1. Le paralisi cerebrali infantili. 1.1 Che cosa sono le paralisi cerebrali infantili.

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Paralisi Cerebrali Infantili. Corso di laurea in Neuropsichiatria Infantile, a.a. 2017/18 Dr. Maddalena Duca, Neuropsichiatra Infantile

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1. Le paralisi cerebrali infantili 1.1 Che cosa sono le paralisi cerebrali infantili. Le paralisi cerebrali infantili costituiscono un capitolo molto importante della neuropsichiatria infantile. E difficile dare una definizione e fare una descrizione che va ad attribuire unità a questo gruppo eterogeneo di sindromi, anche se dal punto di vista clinico può essere considerato come un raggruppamento di quadri sintomatologici diversi, accomunati da un evidente disturbo motorio di origine encefalica. La P.C.I. si evidenzia da un alterazione persistente ma non immodificabile del movimento e della postura che si manifesta nei primi tre anni di vita, dovuta ad un alterazione non progressiva del Sistema Nervoso Centrale, avvenuta durante la sua maturazione. Ad essa si associano altri disturbi più o meno intensi di tipo sensoriale, convulsivo, linguistico ed emotivo. Quindi, la lesione non evolve ma è permanente, non è possibile né guarirla né rimuoverla, sono tuttavia modificabili le possibili risposte 5

neuromotorie che il bambino metterà in atto in conseguenza alle richieste ambientali: si potrà modificare il grado di disabilità ossia gli effetti che conseguono alle diverse e complesse funzioni tonico-posturo-motorie richieste dall ambiente al bambino. Il disturbo più evidente di questa sindrome cerebrale infantile è il disturbo della motilità -ossia una coordinazione anomala dell azione dei muscoli (Bobath K. 1980) che gli causa una maggiore o minore difficoltà nel mantenere posture e nel compiere movimenti. Questo, associato ad altri deficit, causa alterazioni di tutto il vissuto tonico-posturo-motorio del bambino, con una conseguente alterazione anche del suo schema corporeo. La caratteristica essenziale è che la lesione agisce su un cervello ancora immaturo e quindi, inevitabilmente, interferisce con lo sviluppo e la graduale maturazione del Sistema Nervoso Centrale. Inoltre, a seconda della zona in cui si è instaurata la lesione e della gravità del danno, si possono sviluppare quadri differenti di PCI, ciascuno richiedente una valutazione ed un trattamento specifico. Il trattamento precoce di questi disordini è necessario per rendere meno infausta e grave la prognosi. Diventa essenziale, quindi, una diagnosi precoce che necessariamente includa un attento esame delle funzioni neuro motorie che, come già detto, non interessano solo gli arti superiori 6

ed inferiori ma anche il tronco e il capo con annesse la motricità fonoarticolatoria, masticatoria, deglutitoria, ecc.. In passato si era pensato che, data l irreparabilità della struttura anatomica del tessuto nervoso, l unica possibilità di poter ottenere dei miglioramenti funzionali nel quadro della PCI - sia pure parziali - fosse di intervenire chirurgicamente. Attualmente, però, con lo sviluppo delle neuroscienze, è noto che il sistema nervoso possiede delle capacità plastiche sia a livello sinaptico che cellulare per cui, è vero che il tessuto nervoso non si autorigenera, tuttavia mette in atto degli adattamenti sostitutivofunzionali, cioè dei meccanismi di recupero (vicarianza/ridondanza dei circuiti nervosi/ri-generazione assonica/sprounting collaterale), molto attivi ed efficaci specialmente in età evolutiva precoce, che è possibile favorire ed influenzare positivamente (Gorio A., 1985). Per tale motivo è fondamentale intervenire precocemente con un adeguata rieducazione neuromotoria e, quanto più sarà tempestivo l intervento, tanto più numerose saranno le possibilità di recuperare ed arginare il danno. Anche se il termine p.c.i. è entrato nella pratica ed è accettato dalla maggioranza degli studiosi, bisogna porre una scrupolosa attenzione sul significato di questi tre termini. La parola "paralisi", definisce solo la perdita parziale o totale dell attività motoria. Questo termine, non comprende nel suo significato la presenza 7

di atti parassitari che vanno a disturbare quelli volontari, né quella di un deficit qualitativo della motricità, consistente nell incoordinazione tonicoposturale. Dato che il termine paralisi è un po riduttivo, quello più appropriato sarebbe, discinesia intendendo un movimento anormale o involontario dei muscoli del corpo dovuto ad una alterazione del Sistema Nervoso Centrale. Definire "cerebrale" il disturbo motorio è limitativo in quanto il cervelletto od il tronco encefalico possono essere una sede del danno. Sarebbe più corretto utilizzare il termine encefalico. Infine anche l utilizzo di infantile è pressoché imprecisato, poiché esiste una seconda infanzia che si protrae molto più dei tre anni di vita, precoce pertanto sembrerebbe la parola più adatta. Secondo tale analisi la formula più precisa per riferirci a tale sindrome è discinesia encefalica precoce non evolutiva. 8

1.2 Cenni storici sui primi studi clinici Il termine paralisi cerebrale ebbe origine nel 1861 per merito di Little, un chirurgo ortopedico inglese, che per primo descrisse la diplegia spastica, della quale si era occupato da un punto di vista ortopedico e per la quale aveva ipotizzato un eziopatogenesi connessa con disturbi della gravidanza e del parto. La sindrome, da tale epoca, fu indicata come Morbo di Little. Dopo alcuni anni Osler in un importante lavoro, descrisse le caratteristiche cliniche di 150 bambini affetti da disturbi motori di origine cerebrale, avanzando ipotesi neuropatologiche. Nel 1897, S. Freud, nel suo classico lavoro sulla paralisi cerebrale infantile, mise in evidenza la frequente associazione del disordine motorio ad altri disturbi come il ritardo mentale, l epilessia, le alterazioni visive e del linguaggio. I successivi contributi degli studi sulle PCI portarono ad un ampliamento delle conoscenze sugli aspetti clinici e sulle modalità del trattamento. Nel 1957, per raggiungere un accordo sui criteri di classificazione, fu indetta la conferenza dell Accademia Americana per la Paralisi Cerebrale (AACP) durante la quale fu elaborata una definizione universalmente accettata, che considera la PCI come un disturbo permanente ma non 9

immodificabile della postura e del movimento, dovuto ad un difetto o ad una lesione cerebrale non progressiva, determinatasi prima che l encefalo abbia compiuto i principali processi di maturazione morfofunzionale; il disturbo motorio è prevalente, ma non esclusivo e può essere variabile per tipo e gravità. Negli ultimi anni l interesse per le PCI è stato alimentato da una serie di problemi ad esse connesse, sviluppando proposte di nuovi metodi di trattamento riabilitativo, che, partendo dal riconoscimento delle strette interconnessioni tra funzioni motorie e funzioni psichiche, hanno spostato l attenzione dagli esercizi diretti al recupero dei singoli muscoli ad un approccio più globale sul controllo della postura e del movimento ed hanno orientato le metodologie di trattamento non più al recupero della massima efficienza strumentale, ma alla maggiore realizzazione possibile di tutto il potenziale del soggetto. 10

1.3 Fattori etiologici delle P.C.I. I fattori determinanti le p.c.i. sono molteplici e a volte è difficile stabilire le cause per ogni singolo caso. Ciò si verifica perché spesso tale patologia è determinata da varie lesioni per cui è molto difficile stabilire una correlazione fra la causa e la lesione organica. I fattori etiologici si possono distinguere in: - fattori agenti prima della nascita prenatali ; - fattori agenti durante la nascita perinatali ; - fattori agenti dopo la nascita postnatali. FATTORI PRENATALI I fattori prenatali (10-40%) sono rappresentati da tutte quelle noxae che interferiscono sullo sviluppo dell embrione e del feto dal momento del concepimento fino al sesto mese della gestazione e che spesso danno luogo a difetti agenesici o/e malformativi. Tali fattori possono essere direttamente causa di danno cerebrale o determinare nel feto una maggiore vulnerabilità nei confronti di altri eventi, che isolatamente non avrebbero determinato conseguenze significative. 11

Al primo posto si colloca l anossia cerebrale, che è indotta da alterazioni placentari (distacco intempestivo, impianto anomalo, infarto della placenta), oppure da compressione del cordone ombelicale in fase intrauterina o da vari disturbi materni, come l ipotensione e l anemia. L anossia del feto provoca quadri di grave ipotensione arteriosa con conseguente danno cerebrale, perché si viene a determinare una grossa diminuzione di apporto sanguigno nel sangue placentare e di conseguenza fetale. Le infezioni virali o batteriche contratte dalla madre durante la gravidanza (per es: da citomegalovirus, da toxoplasmosi, da rosolia, -in particolare nei primi tre mesi di gravidanza- l herpes simplex, l HIV ecc.) che hanno una fondamentale responsabilità sulla determinazione della p.c.i. In generale tutte le infezioni virali della madre possono causare delle lesioni encefaliche. Anche i disturbi dismetabolici materni (ipotiroidismo e diabete) sono da considerarsi come un ulteriore causa di p.c.i. Specifiche malattie ereditarie, come la paraplegia spastica, i tremori congeniti e l atetosi familiare, che sono determinate da alterazioni di natura genetica dello sviluppo del sistema nervoso. 12

L esposizione ai raggi x della donna incinta, soprattutto nel primo trimestre di gravidanza, causa cospicue alterazioni cerebrali del feto. Proprio per questo sono sconsigliati gli esami radiologici alle donne in gravidanza. Tra i fattori chimici ambientali sono considerate tutte le sostanze nocive, che vengono assunte durante la gestazione: l alcool, il fumo, le droghe, farmaci ad azione teratogena, tra i quali vanno segnati alcuni antiepilettici. Vi è poi il cosiddetto ittero nucleare, anch esso causa di p.c.i., in quanto si viene ad instaurare un processo tossico a carico del sistema nervoso. Generalmente gli itteri neonatali sono dovuti alla incompatibilità sanguigna materno-fetale,( Fattore Rh.). Inoltre le deficienze vitaminiche o proteiche hanno una grossa influenza sulla morbosità del feto e sull immaturità. Sono state ampiamente accertate le conseguenze delle carenze nutritive, che agiscono nelle prime settimane di vita, determinando microencefalopatie. Tutte queste cause prenatali danno origine ad alterazioni nervose del feto di tipo malformativo. 13

FATTORI PERINATALI I principali fattori perinatali(34-50%), compresi nel periodo che va dal settimo mese di gestazione al momento immediatamente successivo alla nascita, sono rappresentati principalmente dalla prematurità, dall asfissia e dai traumi. La nascita pretermine, a causa della condizione di immaturità del neonato, costituisce un evento di gran rischio per lo sviluppo di patologie neuromotorie. Il rischio è tanto più grande quanto più basso è il peso del neonato. -tuttavia non è la causa diretta di lesioni cerebrali ma fattore predisponente-. Fra il gruppo di fattori connatali, l asfissia del neonato è la causa più considerevole di p.c.i. ed é spesso associata a lesioni vascolari, che determinano emorragie e necrosi dell'encefalo. Infatti, non esiste bambino prematuro che abbia un efficace meccanismo di regolazione del flusso sanguigno cerebrale. Anche se l'encefalo del bambino appena nato può resistere per un maggior tempo alla mancanza di ossigeno che irrora i tessuti(ipossiemia) rispetto agli adulti, un'anossia di lunga durata che interessa una vasta zona cerebrale, provoca danni irreversibili che possono interessare anche l'area che comanda il movimento. 14