensioni della pala ed è di norma fissato in modo da non avere pale eccessivamente grandi, con eccessivo appiattimento della vena fluida sulla superficie del cucchiaio e conseguenti maggiori perdite idrauliche che dipendono dalla superficie lambita, o pale troppo piccole per cui si avrà una deviazione del getto meno ottimale con perdite crescenti. Tale rapporto ottimale dipende dal salto motore e varia da 1/7 per i salti più bassi sino a 1/50 per i salti più elevati; per salti motori dell'ordine di 700 m il rapporto d/d vale all'incirca 1/10. Sostituendo tale valore nell'espressione (12.11) e ricordando che il valore di massimo rendimento del coefficiente k p è pari a /2, si ottiene: n c 27.5 z (12.12) che fornisce, in termini di numero di giri caratteristico, il campo di buon funzionamento della turbina Pelton al variare del numero di getti. Per quanto riguarda la scelta del numero di getti economicamente più conveniente e prescindendo da considerazioni legate alla regolazione della portata elaborata e della potenza erogata all'asse, possiamo osservare che, per la (12.12), all'aumentare del numero di getti aumenta il numero di giri caratteristico e quindi, per fissate condizioni operative di portata e salto motore, ad un numero di getti maggiore corrispondono maggiori velocità di rotazione con conseguenti minori dimensioni e costi della ruota della turbina e dell'alternatore ad essa direttamente accoppiato. D'altra parte, un maggior numero di getti comporta una maggior complessità della turbina e un maggior costo della stessa; in conclusione, il numero di getti più conveniente, per determinate condizioni operative della turbina, sarà scelto in base ad un criterio d'ottimizzazione economica che tenga conto dei diversi aspetti più sopra accennati e di eventuali necessità di regolazione della potenza erogata. Definito il numero di getti e quindi definiti il numero di giri caratteristico e il diametro medio della turbina, sarà necessario verificare che il rapporto d/d così ottenuto sia accettabile per un buon rendimento della pala. 12.6) Turbina Francis. La turbina Francis, schematicamente rappresentata in fig. 12.11, è una macchina a reazione a vena chiusa, vale a dire senza punti di contatto con l'atmosfera e con pressione variabile da punto a punto tra l'ingresso del distributore e l'uscita della girante. Fig. 12.11

Nella figura sono evidenziati il distributore a chiocciola (1) che distribuisce l'acqua su tutta la periferia, il distributore palettato (2) che indirizza il fluido alla girante con un'appropriata componente radiale e la girante (3) nei cui canali la corrente passa, nelle condizioni di massimo rendimento, da una direzione prevalentemente radiale all'ingresso ad una praticamente assiale allo scarico. Nella fig. 12.12 è mostrata la vista della girante di una turbina Francis in cui è visibile la curvatura delle pale. 133 Fig. 12.12 Le pale del distributore possono essere ruotate, mediante un sistema di leveraggi servo comandati, attorno ad un asse uscente dalla cassa della macchina, fig. 12.13 a) in modo da variare l'inclinazione delle pale stesse al variare della portata fluente, fig 12.13 b). Fig. 12.13 Analogamente a quanto già visto nel caso delle pompe, anche per le turbine Francis la geometria ottimale della girante dipenderà dalle condizioni operative della macchina e quindi dal numero di giri caratteristico: all'aumentare del numero di giri caratteristico si passerà da giranti con pale pressoché radiali e grado di reazione di circa 0.5 a giranti con pale quasi assiali e grado di reazione superiore a 0.8. Fig. 12.14

134 In fig. 12.14 sono schematicamente presentati alcuni tipi di giranti e il loro campo d'applicazione. Riprendendo le considerazioni già svolte nel capitolo 5, si riportano in fig. 12.15 due diffusori rettilinei di turbina Francis. Fig. 12.15 Nel caso a sinistra il diffusore è cilindrico, la velocità del fluido è costante e il diffusore ha solo la funzione di consentire che la turbina possa essere installata sopra il livello del pelo libero nel bacino di scarico; la pressione all'uscita della turbina è inferiore alla pressione atmosferica per effetto sia del dislivello sia delle perdite di carico. Nello schema di destra il diffusore è conico e, quindi, l'acqua al suo interno rallenta mentre la pressione aumenta; la depressione allo scarico della turbina non è solamente dovuta al dislivello rispetto al bacino di scarico e alle perdite, ma anche all'energia cinetica che in parte è recuperata sotto forma di pressione nel diffusore. Dalla relazione che lega l'altezza massima di scarico di una turbina al coefficiente di Thoma: ( ) z smax = p atm p v + p g h m + y s si può osservare che l'altezza di scarico corrispondente alle condizioni di cavitazione incipiente può, per determinati valori del prodotto h m, assumere valori nulli o negativi (turbine in contropressione); in tali casi, che si possono verificare con turbine con elevato numero di giri caratteristico, si dovrà utilizzare un diffusore con la forma rappresentata in fig. 12.16. Fig. 12.16

Come si può osservare dalla figura, il diffusore scende dapprima verso il basso ma poi risale verso l'alto raggiungendo il serbatoio d'invaso; in questo modo, il termine potenziale rappresenta un contributo trascurabile alla depressione che si determina allo scarico della girante o può essere reso negativo, evitando così l'insorgere della cavitazione allo scarico della turbina. 12.7) Rendimento e grado di reazione. Si è già osservato come, nelle condizioni d'esercizio di una turbina, il coefficiente di velocità periferica k p non vari e come questo parametro sia usato nella fase di progetto della macchina; ci limiteremo, perciò, nelle considerazioni seguenti alle condizioni di massimo rendimento, condizioni per cui è nulla la componente tangenziale della velocità v 2t allo scarico della turbina. Per tali condizioni sarà: h e = i max h m = 1 g u 1v 1 cos 1 da cui: gh v 1 = m i max (12.13) u 1 cos 1 Dalla seconda delle (12.2) si ottiene: =1 v 2 1 =1 v 2 1 1 2gh e 2gh m i da cui: v 1 = i ( 1 )2gh m e per la (12.13): 2gh m ( 1 ) = 2u 1 cos 1 i max da cui, tenendo presente la definizione del coefficiente di velocità periferica: 1 k p = i max (12.14) 2cos 1 ( 1 ) Dalla (12.14) si può osservare che il massimo rendimento è funzione di k p e dell'angolo di apertura del distributore 1 e che il coefficiente di velocità periferica cresce al crescere del grado di reazione, vale a dire che al crescere del grado di reazione la macchina deve essere sempre più veloce. Per far sì che all'aumentare di la macchina non sia sottoposta a sollecitazioni eccessive, all'aumentare del grado di reazione s'imporranno angoli d'ingresso in girante maggiori (15 1 40 ). Osserviamo ancora che al variare del grado di reazione cambierà la forma della pala: supposti, infatti, assegnati un angolo di scarico dal distributore 1 e una velocità v 1, all'aumentare di u 1 diminuirà l'angolo d'ingresso in girante 1, sicché la pala diventa meno arcuata e tende ad assumere la forma di un profilo idrodinamico. In particolare, a seconda che u 1 sia minore, uguale o maggiore di v 1t si avranno pale all'indietro, radiali o in avanti rispetto al senso del moto. Dalla (12.14) è immediato trovare il legame tra salto motore e grado di reazione: h m = 2u 2 2 ( 1 ) 1 cos 1 (12.15) g i max da cui si deduce che al diminuire del salto motore, e quindi al crescere del numero di giri caratteristico, deve aumentare il grado di reazione. 135

136 12.8) Regolazione. La regolazione della potenza erogata dalla turbina è effettuata mediante variazione della portata elaborata dalla macchina ottenuta modificando l'inclinazione delle pale del distributore e variando di conseguenza le sezioni di passaggio. Angolo di scarico e velocità d'uscita dal distributore sono imposti dalla geometria delle pale del distributore che sarà scelta in modo da avere piccole variazioni nell'angolo di incidenza alle pale del rotore e quindi un contenuto aumento delle perdite per incidenza. In fig. 12.17 sono mostrati i triangoli di velocità all'ingresso e all'uscita girante al variare dell'inclinazione delle pale del distributore. Fig. 12.17 Si può osservare dalla figura che al variare dell'angolo d'uscita dal distributore 1 si ha una riduzione della componente radiale della velocità d'ingresso nel rotore responsabile del trasporto di massa. All'uscita della girante la velocità relativa w 2 sarà diretta secondo un angolo 2 imposto dalla pala che resta quindi invariato al variare della portata; resta perciò invariata la sezione di passaggio allo scarico girante. Al diminuire della portata diminuirà quindi la componente assiale della velocità assoluta con conseguente aumento della componente tangenziale v 2t ; analogo aumento della componente tangenziale si avrà per un aumento della portata elaborata dalla turbina. In conclusione, variando l'inclinazione delle pale del distributore e lasciando inalterata la geometria del rotore, si altera l'intero comportamento idraulico della macchina con conseguente caduta del rendimento ai carichi parziali più sensibile di quello che si ha nel caso della Pelton o della Kaplan a pale orientabili. Fig. 12.18

In fig. 12.18 sono evidenziate le considerazioni sopra esposte. Nel caso in cui si rendano necessarie rapide riduzioni della portata e per evitare possibili colpi d'ariete causati da manovre troppo rapide, nella condotta di adduzione alla turbina è presente una tubazione di by-pass che scavalca la turbina stessa e permette la derivazione della portata affluente alla macchina. In questa tubazione è presente una valvola automatica (valvola di scarico sincrono) la cui apertura (parziale o totale) è simultanea alla chiusura del distributore. La valvola si apre lasciando libera una sezione di passaggio uguale a quella ridotta dalla manovra del distributore in modo che non si producano sensibili variazioni di portata e di pressione nella condotta forzata. Successivamente la valvola si chiuderà lentamente impedendo così la perdita della portata derivata. 12.9) Turbine a elica e turbine Kaplan. Sono macchine assiali a reazione con un limitato numero di pale (fino a 6) disposte assialmente sul mozzo che interagiscono con un flusso il cui moto elicoidale, senza componente radiale della velocità, è imposto dal distributore; sia il distributore che la girante possono essere a pale fisse (turbine a elica) o orientabili in modo da avere un buon rendimento anche ai carichi parziali. Il campo di utilizzo di queste macchine è quello dei modesti salti motori e delle grandi portate con conseguente elevato numero di giri caratteristico che supera di norma quello delle Francis. Come si può osservare dalla fig. 12.19, l'acqua arriva da un distributore a chiocciola (a) a un distributore palettato con pale orientabili (b) alla cui uscita il moto è centripeto con una forte componente tangenziale; l'acqua poi passa attraverso un canale toroidale non palettato (c) in cui viene annullata la componente radiale del flusso. L'acqua colpirà poi le pale della girante (d) dove la componente tangenziale della velocità è annullata e dalle quali il flusso è scaricato assialmente nel diffusore (e). A causa dei bassi salti disponibili e delle elevate velocità di scarico necessarie a contenere le dimensioni della macchina, il diffusore per questo tipo di macchine sarà a sezione crescente e del tipo a L come quello mostrato in fig. 12.16. 137 Fig. 12.19 Nella figura si può osservare, inoltre, lo svergolamento delle pale della girante praticato al fine di ridurre le perdite per incidenza.

138 Sulle pale s'instaurerà un moto a vortice libero caratterizzato dalla costanza del momento della quantità di moto ed esprimibile mediante la relazione v t R=cost; appare evidente dalla relazione scritta che quanto più ci si avvicina all'asse di rotazione tanto più si hanno elevate velocità con conseguenti basse pressioni e pericolo di cavitazione. Per risolvere il problema potrà essere necessario porre la macchina sotto battente. Quando la caduta utilizzabile è molto bassa, la turbina può essere disposta assialmente in modo da evitare andamenti troppo tortuosi dei condotti d'ammissione e di scarico; tali turbine vengono dette anche a bulbo. In fig. 12.20 è rappresentata una turbina a bulbo ad asse quasi orizzontale che opera sotto un caduta di 6 m. Fig. 12.20 In fig. 12.21 a) e b) sono mostrate rispettivamente la girante di una turbina ad elica a pale fisse e quella di una Kaplan con le pale orientabili in posizione di chiusura completa. 12.10) Curve caratteristiche e diagrammi collinari. Fig. 12.21 Date le dimensioni delle macchine e l'entità delle grandezze in gioco, le prove sperimentali sono di norma condotte su modelli in scala ridotta che possono essere modificati fino a ottenere la geometria di massimo rendimento. I risultati delle prove condotte sul modello potranno essere estesi a tutte le macchine appartenenti alla stessa famiglia del modello con le opportune correzioni che tengano conto dell'effetto scala.

Le curve caratteristiche delle turbine sono solitamente presentate con salto motore costante poiché nella pratica la caduta è una grandezza che, per lo meno per le alte e medie cadute, è poco variabile percentualmente. Per le basse cadute si potranno avere variazioni percentuali del salto disponibile significative ma, in ogni caso, più che la variazione della portata con il salto motore interesserà la variazione della portata con il numero di giri della macchina. I risultati delle prove sperimentali condotte sul modello sono solitamente rappresentati su diagrammi simili a quell1 presentati in fig. 12.22 e che prendono il nome di diagrammi collinari o diagrammi a conchiglia. 139 Fig. 12.22 Nel diagramma di fig. 12.22 a) sono riportate le curve di isorendimento di un modello di turbina Pelton al variare della portata e del numero di giri: come si può osservare, la condizione di massimo rendimento corrisponde a una velocità di rotazione di 425 giri/min e a una portata di 70 l/s. In fig. 12.22 b) sono riportate le curve di isorendimento di un turbina Kaplan al variare della portata e del parametro n 11 = nd h m per diverse aperture del distributore e diverse inclinazioni delle pale della girante. Ricordiamo che per macchine con lo stesso numero di giri caratteristico valgono le relazioni: n n' = 1 3 V 2 h m 4 V (12.16) n n' = h m h m h m 1 2 D D (12.17) V V = h m 2 D 2 (12.18) h m D che permettono di passare da una macchina ad un'altra della stessa famiglia facendo uso dei parametri h m e D. 1

140 12.11) Criteri di scelta delle turbine idrauliche. Come già osservato in precedenza, il criterio di scelta fondamentale delle turbomacchine è basato sulla teoria della similitudine che permette la definizione della geometria ottimale per particolari condizioni operative. Anche per le turbine idrauliche sono perciò reperibili in letteratura tecnica diagrammi di origine empirica analoghi ai diagrammi presentati in fig. 12.23 (diagramma di Baljé) e in fig. 12.24 che definiscono i campi di buon funzionamento dei diversi tipi di turbina. Fig. 12.23 Fig. 12.24

Dal diagramma di fig. 12.24 in cui sono sintetizzate le considerazioni più sopra esposte sui campi di applicazione delle turbine idrauliche, si può osservare fra l'altro che mentre le Francis e le Kaplan sono utilizzate in un ampio campo di portate, le turbine Pelton sono utilizzabili solo nel campo delle basse portate; ciò deriva dalla caratteristica ammissione parziale delle Pelton che non consente l'ammissione la distribuzione della portata su tutto l'arco dei 360. Nella figura sono inoltre evidenziate le zone di sovrapposizione, vale a dire i campi in cui è possibile il buon funzionamento di tipi diversi di turbine. In questi casi il criterio di scelta si baserà, oltre che su criteri di carattere economico o relativi alla natura del fluido elaborato (acque con maggiori o minori contenuti di sabbia), anche su considerazioni sul rendimento e sulle caratteristiche di regolazione. 141 Fig. 12.25 Dalla fig. 12.25 in cui è riportata per macchine diverse l'andamento del rendimento in funzione della portata percentuale, possiamo osservare che la Pelton, pur avendo un rendimento inferiore a quello delle altre turbine, ha una curva di rendimento più piatta delle altre con un conseguente campo di buon funzionamento più ampio. La turbina Pelton sarà quindi preferita come macchina adatta alla regolazione mentre la Francis sarà preferita per una produzione più costante. Considerazioni analoghe possono essere svolte per quanto riguarda la scelta fra le turbine Francis e le Kaplan. In fig. 12.24 è evidenziata una condizione operativa (punto (x)) per cui portata e salto motore sono al di fuori del campo di buon funzionamento di qualsiasi tipo di turbina. Come già visto nel caso delle pompe, è possibile rientrare nelle zone di buon funzionamento mediante una disposizione delle macchine in serie o in parallelo. Nel caso dell'esempio riportato, con una disposizione in parallelo si rientra nella zona di buon rendimento delle Pelton mentre con la disposizione in serie si rientra in quella delle Francis.