Le novità sulla exit tax 1. Premessa Il decreto liberalizzazioni è intervenuto sull art. 166 del T.U.I.R., introducendo i commi 2 quater e 2 quinquies. Tale norma disciplina la cd. exit tax, ossia l imposta sulle plusvalenze latenti relative ai beni di un impresa che sta uscendo dalla sfera d azione del potere impositivo nazionale, per effetto del trasferimento all estero della propria residenza. Il presupposto principale perché tale disposizione possa trovare applicazione consiste nell abbandono definitivo della residenza italiana, da parte di un soggetto che esercita attività commerciale, al fine di spostarsi in un altro Stato. In particolare, per effetto della novella, introdotta a seguito della procedura di infrazione europea n. 4141 del 2010 avviata nei confronti dell Italia, e della pronuncia della Corte di giustizia nella causa C-371/10, relativa alla legislazione olandese, i contribuenti che si spostano oltre confine potranno esercitare la scelta del momento in cui versare l imposta sulle plusvalenze latenti: contestualmente al trasferimento ovvero al momento del realizzo. Il cambio di residenza comporta una perdita di gettito per lo Stato d origine in relazione agli utili futuri e ai plusvalori latenti maturati, ma non ancora realizzati, e, pertanto, sono molti gli ordinamenti giuridici che prevedono, in linea con l art. 166 del T.U.I.R., specifiche disposizioni in merito al trasferimento delle persone fisiche e delle società da un Paese a un altro. La rottura del nesso di collegamento con il territorio di provenienza, infatti, fa venire meno il potere dello Stato di residenza di tassare i redditi dei residenti ovunque prodotti nel mondo, ossia il cd. worldwide taxation principle. Il legislatore nazionale ha previsto che l art. 166 del T.U.I.R. non operi laddove il trasferimento della residenza all estero non sia definitivo e effettivo. Quanto all effettività del trasferimento, in presenza di un espatrio soltanto formale (esterovestizione), trova applicazione l art. 73, commi 5-bis e 5-ter, del T.U.I.R., secondo il quale, al ricorrere di determinate condizioni, viene riqualificata come soggetto passivo IRES la società apparentemente trasferita oltre confine, con conseguente inapplicabilità della exit tax. L art. 166 del T.U.I.R., inoltre, non si applica nel caso in cui l impresa sposti all estero la propria sede legale, ma mantenga in Italia una stabile organizzazione mediante la quale svolge l attività. Manca, in tale circostanza, una rottura completa del rapporto tra il contribuente e il Paese d origine: il radicamento della
2 stabile organizzazione nel territorio consente allo Stato ospite di continuare a esercitare la potestà impositiva sull impresa, anche se limitatamente ai redditi ivi prodotti. L art. 166 del T.U.I.R., invece, torna ad applicarsi se, successivamente, i componenti confluiti nella stabile organizzazione italiana vengono distolti per essere conferiti alla casa madre estera. La determinazione e la riscossione dell exit tax, però, come disciplinate originariamente dal legislatore, erano dovute al momento del cambio di residenza. Tale previsione si poneva in conflitto con il diritto alla libertà di stabilimento riconosciuto dall art. 49 del T.F.U.E. e con il principio di proporzionalità, giacché il versamento immediato di un imposta su un plusvalore potenziale non ancora realizzato rende decisamente onerosa la scelta dell imprenditore fiscalmente residente in Italia di trasferire all estero la propria attività, venendosi così a determinare una disparità di trattamento nei confronti di coloro che cambiano residenza pur rimanendo all interno del territorio nazionale, i quali non vengono assoggettati ad alcuna imposta. 2. La norma italiana alla luce del diritto comunitario e l intervento legislativo La sentenza della Corte di giustizia UE, 29 novembre 2011, causa C-371/10, (riferita alla normativa olandese, che presenta molti punti di contatto rispetto al previgente art. 166 del T.U.I.R.), ha affermato che la exit tax, nonostante preveda un maggior carico fiscale in capo agli imprenditori che si trasferiscono definitivamente all estero, di per sé, non limita la libertà di stabilimento, a condizione che il contribuente abbia la possibilità di decidere se tassare le plusvalenze latenti al momento dell abbandono della residenza nazionale ovvero al momento del loro effettivo realizzo. In particolare, la restrizione della libertà di stabilimento, espressa dalla exit tax, è giustificata dallo scopo di garantire un equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, nel rispetto del principio di territorialità legato a una componente temporale. E invero, lo spostamento della sede amministrativa da uno Stato membro a un altro non significa che il Paese di provenienza debba rinunciare al diritto di assoggettare a imposta una plusvalenza che si è generata nell ambito della sua competenza fiscale. Lo Stato d origine, pertanto, mediante la exit tax, esercita legittimamente il proprio potere impositivo su quelle plusvalenze realizzate all interno del proprio territorio, limitatamente al periodo in cui la società vi era residente.
3 Di conseguenza, l ammontare dell imposta dovuta si calcola, nel rispetto del principio di proporzionalità, nel momento in cui il potere impositivo dello Stato membro di provenienza cessa di esistere, ossia quando si verifica l effettivo trasferimento di residenza del soggetto passivo IRES. Le autorità, infatti, per determinare la base imponibile, non sono tenute a prendere in considerazione le eventuali plusvalenze e minusvalenze che si realizzano dopo il trasferimento. In altri termini, la base su cui calcolare l imposta è data dalla differenza (positiva) tra il valore normale dei componenti aziendali alla data del trasferimento e il loro costo fiscalmente riconosciuto ed è immodificabile. Con riferimento al momento della riscossione dell imposta, invece, se questa fosse immediata, risulterebbe sproporzionata, poiché i contribuenti sarebbero costretti a un esborso contestuale al trasferimento della residenza all estero, senza però che vi sia stato un previo incasso. La Corte di Giustizia ha correttamente ritenuto che rappresenti una misura meno coercitiva la sospensione della riscossione dell imposta fino al momento dell effettivo realizzo delle plusvalenze : tale soluzione non lede né la libertà di stabilimento, né la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri. A seguito di tale pronuncia, il legislatore è intervenuto sulla previsione di cui all art. 166 del T.U.I.R. con il D.L. n. 1/2012, introducendo i commi 2-quater e 2- quinquies, che prevedono la possibilità, per le imprese che trasferiscono la residenza in Stati appartenenti all Unione europea ovvero in Stati aderenti all Accordo sullo Spazio economico europeo inclusi nella cd. white list, di poter richiedere la sospensione della riscossione dell imposta fino all effettivo realizzo delle plusvalenze latenti. Rimane fermo, invece, per il trasferimento in Paesi diversi, l obbligo di pagamento della exit tax all atto dello spostamento, non configurandosi per tali ipotesi potenziali violazioni del principio comunitario di libertà di stabilimento delle imprese. Per quanto riguarda, infine, la determinazione definitiva della base imponibile, questa rimane legata al momento in cui la società trasferisce all estero la residenza. 3. La novità e possibili problemi pratici La modifica dell art. 166 del T.U.I.R., che prevede la sospensione della riscossione dell imposta, rafforza altresì il proposito antielusivo della disciplina della exit tax. E invero, solo i contribuenti che tra-sferiscono la propria residenza in uno Stato membro possono scegliere di differire il pagamento al momento dell effettivo realizzo delle plusvalenze latenti, mentre coloro che spostano la sede
4 amministrativa in un Paese a fiscalità privilegiata (cd. black list) devono corrispondere l imposta immediatamente. Mancando, infatti, con tali Stati convenzioni che prevedono lo scambio di informazioni, l Amministrazione italiana non potrebbe cooperare con le autorità straniere per individuare il momento dell effettivo realizzo e, di conseguenza, il pagamento potrebbe rimanere sospeso anche dopo l uscita del bene dal sistema produttivo dell impresa. Il pagamento differito, pur essendo in linea con il diritto alla libertà di stabilimento e con il principio di proporzionalità, potrebbe dar luogo ad alcuni problemi pratici. La sospensione della riscossione dell importo dovuto, infatti, implica necessariamente che i diversi elementi dell attivo, per i quali sia stata constatata una plusvalenza al momento del trasferimento della sede della società, possano essere oggetto di una sorveglianza costante nello Stato membro di destinazione, sino al momento del loro realizzo. Tale controllo, afferma la Corte di Giustizia, potrebbe avvenire sulla base dell art. 4, n. 1, della direttiva 2008/55/CE del 26 maggio 2008, che prevede un assistenza reciproca tra gli Stati membri in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte e altre misure. La coopera-zione tra le autorità amministrative permetterebbe, dunque, al Paese d origine di ottenere informazioni relative al realizzo (o al mancato realizzo) delle plusvalenze latenti sui beni della società trasferita, individuando così il momento esatto per procedere alla riscossione dell imposta dovuta, già determinata in precedenza. Questa soluzione, tuttavia, potrebbe incontrare due limiti. Innanzitutto, il soggetto esercente attività d impresa potrebbe continuare a spostare la propria sede effettiva all interno dell Unione europea, rimanendo sempre in sospensione d imposta. In questo modo, sarebbero coinvolti più Stati membri che dovrebbero costantemente monitorare i beni che compongono l azienda trasferita e, una volta dismessi, comunicare il momento del realizzo delle relative plusvalenze latenti al Paese d origine, il quale, a sua volta, sarà tenuto a informare il Paese precedente (e così via). Il complesso scambio di informazioni e l eccessivo numero di Amministrazioni coinvolte potrebbero causare un salto d imposta, giacché le autorità del provvisorio Stato membro di destinazione potrebbero non essere a conoscenza di quali beni l impresa fosse in possesso all epoca del trasferimento.
5 Inoltre, il passare del tempo aumenta anche il rischio di mancata riscossione dell imposta. Non solo. In base al principio di territorialità, legato alla componente temporale, le plusvalenze e le minusvalenze realizzate dopo il trasferimento della residenza all estero non rientrano nella determinazione della base imponibile della exit tax. Qualora, pertanto, dopo il cambio di residenza si generasse una minusvalenza, lo Stato membro di destinazione non soltanto dovrà riconoscere alla società trasferita una variazione in diminuzione, che ridurrà il gettito erariale, ma dovrà altresì sopportare l onere di sorvegliare i beni dell azienda e comunicare al Paese di provenienza l avvenuto realizzo delle plusvalenze. Per evitare tali inconvenienti, potrebbe essere più agevole stabilire che l impresa trasferita continui a presentare nello Stato d origine una semplice dichiarazione annuale, con la quale indica di essere sempre in possesso degli attivi spostati oltre confine. Di contro, la comunicazione dell effettiva cessione dei beni o la sua mancata presentazione potrebbero essere condizioni sufficienti perché le autorità del Paese di provenienza possano procedere alla riscossione differita dell imposta dovuta sulle plusvalenze latenti. In questo modo, la normativa nazionale sarebbe in linea con il principio di proporzionalità, consentendo alla società che trasferisce la propria residenza in un altro Stato membro la scelta tra, da un lato, il pagamento immediato dell imposta (che crea uno svantaggio fiscale, ma dispensa dagli oneri amministrativi) e, dall altro, la sospensione della riscossione fino al momento dell effettivo realizzo, che fiscalmente agevola il contribuente, ma lo costringe ad assoggettarsi a un costante controllo delle autorità statali. Sara Armella Lorenzo Ugolini Maggio 2012