Boero Michele, Borghesi Nicolò, Dominici Chiara, Donna Margherita, Figini Nicolò, GalliccchioGiuseppe, LucàMiriana, MammolitiFabio, Mazzoni Federico, Oliveri Ilaria, Salsi Ilaria, Saporito Ilaria, Savio Debora, Tambussa Elisa. Prof. Mario Vergari
QUOTAZIONE PETROLIO PAESI PRODUTTORI DI PETROLIO PAESI CONSUMATORI DI PETROLIO PAESI ESPORTATORI PAESI IMPORTATORI OPEC
I due mercati principali per lo scambio di petrolio sono il NYMEX di New York e l'intercontinental Exchange di Atlanta. Attualmente entrambi sono di proprietà statunitense. In precedenza il Brent era quotato all'international Petroleum Exchange di Londra (IPE). Su questi due mercati sono quotati rispettivamente contratti (l'unità di scambio è costituita da lotti indivisibili di 1000 barili) per petrolio di qualità WTI (West Texas Intermediate) e Brent Blend per consegna immediata (spot) o future rispettivamente a Cushing (Oklahoma, USA) e Sullom Voe (Gran Bretagna). In entrambi, il prezzo del petrolio e la quotazione avvengono in dollari. I contratti di scambio di questi due petroli in realtà agiscono solo come benchmark (oil marker) per la totalità delle altre transazioni. In realtà, le transazioni di petrolio WTI e Brent Blend costituiscono solo una piccola parte del totale degli scambi, ma i prezzi di questi scambi sono utilizzati come prezzo di riferimento per gli altri. Il Brent Blend è costituito da un paniere di 15 petroli estratti nel Mar del Nord. In passato si utilizzava il petrolio estratto da un solo campo petrolifero (Blend appunto). Verso la fine degli anni 90, il numero di transazioni riguardante questo petrolio era diventato insufficiente per garantire che gli scambi di petrolio Brent fossero rappresentativi del prezzo di scambio e dunque si è deciso di utilizzare un numero più ampio di transazioni e dunque di includere gli scambi riguardanti altri grezzi petroliferi. Il WTI è utilizzato principalmente per quotare petroli prodotti in Nord e Sud America; il Brent Blend è utilizzato per quelli prodotti in Europa (inclusa la Russia), Africa e Medio Oriente. Più del 60% delle transazioni sono fatte utilizzando come benchmark il Brent Blend. Altri benchmark esistono (come il Dubai, Tapis e Isthmus) ma sono largamente meno utilizzati che il WTI ed il Brent Blend. Nella pratica commerciale, ogni petrolio è quotato rispetto al benchmark di riferimento più una differenza (detta premium), che può essere negativa o positiva. La differenza esistente tra il petrolio in questione ed il benchmark di riferimento è funzione essenzialmente della qualità. Petroli più leggeri o con un contenuto in zolfo minore del loro benchmark di riferimento saranno scambiati con un premium positivo; l'inverso se sono più pesanti o hanno un contenuto in zolfo più elevato. Il Brent ha toccato il suo minimo storico il 10 dicembre 1998 quando fu quotato a 9,55 $ al barile[8][9]. Il massimo storico è dell'11 luglio 2008 quando le quotazioni registrarono i 147,25 $ al barile[10]. Da allora il corso ha raggiunto un minimo di circa 40 $ nel 2009 per ritornare nel 2011 solidamente al di sopra dei 90 $.
Studi sulle riserve di petrolio Generalmente i volumi che potranno essere estratti da giacimenti non ancora sfruttati sono denominati riserve. La determinazione delle riserve è condizionata dalle incertezze tecniche ed economiche. Le incertezze tecniche derivano dal fatto che i volumi di idrocarburo contenuti nel giacimento sono stimati quasi esclusivamente attraverso dati ottenuti con metodi indiretti (tra i più diffusi la prospezione sismica e le misure di proprietà fisiche delle rocce nei pozzi). Le informazioni dirette sono necessariamente poche, se confrontate con l'eterogeneità delle rocce serbatoio, in quanto provengono dalla perforazione dei pozzi, che è molto costosa. Le incertezze di tipo economico includono la difficoltà di poter prevedere l'andamento futuro dei costi di estrazione e dei prezzi di vendita dell idrocarburo (mediamente la vita produttiva di un giacimento è di 10-20 anni). Anche la disponibilità commerciale di nuove tecnologie di estrazione è difficilmente prevedibile con totale certezza. Il livello di incertezza sulle riserve è quindi massimo quando vengono stimati potenziali nuovi giacimenti, diminuisce nel momento della loro scoperta tramite perforazioni di pozzi, e durante il periodo produttivo e diviene nullo quando le riserve producibili del giacimento sono azzerate in quanto tutti gli idrocarburi estraibili sono effettivamente stati prodotti. Il grado di aleatorietà delle riserve è espresso attraverso la loro classificazione secondo categorie definite. Esistono diversi schemi di classificazione, quella della Society of Petroleum Engineers (SPE) è internazionalmente diffuso e distingue tra Risorse (idrocarburi non ancora scoperti o non commerciali) e Riserve (idrocarburi scoperti e commerciali). Le Riserve infine sono classificate come certe, probabili e possibili secondo un grado di incertezza crescente. Questo stesso schema è stato inserito all interno del sistema di classificazione delle risorse naturali, esclusa l acqua, pubblicato dalle Nazioni Unite nel 2004 sotto il nome di United Nations Framework Classification (UNFC). L'impossibilità di calcolare esattamente la quantità di riserve e di risorse, dà spazio a diverse previsioni più o meno ottimistiche. Nel 1972 uno studio autorevole, commissionato al MIT dal Club di Roma (il famoso Rapporto sui limiti dello sviluppo), affermò che nel 2000 sarebbero state esaurite circa il 25% delle riserve mondiali di oro nero. Il rapporto, però, fu frainteso, e i più pensarono che predicesse la fine del petrolio entro il 2000. La situazione oggi appare più grave di quanto il MIT avesse predetto. Dai dati pubblicati annualmente dalla BP si rileva che la quantità di petrolio utilizzata dal 1965 al 2004 è di 116 miliardi di tonnellate, le riserve ancora disponibili nel 2004 sono valutate in 162 miliardi di tonnellate. Con questi valori si può facilmente calcolare che, escludendo i nuovi giacimenti che saranno scoperti nei prossimi anni, è già stato consumato il 42% delle riserve inizialmente disponibili, in altre parole si avvicina il momento del raggiungimento del "picco" dell'estrazione. Secondo la BP, il petrolio disponibile è sufficiente per circa 40 anni a partire dal 2000, supponendo di continuarne l'estrazione al ritmo attuale, quindi senza tenere conto della continua crescita della domanda mondiale, che si colloca intorno al 2% annuo. Ma al momento dell'estrazione dell'ultima goccia di petrolio, l'umanità dovrà già da tempo aver smesso di contare su questa risorsa, in quanto man mano che i pozzi si vanno esaurendo la velocità con cui si può continuare ad estrarre decresce, costringendo a ridurre i consumi o utilizzare altre fonti energetiche. Diversi altri studi hanno in tutto o in parte confermato queste conclusioni; in particolare sono da menzionare quelli del geologo americano Marion King Hubbert (vedi anche picco di Hubbert) e in seguito, a partire da questi, quelli di Colin Campbell e Jean Laherrère. Secondo questi studi la quantità di petrolio estratto da una nazione segue una curva a campana e la massima estrazione di greggio per unità di tempo la si ha quando si è prelevato metà di tutto il petrolio estraibile. Questo è quanto si è verificato negli USA (i 48 stati continentali - lower 48 - esclusa l'alaska) in cui l'estrazione di petrolio ha avuto un massimo nel 1971 (circa 9 milioni di barili al giorno) e poi è declinata come in una curva a campana secondo quanto previsto da Hubbert. Altri studi di diversa matrice (in gran parte di economisti) sostengono che la tecnologia continuerà a rendere disponibili per l'industria idrocarburi a basso costo e che sulla Terra ci sono vaste riserve di petrolio "non convenzionale" quali le sabbie bituminose, gli scisti bituminosi consentiranno nel futuro l'uso del petrolio per un periodo di tempo ancora molto lungo. L'Agenzia internazionale dell'energia nel 2008 ha stimato che la produzione di petrolio sia destinata a calare del 9,1% annuo, o almeno il 6,4% se aumentassero gli investimenti; le stime corrette dell'agenzia abbassano tale dato al 5% [4 considerano più probabile il 6,7%. [5]
Il barile equivalente di petrolioo barile di petrolio equivalente(bep), in inglese barrelofoil equivalent(boe), è un'unità di misura dell'energia che corrisponde all'energia approssimativa rilasciata dalla combustione di un barile di petrolio greggio. È stimata eguale a 5,8 10 6 BTU, ovvero, a 59 F, a 6,1178632 10 9 J o circa 1,70 MWh. Il boe è usato dalle società petrolifere e del gas nei loro resoconti finanziari per combinare le riserve e la produzione di petrolio e gas naturale in un'unica misura. Ad esempio, 1000 m 3 di gas naturale equivalgono a circa 6 b di greggio. Oppure, un boe equivale a circa 6 mcf(migliaio di piedi cubi) di gas naturale, secondo la valutazione di un mcfcome contenente circa 1/6 dell'energia di un barile di petrolio. La conversione, concettualmente, dovrebbe poter esprimere un'equivalenza del contenuto energetico o del valore, e quindi variare in funzione del tipo di gas naturale. Di fatto viene effettuata utilizzando dei coefficienti generici che al momento non sono codificati in nessuno standard. Le compagnie petrolifere adottano quindi coefficienti diversi, in generale le compagnie nordamericane effettuano la conversione 1 barile equivalente = 169,9 metri cubi di gas (ovvero 6000 piedi cubici) mentre quelle europee utilizzano la relazione 1 barile equivalente = 164,2 metri cubi di gas (ovvero 5800 piedi cubici). Nelle comunicazioni (ad esempio nelle relazioni di bilancio) vengono riportati separatamente i volumi di idrocarburi liquidi e gassosi ed il coefficiente per la trasformazione quest'ultimi in barili di petrolio equivalente. Un multiplo del boe comunemente usato è il kilo barrelofoil equivalent(kboe), pari a 1.000 barili, e il billionbarrelofoil equivalent(bboe), pari a un miliardo di barili, utilizzato perlopiù per misurare le riserve petrolifere.
Prodotti derivati dal petrolio vengono ottenuti tramite raffinazione del greggio. A seconda della composizione del greggio e della domanda, le raffinerie possono produrre derivati del petrolio in quantità differenti, anche se la maggior parte della raffinazione è orientata alla produzione di carburanti: olio combustibile e benzina. Tra i prodotti raffinati notevole importanza ha la produzione di sostanze chimiche per la realizzazione dimaterie plastiche ed altri materiali. Poiché il petrolio contiene una quantità variabile di zolfo, tramite raffinerie è possibile ricavare anche quest'ultimo; è inoltre possibile ricavare idrogeno e carbonio (sotto forma di coke petrolifero). L'idrogeno può anche essere prodotto durante il reforming. Plastica Asfalto Gasolio Oli combustibili Benzina Cherosene Gas petrolio liquefatto (GPL) Oli lubrificanti Paraffina Catrame E ALTRO
Tra i prodotti della raffinazione si contano fra gli altri: Carburanti gassosi come il propano, immagazzinato e distribuito in forma liquida. Carburanti liquidi misti (come le benzine speciali o il cherosene per aerei), distribuiti agli utenti finali tramite oleodotti (ad esempio aeroporti), treni, chiatte o autocisterne. Lubrificanti per autovetture, olio motore e grasso tramite aggiunta di stabilizzatori di viscosità quando necessario. Paraffina usata nella confezione di cibi surgelati. Viene solitamente spedita agli impianti di produzione in contenitori. Zolfo (o acido solforico), prodotto dalla desolforazione dei carburanti, viene solitamente inviato per mezzo di ferrocisterneagli impianti chimici. Asfalto -usato come aggregante nella produzione di conglomerati bituminosi per manti stradali. Esso viene trasferito, ad una determinata temperatura, per mezzo di carri cisterna e navi. Coke da petrolio utilizzato come combustibile solido e per la preparazione di elettrodi. Prodotti di base per l'industria petrolchimica, vengono inviati alle industrie specializzate per la produzione di concimi chimici, materie plastiche, elastomeri. Fra essi si ricordano gli alcheni e alcuni idrocarburi policiclici aromatici.
Paese Milioni di barili (bbl) % sul totale 1 Arabia Saudita 4.073 13,2% 2 Russia 3.752 12,8% 3 Stati Uniti 2.861 8,8% 4 Iran 1.577 5,2% 5 Cina 1.492 5,1% 6 Canada 1.285 4,3% 7 Emirati Arabi Uniti 1.212 3,8% 8 Messico 1.072 3,6% 9 Kuwait 1.045 3,5% 10 Iraq 1.021 3,4% 11 Venezuela 993 3,5% 12 Nigeria 896 2,9% 13 Brasile 800 2,9% 14 Norvegia 744 2,3% 15 Kazakistan 672 2,2% 16 Angola 637 2,1% 17 Algeria 631 1,9% 18 Qatar 628 1,8% 19 Regno Unito 401 1,3% 20 Indonesia 344 1,1% Resto del mondo 4.620 15,8% Totale 30.505 100% 49 Italia 40,2 0,1%
> 0.07 0.07-0.05 0.05-0.035 0.035-0.025 0.025-0.02 0.02-0.015 0.015-0.01 0.01-0.005 0.005-0.0015 < 0.0015
N Paese Milioni di barili (bbl) % sul totale 1 Stati Uniti 6875 20,5% 2 Cina 3562 11,4% 3 Giappone 1612 5,0% 4 India 1267 4,0% 5 Russia 1080 3,4% 6 Arabia Saudita 1042 3,1% 7 Brasile 968 3,0% 8 Corea del Sud 875 2,7% 9 Germania 862 2,6% 10 Canada 837 2,5% 11 Messico 740 2,2% 12 Iran 666 2,0% 13 Paesi Bassi 632 2,0% 14 Francia 629 2,0% 15 Regno Unito 563 1,8% 16 Italia 542 1,8% 17 Indonesia 522 1,7% 18 Spagna 508 1,7% 19 Singapore 435 1,2% 20 Thailandia 394 1,2% Resto del mondo 6985 24,0% Totale 32132 100%
Paese Esportazione (barili al giorno) Anno Arabia Saudita 7,635,000 2009 Russia 5,010,000 2010 Iran 2,523,000 2009 Emirati Arabi Uniti 2,395,000 2009 Norvegia 2,184,000 2009 Iraq 2,170,000 2011 Kuwait 2,127,000 2009 Nigeria 2,102,000 2009 Canada 1,929,000 2009 Stati Uniti 1,920,000 2009 Venezuela 1,871,000 2009 Paesi Bassi 1,871,000 2009 Angola 1,851,000 2009 Algeria 1,694,000 2009 Libia 1,580,000 2010 Messico 1,511,000 2009 Kazakistan 1,390,000 2011 Singapore 1,374,000 2009 Gran Bretagna 1,311,000 2009 Corea del Sud 1,100,000 2012
Paese Petrolio - importazioni (barili/giorno) Anno Stati Uniti 10.270.000 2009 Cina 5.080.000 2011 Giappone 4.394.000 2009 India 3.060.000 2009 Germania 2.671.000 2009 Paesi Bassi 2.577.000 2009 Corea del Sud 2.500.000 2011 Francia 2.220.000 2009 Singapore 2.052.000 2009 Italia 1.800.000 2009 Spagna 1.584.000 2009 Gran Bretagna 1.450.000 2009 Canada 1.088.000 2009 Belgio 1.007.000 2009 Taiwan 876.300 2010 Thailandia 807.100 2009 Indonesia 767.400 2009 Australia 731.400 2009 Turchia 581.000 2009 Svezia 546.500 2009
L Organizzazione dei Paesi Esportatori di petroliomeglio conosciuta come OPEC(Organization of the petroleumexportingcountries), fondata nel1960, comprende attualmente dodici Paesi che si sono associati, formando uncartello economico, per negoziare con le compagnie petrolifere aspetti relativi alla produzione dipetrolio, prezzi e concessioni. La sede dell'opec, inizialmente stabilita aginevra, a partire dal1º settembre1965è stata trasferita avienna. Gli stati membri OPEC controllano circa il 78% delleriservemondiali accertate di petrolio, il 50% di quelle digas naturalee forniscono circa il 42% della produzione mondiale di petrolio ed il 17% di quella di gas naturale.il petrolio viene esportato principalmente in Arabia saudita che è il primo produttore mondiale,europa occidentale(21,8%) enord America(21,5%).Il paese importatore più importante è ilgiapponeche, da solo, fornisce mercato al 26,1% delle esportazioni di petrolio proveniente dall'opec; glistati Unitiincidono per il 19,2% e l'italiaper il 5,4% (dati relativi al2005, pubblicati dall'opec). L'organizzazione parallela dell'oapec(organization of ArabPetroleum ExportingCountries), fondata nel1968nelkuwait, si occupa del coordinamento delle politiche energetiche dei paesi Arabi parte dell'opec