1 USO REALE DEL SUOLO 2 2 ASPETTI PAESAGGISTICI 4 3 ASPETTI VEGETAZIONALI 10

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INDICE 1 USO REALE DEL SUOLO 2 2 ASPETTI PAESAGGISTICI 4 2.1 GENERALITÀ 4 2.2 ELEMENTI PAESAGGISTICI 6 2.2.1 ELEMENTI DERIVANTI DALLA PIANIFICAZIONE 7 2.2.2 NORMATIVA IN MERITO ALLA TUTELA PAESAGGISTICA 8 3 ASPETTI VEGETAZIONALI 10 3.1 INQUADRAMENTO VEGETAZIONALE 10 3.1.1 VEGETAZIONE POTENZIALE 10 3.1.2 VEGETAZIONE REALE 13 3.2 FLORA PROTETTA 22 3.3 LA RETE NATURA 2000 28 3.4 CONNESSIONI ECOLOGICHE E RETE ECOLOGICA 37 4 CRITERI PER LA VALUTAZIONE DI IDONEITÀ DEI SITI PROPOSTI PER QUANTO RIGUARDA GLI ASPETTI VEGETAZIONALI 40 5 MITIGAZIONE DEGLI IMPATTI E RIPRISTINO AMBIENTALE 42 5.1 IMPATTO SULLA COMPONENTE NATURALE 42 5.2 RIPRISTINO AMBIENTALE A FINE COLTIVAZIONE DELLE AREE ESTRATTIVE 43 5.3 TIPI STAZIONALI 44 5.4 MODALITÀ DI IMPIANTO 46 5.5 MANUTENZIONE 46 1

1 USO REALE DEL SUOLO L uso attuale del suolo all interno del territorio studiato è descritto sostanzialmente sulla base di tipologie vegetazionali a impronta naturale e tipologie a maggiore determinismo antropico quali le colture agricole, i fabbricati, le infrastrutture viarie ecc.. Per una valutazione sugli usi del suolo il riferimento di prima istanza è rappresentato dalla Carta dell uso del suolo Regione Emilia-Romagna predisposta al 2003 e attualmente in corso di aggiornamento. La cartografia definisce le categorie d uso del suolo secondo la metodologia del progetto CORINE Land Cover fino al terzo livello di definizione. La prevalenza dei territori boscati e degli ambienti seminaturali nel complesso è evidente, dato che occupano circa il 65% della superficie totale; tali tipologie sono particolarmente concentrate nei comuni di Portico-San Benedetto e Tredozio. Seguono le aree agricole che nel complesso raggiungono il 32,7 % della superficie totale. Di seguito una tabella riassuntiva dei valori percentuali delle categorie d uso, raggruppate secondo categorie ritenute rilevanti per lo scopo del presente studio. USO DEL SUOLO (Regione Emilia-Romagna, 2003) COMUNI DI MODIGLIANA, TREDOZIO, PORTICO-SAN BENEDETTO, ROCCA SAN CASCIANO, DOVADOLA TERRITORI MODELLATI ARTIFICIALMENTE % Zone urbanizzate 1,28 Aree estrattive, discariche, cantieri, ecc. 0,08 Aree verdi artificiali non agricole 0,08 TERRITORI AGRICOLI Seminativi 23,58 Vigneti 3,21 Frutteti 0,94 Oliveti 0,10 Arboricoltura da legno 0,10 Prati stabili 1,36 Zone agricole eterogenee 3,40 TERRITORI BOSCATI E AMBIENTI SEMINATURALI Aree boscate 53,07 Vegetazione arbustiva 11,64 Vegetazione rada o assente 0,72 AMBIENTI UMIDI Ambiente delle acque 0,44 100,00 2

Per gli scopi del presente piano il dato di tale cartografia è stato elaborato e aggiornato sulla base di foto aeree e/o satellitari e sulla base di rilievi di campagna diretti. L analisi delle categorie dell uso del suolo rappresenta la base per lo studio del paesaggio, del mosaico di ecosistemi (ecomosaico) e quindi delle connessioni ecologiche tra parti di territorio. Lo studio dei caratteri del paesaggio deve quindi essere affrontato tramite i criteri ed i metodi propri dell Ecologia del Paesaggio (Landscape Ecology), che considera il paesaggio come entità sistemica dotata di un alto grado di complessità in cui le attività antropiche sono viste come parte integrante del sistema osservato e non necessariamente trattate in termini di conflitto con i processi naturali. In questa visione l'unità base di studio del paesaggio è rappresentata dall'ecosistema, che nel contesto storico e geografico specifico di ogni territorio assume caratteristiche proprie e confini definiti (ecotopo o elemento del paesaggio). 3

2 ASPETTI PAESAGGISTICI 2.1 Generalità In linea generale, per ciò che concerne gli aspetti paesaggistici, il territorio dell Unione dei Comuni dell Acquacheta può essere suddiviso in base all altitudine e alla morfologia del terreno, evidenziando quattro principali tipologie paesaggistiche: montagna e dorsale appenninica, collina, media collina e fondovalle insediativi. Ambienti di montagna e dorsale appenninica caratterizzano i comuni di Tredozio e Portico in cui è presente un forte rilievo del paesaggio, con versanti molto acclivi e fortemente incisi, con rare zone a minore acclività costituite da accumuli di frana quiescente. La geologia indica una classe litologica prevalente di suoli da rocce marnose-arenacee romagnole. L area è intensamente forestata e percorsa da torrenti, con la presenza di numerose sorgenti legate alla natura arenacea ed all intensa fratturazione degli ammassi rocciosi. La zona presenta caratteri di forte naturalità, riscontrabile con continuità sull'intera estensione; ciò è testimoniato anche dalla qualità dell'abbondante risorsa idrica, dalla varietà e ricchezza della copertura forestale e dalla rarefatta presenza antropica, anche a seguito del fatto che le attività forestale e agricola si sono fortemente ridotte. L area è caratterizzata da una struttura insediativa sparsa, legata alle emergenze territoriali, che riconfermano forme insediative tipiche storicamente presenti nell area (borghi di origine medievale, monasteri camaldolesi, tracciati di viabilità storica, ecc). Questa struttura si legge con maggiore chiarezza nei versanti con minore acclività, ove si manifesta la rottura nel sistema impluvio-displuvio, ed in corrispondenza delle zone di testata dei crinali principali e secondari. L infrastrutturazione territoriale è molto limitata, in considerazione dell articolata morfologia dei luoghi. Gli elementi caratterizzanti sono rappresentati dal sistema delle risorse naturali che fanno capo al Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, caratterizzato dalla presenza di estese formazioni boscate, anche con sorgenti di acque termali. Si tratta di unità a spiccata omogeneità strutturale, caratterizzate dai rilievi dei contrafforti appenninici e dalla dominanza delle associazioni forestali. Molto diffusa, nell area dell Unione dei Comuni dell Acquacheta, è la tipologia paesaggistica della collina che interessa i comuni di Modigliana, Tredozio, Portico, Rocca S. Casciano e Dovadola. Questa struttura geologica indica una classe litologica prevalente di suoli da rocce argillose e marnose, quindi di terreni appartenenti alla formazione marnoso-arenacea. Vi è una presenza 4

diffusa, ma non incisiva, di fenomeni franosi, prevalentemente di tipo quiescente. Alcuni terreni appartengono ai Complessi Tosco-Emiliani, in cui l'acclività media è più bassa, con assenza di pronunciate linee di crinale: in questo caso è preminente l'aspetto del dissesto, per la presenza di fenomeni di tipo quiescente e movimenti significativi in evoluzione. Il sistema boschivo e quello agricolo sono fortemente compenetrati ed allo stesso tempo distinti, con la prevalenza del primo per la presenza di maggiori superfici a forte acclività, che ne consentono un esteso sviluppo. La condizione dell'agricoltura e la distribuzione del bosco è condizionata dalla morfologia e dall'esposizione molto articolata. I boschi presentano un certo grado di antropizzazione, e sono caratterizzati dalla presenza di roverella, cerro, vegetazione xero-mesofila in genere. Le limitate zone pianeggianti sono utilizzate a pascolo e coltivo. In generale si può notare un buon grado di naturalità, nonostante la forte coesistenza con estesi utilizzi di carattere antropico. Gli insediamenti umani risultano piuttosto distribuiti, seppure con la più alta concentrazione riscontrabile nell'intorno del sistema di fondovalle. Alcuni insediamenti hanno mantenuto una specifica caratterizzazione in funzione delle forme emergenti orografiche, ubicati su percorsi di crinale, in continuità con quelli di fondovalle. Fra le emergenze che caratterizzano l ambiente di collina, su tutte spicca la notevole copertura boschiva e la presenza di numerose sorgenti. Nell area sono presenti tracce di insediamenti romani e di viabilità pre-romana e romana; inoltre, caratterizzante è la presenza di pievi del periodo compreso tra il X e il XII secolo, di sistemi fortificati e centri murati sui crinali o su rilievi emergenti, e la presenza di castelli malatestiani. Altra tipologia paesaggistica, che caratterizza per ovvi motivi di altitudine, i comuni di Dovadola e Modigliana è quella di media collina, caratterizzata da : ampie fasce alluvionali delle aste fluviali principali, morfologia dolce, ampie incisioni e presenza diffusa di calanchi. Dal punto di vista geologico, si nota una classe litologica prevalente di suoli da rocce argillose e marnose, spesso sormontati da sottili creste di arenarie e conglomerati addensanti, sino a terreni più recenti, sia arenacei o conglomeratici che di prevalente natura argillosa. I fenomeni di dissesto si presentano con spiccato carattere evolutivo, ed i fenomeni quiescenti risultano in misura inferiore. L'agricoltura e la distribuzione del bosco è condizionata dalla morfologia e dall'esposizione molto varia; il progressivo abbandono dei terreni, insieme ai fenomeni di dissesto, ha determinato processi di rinaturalizzazione. Ove l'azione dell uomo risulta minore, il paesaggio del tipo è particolarmente articolato, con presenza di spiccati tratti di vegetazione spontanea. Il sistema insediativo è prevalentemente articolato in due zone distinte: la prima, caratterizzata da un'alternanza di ambiti di valle e di crinale ravvicinati, che ha privilegiato 5

insediamenti accentrati in corrispondenza di terrazzi di fondovalle; la seconda, contraddistinta da insediamenti che utilizzano emergenze e punti singolari dei crinali. Il paesaggio dunque è fortemente strutturato grazie ad un sistematico utilizzo produttivo del territorio, seppur con relativa perdita di caratteri di naturalità, mantiene tuttavia un sistema ambientale complessivamente equilibrato. Per i sistemi insediativi aggregati, l'ambito Forlivese, di cui si sta argomentando, presenta una forte strutturazione insediativa aggregata localizzata in corrispondenza dei sistemi di crinale. Ulteriore tipologia paesaggistica caratterizzante l area in esame, interessante per lo più per i comuni di Dovadola, Modigliana e Rocca San Casciano, è quella dei fondovalle insediativi, che presenta una classe litologica prevalente di suoli da rocce argillose e marnose. I terreni sono rappresentati dai deposti alluvionali di fondovalle dei corsi d'acqua maggiori e dai depositi terrazzati di ordine superiore; la natura dei depositi è prevalentemente sabbiosa e ghiaiosa: sono pertanto suoli ad alta permeabilità e costituiscono corpi acquiferi legati al corso d'acqua. L unità ha un esigua presenza di copertura vegetale naturale. Se complessivamente i fondovalle non presentano un elevato grado di compromissione, è pur vero che la qualità delle acque, le caratteristiche idrauliche e morfologiche naturali, la presenza e la qualità della vegetazione ripariale e dell'ecosistema fluviale decadono progressivamente verso valle, specialmente nella fascia collinare. Da una parte i fondovalle, aprendosi in ampie fasce pianeggianti, hanno favorito l'insediamento diffuso, dall'altra, la forte compromissione ambientale e le caratteristiche delle attività agricole in essa insediate si riflettono sulle aste fluviali principali. I sistemi insediativi sono fortemente diversificati: si ritrovano strutture aggregate e sparse. La strutturazione degli organismi aggregati deriva dalle intersezioni dei fondovalle dai quali si assume un impianto legato all'emergenza orografica, della struttura gerarchica delle percorrenze trasversali dei controcrinali. Le forme insediative sono analoghe alla struttura di area piana, dando luogo ad aggregazioni fortemente linearizzate, che hanno disatteso gli aspetti tipici della morfologia territoriale. L'insieme insediativo sparso si concentra lungo le polarità lineari che, unite al riuso degli organismi sparsi, determinano utilizzi non legati con la produzione agricola del territorio. Per gli ambiti più elevati si denota un diffuso abbandono. Tra gli elementi caratterizzanti il paesaggio riconosciamo i centri murati, la viabilità storica, gli insediamenti romani con viabilità romana e pre-romana, le pievi storiche ed i sedimi storici-archeologici. 2.2 Elementi paesaggistici Oltre a caratterizzare il contesto paesaggistico generale del territorio dell Unione dei Comuni dell Acquacheta, al fine di determinare l interferenza percettiva delle zonizzazioni estrattive, è necessario fare riferimento ad elementi paesaggistici individuabili cartograficamente. 6

Di seguito gli elementi paesaggistici a cui si è fatto riferimento per realizzare le Tavole relative agli aspetti paesaggistici (designate come Tav. P1). 2.2.1 Elementi derivanti dalla pianificazione In primo luogo, si è fatto riferimento a quegli elementi che i PSC comunali (sulla base degli indirizzi del PTCP) individuano all interno delle Norme, in particolare nella Parte II - Tutela e valorizzazione dell identità culturale e paesistica e dell integrità fisica e ambientale del territorio. Nel dettaglio si fa riferimento agli elementi del Titolo II Sistemi, zone ed elementi strutturanti la forma del territorio e Titolo V Pianificazione e gestione del paesaggio e degli elementi naturali : - sistema forestale e boschivo (art. 10 PTCP) - invasi e zone di tutela di laghi, bacini e corsi d acqua (art. 17 e 18 del PTCP) - calanchi (art. 20a PTCP) - crinali (art. 20b PTCP) - zone ed elementi di interesse storico archeologico (art. 21 PTCP) - insediamenti urbani storici e strutture insediative storiche non urbane (art. 22 PTCP) - viabilità storica, viabilità panoramica e strutture di interesse storico testimoniale (art. 24 PTCP) - zone di tutela naturalistica (art. 25 PTCP) - zone di interesse paesaggistico ambientale (art. 19 PTCP) - parchi regionali, riserve naturali, aree naturali protette (art. 30 PTCP) Si è fatto quindi riferimento, per la stima dell impatto paesaggistico, alla presenza di tali elementi, tenendo anche in considerazione l art. 35 delle Norme del PTCP (ripreso dai PSC) su Particolari prescrizioni relative alle attività estrattive, in cui sono indicate le zone che comunque devono essere escluse dall attività estrattiva, di cui si riporta integralmente il testo: Art. 35 - Particolari prescrizioni relative alle attività estrattive l. Nelle zone di riqualificazione della costa e dell'arenile, nelle zone urbanizzate in ambito costiero, nelle zone di interesse storico-archeologico appartenenti alle categorie di cui alle lettere a. e b1. del secondo comma dell'art. 21A, nelle zone di tutela naturalistica, nonché nel sistema forestale e boschivo nei casi in cui il bosco presenti le caratteristiche di cui al secondo comma, lettera g), dell'articolo 31 della Legge Regionale 18 luglio 1991, n. 17, non sono ammesse attività estrattive. 2. Il piano infraregionale delle attività estrattive di cui all'articolo 6 della Legge Regionale 18 luglio 1991, n. 17, disciplina l attività estrattiva nel rispetto delle finalità e delle disposizioni del presente Piano, nonché della direttiva per cui soltanto qualora sia documentatamente e motivatamente valutato non altrimenti soddisfacibile lo stimato fabbisogno dei diversi materiali ovvero qualora risulti funzionale alla valorizzazione e/o al recupero dei siti il completamento di attività pregresse, il predetto strumento di pianificazione può prevedere attività estrattive nel sistema dei crinali, eccettuati comunque i terreni siti ad altezze superiori ai 1.200 metri, nelle zone di tutela dei 7

caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua, nelle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale, nelle zone ed elementi di tutela dell'impianto storico della centuriazione, nelle zone di interesse storico-testimoniale. Tale piano può altresì prevedere attività estrattive di tipo artigianale relative alla pietra da taglio per la realizzazione di bozze, lastre ed elementi architettonici nelle zone di tutela naturalistica e nei terreni siti a quote superiori a 1.200 metri, a condizione che sia motivatamente dichiarato non altrimenti soddisfacibile lo stimato fabbisogno del sopracitato materiale e che tali scelte pianificatorie siano corredate da uno specifico studio di bilancio ambientale ai sensi dei commi 6 e 7 della Legge Regionale 18 luglio 1991, n. 17. 3. Nelle zone di interesse storico-archeologico appartenenti alle categorie di cui alle lettere a. e b1. del secondo comma dell'articolo 21A, nelle zone di tutela naturalistica, nonché comunque nei terreni siti ad altezze superiori ai 1.200 metri, vale la prescrizione per cui non possono essere rilasciate autorizzazioni ai sensi dell'articolo 146 del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 relative a nuove concessioni minerarie per attività di ricerca ed estrazione ai sensi del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, ad esclusione della ricerca e della estrazione delle acque minerali e termali disciplinata dalla Legge Regionale 17 agosto 1988, n. 32; sono fatte salve le concessioni minerarie esistenti, le relative pertinenze, i sistemi tecnologici e gli adeguamenti funzionali al servizio delle stesse; alla scadenza, le concessioni minerarie possono essere prorogate per un periodo non superiore a tre anni in funzione della sistemazione ambientale finale. 4. Dall entrata in vigore del presente Piano, le sistemazioni finali delle aree estrattive ricomprese negli Ambiti per la riconnessione delle reti ecologiche e per gli interventi compensativi derivanti dai nuovi processi insediativi, individuati nelle tavole contrassegnate dal numero 5 del P.T.C.P., dovranno essere effettuate nel rispetto di quanto previsto ai successivi artt. 54 e 55. 2.2.2 Normativa in merito alla tutela paesaggistica Oltre a ciò sono da tenere in attenta valutazione i Beni paesaggistici così come individuati dal Capo II del D.Lgs. 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio. Ci si riferisce, in linea generale, ai beni genericamente individuati dall art. 136 Immobili ed aree di notevole interesse pubblico: 1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico: a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica; b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza; c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, ivi comprese le zone di interesse archeologico; (63) d) le bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze. E, più specificatamente, a quelli determinati come segue: - Aree dichiarate di notevole interesse pubblico (art. 157) e oggetto di proposta (art. 138 e 141); - Aree tutelate per legge (art. 142), in particolare, vista la natura del territorio in questione: o i fiumi, i torrenti, i corsi d acqua [...] e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 m ciascuna; o le montagne per la parte eccedente [...] i 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica [...]; 8

o i parchi e le riserve nazionale o regionali, nonchè i territori di protezione esterna dei parchi; o i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento [...]; o le zone di interesse archeologico [...]; Come si può notare, tali elementi coincidono in larga parte con quelli determinati precedentemente dalla pianificazione. Secondo l art. 146 del D.lgs 42/2004, commi 1 e 2, la richiesta di autorizzazione paesaggistica si rende necessaria quando l attività estrattiva compromette gli elementi paesaggistici prima individuati, come si legge nel testo di seguito riportato: 1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili e aree oggetto degli atti e dei provvedimenti elencati all'articolo 157, oggetto di proposta formulata ai sensi degli articoli 138 e 141, tutelati ai sensi dell'articolo 142, ovvero sottoposti a tutela dalle disposizioni del piano paesaggistico, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. 2. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, hanno l'obbligo di sottoporre alla regione o all'ente locale al quale la regione ha delegato le funzioni i progetti delle opere che intendano eseguire, corredati della documentazione prevista, affinché ne sia accertata la compatibilità paesaggistica e sia rilasciata l'autorizzazione a realizzarli. [...] Tale autorizzazione viene rilasciata a seguito della redazione della Relazione paesaggistica ai sensi del D.P.C.M. 12 dicembre 2005, che ne definisce le finalità, i criteri di redazione ed i contenuti. Inoltre il D.lgs 42/2004 determina, per l attività estrattiva, alcune precisazioni contenute nell art. 152 Interventi soggetti a particolari prescrizioni: 1. Nel caso di aperture di strade e di cave, di posa di condotte per impianti industriali e civili e di palificazioni nell'ambito e in vista delle aree indicate alle lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 136 ovvero in prossimità degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dello stesso articolo, la regione, tenendo in debito conto la funzione economica delle opere già realizzate o da realizzare, ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le varianti ai progetti in corso d'esecuzione, idonee ad evitare pregiudizio ai beni protetti da questo Titolo. La medesima facoltà spetta al Ministero, che esercita previa consultazione della regione. 2. Per le zone di interesse archeologico elencate all'articolo 136, lettera c), o all'articolo 142, comma 1, lettera m), la regione consulta preventivamente le competenti soprintendenze. 9

3 ASPETTI VEGETAZIONALI 3.1 Inquadramento vegetazionale Con il termine "vegetazione" deve intendersi l'insieme degli individui vegetali nella loro disposizione naturale, cioè il complesso delle presenze qualitative, integrate da valutazioni quantitative per ogni singola specie, e delle relazioni reciproche. Si parla di "vegetazione reale" per indicare le presenze effettive, cioè quanto è visibile e direttamente riscontrabile, mentre si intende per "vegetazione potenziale" la vegetazione che sarebbe presente negli stadi spontanei dell'evoluzione naturale, cioè le forme e le strutture che la vegetazione avrebbe assunto alle attuali condizioni climatiche ed edafiche in assenza di interferenze. 3.1.1 Vegetazione potenziale La regione Emilia-Romagna si colloca all estremo meridionale della zona fitogeografica medioeuropea, a contatto con la zona mediterranea. La composizione specifica della vegetazione naturale si manifesta come risultante dell azione di due principali fattori, rappresentati dal gradiente altitudinale e da quello longitudinale, quest ultimo influenzato dalla distanza variabile dal mare Adriatico. Secondo Carlo Ferrari 1 è il gradiente altitudinale quello maggiormente determinante descrivibile attraverso quattro fasce vegetazionali: fascia dei querceti misti xerofili (submediterranea), fascia dei querceti misti mesofili (medioeuropea), fascia dei faggeti (subatlantica), fascia degli arbusteti a mirtilli (oroboreale). a) Querceti misti xerofili Rientrano nell ordine dei Quercetalia pubescenti-petraeae (Br.-Bl. 1931) e caratterizzano la vegetazione delle colline sublitorali romagnole e il territorio della Romagna interna. Si tratta di querceti troppo spesso e facilmente inquadrati nell alleanza Ostryo-Carpinion orientalis (Horvat 1959). Ubaldi precisa che considerato come alleanza, l Ostryo-Carpinion orientalis è applicato in letteratura in modo generalmente assai più vasto di quanto gli compete, soprattutto per l Italia, facendo invece riferimento al Quercion humili-petrae Br-Bl. 1932 individuando la sub-alleanza Cytisophyllo sessilifolii Quercenion humilis Ubaldi (1988) 1995 (nome originale: Cytiso sessilifolii- Quercenion pubescentis), comprendente i querceti a roverella delle aree collinari e submontane emiliano-romagnole. Queste formazioni possono essere fortemente xeriche e presentarsi come zonali sui versanti caldi, in opposizione agli ostrieti semimesofili dei versanti freschi, specificandosi nell associazione del Knautio purpureae Quercetum humilis Ubaldi et al.93 ex Ubaldi 95 (nome originale: Knautio-Quercetum pubescentis) propria di stazioni aride; sulle colline romagnole 1 In Guida alla vegetazione dell Emilia-Romagna, a cura di M.Tomaselli, Collana Annali Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Università di Parma, 1997 10

prossime al mare si individua il Clematido flammulae-quercetum pubescentis Ubaldi et Rondini in Ubaldi et al. 93. b) Querceti misti semi-mesofili e mesofili La fisionomia delle formazioni ascrivibili a questa fascia sono molto varie: ostrieti, cerretoostrieti, cerreti, castagneti abbandonati, cedui di castagno. In ragione della composizione specifica sono definibili come boschi a Ostrya carpinifolia e Laburnum anagyroides riconducibili dal punto di vista fitosociologico all alleanza Laburno-ostryon (Ubaldi 1980, 1995). L alleanza comprende boschi semimesofili dell Appennino centrale (fino al Molise) e settentrionale (fino al piacentino), diffusi su substrati più o meno carbonatici o basici (calcari, marne, flysch, argille, ecc.) e suoli leggermente acidi o neutro-basici, in aree submontane, collinari e fino a basso-montane, tipicamente su versanti freschi. 2 I tipi fisionomici di questi boschi sono fortemente influenzati dalla capacità drenante del suolo inversamente proporzionale al contenuto argilloso del substrato: all aumentare di quest ultimo aumenta la presenza del cerro, passando da ostrieti a ostrio-cerreti e a cerrete vere e proprie. Rientrano chiaramente nel Laburno-ostryon castagneti su suolo non spiccatamente acidificato e generalmente misti con carpino nero, consociazioni dovute ad abbandono colturale e successiva colonizzazione da parte delle specie boschive spontanee 3. Nell ambito del Laburno-ostryon Ubaldi distingue la razza ad Helleborus viridis, razza geografica dell appennino emiliano-romagnolo, differenziata da Acer opulifolium ed Helleborus viridis. L associazione Ostryo-Aceretum opulifolii (Ubaldi et al. 1987 e 1993) può comprendere tutte le formazioni emiliano-romagnole che si possono presentare nelle facies di ostrieto o di ostriocerreta. I querceti misti delle aree submontane interne, maggiormente fresche o piovose, a contatto con le faggete sono stati descritti con la sub-associazione dryopteridetosum (già considerata come associazione Dryopterido-Ostryetum). Dal punto di vista sintassonomico la forma tipica è rappresentata da un bosco dominato dal carpino nero, su suoli ben drenati, dotati di scheletro, su formazioni calcareo-arenacee compatte (es. formazione dello Schlier). Su suoli argillosi e argilloso-arenacei il bosco si presenta dominato dal cerro, o misto cerro e carpino nero, costituendo la sub-associazione platantheretosum, la più diffusa a livello regionale. c) Faggeti A ridosso degli 800-1000 m di quota inizia la fascia dei faggeti che può estendersi fino ai limiti superiori della vegetazione forestale potenziale (1700-1800 m). L alleanza di riferimento è il Geranio nodosi - Fagion (Gentile 1974), che include le associazioni di faggeta e abieti-faggeta delle Alpi sud-occidentali e dell Appennino settentrionale e centrale, anche se va precisato che alcune specie indicatrici dell alleanza (Trochiscanthes nodiflorus, Doronicum pardalianches e Corallorhiza trifida) mancano nell Appennino toscoromagnolo e in quello dell Italia centrale. I boschi del Geranio nodosi Fagion si trovano sia su substrati calcicoli sia su arenarie e scisti. 2 In La vegetazione boschiva d Italia Manuale di Fitosociologia forestale, D. Ubaldi, CLUEB, Bologna 2003. 3 Cfr. nota n.2 11

A livello regionale sono state descritte diverse associazioni. L associazione di faggeta di riferimento è Aceri platanoidis - Fagetum (Ubaldi et Speranza 1985) descritta per l Appennino tosco-romagnolo ed interessante una fascia generalmente compresa tra 800 e 1200 m di quota; si tratta di faggeta considerata moderatamente termofila o indicata come del livello montano inferiore. I tipi termofili includono molte specie del gruppo di Lathyrus venetus, mentre in quelli più mesofili è diffusa Cardamine trifolia e compaiono felci come Phyllitis scolopendrium, Polystichum aculeatum e P. setiferum. La componente arborea comprende Acer pseudoplatanus, A. opulifolium e A. platanoides, Fraxinus excelsior, e anche Abies alba; possono aggiungersi Acer campestre e Prunus avium nella variante aceretosum campestris, Tilia platyphyllos nella variante tilietosum. d) Vegetazione igrofila azonale Nei fossi e negli impluvi il riferimento evolutivo è rappresentato dalle comunità vegetali ascrivibili all alleanza Alno-Ulmion (Br.-Bl. et Tuxen ex Tchou 1948) e all alleanza Salicion albae (Soò 1930 e Moor 1958): la prima comprende le associazioni degli ambienti umidi raramente inondati, boschi igrofili con dominanza di ontano nero ed olmo campestre; la seconda interessa formazioni di boscaglie pioniere su suoli poco evoluti frequentemente interessati dal passaggio dell acqua. e) Arbusteti Per quanto riguarda le cenosi arbustive di successione secondaria i consorzi sono riferibili all ordine Prunetalia spinosae (Tuxen 1952), categoria sintassonomica che raggruppa i mantelli ed i cespuglieti legati ai boschi di caducifoglie da condizioni dinamiche di ricostruzione o degradazione. Per il territorio studiato i tipi di riferimento principali sono: pruneti mesofili, pruneti termofili, arbusteti decidui sub-mediterranei, formazioni a ginepro comune. I pruneti mesofili, con l alleanza Pruno-Rubion ulmifolii, comprendono cespuglieti di margini o zone proprie di boschi mesofili del Fagion e del Laburno-ostryon, con Prunus spinosa, Rubus ulmifolius, Sambucus nigra, Crataegus monogyna, Rosa canina, Juniperus communis. I pruneti termofili (es. Ligustro-prunetum o affini) interessano suoli più aridi su substrati carbonatici, ai margini e nelle zone proprie dei querceti misti xerofili (Quercion humili-petrae, Ostryo-Carpinion orientalis), con Prunus spinosa, Ligustrum vulgare, Cytisus sessilifolius, Crataegus monogyna, Rosa canina e Juniperus communis. Gli arbusteti decidui sub-mediterranei, rappresentati dal Cytision sessilifolii, coinvolgono associazioni di mantello di boschi presenti su substrato calcareo e marnoso-arenaceo, a contatto con boschi misti di caducifoglie a prevalenza di carpino nero, roverella e cerro, si presentano con Prunus spinosa, Rubus ulmifolius, Cytisus sessilifolius, Pyrus sp., Cotinus coggygria, Pyracantha coccigea, Spartium junceum. Si distinguono due gruppi: 12

a) arbusteti a ginestra (Spartium junceum) e citiso a foglie sessili (Cytisus sessilifolius), che rappresentano il mantello eliofilo in contatto con boschi di roverella (Quercus pubescens) e di carpino nero (Ostrya carpinifolia); b) arbusteti a ginepro comune (Juniperus communis), che rappresentano i mantelli dei suoli marnoso-arenacei, costituiscono la vegetazione di sostituzione sia nelle serie regressive che nelle successioni. f) Prati da sfalcio, prati semipermanenti e praterie I prati da sfalcio sono principalmente rappresentati da colture erbacee regolarmente soggette a semina, sfalcio e aratura a base di leguminose (es. Medicago sativa, Onobrychis viciifolia) o con foraggere miste. Le formazioni erbacee sono riconducibili al Mesobromion erecti e allo Xerobromion erecti in ragione della diversa aridità stazionale. Possono richiamarsi all Agropyro-Dactyletum (Ubaldi 1976 - Ubaldi et. al. 1982) ove si tratti di praterie post-colturali, completamente abbandonate o soggette a pascolo, a prevalenza di graminacee tra cui risultano diffusi Brachypodium sp. e Bromus erectus. Nei prati e prati-pascoli o nelle post-colture più recenti sono abbondanti le specie proprie delle praterie da sfalcio (Dactylis glomerata, Agropyron repens, Bromus erectus, Cynosurus cri status, Festuca rubra, Lolium perenne, Poa pratensis, ecc.) o nelle coltivazioni (Medicago sativa). Nelle stazioni più asciutte vegetano praterie aride dello Xerobromion (Br.-Bl. et Moor 38) a predominio di graminacee perenni spesso ricche in camefite. g) Boscaglie igrofile montane Nuclei di vegetazione ripariale che formano boscaglie o arbusteti di specie igrofile (es. Salix purpurea e S. eleagnos). 3.1.2 Vegetazione reale a) Formazioni forestali dell orizzonte montano e submontano fresco a dominanza di faggio (faggete) In condizioni stazionali ottimali, corrispondenti ad esposizioni settentrionali (NW-N-NE) e a quote tra 800 e 1200 m, la faggeta si presenta pressoché monospecifica e con un sottobosco frequentemente ridotto per la densità elevata e la copertura continua e compatta. Il corteggio delle specie secondarie, generalmente meso-termofile suggerisce condizioni temperate. Nelle esposizioni comprese tra Est, Sud e Ovest, a quote indicativamente inferiori agli 800 m e nelle aree di transizione alla fascia dei querceti, al faggio si accompagnano, in via principale, cerro, carpino nero, castagno, acero opalo e acero campestre, che localmente possono raggiungere percentuali di presenza fino al 30%. Sporadica è invece la presenza di frassino maggiore, acero di monte, olmo montano, tiglio, carpino bianco, orniello, roverella, ciliegio, salicone, maggiociondolo, farinaccio e pero selvatico. Le specie diffuse nel piano arbustivo sono Juniperus communis, Cornus mas, Daphne laureola e Crataegus monogyna, cui si accompagnano Corylus avellana e Sambucus nigra in 13

situazioni fresche o in aree di compluvio, Lonicera xylosteum e Prunus spinosa nelle stazioni più asciutte. Il corredo erbaceo è definito dalla diffusa presenza di specie nemorali mesofile come Geranium nodosum, Primula vulgaris, Sanicula europaea, Cyclamen hederifolium, Cyclamen repandum, Hepatica nobilis, Cardamine bulbifera, Helleborus spp., e Luzula nivea, caratterizzato da altre graminacee in stazioni termofile come Festuca heterophylla, Bromus spp., Sesleria (Sesleria spp.) e Brachypodium pinnatum, mentre in siti particolarmente freschi compaiono Galium odoratum, Mercurialis perennis, Pteridium aquilinum, Phyllitis scolopendrium, Cardamine heptaphilla, Cardamine trifolia, Lunaria rediviva. b) Fustaie miste di specie mesofile a prevalenza di cerro (Quercus cerris) e carpino nero (Ostrya carpinifolia) Sono formazioni forestali miste di cerro e carpino nero, con il cerro leggermente più abbondante rispetto al carpino nero; le due specie, nella maggior parte dei popolamenti, dominano nettamente rispetto alle altre latifoglie che concorrono a costituire il soprassuolo, con eccezione del faggio (Fagus sylvatica) che, in alcuni casi, partecipa in egual misura e fino a diventare preponderante in aree ristrette. La composizione specifica mostra una spiccata mesofilia molto ben rappresentata soprattutto nelle aree d impluvio e nei versanti esposti a nord. Tra le specie consociate riscontrabili in ordine di frequenza decrescente: faggio, castagno (Castanea sativa), acero opalo (Acer opulifolium), ciliegio (Prunus avium), orniello (Fraxinus ornus), acero campestre (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens), carpino bianco (Carpinus betulus), ciavardello (Sorbus torminalis), sorbo montano (Sorbus aria), salicone (Salix caprea), tiglio (Tilia plathyphyllos) e frassino maggiore (Fraxinus excelsior). La struttura è prevalentemente coetaniforme scaturita da interventi di conversione all alto fusto dei cedui invecchiati, i cui primi tagli di avviamento hanno avuto inizio intorno al 1980. Il sottobosco è caratterizzato da arbusti quali Daphne laureola, Cytisus tintoria, corniolo (Cornus mas), Lonicera xylosteum e da vegetazione erbacea simile a quella della faggeta più termofila. c) Cedui misti a predominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) e cerro (Quercus cerris) Questa tipologia fisionomica comprende cedui invecchiati con formazioni che si possono distinguere per una più o meno marcata mesofilia in ragione della profondità del suolo e dell esposizione dei versanti che ospitano i soprassuoli. Nelle stazioni a regime idrico favorevole si accompagnano al carpino nero e al cerro, acero opalo, faggio (Fagus sylvatica), castagno (Castanea sativa), carpino bianco (Carpinus betulus) e ciliegio (Prunus avium). Nelle stazioni più asciutte carpino nero e cerro pur rimanendo dominanti incontrano la forte partecipazione di specie più termofile che maggiormente si adattano a stazioni caratterizzate da elevata temperatura, periodi di aridità, e substrato pedologico superficiale. In ordine di frequenza decrescente sono presenti: orniello (Fraxinus ornus), roverella (Quercus 14

pubescens), acero campestre (Acer campestre), sorbo montano (Sorbus aria). Le matricine, prevalentemente di roverella, risultano a distribuzione irregolare e talvolta, per il grado di invecchiamento del ceduo, sono difficilmente riconoscibili tra i polloni. La struttura è prevalentemente irregolare e la densità delle ceppaie disforme. La roverella, insieme a qualche sorbo domestico, e nel piano erbaceo a Helycrisum italicum e Teucrium chamaedris, può localmente dominare nei tratti a spiccate condizioni xeriche. Lo strato arbustivo si differenzia in funzione della maggiore o minore copertura del suolo che viene influenzata principalmente dalla fertilità locale della stazione così da avere nelle stazioni più fertili la presenza marcata di nocciolo (Corylus avellana), e in minor misura di corniolo (Cornus mas) e laureola (Daphne laureola), mentre nelle zone più aperte e meno fertili abbondano ginepro (Juniperus communis), biancospino (Crataegus monogina), prugnolo (Prunus spinosa), e Rosa sp.. A livello erbaceo sono assai diffuse alcune graminacee come Brachypodium pinnatum (nelle aree più aperte), Brachypodium sylvaticum e Festuca heterophylla, e alcune specie nemorali mesofile come Primula vulgaris, Hepatica nobilis, Cyclamen repandum, Fragaria vesca, Helleborus sp. e Cardamine sp.. d) Cedui invecchiati misti di specie mesofile e termo-mesofile: carpino nero (Ostrya carpinifolia) e cerro (Quercus cerris). Il carpino nero (Ostrya carpinifolia) e il cerro (Quercus cerris) sono le due specie principali in termini di frequenza, a cui si accompagnano nelle varianti fresche il faggio (Fagus sylvatica) e il castagno (Castanea sativa), e, molto più sporadicamente, carpino bianco (Carpinus betulus) e ciliegio (Prunus avium); nelle varianti più termofile aumentano roverella (Quercus pubescens), orniello (Fraxinus ornus), acero opalo (Acer opalus), e sporadicamente farinaccio (Sorbus aria) e maggiociondolo (Laburnum anagyroides). Le specie che maggiormente compongono il sottobosco arbustivo sono ginepro (Juniperus communis), biancospino (Crataegus monogina), citiso a foglie sessili (Citisus sessilifolius), nocciolo (Corilus avellana), prugnolo (Prunus spinosa), corniolo (Cornus mas), ginestra dei carbonai (Sarothamnus scoparius) e Sesleria italica. Nell ambito di questa tipologia si possono distinguere ulteriormente due forme che differiscono per struttura e densità: - ceduo invecchiato degradato, a struttura irregolare per i diversi livelli di degrado e per la presenza di rinfoltimenti di conifere; - ceduo invecchiato a struttura irregolare per l alternanza di zone degradate di scarsa fertilità a zone a minor degrado e mediocre fertilità. Nel primo tipo si riscontrano molte irregolarità nella distribuzione di matricine e ceppaie, con numerose aree scoperte per erosione e chiarie variamente sparse dove si è insediata una ricca vegetazione arbustiva (ginepro comune, biancospino, citiso a foglie sessili, prugnolo, ginestra), 15

associata ad un robusto tappeto di graminacee a prevalenza di brachipodio (Brachypodium pinnatum); i rinfoltimenti di conifere si presentano con sviluppo stentato e numerose fallanze; tali soprassuoli sono localizzati soprattutto su versanti in esposizioni meridionali e comunque su suoli poveri ed a tratti inospitali, che rallentano lo sviluppo ad uno stadio evolutivo superiore. Il secondo tipo è prevalentemente collocato in stazioni in esposizione nord o di fondo valle su suoli mediamente più profondi rispetto al tipo precedente; la struttura è tendenzialmente monoplana con una regolare distribuzione di ceppaie e matricine, e i polloni hanno generalmente una buona conformazione; il piano erbaceo è ricco di specie nemorali (Viola sp.; Fragaria vesca; Primula vulgaris; Pulmonaria vallarsea; Erythronium dens-canis, Helleborus bocconei). e) Cedui misti a predominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) e roverella (Quercus pubescens) La specie che con più frequenza si accompagna a carpino nero (Ostrya carpinifolia) e roverella (Quercus pubescens) è l orniello (Fraxinus ornus); in subordine sono presenti acero opalo (Acer opalus), cerro (Quercus cerris) e, molto più sporadicamente, castagno (Castanea sativa). Il sottobosco arbustivo è discretamente diffuso con citiso a foglie sessili (Cytisus sessilifolius), emero (Coronilla emerus), ginestra odorosa (Spartium junceum), viburno (Viburnum lantana), sanguinella (Cornus sanguinea). Nell ambito di questa tipologia si distinguono due forme che differiscono per struttura, densità e aspetto edafico: 1) ceduo degradato a struttura irregolare e densità rada; 2) ceduo a struttura regolare e densità normale. Nel primo tipo si riscontrano molte irregolarità nella distribuzione di matricine e ceppaie, con numerose chiarie variamente sparse dove si è insediata una ricca vegetazione arbustiva (citiso a foglie sessili, ginestra odorosa, ginepro comune, biancospino), alcune delle quali sono state rinfoltite con conifere (pino nero e pino silvestre). Tali cedui sono frequentemente localizzati ai margini dei coltivi e su versanti in esposizioni meridionali. Le fertilità sono contenute o mediocri, con polloni mal conformati e di sviluppo stentato. Il secondo tipo si presenta a struttura tendenzialmente monoplana, con una regolare distribuzione di ceppaie e matricine e con polloni di buona conformazione, mentre il sottobosco arbustivo non differisce da quello appena descritto. f) Ceduo misto di specie termofile a predominanza di roverella (Quercus pubescens). Sono formazioni caratterizzate principalmente dalla roverella, cui si accompagna l orniello e, in minor misura, il carpino nero; con diffusione nettamente subordinata o saltuaria sono presenti altre specie arboree quali ciliegio (Prunus avium), castagno (Castanea sativa), ciavardello (Sorbus torminalis), acero opalo (Acer opulifolium). Il terreno si presenta con frequenza superficiale e caratterizzato da una elevata propensione all erosione. 16

In tali difficili condizioni la roverella è la specie maggiormente in grado di vegetare e diffondersi, formando compagini frequentemente di aspetto arbustivo, piuttosto frammentarie e discontinue, a causa della povertà della stazione. Sono ambienti caratterizzati da elevata temperatura, periodi di aridità piuttosto accentuati, e substrato pedologico superficiale. Anche nell ambito di questa formazione si può distinguere un ceduo a struttura irregolare da uno a struttura regolare. Il ceduo a struttura irregolare è caratterizzato dalla presenza di brachipodio (Brachypodium pinnatum) e da un piano arbustivo di specie tipiche di ambienti mediterranei xerofili, tra cui il citiso (Cytisus sessilifolius) e la coronilla (Coronilla emerus). La densità è variabile, ma per lo più si tratta di popolamenti forestali aperti e spesso frammentati, classificabili come boscaglia di roverella. Questa si distribuisce soprattutto nei versanti esposti a Sud, e comunque su suoli sottili ed a tratti rocciosi, che impediscono lo sviluppo ad uno stadio evolutivo superiore. Il ceduo a struttura regolare non presenta variazioni nella composizione specifica, possiede una distribuzione di matricine regolare ed omogenea, ed una densità colma. Il sottobosco è molto più ricco di specie nemorali (Viola sp.; Fragaria vesca; Primula vulgaris; Pulmonaria vallarsea; Erythronium dens-canis, Helleborus viridis), il suolo è ben drenato, poco o mediamente profondo e moderatamente fresco. g) Fustaie di origine antropica Una importante porzione del territorio è occupato da soprassuoli di conifere di impianto antropico su ex-coltivi e pascoli abbandonati e su terreni a suolo degradato; la loro introduzione, in gran parte realizzata negli anni 1970, è stata dettata dalla possibilità di ricostituire suoli depauperati e di aumentare la superficie boscata più che da intenzioni produttive. La specie maggiormente impiegata sul territorio in esame è il pino nero (Pinus nigra); nella fascia propriamente montana (es. Complesso Forestale Alto Montone e Alto Tramazzo, Demanio Regione Emilia-Romagna) è stato impiegato in forma massiccia l'abete rosso, in alcune zone anche in purezza, più frequentemente in mescolanza con pino nero e pino silvestre (Pinus sylvestris), e anche abete bianco (Abies alba) e douglasia (Pseudotsuga menziesii) nelle stazioni più fresche. Altre specie impiegate con significato accessorio sono pino strobo (Pinus strobus), larice (Larix decidua), abete greco (Abies cephalonica), cedro dell Atlante (Cedrus atlantica), abete del Colorado (Picea pungens), e cipresso di Lawson (Chamaecyparis Lawsoniana). Meno abbondante e diffuso è stato l'utilizzo di latifoglie con individui di ontano napoletano, frassino maggiore, cerro, faggio, ciliegio, castagno, sorbo selvatico e acero di monte; le latifoglie sono state utilizzate frequentemente nei risarcimenti delle fallanze degli impianti di conifere e negli impianti più recenti. I tipi strutturali riscontrabili sono posticcia, spessina, perticaia e giovane fustaia; limitatamente agli impianti meno recenti e locali condizioni stazionali di buona fertilità possono riscontrarsi tratti di fustaia adulta. All interno dello stesso popolamento di impianto spesso la 17

coesistenza di più specie e il variare della fertilità stazionale su aree anche ristrette determinano una certa disformità strutturale. h) Castagneti da frutto Nell ambito del quadro vegetazionale i castagneti rappresentano il risultato della secolare opera di sostituzione-trasformazione dell uomo sui consorzi vegetali naturali, precisamente sui querceti e sugli ostrieti. Sono soprassuoli dotati di una discreta fertilità stazionale con suoli mediamente profondi e ben drenati. Il piano arbustivo è abbondante nei castagneti non regolarmente coltivati e in quelli abbandonati: le specie più rappresentate sono nocciolo (Corylus avellana), rovo (Rubus sp.), biancospino (Crataegus monogyna), prugnolo (Prunus spinosa), laureola (Daphne laureola), ginepro (Juniperus communis) e sambuco (Sambucus nigra). Nei castagneti in abbandono sono inoltre diffusi individui di specie arboree autoctone la cui distribuzione, abbondanza e composizione specifica varia in ragione della vicinanza di piante disseminatrici e dei meccanismi di propagazione propri delle singole specie. Le specie più rappresentate sono carpino nero, orniello, faggio, acero opalo, acero campestre e cerro; gli sviluppi differenziati per la diversa fertilità locale e le varie epoche di insediamento degli individui sono causa di strutture caotiche e/o irregolarmente disetaneiformi. Lo strato erbaceo comprende tra le specie maggiormente diffuse: salvia vischiosa (Salvia glutinosa), fegatella (Hepatica nobilis), geranio nodoso (Geranium nodosum), primula comune (Primula vulgaris), ranuncolo lanuto (Ranunculus lanuginosa), Helloborus sp., festuca dei boschi (Festuca heterophylla), felce aquilina (Pteridium aquilinum). i) Formazioni forestali igrofile I boschi igrofili e ripari sono generalmente riconducibili a tre tipologie, spesso compenetrate tra loro: boschi ripariali a Salix alba (Salicetum albae); boschi igrofili a Populus alba e Populus nigra (Populetum albae); boschi igrofili ad Alnus glutinosa (Aro italici-alnetum glutinosae). La fisionomia può assumere aspetti della foresta a galleria, le strutture sono in genere pluristratificate e disetaneiformi, a prevalenza di pioppo nero (Populus nigra), e subordinatamente salice bianco (Salix alba), e più raramente ontano nero (Alnus glutinosa); è talora presente la robinia (Robinia pseudoacacia). Nel piano dominato possono essere presenti carpino bianco (Carpinus betulus), olmo campestre (Ulmus minor), acero campestre (Acer campestre), nocciolo (Corylus avellana), sambuco (Sambucus nigra). Nel sottobosco arbustivo sono riscontrabili sambuco, sanguinello (Cornus sanguinea), fusaggine (Euonymus europaeus), ligustro (Ligustrum vulgare), biancospino (Crataegus monogyna), rovo (Rubus caesius e R. ulmifolius), mentre nel piano erbaceo sono presenti Ruscus aculeatus, Arum italicum, Phyllitis scolopendrium, Brachypodium sylvaticum, Vinca minor, Pulmonaria officinalis, Salvia glutinosa, Cardamine bulbifera, Ranunculus lanuginosus, Petasites 18

hybridus, Symphytum tuberosum, Carex pendula ed altre specie degli orli erbacei igrofili. Le specie rampicanti e sarmentose sono rappresentate da Hedera helix, Tamus communis, Humulus lupulus, Solanum dulcamara. l) Arbusteti e formazioni di successione secondaria Nella fascia montana gli arbusteti di post-coltura possono essere ascritti alle sottocategorie degli arbusteti neutro-basifili, che si possono dividere secondo la fertilità e/o l umidità in due tipi: a) pruneto, formato da specie più esigenti e spesso misto a specie legnose; b) ginepreto di Juniperus communis, relativamente xerofilo e spesso probabilmente favorito dal pascolo. Il pruneto all interno del ciclo evolutivo delle cenosi di neoformazione, non occupa un ruolo di invasione di carattere pioniero in senso stretto, in quanto gli arbusti di questa tipologia si instaurano su terreni già abbastanza profondi e relativamente fertili. Gli arbusteti a ginepro si presentano con cespugli di ginepro di vario sviluppo ed età, sparsi su prateria xeromorfa in molti casi tenuta rasa dal pascolamento ancora attivo; talvolta questo tipo si trova in consociazione con arbusti del pruneto, più o meno radi, in ragione di assenza o proseguimento dell attività di pascolo. La componente arborea è composta principalmente da carpino nero, faggio e cerro, cui si accompagnano ciliegio, orniello, roverella e perastro, mentre sporadica è la diffusione di castagno, salicone, acero campestre, carpino bianco, pioppo, ontano napoletano, farinaccio e acero opalo. La componente arbustiva annovera la costante presenza di ginepro, biancospino e prugnolo, accompagnati da rosa canina, rovi e corniolo, e subordinatamente sambuco, sanguinella, vitalba e nocciolo. Il piano erbaceo è a prevalenza di graminacee tra le quali domina Brachypodium pinnatum accompagnato con frequenza da Bromus erectus. Alle quote inferiori in ambienti basso montani e collinari, su suoli acidi possono riscontrarsi Erica arborea, Calluna vulgaris, Genista pilosa, Cistus salvifolius, Pteridium aquilinum; su terreni neutro-basici in stazioni fresche sono diffuse Spartium junceum, Cytisus sessilifolius e Juniperus communis. m) Prati, praterie e pascoli I prati da sfalcio sono principalmente rappresentati da colture erbacee regolarmente soggette a semina, sfalcio e aratura a base di leguminose (es. Medicago sativa, Onobrychis viciifolia) o con foraggere miste. Per le fasce submontana e montana a livello di praterie si evidenzia una situazione di relativa omogeneità caratterizzata dai brometi distinguibili nelle varianti xeriche (xerobrometi) e relativamente fresche (mesobrometi). Nelle aree propriamente utilizzate a pascolo e prato-pascolo 19