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Transcript:

Corrente elettrica Daniel Gessuti indice 1 Definizioni 1 Definizione di corrente 1 Definizione di resistenza 2 2 Effetto Joule 3 Circuiti in parallelo 4 3 Circuiti in serie 5 4 Il campo magnetico 5 Fenomeni magnetici 5 Calcolo del campo magnetico 6 Campo magnetico nella materia 7 5 Campi magnetici e forze 8 Esercizi 9 Resistenze 9 Campo magnetico 9 1 definizioni 1.1 Definizione di corrente Nella precedente dispensa abbiamo introdotto il concetto di carica elettrica e abbiamo visto come si possono accumulare cariche elettriche sulle armature dei condensatori. Da questa sezione invece cominceremo ad analizzare cosa succede quando mettiamo in movimento le cariche elettriche in un conduttore, come ad esempio in un metallo. Nei metalli sono presenti uno o due elettroni per atomo nei livelli più esterni. Questi elettroni sono poco legati ai rispettivi atomi e pertanto sono dotati di una grande mobilità. Quando inseriamo un filo di materiale conduttore in un circuito elettrico, ossia quando colleghiamo il filo ai due capi di un generatore, ad esempio una pila, gli elettroni più esterni, carichi negativamente, si dirigono verso il polo positivo generando in questo modo una grande quantità di cariche in movimento: ha così origine una corrente elettrica. In particolare, si definisce corrente i il rapporto tra la quantità di carica elettrica Q che passa attraverso una sezione unitaria del circuito, e l intervallo di tempo t in cui questo passaggio avviene: i = Q/ t. L unità di misura della corrente nel Sistema Internazionale è l ampere (A). Dal momento che la carica Q si misura in coulomb e il tempo in secondi avremo che 1 A = 1 C/1s. Per convenzione il verso della corrente coincide con quello in cui si muovono le cariche positive, quindi dal polo positivo al polo negativo del generatore. Quindi il verso della corrente non coincide con il verso del moto degli elettroni. Se la corrente i in un circuito è costante nel tempo parleremo di corrente continua, se invece la corrente elettrica varia nel tempo parleremo di corrente variabile. 1

Per misurare la corrente si usa uno strumento detto amperometro che va inserito in serie con l utilizzatore; per misurare la differenza di potenziale presente tra due punti, ad esempio ai capi dell utilizzatore, dobbiamo usare uno strumento detto voltmetro e inserirlo in parallelo all utilizzatore stesso. In generale, il ruolo del generatore è quello di mantenere in moto le cariche elettriche all interno del circuito elettrico fornendo loro l energia necessaria. Ai capi di ogni utilizzatore ci ritroviamo poi parte di questa differenza di potenziale. Se ai capi di un utilizzatore c è una differenza di potenziale V, per far passare una carica elettrica q da un capo all altro devo compiere un lavoro dato da L = q V = i t V. Pertanto la potenza assorbita da ogni utilizzatore è uguale a P = L/ t = i V, ossia la potenza assorbita da un utilizzatore è il prodotto dell intensità di corrente i che circola nell utilizzatore per la differenza di potenziale V ai capi dell utilizzatore. L unità di misura della potenza nel Sistema Internazionale è, come al solito, il watt (W). 1.2 Definizione di resistenza Abbiamo visto nella precedente sezione che la differenza di potenziale V fornita dal generatore mette in movimento le cariche elettriche in un circuito dando origine a una corrente elettrica i. A parità di differenza di potenziale applicata, la corrente i che passa in un circuito dipende dalle caratteristiche del materiale conduttore che si è utilizzato. Ogni conduttore manifesta infatti una certa resistenza al passaggio della corrente, dovuta agli urti tra le cariche degli elettroni in movimento all interno del conduttore e gli atomi delle impurità presenti nel circuito. In termini matematici si definisce resistenza R di un conduttore il rapporto tra la differenza di potenziale V applicata e l intensità di corrente i, ossia R = V/i. Dal momento che la corrente i compare al denominatore abbiamo che in un conduttore con grande resistenza R circola una piccola corrente i, viceversa un conduttore con piccola resistenza R è caratterizzato da elevate correnti i. L unità di misura della resistenza è l ohm (simbolo Ω, omega maiuscola): 1Ω = 1V/1A. In generale, all aumentare della differenza di potenziale V aumenta anche la corrente i ma ci sono varie possibili relazioni tra i e V a seconda del conduttore che prendiamo in considerazione. C è però una categoria importante, costituita dai conduttori metallici, per i quali possiamo dire qualcosa di più. Infatti per i conduttori metallici vale la prima legge di Ohm, ossia la differenza di potenziale V ai capi di un conduttore e la corrente i che vi circola sono direttamente proporzionali: V = Ri e la resistenza R è la costante di proporzionalità. La curva caratteristica risulta pertanto una semiretta passante per l origine. Dunque se misuriamo con un voltmetro la differenza di potenziale V e con un amperometro la corrente i scopriamo che in un metallo il rapporto R = V/i è costante. Nei conduttori metallici la resistenza non dipende dalla differenza di potenziale V che applichiamo al conduttore. Da cosa dipende allora la resistenza in un conduttore metallico? La risposta è data dalla seconda legge di Ohm. La resistenza R in un conduttore metallico dipende dal materiale di cui è fatto il filo, dalla sua lunghezza l e dalla sua sezione S. Più precisamente, R = ρl S, ossia la resistenza è direttamente proporzionale alla lunghezza l del filo e inversamente proporzionale all area S della sezione. La costante di proporzionalità ρ (simbolo che corrisponde alla lettera greca ro) dipende dal tipo di metallo che prendiamo in considerazione e va sotto il nome di resistività. Di seguito sono riportate alcune resistività dei metalli più comuni: 2

rame: 1, 7 10 8 ; argento: 1, 6 10 8 ; acciaio: 2 10 7 ; alluminio: 2, 8 10 8. Resistività piccola vuol dire piccola resistenza, ossia buona capacità di condurre elettricità. Dal momento che ρ = RS/l, l unità di misura della resistività nel Sistema Internazionale è l ohm per metro (Ωm). 1.3 Effetto Joule Ricordiamo che la potenza assorbita da un utilizzatore è data dalla formula P = Vi. Se il conduttore soddisfa la prima legge di Ohm V = Ri con R costante. In questo caso possiamo perciò riscrivere la potenza assorbita dal conduttore come P = Ri 2. Questa formula gioca un ruolo importante nell effetto Joule che andremo ora a illustrare. Nel corso delle nostre lezioni di fisica abbiamo più volte parlato di energia. Finora abbiamo introdotto tre diverse forme di energia: l energia meccanica o lavoro che può a sua volta essere presente sotto forma di energia cinetica, energia potenziale gravitazionale ed energia potenziale elastica. Abbiamo poi introdotto l energia termica o calore e infine l energia elettrica. Abbiamo più volte detto che l energia non si crea e non si distrugge ma si può trasformare da una forma all altra. L effetto Joule descrive la trasformazione di energia elettrica in energia termica, ossia in calore. Se avviciniamo una mano a una lampadina accesa sentiamo del calore, perché la corrente elettrica passando attraverso il filo di tungsteno incontra una certa resistenza R al suo passaggio. La resistenza gioca nei fenomeni elettrici il ruolo dell attrito, nel senso che ostacola il passaggio delle cariche elettriche. L energia elettrica che viene convertita in calore per effetto Joule è data dalla seguente formula: Q = P t = Vi t = Ri 2 t. Questa legge prende anche il nome di legge di Joule. Moltissimi sono gli elettrodomestici che si basano sull applicazione dell effetto Joule: dalla lavatrice allo scaldabagno, dalla stufa elettrica alla piastra metallica, dal fornelletto all asciugacapelli al tostapane. Tutti questi elettrodomestici assorbono energia elettrica per convertirla in calore tramite l effetto Joule. Ricordiamo ora che il calore che forniamo a una certa sostanza di calore specifico c comporta un aumento di temperatura T regolato dalla legge fondamentale della termologia: Q = cm T. Uguagliando questa espressione al calore prodotto per effetto Joule: cm T = Ri 2 t possiamo ad esempio ricavarci l aumento di temperatura T dell acqua dello scaldabagno. L effetto Joule provoca dunque un aumento della temperatura T. Se questo aumento T riguarda anche il conduttore, ad esempio il filamento di una lampadina ad incandescenza, accade un fenomeno interessante. Infatti all aumentare di T aumentano gli urti tra gli elettroni e gli ioni positivi e dunque in generale aumenta la resistenza del conduttore. Se R 0 è la resistenza di un conduttore alla temperatura di 0 C allora la resistenza alla temperatura T è data dalla relazione RT = R 0 (1 + αt), dove T è la temperatura in gradi Celsius e α è una costante che dipende dal tipo di materiale. Sulla dipendenza della resistenza dalla temperatura si basa il funzionamento del termometro elettrico: misurando la resistenza RT e conoscendo i valori di R 0 e α si può infatti indirettamente risalire alla temperatura T. 3

Da quanto abbiamo detto sopra, possiamo anche concludere che una lampadina non soddisfa la prima legge di Ohm, ma la sua resistenza aumenta all aumentare dell intensità di corrente che circola nel filamento di tungsteno. Una corrente maggiore infatti comporta una maggiore produzione di calore Q per effetto Joule e, di conseguenza, una maggiore temperatura T del filamento di tungsteno e una sua maggiore resistenza. L effetto Joule è solo uno degli effetti possibili della corrente elettrica. Altri effetti che la corrente può produrre sono l effetto magnetico: una calamita posta in prossimità di un filo percorso da corrente tende a ruotare e l effetto chimico: la corrente elettrica è in grado di indurre reazioni chimiche in una soluzione. Su questo effetto si basa il funzionamento della pila. 2 circuiti in parallelo Nella precedente sezione abbiamo visto che ogni conduttore è caratterizzato da una sua resistenza R. Le resistenze (o, più precisamente, i resistori) sono il secondo utilizzatore che entra nei circuiti elettrici, a fianco dei condensatori. Come i condensatori, anche le resistenze possono essere collegate tra loro in serie o in parallelo. In questa sezione cominciamo ad analizzare il collegamento di due resistenze in parallelo. Per poter analizzare il collegamento di resistenze in parallelo dobbiamo preliminarmente enunciare il primo principio di Kirchoff. Consideriamo un nodo di un circuito, ossia un punto nel quale convergono più conduttori. Il primo principio di Kirchoff afferma che la somma delle correnti che entrano in un nodo è uguale alla somma delle correnti che escono dal nodo. Il primo principio di Kirchoff è una diretta conseguenza del principio di conservazione della carica elettrica, in base al quale in un certo intervallo di tempo la carica elettrica che entra in un nodo del circuito deve essere uguale alla carica elettrica che esce. Abbiamo ora tutti gli elementi per studiare il collegamento dei conduttori in parallelo. Supponiamo di avere due resistenze R 1 ed R 2 collegate in parallelo; applicando il primo principio di Kirchoff abbiamo che la corrente i che entra nel nodo è uguale alla somma delle correnti che ne escono: i = i 1 + i 2. Si definisce resistenza equivalente quella resistenza che, sostituita al posto delle due resistenze in parallelo, produce nel circuito elettrico lo stesso effetto. Per trovare la resistenza equivalente è importante notare come la differenza di potenziale ai capi delle due resistenze in parallelo è la stessa ed è uguale alla differenza di potenziale V fornita dal generatore. Applicando il primo principio di Kirchoff possiamo andare a calcolarci l inverso della resistenza equivalente: 1 = i R e V = i 1 + i 2 V = i 1 V + i 2 V = 1 + 1. R 1 R 2 Dunque se le resistenze sono collegate in parallelo si sommano gli inversi delle resistenze. La potenza assorbita è invece uguale alla somma delle potenze assorbite: P = i V = (i 1 + i 2 ) V = P 1 + P 2. L importanza del collegamento in parallelo sta nel fatto che il circuito elettrico presente nelle nostre case è un circuito in parallelo: quando accendiamo un elettrodomestico andiamo ad aggiungere una resistenza in parallelo, la resistenza equivalente del circuito diminuisce e in questo modo viene assorbita una quantità maggiore di corrente. 4

3 circuiti in serie In questa sezione vogliamo trovare la resistenza equivalente nel caso di due conduttori collegati in serie. Se colleghiamo due resistenze in serie è l intensità di corrente ad essere la stessa in tutte le resistenze. La differenza di potenziale (o tensione) fornita dal generatore V si ritrova invece in parte ai capi della prima resistenza V 1 e in parte ai capi della seconda resistenza V 2. Avremo perciò: La resistenza equivalente R e è data da: R e = V i V = V 1 + V 2. = V 1 i + V 2 i = R 1 + R 2. Dunque nel collegamento in serie le resistenze si sommano. Anche le potenze assorbite si sommano nel collegamento di resistenze in serie. Infatti la potenza assorbita è data da: P = i V = i( V 1 + V 2 ) = P 1 + P 2. Ora che abbiamo introdotto il collegamento in serie e in parallelo delle resistenze possiamo spendere qualche parola in più sugli amperometri e i voltmetri. Abbiamo già detto che gli amperometri vanno inseriti in serie mentre i voltmetri vanno inseriti in parallelo; ora sia l amperometro che il voltmetro sono dotati di una loro resistenza interna. Cerchiamo di capire come devono essere tali resistenze interne per non interferire con la misura. Cominciamo dal caso dell amperometro: essendo inserito in serie, la resistenza equivalente è R e = R + r. Affinché la resistenza equivalente non si discosti di molto dalla resistenza R è necessario che la resistenza interna dell amperometro risulti essere piccola, in modo che R e R. Diverso è invece il discorso relativo al voltmetro. Infatti affinché il voltmetro non assorba troppa corrente del circuito è necessario che la resistenza interna del voltmetro sia il più grande possibile. Un altro modo per rendersi conto di ciò è quello di considerare la formula per la resistenza equivalente quando il collegamento è in parallelo: 1/R e = 1/R + 1/r. Affinché la resistenza interna del voltmetro contribuisca il meno possibile alla resistenza equivalente bisogna fare in modo che 1/r 0. L inverso di r è prossimo a zero solo quando la resistenza interna r, che compare al denominatore, è un numero molto grande. In questa sezione abbiamo visto che lo strumento di misura altera il sistema fisico che noi vogliamo studiare. Ciò nonostante, nel caso dei voltmetri e degli amperometri, questo effetto può essere reso piccolo a piacere costruendo lo strumento di misura con resistenze interne opportune. Ci sono teorie fisiche, come la meccanica quantistica (la teoria che descrive la materia a livello microscopico) in cui invece non è possibile ridurre a piacimento l impatto dello strumento di misura sul sistema fisico in esame. Un sistema quantistico è inevitabilmente modificato dalla sua interazione con lo strumento di misura. 4 il campo magnetico 4.1 Fenomeni magnetici I fenomeni magnetici sono noti sin dall antichità. Ad esempio Talete di Mileto, VI sec. a.c., riporta le proprietà della magnetite, capace di attirare piccoli pezzi di ferro. 5

La magnetite è un minerale del ferro che deriva il suo nome dalla città di Magnesia, nell Asia Minore, nota appunto per l estrazione della magnetite. Altre sostanze, come il ferro o l acciaio, possono essere magnetizzate. Ogni magnete è caratterizzato dalla presenza di due poli: un polo Nord e un polo Sud che hanno la peculiarità, rispetto alle cariche elettriche, di non poter essere separati. Infatti, se prendiamo un magnete con un polo Nord e un polo Sud e lo dividiamo a metà otteniamo due magneti distinti, ognuno caratterizzato dalla presenza di un polo Nord e di un polo Sud. Un magnete modifica lo spazio circostante generando un campo magnetico che solitamente si indica con la lettera B e che può facilmente essere visualizzato disponendo nelle vicinanze del magnete della limatura di ferro. Il campo magnetico è un campo vettoriale: la sua direzione e il suo verso sono quelle in cui si dispone un ago magnetico posto nel campo, il verso è quello indicato dal polo Nord. Un campo magnetico può anche essere descritto tramite le linee di campo magnetico che sono tangenti punto per punto al campo magnetico. In base alla convenzione di Faraday le linee del campo magnetico hanno una densità che è proporzionale all intensità del campo, in altre parole le linee sono tanto più fitte quanto più il campo è intenso. Un campo magnetico uniforme ha la stessa intensità in ogni punto: le linee del campo pertanto risultano essere parallele, equidistanti e la loro densità è costante in tutto lo spazio. Se non abbiamo a disposizione ferro o magnetite, come possiamo creare dei campi magnetici? Il fisico danese Oersted nel 1820 osservò che, se mettiamo un magnete in prossimità di un circuito elettrico percorso da corrente, l ago ruota e si dispone su un piano perpendicolare al filo. L intensità B del campo magnetico in un punto P è regolata dalla legge di Biot-Savart: B = ki d dove k è una costante che nel vuoto ha il seguente valore k = 2 10 7 N/A 2, i è la corrente che circola nel filo e d è la distanza del punto P dal filo. Dalla legge di Biot-Savart possiamo ricavare l unità di misura del campo magnetico nel Sistema Internazionale: 1 N/A 2 1 A/1 m = 1N/(1 A 1 m) = 1T. L unità di misura del campo magnetico, che abbiamo indicato con la lettera T, prende il nome di Tesla. Le esperienze di Oersted e di Biot e Savart sono importantissime perché mettono per la prima volta in luce la connessione esistente tra elettricità e magnetismo. La corrente elettrica può produrre effetti magnetici ma, come vedremo, vale anche il viceversa: agendo in maniera opportuna sui campi magnetici possiamo produrre delle correnti elettriche. 4.2 Calcolo del campo magnetico Un altro nome fondamentale per quel che concerne gli studi sui fenomeni magnetici è quello di Michael Faraday. Egli scoprì un altra proprietà fondamentale del campo magnetico e della connessione esistente tra elettricità e magnetismo. Supponiamo di avere un campo magnetico uniforme e un filo percorso da una corrente i, disposto perpendicolarmente al campo, come nella figura sottostante: Sul filo agisce una forza che è proporzionale all intensità della corrente i e alla lunghezza l del filo. La costante di proporzionalità è esattamente uguale all intensità B del campo magnetico. In formule possiamo scrivere: F il = costante = B. 6

N i B S Figura 1 Grafico della relazione tra la carica e la differenza di potenziale. Dal momento che il campo magnetico crea la forza che agisce sul filo avremo che aumentando il campo magnetico B aumenta anche l intensità della forza F. La direzione e il verso della forza F possono essere determinati con la regola della mano sinistra FBi, dove F corrisponde al pollice, B all indice e i al medio. In altre parole se allineiamo l indice della mano sinistra lungo il campo magnetico e il medio lungo la corrente, il pollice ci fornisce direzione e verso della forza risultante. Nel caso della figura riportata sopra, la forza è perpendicolare al piano su cui giacciono il campo magnetico e il filo, con verso dal lettore al piano. Nella parte finale di questa sezione vogliamo vedere altri esempi di campi magnetici creati da correnti. Se abbiamo una spira circolare di raggio r percorsa da una corrente i si crea un campo magnetico la cui intensità, al centro della spira, vale B = kπi/r. Il campo magnetico nel centro della spira aumenta all aumentare della corrente che lo crea e al diminuire del raggio della spira. Il campo magnetico è perpendicolare al piano della spira e il verso è quello in cui avanza una vite quando viene avvitata nel verso in cui circola la corrente. Se invece prendiamo un solenoide (ossia un filo avvolto su se stesso a formare una molla) il campo magnetico che si crea all interno del solenoide è un campo magnetico uniforme che dipende dall intensità di corrente i e dal numero di spire per unità di lunghezza N/l in base alla seguente relazione: B = 2πkiN/l. 4.3 Campo magnetico nella materia Nelle precedenti sezioni abbiamo visto che una corrente i è in grado di produrre un campo magnetico B. Nelle formule per questi campi magnetici compare la costante k = 2 10 7 N/A 2. Questo valore della costante k è valido solo nel vuoto. Supponiamo invece di introdurre un cilindro all interno di un solenoide percorso da corrente. Se il campo magnetico nel vuoto ha un intensità pari a B 0, quando introduciamo il cilindro il campo magnetico diventa uguale a B e questo valore dipende dalla sostanza di cui è costituito il cilindro che abbiamo inserito. In particolare, possiamo definire una costante, detta costante di permeabilità magnetica relativa µ r = B/B 0 (il simbolo µ corrisponde alla lettera mu dell alfabeto greco). Si possono presentare tre casi diversi, a seconda del materiale di cui è costituito il cilindro: 7

sostanze ferromagnetiche, µ r >> 1. Il campo magnetico B all interno del solenoide può arrivare a essere migliaia di volte maggiore del campo magnetico nel vuoto B 0. Un esempio di sostanza ferromagnetica è costituito dal ferro. Il ferro ha la proprietà di magnetizzarsi e, quando questo avviene, nel cilindro all interno del solenoide le linee di campo si addensano. sostanze paramagnetiche, µ r > 1. Nelle sostanze paramagnetiche, come l alluminio o il platino, si osserva un leggero aumento del campo magnetico all interno del solenoide. sostanze diamagnetiche, µ r < 1. Nelle sostanze diamagnetiche, come il rame o l argento, il campo magnetico all interno del solenoide diventa leggermente inferiore rispetto al caso del vuoto. Ipotesi di Ampere Ampere, per spiegare il fenomeno del ferromagnetismo, ipotizzò l esistenza all interno del cilindro di tante spire circolari percorse da corrente. In condizioni normali queste spire sono orientate in maniera del tutto casuale. L introduzione del cilindro in un campo magnetico ha la proprietà di orientare le spire tutte nello stesso verso, in modo tale da rafforzare il campo magnetico già esistente all interno del solenoide. L ipotesi di Ampere, che non era stata presa troppo sul serio dai suoi contemporanei, è invece oggi avvalorata dai moderni modelli di atomo che prevedono l esistenza di elettroni in moto attorno al nucleo. Tali elettroni nella fisica moderna giocano il ruolo delle spire circolari ipotizzate da Ampere. 4.4 Campi magnetici e forze Abbiamo visto nelle precedenti sezioni che fili metallici percorsi da corrente generano campi magnetici B direttamente proporzionali alla corrente e inversamente proporzionali alla distanza dal filo. Abbiamo anche visto che una corrente e un campo magnetico possono interagire tra loro in maniera tale da generare delle forze. Se la corrente i è perpendicolare al campo magnetico, l intensità della forza è uguale a F = ilb. Se invece il filo percorso da corrente i forma un angolo α con il campo magnetico l intensità della forza è data da F = ilb, dove B è la componente del campo magnetico perpendicolare al filo percorso da corrente: B = B sin α. Notiamo come se α = 90 allora sin α = 1 e B = B. Dopo questo breve ripasso, vediamo cosa succede quando abbiamo due fili rettilinei e paralleli percorsi da corrente e posti a una certa distanza d. Il primo filo genera un certo campo magnetico di intensità B 1. Questo campo magnetico a sua volta interagisce con il secondo filo generando una forza. Viceversa, il secondo filo genera un secondo campo magnetico di intensità B 2 che genera una forza sul filo 1. In definitiva tra i due fili c è una forza di intensità F = ki 1i 2 l, d dove l è la lunghezza dei fili e d la loro distanza. In particolare, i fili si attraggono se le due correnti circolano nello stesso verso, si respingono invece se i versi delle due correnti sono opposti. La forza presente tra due fili paralleli percorsi da corrente è importante perché consente di dare una definizione dell ampere nel Sistema Internazionale. Se abbiamo due fili lunghi 1 m e posti a 1 m di distanza, diremo che la corrente che li attraversa è pari a 1 A se la forza con cui interagiscono i due fili ha un intensità F = 2 10 7 N. Un altro esempio di forza dovuta ai campi magnetici è la forza di Lorentz. Per avere una forza di Lorentz abbiamo bisogno di due ingredienti fondamentali: una carica in 8

moto q e un campo magnetico B nel quale tale carica è inserita. In questo caso la carica è soggetta a una forza, detta forza di Lorentz, in modulo data da F = qvb sin α, dove α è l angolo compreso tra il vettore velocità e il vettore campo magnetico. La forza F si annulla quando la velocità e il campo magnetico sono paralleli (α = 0), mentre è massima F = qvb quando la velocità e il campo magnetico sono perpendicolari. In tutti i casi la forza di Lorentz risulta perpendicolare al piano individuato dalla velocità e dal campo magnetico. Essendo una forza perpendicolare alla velocità l accelerazione prodotta dalla forza di Lorentz è un accelerazione centripeta. In altre parole, la forza di Lorentz F = qvb non serve ad aumentare la velocità della carica q ma solo a deviarla facendole percorrere una traiettoria circolare uniforme di raggio r. 5 esercizi 5.1 Resistenze Esercizio 1. Una lampadina da 60 W, un asciugacapelli da 1600 W e una radio da 120 W sono collegate in parallelo in un circuito elettrico alimentato con una d.d.p. di 220 V. Calcola la resistenza equivalente e la corrente che passa in ognuno degli utilizzatori. [27 Ω] Esercizio 2. Due resistenze da 20 Ω e 40 Ω rispettivamente sono collegate in parallelo e una terza resistenza da 60 Ω è collegata in serie al parallelo delle prime due. La corrente fornita dal generatore è 1 A. Determinare la resistenza equivalente del circuito e la d.d.p. fornita dal generatore. [73, 3 Ω; 73.3 V] Esercizio 3. Supponiamo di avere tre resistenze identiche e uguali ad R, alimentate da una differenza di potenziale pari a V = 1.51; V che fa circolare una corrente di 0.5 A. Le prime due resistenze sono collegate in serie, la terza è in parallelo alla serie delle prime due. Si determini il valore della resistenza R. [4.5 Ω] 5.2 Campo magnetico Esercizio 4. In un filo rettilineo passa una corrente di 5 A. Si calcoli il campo magnetico a distanza di 3, 6, 9 cm dal filo e si calcoli a quale distanza dal filo il campo magnetico vale 0.01 T. [3.33 10 5 T, 1.67 10 5 T, 1.11 10 5 T, 0.1 mm] Esercizio 5. Un filo rettilineo lungo 30 cm e percorso da una corrente di 0.8 A, è disposto perpendicolarmente a un campo magnetico uniforme. La forza che si esercita sul filo è pari a 0.04 N. Si calcoli l intensità del campo magnetico. [0.167 T] Esercizio 6. Due fili rettilinei e paralleli, posti a una distanza di 10 cm, sono attraversati dalle correnti i 1 = 5 A e i 2 = 10 A. Calcola la forza per unità di lunghezza che si esercita tra i fili. [10 4 N/m] 9