L OSCILLOSCOPIO: FUNZIONAMENTO E COMANDI

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L OSCILLOSCOPIO: FUNZIONAMENTO E COMANDI 1 - Forze elettriche Tra due punti dello spazio tra i quali esiste una d.d.p. è presente un campo elettrico E orientato come in fig. 1. Una carica elettrica libera posta in tale regione dello spazio subisce una forza elettrica di intensità F = qe, dove q è la quantità di carica. La forza, e quindi l accelerazione che di conseguenza subirà la particella carica, avrà il verso del campo se tale carica è positiva, verso opposto se, come nel caso di un elettrone, è negativa. E + F + - F - + V - Fig. 1 - Forze elettriche. 2 - L oscilloscopio: generalità Spesso occorre conoscere l andamento di un segnale in un intervallo di tempo, ossia il grafico del segnale stesso in detto intervallo. L oscilloscopio provvede a visualizzare su uno schermo quadrettato l andamento nel tempo di un segnale di tensione, consentendo, grazie all indicazione su pannello dei valori da assegnare alle divisioni orizzontali e verticali che compongono la griglia dello schermo, misure quantitative di tensione e di durata. L elemento fondamentale dell oscilloscopio, che rende possibile la visualizzazione della forma d onda del segnale di ingresso, è il tubo a raggi catodici. 3 - Struttura del tubo a raggi catodici I componenti del tubo a raggi catodici sono (fig. 2): a) cannone elettronico: genera un fascio di elettroni; b) sistema di focalizzazione e accelerazione del fascio; c) placche di deflessione orizzontale e verticale per comandare il movimento del fascio e generare l immagine sullo schermo; d) fasce intensificatrici per accelerare ulteriormente il fascio; e) schermo: superficie ricoperta di sostanze emittenti luce se colpite dal fascio di elettroni. I sistemi elencati sono contenuti in una ampolla di vetro nella quale viene operato il vuoto spinto. Fig. 2 - Schema del tubo a raggi catodici. F: filamento riscaldatore. K: catodo. G1: griglia controllo intensità del fascio. G2, A1, A2: griglie di accelerazione e focalizzazione. Y1, Y2: placche della deflessione verticale. X1, X2: placche della deflessione orizzontale. I1, I2, I3: fasce intensificatrici. +AT: tensione di postaccelerazione (8000 V). -AT: tensione di preaccelerazione (-1500 V). R t : IN- TENSITY. R f : FOCUS. S: schermo. 1

3.1 - Cannone elettronico, elementi di focalizzazione e accelerazione L emissione di elettroni viene effettuata da un elemento avente potenziale negativo rispetto agli elementi posti all estremo opposto del tubo. Tale elemento, detto catodo (donde il nome di raggi catodici), viene riscaldato da un filamento. Gli elettroni presenti nel catodo, in seguito a tale riscaldamento, acquistano l energia cinetica necessaria a vincere i legami atomici e fuoriescono disordinatamente dal catodo. Gli elettroni attraversano successivamente una griglia costituita da un cilindro recante al centro un piccolo foro, concentrandosi in un fascio ristretto. Tale griglia è posta a potenziale negativo rispetto al catodo, ovvero respinge gli elettroni. Il potenziale della griglia può essere variato agendo esternamente sul comando INTENSITY, in maniera tale da modificare il numero di elettroni che riescono a superare la griglia (quelli cioè aventi maggiore energia) e regolando di conseguenza l intensità del fascio. A questo punto il fascio attraversa una serie di griglie aventi una azione acceleratrice (si trovano infatti ad un potenziale positivo di 1500 V rispetto al catodo) e di focalizzazione. La focalizzazione può essere regolata attraverso il comando esterno FOCUS. La forte accelerazione subita dagli elettroni fa sì che essi abbiano velocità praticamente i- dentiche, permettendo una uniforme deflessione del fascio nelle fasi successive. 3.2 - Placche di deflessione Le placche di deflessione sono costituite da due coppie di superfici metalliche, la prima adibita alla deflessione verticale, la seconda a quella orizzontale. L azione delle placche è evidenziata in fig. 3: applicando una d.d.p. tra le due superfici gli elettroni subiranno l effetto di una forza elettrica avente verso dal - al + con conseguente deviazione del fascio dal percorso rettilineo. E dimostrabile che la deviazione D dal centro dello schermo è direttamente proporzionale alla tensione applicata sulle placche V d. Applicando opportune tensioni variabili sulle due coppie di placche si otterrà un movimento della traccia risultante dalla composizione delle deviazioni verticali e orizzontali. Fig. 3 - Deflessione del fascio di elettroni. 3.3 - Fasce intensificatrici e schermo Gli elettroni, dopo avere attraversato le placche di deflessione, debbono acquisire energia sufficiente per eccitare la luminescenza dello schermo. A tale scopo vengono ulteriormente accelerati da una serie di strati metallici, detti fasce intensificatrici, aventi un elevato potenziale positivo (8000 V) rispetto al sistema di griglie precedente. Sullo schermo è posta una sostanza i cui elettroni, acquistando energia dall urto con gli elettroni del fascio, saltano da un orbita atomica ad un altra, avente livello energetico più elevato, ritornando quindi alla posizione iniziale. Tale fenomeno è accompagnato da emissione di radiazione luminosa sia in corrispondenza dello spostamento al livello più elevato (fluorescenza), sia in corrispondenza al ritorno nell orbita normale (fosforescenza). Il fenomeno di emissione deve avere una certa durata, al fine di consentire la visibilità della traccia. 2

4 - Visualizzazione della forma d onda Come osservato in precedenza, la traccia sullo schermo è determinata dall applicazione sulle placche di deflessione di opportune tensioni, tra cui in particolare la tensione della quale si vuole conoscere l andamento. Tali tensioni non sono applicate direttamente alle placche, ma vengono opportunamente manipolate mediante attenuatori e amplificatori, in modo che abbiano un ampiezza tale da far assumere all immagine sullo schermo le giuste dimensioni. In assenza di tensioni sulle placche il punto luminoso (spot) si mantiene al centro dello schermo. In seguito assumeremo come tensione positiva alle placche di deflessione orizzontale, quella che sposta il punto verso destra, e alle placche di deflessione verticale, quella che lo sposta verso l alto (vedi fig. 4 in cui sono applicate alle placche tensioni positive). Fig. 4 - Spostamento dello spot luminoso per effetto di tensioni continue sulle placche di deflessione. Supponiamo ora di applicare sulle placche di deflessione verticale una tensione sinusoidale. Lo spot oscillerà in senso verticale (se tale movimento avviene ad alta frequenza l effetto sarà un segmento verticale sullo schermo). L effetto sarà analogo ad un elettrocardiogramma ottenuto senza far scorrere la carta. Se desideriamo visualizzare l andamento nel tempo del segnale è necessario produrre uno scorrimento orizzontale a velocità costante dello spot (analogamente allo scorrimento costante della carta nell esempio precedente). Tale movimento si ottiene applicando alle placche di deflessione orizzontale una tensione che cresca linearmente da un valore minimo negativo (spot all estremo sinistro dello schermo) ad un valore massimo positivo (spot all estremo destro). La traccia generata dalla composizione delle deflessioni sui due assi rappresenterà il grafico della grandezza in esame (fig. 5). Fig. 5 - Composizione degli spostamenti dovuti al segnale (deflessione verticale) e alla rampa lineare (deflessione orizzontale). Naturalmente per ottenere una visualizzazione stabile dell immagine sarà necessario che tale processo si ripeta continuamente in modo che la traccia ricalchi costantemente se stessa. La tensione sulle placche di deflessione orizzontale dovrà riportare repentinamente lo spot all estremo sinistro (ritornando bruscamente al valore minimo negativo) per poi ripetere il ciclo; il suo andamento sarà quello detto a dente di sega (fig. 6). Tale tensione viene generata internamente all oscilloscopio. E ovvio che il discorso precedente mantiene inalterata la sua validità qualora il segnale, in ogni caso periodico, anziché essere sinusoidale abbia una forma d onda qualsiasi. 3

Per poter visualizzare almeno un periodo completo del segnale è necessario che il periodo del dente di sega sia uguale o superiore a quello del segnale stesso. Ne segue che il periodo del dente di sega deve essere variabile in modo da adattarsi a quello del segnale in esame. Tale adattamento viene effettuato tramite un selettore presente sul pannello dell oscilloscopio che provvede anche ad informare l operatore sulla scala orizzontale da utilizzare per le misure (il tempo da assegnare a ciascuna divisione orizzontale sullo schermo). v t Fig. 6 - Tensione a dente di sega. Analogo discorso va fatto sull ampiezza del segnale che va regolata in modo che l immagine non risulti né troppo piccola né al di fuori dei limiti dello schermo. Il relativo selettore fornisce all operatore la scala verticale (il valore di tensione da assegnare a ciascuna divisione verticale). Analizzando più a fondo il fenomeno sopra descritto, si deve notare che è necessario che la traccia luminosa ricalchi continuamente se stessa in modo tale da consentire le misure. A tal fine è necessario che la partenza di ogni rampa del dente di sega avvenga sempre in corrispondenza di un determinato punto del periodo della tensione in esame; pertanto la forma d onda effettiva della tensione applicata alle placche di deflessione orizzontale deve essere quella indicata in fig. 7. Il compito di eseguire la sincronizzazione dei segnali è affidato ai circuiti di trigger. (a) (b) Fig. 7 - (a) Correlazione fra il segnale di ingresso e il segnale applicato alle placche della deflessione orizzontale (segnale base dei tempi); (b) immagine ottenuta sullo schermo. 5 - Trigger Lo schema a blocchi semplificato della sezione trigger dell oscilloscopio è rappresentato in fig. 8. v i Generatore impulsi di comando Generatore di rampa Alle placche della deflessione orizzontale Selezione pendenza e livello di partenza Circuito di hold-off Fig. 8 - Schema a blocchi semplificato della sezione trigger. 4

Una volta selezionati pendenza (positiva o negativa) e livello del segnale tramite comandi esterni, un blocco di controllo provvede a generare impulsi che determinano l attivazione del generatore di rampa. Il circuito di hold-off ha la funzione di isolare il generatore di rampa dal blocco di controllo fino a quando la rampa non sia portata a termine. Il comando di hold-off, ove presente sul pannello, ha la funzione di variare l intervallo di tempo tra una rampa e l altra (tempo di ripristino) al fine di stabilizzare l immagine di segnali particolari. Le forme d onda relative al processo di triggeraggio sono rappresentate in fig. 9. Fig. 9 - Segnali relativi alla sezione trigger. (a) segnale di ingresso: fa partire la rampa quando passa nel punto A; (b) impulsi di comando; (c) rampa lineare; (d) immagine ottenuta. Va evidenziata la presenza di una posizione fissa (FIX) del regolatore del livello di riferimento, in corrispondenza della quale la rampa viene attivata automaticamente al passaggio del segnale da visualizzare attraverso lo zero (o un valore vicino allo zero), esentando l operatore dalla regolazione manuale che va adeguata continuamente ai vari segnali che vengono visualizzati. In assenza di segnale la sezione trigger produce un dente di sega a frequenza fissa che determina sullo schermo una traccia orizzontale, necessaria a fissare la posizione dello 0. Questo avviene in corrispondenza della posizione AUTO di uno dei selettori della sezione trigger. Se si porta lo stesso selettore in posizione NORM in assenza di segnale non si ha traccia sullo schermo (generatore di rampa in attesa). 6 - Deviatore d ingresso In ingresso del canale verticale dell oscilloscopio (dove viene applicato il segnale in esame) è presente un deviatore a tre posizioni (fig. 10): 1) AC (Alternate Current): è presente un condensatore in serie che elimina dal segnale ogni componente continua eventualmente presente. 2) DC (Direct Current): il segnale è introdotto direttamente e conserva l eventuale componente continua. Attenzione: DC (almeno in questo caso) non sta a significare corrente continua: è facile verificare che vengono visualizzati segnali alternati! 3) GND (Ground): l ingresso viene cortocircuitato a massa. In tal modo è possibile posizionare la traccia, che rappresenta il livello di tensione zero, rispetto al reticolo di suddivisione dello schermo. 5

GND Alle placche della deflessione verticale Fig. 10 - Selettore di ingresso dell oscilloscopio. 7 - Calibrazione A volte è necessario scalibrare l oscilloscopio, ovvero effettuare misure in condizioni tali che non sia più valida l indicazione della scala presente sul pannello. A tal fine sono presenti dei comandi sul pannello (VARIABLE) che consentono la regolazione continua a piacimento delle dimensioni della forma d onda (sia per il canale verticale che per quello orizzontale). In condizioni normali tali comandi devono essere sempre posti in posizione CAL; in caso contrario (per distrazione dell operatore) la scala effettiva non corrisponderà con quella indicata e ritenuta valida e l intera serie delle misure effettuate sarà non corretta. 8 - Oscilloscopio a doppia traccia a chopper Negli oscilloscopi a doppia traccia compaiono sullo schermo due immagini. Nel caso degli oscilloscopi a chopper le due immagini sono ottenute mediante un unico fascio di elettroni, pilotando il sistema di placche di deflessione per mezzo di uno dei due sistemi detti CHOPPED e ALTERNATE. 8.1 - Funzionamento in modalità CHOPPED Si ottiene una doppia immagine grazie ad un interruttore elettronico che invia alle placche, alternativamente, un elemento di immagine relativo al canale 1 ed uno relativo al canale 2. Il risultato è mostrato in fig. 11. L elevata frequenza con la quale avviene lo spostamento dello spot luminoso dal canale 1 al 2 fa si che i tratti di segnale siano così ravvicinati che ciascuno dei canali da luogo ad una traccia continua all occhio dell osservatore. Alle alte frequenze dei segnali l effetto può divenire visibile e pertanto è preferibile le modalità ALTERNATE. Fig. 11 - Visualizzazione di entrambi i canali in CHOPPED. 8.2 - Funzionamento in modalità ALTERNATE L interruttore elettronico invia alternativamente i due segnali alle placche, in modo tale che ciascuna traccia sia completata sullo schermo: lo spot descriverà tutta la traccia 1, tutta la 2, poi di nuovo tutta la 1 e così via. Alle basse frequenze dei segnali tale funzionamento produce lo sfarfallio dell immagine per cui è preferibile la modalità CHOP- PED. Se l oscilloscopio lavora in modalità ALTERNATE e il segnale di triggeraggio è lo stesso che viene visualizzato sullo schermo entrambe le tracce partiranno dallo stesso valore e si annulleranno sullo schermo le differenze di fase realmente esistenti. 6

9 - Comandi dell oscilloscopio (3) Regolazione dell intensità luminosa (vedi par. 3.1). (4) Messa a fuoco (vedi par. 3.1). (5) Regolazione per ottenere una traccia perfettamente orizzontale in assenza di segnale. (6) Illuminazione dello schermo. (7) (12) Ingresso segnali. (8) (13) Deviatori di ingresso (vedi par. 6). (9) (14) Indicatori della scala verticale: indicano il valore di ciascuna divisione (grande) sull asse verticale. Tali valori possono essere variati in modo da allargare o stringere l immagine sull asse verticale. (10) Sposta l immagine del canale 1 in senso verticale sullo schermo. (15) Sposta l immagine del canale 2 in senso verticale sullo schermo. Tirato verso l esterno inverte l immagine. (11) (16) Devono essere in posizione CAL affinché sia valida l indicazione fornita da (9) e (14). Se ruotati cambiano l immagine e le scale non sono più valide. (17) Selettore del modo di funzionamento. CH1: visualizza il canale 1; CH2: visualizza il canale 2 oppure seleziona il funzionamento X-Y insieme al (21); CHOP: entrambi i canali in CHOPPED (vedi Par.8.1); ALT: entrambi i canali in ALTERNATE (vedi Par.8.2); ADD: visualizza il segnale somma dei canali 1 e 2. (18) Indicatore della scala orizzontale: indica il valore di ciascuna divisione (grande) sull asse orizzontale. Tale valore può essere variato in modo da allargare o stringere l immagine sull asse orizzontale. (19) Sposta l immagine sullo schermo in senso orizzontale. Tirato verso l esterno amplifica di 10 volte l immagine in senso orizzontale (per ottenere la scala bisogna dividere i valori indicati dal (18) per 10). (20) Deve essere in posizione CAL affinché sia valida l indicazione fornita dal (18). Se ruotato cambia l immagine e la scala orizzontale non è più valida. (21) Selettore funzionamento trigger AUTO o NORM (vedi par. 5) e funzionamento X-Y insieme al (17). (22) Seleziona la sorgente che comanda la sezione trigger. INT: il trigger è comandato dai segnali di ingresso selezionati dal (23); LINE: il trigger è comandato dalla tensione di rete a 50 Hz; EXT: il trigger è comandato dal segnale prelevato in (26). (26) Ingresso segnale di trigger esterno. (23) Seleziona ulteriormente (con il (22) posto su INT) il segnale che comanda il trigger. CH1: canale 1; CH2: canale 2; NORM: il segnale che comanda il trigger è quello visualizzato. In posizione NORM non può essere usato con il (17) in ALT per misure di sfasamento (vedi par. 8.2). (24) Deviatore di ingresso del segnale di trigger: si usa solo in casi particolari. Per uso normale portare in AC. (25) Su FIX stabilisce automaticamente il punto di partenza del segnale, che viene selezionato manualmente ruotandolo. Tirandolo verso l esterno si seleziona pendenza di partenza negativa, altrimenti positiva (vedi par. 5). 10 - Uso dell oscilloscopio: operazioni iniziali (ingresso su CH1) - 11 16 20 Portare su CAL - 10 Ricercare traccia - 8 Selezionare GND - 3 4 6 Regolare - 17 Selezionare CH1-8 Portare su AC o DC - 23 Portare su NORM - In caso di mancanza di traccia: - 21 Portare in AUTO -3 regolare al massimo - 22 Selezionare INT - 9 18 Selezionare la scala idonea alla - 24 Portare in AC visualizzazione del segnale - 25 Portare su FIX (con scatto) - Generatore di funzioni: escludere sweep, regolazione duty-cicle e regolazione DC offset 7

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