FLORIANA DI GESÙ L'elemento pittorico nel decorado teatrale del primo Novecento spagnolo Considerare i pittori come scenografi è stata una costante lungo la storia del teatro occidentale. A partire dal XIX secolo furono molti i pittori che si lasciarono sedurre dal tentativo di stabilire un gioco di corrispondenze e proporzioni tra lo spazio testuale e quello scenico, ossia dalla scenografia, la cui funzione, non è solo quella di fissare l'azione nello spazio e nel tempo, ma anche quella di contenere segni che si riferiscono alle circostanze più diverse 1. Nello specifico teatrale spagnolo, la scenografia negli ultimi vent'anni del XIX secolo e fino agli anni Trenta del nostro, si andò aprendo alle novità europee, promuovendo un processo di revisione critica delle correnti estetiche dell'ottocento, che si concretizzò in una fusione della scenografia tradizionale con le nuove tecniche estetico-plastiche dell'avanguardia, di cui la scena veniva ad essere il contenitore. Un elemento di continuità con la tradizione venne rappresentato dalle realizzazioni sceniche dei teatri commerciali, che per il loro tipo di destinatario, ossia una borghesia conservatrice che pagava e comandava, si limitavano ad ideare scenografie ali 'italiana, in cui l'uso della carta come materiale, invece di tele, non restituiva, per il suo potere fortemente assorbente, gli stessi effetti di luminosità e brillantezza del tessuto. È pure vero che i mezzi a disposizione dello scenografo sono diversi. La loro scelta dipende dalla tradizione teatrale dell'epoca, dalle correnti artistiche, dai gusti personali, nonché dalle condizioni materiali dello spettacolo. Pertanto lo scenografo che si trovava a realizzare le scene per i teatri spagnoli, dovendo prestare attenzione, nella scelta dei suoi mezzi, a tutte queste variabili, vedeva limitate le sue capacità creative, il più delle volte sviluppate nelle terre dei grandi ismi, e finiva, così, per adagiarsi nella costruzione di apparati scenici anonimi, impersonali. Tuttavia, scenografi dello spessore di un Amalio Fernández, nelle scenografie per YElectra di Galdós (rappresentata nel teatro Español il 30 1 Cfr. T. Kowzan, "El signo en el teatro-introducción a la semiología del arte del espectáculo", in El teatro y su crisis actual, Venezuela, Monte Avila, 1979, pp. 45-46.
164 Floriana di Gesù gennaio del 1901), o per opere del Real o per alcune scenografie wagneriane, e Luis Muriel López, in quelle per la Madama Butterfly, seppero restituire, pur rimanendo entro il canone pittorico del realismo-naturalismo, effetti di luce e giochi di colori, fino quasi a trascendere i limiti stessi del palcoscenico, avvolgendo lo spettatore in sala. Va sottolineato che furono i direttori dei teatri indipendenti coloro i quali contrattarono i pittori per le scenografie delle loro opere, in quanto li consideravano capaci di materializzare in scena, attraverso un gioco suggestivo di colori, linee e luci, i sentimenti e le sensazioni dell'io, con il fine di affascinare lo spettatore, e prepararlo, attraverso la contemplazione del decorado, alla fruizione del dramma. Bisognava vedere la pittura, come affermava Julio Romero de Torres 2, attraverso il ricordo, dal momento che quest'ultimo da alla linea ed al colore della composizione una serenità ed un prestigio che la realtà stessa non possiede. Una connotazione di evento propulsore di un nuovo concetto di allestimento scenico, assunse l'arrivo dei Balletti Russi in Spagna rispettivamente nelle primavere del 1916, 1917 e 1921. Il palcoscenico del Real, con Scherezade, l'opera scelta per il debutto, fu invaso da un'esplosione di luci, colori, musica e movimento, in linea con quel concetto wagneriano di teatro come Gesamtkunstwerk, come opera totale, come unione di codici spettacolari. Da questo momento in poi cominciò a vacillare l'assioma della supremazia del testo letterario su quello spettacolare, che, invece, è testimoniata da un vecchio libro sull'arte dell'attore, databile ai primi del Novecento, in cui si nega la supremazia del testo letterario: En cuanto un drama sólo es obra de Arte cuando toma vida en escena, quedando al cesar de esta vida, como fuente de agua interna que no brota, como una suma indicada, como un organismo sin movimiento, como un reloj parado 3. Per tutto il periodo in cui i balletti di Diaghilev attraversarono la penisola iberica, si susseguirono le collaborazioni di grandi artisti come Picasso, Juan Gris, Joan Mirò per diverse messe in scena. Il primo con il balletto Parade di Erik Satie nel 1917 realizzò delle scenografie e soprattutto dei figurines dal marcato carattere cubista avanguardista, linea che seguì anche nel 1920 per l'ideazione del balletto Pulcinella di Pergolesi- Stravinsky. Cfr. J. Romero Torres de, " Qué debe ser la pintura?", in Por esos mundos, 230, marzo 1914, pp. 393-394. J. Fola Igurbide, El Actor, Madrid, Mundo Latino, s.a., p. 197.
L'elemento pittorico nel decorado teatrale del primo Novecento spagnolo 163 José Bergantín prende Picasso come esempio della funzione iniziatica che il teatro riveste per i pittori, quando afferma: Los pintores deberían pasar siempre por esta prueba del teatro: de esa máscara transparente, que como un enorme cristal de aumento, los afirma, los anula. Así lo hizo Picasso: partiendo de sus figuraciones teatrales para llegar a su Guernica 4. La concezione dello spettacolo come unione di più convenzioni teatrali, quali quelle scenografiche, cinesiche e declamatorie, si apprezzò in alcune realizzazioni del Teatro de Arte di Gregorio Martínez Sierra che, grazie ai suoi ripetuti viaggi a Parigi, terra in cui fiorivano esperienze rinnovatrici come quella del Théátre d'art di P. Fort (1896) o il Théàtre de l'oeuvre di Lugné-Poe (1893), comprese ciò che significava l'intervento del pittore nella messa in scena. Il pittore come colui che suggeriva l'ambientazione, non in maniera fotografica, bensì artistica, simbolica. Martínez Sierra in merito all'importanza della pittura come espressione drammatica affermò che: Teatro y Pintura, formas de arte mucho más hermanas de lo que parece; artes las dos de representación, de visión; triunfo ambas del intricado y sutil artifìcio que hace de la inmovilidad, movimiento; de la línea, palabra; del gesto, elocuencia; de la proporción, emoción 5. Una simile impresa ebbe il suo spazio scenico nel teatro Eslava, situato nel Pasadizo de San Jinés n. 3-5. In esso Martínez Sierra riuscì nell'impresa in cui altri suoi contemporanei avevano fallito (si ricordino i tentativi di Benavente e Valle-Inclán con il Teatro Artistico, o il Teatro de Arte di Villaespesa), ovvero nella creazione di un vero e proprio teatro artistico equiparabile al Deutscher Theater di Reinhardt in Germania o al Teatro d'arte di Meyerhold e Stanislavski in Russia. Coloro i quali inventarono lo spazio scenico délveslava, e riconnotarono, pertanto, il rapporto iconologico della scena con il luogo reale, furono Burmann, Fontanals, Barradas ed in parte anche Mignoni. I primi tre scenografi-pittori possono essere considerati come i principali artefici del rinnovamento della scena del teatro di Martínez Sierra ed induttivamente di quello artistico generale del Paese. 4 Parole riprodotte in F. Andura Vaierà, "Pintores-escenógrafos para el teatro de Federico García Lorca", Villa de Madrid, 81,1984. 5 G. Martínez Sierra, "Pròlogo" a Margarita la Tanagra, in La Farsa, VI, 259, 27-08- 1932.
166 Floriana di Gesù Dei tre, colui il quale applicò nella pittura spagnola le tecniche avanguardiste in maniera, a volte, anche radicale fu Barradas. Il suo lavoro come scenografo neu'eslava fu più ridotto rispetto a quello degli altri due compagni, tuttavia, nonostante il breve periodo di permanenza, egli introdusse nelle pitture di scena il vibrazionismo, particolare combinazione estetica di tecniche futuriste, ultraiste e cubiste, che si concretizzava a livello pittorico, nel passaggio da un colore ad un altro, producendo un risultato cromatico simile a quello di un caleidoscopio. Proprio in virtù di questo suo uso peculiare, quasi carnevalesco, dei colori, fu più idoneo per il teatro di guiñol, teatro di tono infantile, come ricordano le scenografie di El viaje al portal de Belén (1922), il Viaje al país de los animales (1922), ma, soprattutto El maleficio de la mariposa (1920), l'opera guiñolesca di Lorca, le cui scenografie Barradas realizzò insieme a Mignoni. Anche Burmann e Fontanals allestirono lo spazio scenico dei testi lorquiani, che costituiscono iconicamente il testo drammatico per eccellenza, in quanto tendono ad annullarsi proprio perché diventano spettacolo attraverso il processo di transcodificazione che sancisce la loro formazione in altro da sé, il loro irreversibile annullamento in qualità di testo letterario 6. Burmann e Fontanals, attraverso le loro scenografie, seppero dar vita efficacemente a questo processo di transcodifica. Un esempio antecedente alle realizzazioni per Lorca, fu la loro collaborazione per le scenografie di El Pavo Real (1922) di Marquina, considerato uno dei successi maggiori del Teatro de Arte. Nella sua realizzazione si osserva una: Acumulación de formas fantásticas perfectamente encuadradas por un trazo oscuro que las compartimenta, como en la técnica de los esmaltes cloisone, predominio estático del color rojo, o la deleitación minuciosa del artista en el decorativismo extraordinario de esos dos elementos enfrentados, dibujados con línea precisa, mezcla de azules y dorados de cromatismo plano propio de las estampas japonesas que tanto interés y curiosidad despertaban entre los jóvenes artistas de entonces 7. In ciascuna delle opere montate da Lorca si nota un forte vincolo tra l'espressione grafica dei suoi disegni da presentare ai realizzatori e l'espressione teatrale, fino ad arrivare ad una progressiva indipendenza dal testo teatrale, diventando espressione scenografica significante. L'autore, come già si è accennato in precedenza, per il montaggio delle sue opere si 6 Cfr. M. De Marinis, Semiotica del teatro, Milano, Bompiani, 1982, p.43. A. M. Arias Cossio de, Dos siglos de escenografia en Madrid, Madrid, Mondadori, 1991, p. 258.
L'elemento pittorico nel decorado teatrale del primo Novecento spagnolo 167 seppe circondare sempre di grandi pittori-scenografi come Barradas, Burmann, Fontanals e Dalí. Negli allestimenti scenici che questi artisti fecero per lui, si passa da un tipo di realizzazione avanguardista con El Maleficio de la mariposa, ad una scenografia classica e tradizionale di Fontanals, scevra da ogni tipo di stereotipi avanguardisti, in La dama boba (che diresse lo stesso Lorca, dopo averla sottoposta ad un geniale lavoro di adattamento), infine ad un post-cubismo, dai netti contorni surrealisti nella scenografia di Dalí per Mariana Pineda (1927). Nella messa in scena di quest'opera, Lorca unisce egregiamente la tradizione romantica del dramma con l'avanguardia plastica della scenografia realizzata da Dalí, composta nella quasi totalità da una sola tonalità di colore, il bianco, cui si attribuisce un diverso simbolismo in funzione delle sue diverse occorrenze in scena. Anche la ricerca d'approfondimento delle tematiche popolari e sociali in scena trova la sua realizzazione pittorica. Ne sono un esempio le scenografie di Bodas de Sangre di Lorca e Fermín Galán di Alberti. Tutte e due hanno in comune, non solo la tematica popolare e socio-politica, ma anche lo scenografo, Burmann, la cui estetica si andò evolvendo, in quanto aggiunse ad un espressionismo di fondo, appreso alla scuola di Reinhardt, gli orientamenti dell'estetica moderna, ottenendo creazioni plastiche praticamente ancora sconosciute nella scena spagnola del momento. La prima di Bodas de Sangre nel 1933 ebbe come scenografi Ontañón e Fontanals, ovvero un pittore-scenografo completamente sedotto dalle tecniche avanguardiste e il tradizionale Fontanals. Nonostante il curioso connubio, le scenografie furono di grande successo per l'espressività della luce e del colore che sembravano riprodurre la struttura superficiale di quella più profonda costituita dal testo. Nel 1935 la scenografia fu realizzata dalla coppia Burmann Caballero che giocarono molto con la simbologia dei colori, sia nella realizzazione dei bozzetti che in quella delle scene. In particolare, il rosso del sangue ed il bianco delle nozze contribuirono alla vibrazione ritmica della forma, in linea con la poetica surrealista di Caballero, appresa da artisti come Yves Tanguy e Salvador Dalí. Il teatro di tematica sociale riabilita l'importanza drammatica del popolo sulla scena. Questa è la funzione del romance de ciego Fermín Galán (1931). Nonostante l'opera non ebbe successo, proprio per la tematica rivoluzionaria che portava in scena, la sua scenografia brillò per l'esaltazione dei colori, veri e propri codici estetici con valore espressivo. Il telone di fondo e le quinte si uniscono per riprodurre un paesaggio dai contorni sfumati, ma dalle linee interne decise, per rendere il valore mitico ed al contempo, vivo, significante del luogo.
168 Floriana di Gesù Nel tentativo di spiegare la perfetta corrispondenza tra l'elemento plastico e sensuale del colore e ed il testo che esiste in quest'opera, come pure in quelle di Lorca, nate in un'epoca di rinnovamento e fermento artistico, si potrebbe applicare l'affascinante teoria delle gravitazioni estetiche nell'atmosfera proposta da Guillermo de Torre, il quale considera, l'esistenza di: Moléculas ideológicas en suspensión irradiante, una serie de influencias estéticas intuíbles...y que han de ser irremisiblemente aspirados y absorbidos por los organismos correspondientes: por todos aquellos espíritus afínes, temperialmente modernos, que sienten rasgarse en su interior luminosos y pungentes anhelos rebasadores. 8 II teatro e le scenografie di questi intelletti eletti, ed in particolar modo di Federico García Lorca e Rafael Alberti, per Ana María Arias de Cossio 9 significano l'elevazione a categoria estetica dell'elemento popolare in quel processo di superamento di un costrumbrismo su cui il realismo fondava i suoi testi. Pertanto, sebbene gli ismi della pittura in scena non trovassero nella penisola iberica spinte generatóri, proprio perché furono importati dai vicini centri culturali europei, assunsero, sulla scena un carattere peculiare coniugando il più delle volte la tecnica e la tradizione spagnola, regalando al pubblico liriche combinazioni di luce e colore. In virtù di quanto asserito nella mia comunicazione, si può affermare, quindi che il teatro d'arte di Martínez Sierra, le scenografie delle opere di Lorca ed Alberti costituiscono le coordinate di quella parabola ascendente e discendente che fu la pittura di scena dei primi trent'anni del Novecento spagnolo, pittura che finì per inabissarsi all'indomani della fine della guerra civile. G. De Torre, "Dos pintores de Vanguardia Ruth Velázquez y Santiago Vera", in Ultra. 9 A. M. Arias Cossio de, Dos siglos, cit., p. 298.