OBBLIGO DI REFERTO: CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI



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Università degli Studi Roma "La Sapienza" Istituto di Medicina Legale (Direttore: Prof. Paolo Arbarello) *Medico frequentatore Istituto di Medicina Legale Università degli Studi di Roma "La Sapienza". MORTATI Lorenza* OBBLIGO DI REFERTO: CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI Riassunto L'Autore analizza gli aspetti medico-legali inerenti la comunicazione del reato all'autorità Giudiziaria, facendo anche una comparazione tra referto e denuncia. Parole chiave: Referto, denuncia. Abstract The Author analyses the medical-legal problems connected with the crime's report to Judicial Authorities, comparing report with denunciation, too. Key words: Report, denunciation. Il referto, definito come l'atto mediante il quale ogni esercente una professione

sanitaria rende noti all'autorità giudiziaria competente i casi, in cui ha prestato la propria assistenza od opera, che presentino le caratteristiche di delitti perseguibili d'ufficio, rientra tra le attività doverose cui il medico è sottoposto, tanto che, come disciplinato dall'art. 365 c.p.1, l'inadempimento di tale obbligo è penalmente sanzionabile. Oggetto del referto sono quei "casi che possano presentare i caratteri di delitto perseguibile d'ufficio, e ciò anche quando l'autore sia persona non imputabile. Sono esclusi pertanto i casi nei quali si procede solo a querela della persona offesa" 2. Al riguardo, ci sembra opportuno mettere in evidenza la differenza che specifica il referto dalla denuncia, tenendo presente che, mentre il referto ha il fine proprio di prevenire e contrastare la criminalità3, la denuncia si propone un fine eminentemente preventivo e clinico-statistico. Differenti oltre che le finalità, sono anche i contenuti, in quanto la denuncia reca informazioni circa gli elementi del fatto, con indicazioni riguardanti la fonte della notizia e la data di acquisizione della stessa e i dati riguardanti la persona autrice del fatto e la persona offesa, ma non reca giammai dati di natura biologica, a differenza del referto che è estremamente dettagliato in questo senso, fornendo un giudizio diagnostico ed uno prognostico delle lesioni, nonché un'analisi approfondita sulla natura, sulla causa e sulle conseguenze delle stesse4, come disposto al comma 2 dell'art. 334 c.p.p.5. L'obbligo di denuncia interessa, come sancito dall'art. 331 c.p.p.6, tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che, durante l'espletamento del proprio servizio, abbiano notizia di un reato perseguibile d'ufficio, pertanto interessa "i medici, e gli esercenti le professioni sanitarie in genere, che rivestano anche temporaneamente le qualifiche di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio"7. Ai fini dell'obbligo giuridico, è importante notare che, ai sensi degli artt. 361 e 362 c.p.8, mentre per poter stilare una denuncia è necessario che il pubblico ufficiale abbia avuto notizia, durante il proprio servizio, di un reato, ossia di un delitto o di una contravvenzione, effettivamente realizzatosi, ai fini del referto, invece, è sufficiente che l'esercente una professione sanitaria, talvolta, quindi, pubblico ufficiale, abbia prestato la propria assistenza od opera in casi che possano presentare le caratteristiche di delitti perseguibili d'ufficio9.

Quindi, mentre nel primo caso la normativa prevede che il medico, pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, possa denunciare solo il reato perseguibile d'ufficio che a lui risulti effettivamente già consumato, nel secondo caso prevede, invece che il medico, in relazione ad un caso in cui abbia prestato la propria assistenza od opera, riferisca su di un "delitto in astratto, che potrebbe non appartenere al mondo della realtà"10. Ciò, in altre parole, vuole significare che una delle condizioni richieste dalla legge per la sussistenza dell'obbligo del referto consiste nella semplice possibilità che il fatto costituisca delitto perseguibile d'ufficio. Tale possibilità, inoltre, deve essere vagliata soggettivamente da parte del sanitario implicato il quale, sulla base delle proprie conoscenze e della propria personale discrezionalità, deve essere in grado di decidere sulla necessità o meno del referto, necessità che comprende anche i casi di dubbia fattura, in quanto, per definizione, il possibile non può mai dirsi certo a tutti gli effetti. Come abbiamo già ampiamente detto, oggetto del referto sono i delitti che presentano le caratteristiche della perseguibilità d'ufficio, mentre oggetto della denuncia sono i delitti e le contravvenzioni pure perseguibili d'ufficio, ma va notata la mancanza dell'esimente, per quanto attiene alla denuncia, dell'esporre la persona a procedimento penale, come viene invece specificato per il referto (art. 365 c.p.). Tale altra, non certo trascurabile, discriminazione nasce dall'assunto che, a differenza della denuncia, l'attore del referto è esercente professione sanitaria, il che impone l'obbligo di rispetto dei doveri deontologici di tutela e salvaguardia dell'assistito, prima ancora di quello dell'espletamento dei doveri giuridici, secondo gli stessi canoni che sono alla base del segreto professionale. è bene precisare, però, che, perché possa sussistere tale esimente, è necessario che "tra referto e sottoposizione della persona a procedimento penale sussista un rapporto di causa ad effetto, nel senso che solo a seguito del referto del sanitario il procedimento verrebbe aperto"11. Ciò significa che tale esonero non è applicabile nel caso in cui la prestazione professionale fosse diretta nei riguardi di "persona latitante o ricercata per altre vicende giudiziarie o che debba scontare una condanna a pena definitiva... in tal caso il referto non sarebbe infatti causa dell'esposizione della persona offesa a procedimento penale (già avviato o addirittura definito), ma solo, semmai, occasione per il suo rintraccio"12. L'obbligo del referto non riguarda esclusivamente i medici, andando ad interessare qualsiasi esercente una professione sanitaria, ossia veterinari, farmacisti, ma anche

infermieri, ostetrici, vigilatrici d'infanzia etc. Poiché, a tale riguardo, l'art. 365 c.p. evita di entrare nello specifico, i destinatari di tale disposto possono essere individuati più precisamente tramite "la lettura dell'art. 99, p.p., T.U.LL.SS.: 'è soggetto a vigilanza l'esercizio della medicina e chirurgia, della veterinaria, della farmacia e delle professioni sanitarie ausiliarie di levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata'", nonché tramite "il D.P.R. 20 settembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del Personale delle Unità Sanitarie Locali)" che "nell'art. 1, 1 cpv., dispone che 'appartengono al ruolo sanitario i dipendenti iscritti ai rispettivi ordini professionali, ove esistano, che esplicano in modo diretto attività inerenti alla tutela della salute'; nell'art. 2, p.p., prevede che 'nel ruolo sanitario sono iscritti in distinte tabelle, per i rispettivi profili, i medici, i farmacisti, i veterinari, i biologi, i chimici, i fisici, gli psicologi...'"13. Perché l'obbligo sussista, però, non è sufficiente la condizione di esercente una professione sanitaria, in quanto è necessario si tratti di delitto perseguibile d'ufficio, delitto che si sia rilevato durante la prestazione della propria assistenza od opera, il che significa che tale prestazione possa essere stata indifferentemente espletata nei confronti di vivente, sotto forma di una qualsiasi attività di diagnosi o di cura, od anche nei confronti di cadavere, quindi anche senza finalità terapeutiche. Nel caso in cui siano intervenuti più sanitari, come, ad esempio, una équipe in un caso di urgenza medico-chirurgica, ogni singolo componente è obbligato alla stesura del referto che può essere, però, redatto singolarmente da ognuno oppure stilato in un unico atto sottoscritto da tutti, come stabilito dall'art. 334 c.p.p. comma 314. Abbiamo detto che, perché sussista l'obbligo di referto, è necessario che si tratti di delitto perseguibile d'ufficio e che, circa tale perseguibilità, è richiesta, ancor prima della certezza, la semplice possibilità. Si tratta cioè, come emerge chiaramente, di esprimere, con un giudizio tecnico, una diagnosi ed una prognosi specifiche, premesse indispensabili per poter appurare il rapporto di causalità. Proprio perché si tratta di danno alla persona, il referto va inteso, a tutti gli effetti, come prestazione medico-legale che deve, però, poter essere espletata da un qualsiasi medico, quando il caso lo richieda. Tuttavia sussistono reali difficoltà, di fronte ad un caso, specie se nell'urgenza, nel decidere se sia sufficiente un certificato o se sia necessario un referto, difficoltà insite proprio nell'aspetto medico-legale del parere prognostico, in quanto non è sempre agevole capire in prima istanza quale sia l'obiettività più

importante e, quindi, da descrivere accuratamente nel referto. Per quanto riguarda l'omissione di referto, come disciplinata dall'art. 365 c.p., è considerata reato in quanto ostacolo allo svolgimento dell'attività giudiziaria. Infatti, ricordiamo che, perché tale attività si esplichi è necessario che il delitto commesso sia noto alla competente autorità ed è proprio in questo senso che l'omissione del referto può essere considerata un reato di pericolo, in quanto, cioè, crea il pericolo della non perseguibilità di un autore di reato. Per questo motivo, è punibile non solo chi ometta di redigere il referto, ma anche chi non lo faccia pervenire in tempo all'autorità giudiziaria (art. 334 c.p.p.)15 e chi lo rediga in maniera incompleta o scorretta. "I delitti di più frequente riscontro nell'esercizio della professione sanitaria, per i quali sussiste l'obbligo di referto, sono i delitti contro la vita e l'incolumità personale (tutti gli omicidi nelle loro varie specie, l'istigazione o l'aiuto al suicidio, la morte come conseguenza di un altro delitto, le lesioni personali gravissime, gravi e che producono una malattia di durata superiore ai venti giorni, le lesioni colpose gravi o gravissime quando siano conseguenza di violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale)16. In altre parole, "le lesioni perseguibili sono quelle dolose (tranne quelle giudicate guaribili entro 20 giorni, sempre che non ricorrano circostanze aggravanti) e quelle che comportano pericolo di vita o la previsione di menomazioni permanenti o di funzione"17. La compilazione del referto costituisce il secondo momento attraverso il quale si esplica l'opera del sanitario intervenuto in caso di delitto perseguibile d'ufficio. Come è intuitivo, infatti, il primo momento è quello medico, ossia quello in cui il sanitario stesso utilizza le proprie nozioni e la propria abilità a vantaggio dell'assistito, mentre il secondo momento è quello giuridico, in cui, a conclusione della propria prestazione professionale, si attiene al dettato di legge. Ricordiamo che il sanitario non può anteporre il momento giuridico a quello medico, né, tantomeno, sacrificare i dati biologici a causa di quelli giuridici, nel rispetto dell'obbligo del referto18. Il sanitario che anteponesse l'osservanza della legge alla tutela della salute del proprio assistito, potrebbe incorrere in sanzioni civili nonché penali, laddove privilegiare il momento giuridico rispetto a quello medico configurasse gli estremi di

un eventuale delitto colposo. Né, tantomeno, i dati biologici, di primaria importanza inerentemente al referto, possono essere, come abbiamo già detto, sacrificati rispetto a quelli giuridici, in quanto, mentre la raccolta di questi ultimi, può ritenersi meramente occasionale, la raccolta dei primi deve essere eseguita con estrema meticolosità, in quanto proprio l'accurata descrizione delle lesioni può fornire adeguate informazioni circa il nesso causale e l'evoluzione delle stesse e permettere, così, di porre in relazione, ove si tratti realmente di delitto, le suddette lesioni con la condotta del reo. Bibliografia 1) Barni M., Santosuosso A.: Medicina e Diritto. Giuffrè, Milano, 1995. 2) Cazzaniga A., Cattabeni C.M., Luvoni Raineri: Compendio di Medicina Legale e delle Assicurazioni. UTET, Torino, 1995. 3) De Pietro O., Ausiello F., Della Ratta V.: Anche il biologo e lo psicologo sono tenuti all'obbligo del referto. Medicina Legale Quaderni Camerti. XVII: 285, 1995. 4) De Pietro O.: Il sanitario e il referto. Rilievi giuridici e medico legali. Ambrosiana, Milano, 1996. 5) Gerin C., Antoniotti F., Merli S.: Medicina Legale e delle Assicurazioni. Universo, Roma, 1994. 6) Iadecola G.: Il medico ed il processo penale: doveri e prerogative. Rivista Italiana di Medicina Legale. XVI: 345, 1994. 7) Merli S., Lunardi L.: Norme e criteri di interpretazione del rapporto di causalità nel diritto penale. Zacchia. LXIX: 219, 1996. 8) Nardi R., Cipolla d'abruzzo C.: La responsabilità del medico in Medicina d'urgenza e Pronto Soccorso. Centro Scientifico, Torino, 1996. 9) Palmieri L.: Dai "segreti" alla riservatezza e poi al segreto. Medicina Legale Quaderni Camerti. XV, 5, 1993.

10) Rossi P.: Denuncia o referto: obblighi del medico operante in "struttura pubblica" ed in particolare nell'inail. Rivista Italiana di Medicina Legale. XIX: 917, 1997. 11) Vidoni G.: Denuncia o referto? Promemoria al legislatore. Rivista Italiana di Medicina Legale. XIII: 489, 1991. 12) Vinci E.: Il referto nell'attività sportiva. Considerazioni medico-legali. Difesa Sociale. LXXIV: 171, 1995. 13) Zampa C.M., Benucci G., Bacci M.: VRQ, obbligo di denuncia ed obbligo di referto: un contrasto insanabile de jure condito; una soluzione necessaria de jure condendo. Rivista Italiana di Medicina Legale. XX: 677, 1998. http://www.eurom.it/medicina/e/e14_2_37.html