Ordini del giorno approvati dal 16 congresso Cgil del Trentino (Rovereto, 2/3 febbraio 2006) 1. SOLIDARIETA' AI LAVORATORI OR.VE.A Accolto dalla commissione politica 2. SOSTEGNO AL SETTORE TESSILE Accolto dalla commissione politica 3. NO ALL'INCENERITORE Favorevoli 81 Contrari 63 Astenuti 39 4. SOLIDARIETA' AGLI ABITANTI DELLA VALLE DI SUSA E TAV Favorevoli 77 Contrari 72 Astenuti 26 5. SVENDITA POSTE ITALIANE Accolto dalla commissione politica Segue il testo integrale degli ordini del giorno
SOLIDARIETA' AI LAVORATORI OR.VE.A Il XVI Congresso della Cgil del Trentino esprime solidarietà ai lavoratori dell'or.ve.a che sono sottoposti a minacce di licenziamento ed a continue e immotivate vessazioni da parte della Direzione aziendale. Un comportamento già censurato dal Pretore con sentenza del 15 luglio scorso il quale condannava l'or.ve.a. per il suo comportamento antisindacale e di vera e propria vessazione messa in atto nei confronti della Filcams e dei delegati sindacali. Una lotta i cui esiti riguardano tutti i lavoratori e lavoratrici trentini e che la Cgil intende sostenere in tutte le sedi opportune nella convinzione della giuste ragioni che stanno alla base di questa battaglia finalizzata a ripristinare le normali relazioni sindacali e l'applicazione dei contratti in essere. Il XVI Congresso della Cgil del Trentino ritiene la lotta dei lavoratori dei supermercati OR.VE.A. una battaglia di principio e rappresentativa dell'intero comparto del commercio per il rispetto del CCNL. Lavoratori e lavoratrici che non intendono vendere la propria dignità per un pugno di denari, ma difendono i loro diritti di lavoratori e di delegati sindacali rivendicando il diritto a contrattare le loro condizioni di lavoratori a partire dall'orario di lavoro settimanale. Per questi motivi il XVI Congresso invita tutti ad esprimere concreta solidarietà ai lavoratori colpiti da provvedimenti disciplinari, da trasferimenti ingiustificati e da minacce di licenziamento. La Cgil non può permettere che una Direzione aziendale perpetui un accanimento ingiustificato e mirante ad umiliare un'organizzazione sindacale ed i suoi associati. SOSTEGNO AL SETTORE TESSILE I processi di rapido e strutturale cambiamento che negli ultimi anni hanno ridisegnato la filiera produttiva del sistema industriale della moda italiana; le proposte sindacali e le politiche di innovazione, qualificazione, internazionalizzazione con i conseguenti cambiamenti anche degli assetti organizzativi e dimensionali delle imprese, hanno urgente bisogno, per le lavoratrici ed i lavoratori di ogni professionalità, coinvolti dal costante cambiamento e per costruire il nuovo e competitivo settore, di un sindacato organizzato ed adeguato, in termini di risorse complessive, umane ed economiche, a svolgere i compiti di negoziatori del cambiamento, di tutela, rappresentanza e rappresentatività del lavoro,per affrontare con efficacia tale inedita e complessa sfida.
A tal fine, la scelta politica e strategica, di investire in questa direzione, sottoposta da anni dalla categoria dei tessili alle istanze competenti, spetta ora a questo XVI Congresso della CGIL. Una scelta chiara, trasparente e responsabile che, nell'anno del centenario della nascita della Confederazione può e deve essere parte del profilo di innovazione e cambiamento, capace di parlare anche alle donne ed agli uomini dell'industria del made in Italy che, dal 1901 quando nacque il Sindacato Nazionale delle "Arti Tessili" ha contribuito a tenere insieme, cultura, creatività, professionalità ed una storia sindacale fatta di battaglie e conquiste, di tutele e diritti per tante donne che anche oggi hanno diritto ad avere rispetto, pari opportunità, pari dignità nell'organizzazione di cui vogliono restare parte attiva anche nel nuovo millennio e di contribuire al futuro della CGIL. NO ALL'INCENERITORE La gestione dei rifiuti è diventato sempre più un problema di rilevanza nazionale e locale che coinvolge tutti i cittadini, le Amministrazioni, le realtà sociali fino alle politiche di gestione del territorio. Il modello di sviluppo che ci viene proposto ed entro cui ci muoviamo, ha generato un vorticoso aumento di rifiuti. Una situazione creata da una politica che non ha voluto mettere mano in modo serio, programmatico e lungimirante al problema portando il Paese in uno stato di emergenza, tanto che il sistema discariche non è più in grado di reggere finendo con l'alimentare forme di smaltimento illegale dei rifiuti. Accertato che gli inceneritori basano il loro funzionamento sulla combustione dei rifiuti e che per questo producono quantità elevate di diossine e di altri inquinanti oltre a quantità elevate di scorie e ceneri che devono essere smaltite in discariche speciali, compito degli amministratori pubblici è quello di individuare soluzioni alternative al pericolo che deriva dall'incenerimento dei rifiuti. Non solo, ma recuperare energia bruciando i rifiuti oltre ad essere dannoso per la salute è anche uno spreco energetico ed economico. Bruciare le plastiche che sono di derivazione petrolifera equivale a bruciare combustibili fossili. Bruciare la carta e il cartone significa spreco di risorse (energia, acqua e foreste) che al contrario si possono risparmiare riciclando i diversi materiali cartacei. Il tutto senza contare che gli inceneritori, senza le sovvenzioni economiche della collettività non sarebbero in grado di reggere economicamente i costi sempre più onerosi della loro gestione. Una diversa soluzione è possibile e già praticata in diverse parti d'italia con risultati d'eccellenza, e si chiama riciclaggio e "raccolta differenziata" dei materiali. Se la raccolta differenziata porta a porta
arriva anche solo al 70% comporta un primo grande risultato che è quello di avere la stessa quantità di residuo prodotto dall'inceneritore senza l'aggravio delle problematiche legate a quel 30 % di rifiuti speciali da smaltire in apposite discariche che rischiano di produrre forti tensioni sociali con le comunità residenti nei pressi di tali discariche. Inoltre, il processo di riciclaggio aprirebbe un nuovo mercato in cui nuove piccole e medie imprese "recuperano" i materiali riciclabili per rivenderli come materia prima o semilavorati alle imprese produttrici dei beni. Un mercato che si tradurrebbe anche in nuova occupazione. Al giorno d'oggi, a fronte dell'aumento della raccolta differenziata in Italia non esistono un'industria e un mercato in grado di accogliere tutto questo prezioso materiale che, quindi, viene esportato. Alla luce di quanto sopra la Cgil del Trentino esprime le propria contrarietà alla costruzione dell'inceneritore sia ad Ischia Podetti, che in altri siti e quindi si attiverà nella propria autonomia per individuare le possibili scelte alternative all'incenerimento dei rifiuti a partire dalla riduzione degli scarti industriali e non solo, dalla raccolta differenziata, dalle forme di riciclaggio, dalla responsabilizzazione delle imprese e dei singoli cittadini, dalla filiera distributiva con l'obiettivo di perseguire un diverso modello di sviluppo. Perché il problema rifiuti riguarda sia la questione culturale che l'attuale modello di sviluppo. La Cgil deve impegnarsi a riaprire con la Giunta provinciale una fase di discussione, allargata a tutti i soggetti sociali interessati, sulle problematiche della gestione dei rifiuti e delle conseguenze che l'inceneritore potrebbe avere sul versante della salute pubblica e dell'ambiente con lo scopo di giungere alla ISTITUZIONE DI UN FORUM PUBBLICO sulla gestione dei materiali di scarto da parte della Provincia che valuti seriamente anche le proposte alternative all'inceneritore. Infatti, non possiamo sottovalutare impatto negativo in termini di aumento dell'inquinamento da polveri sottili in presenza sia dell'impianto industriale di incenerimento che dall'aumento del traffico di camion che l'inceneritore porterebbe alla città di Trento. SOLIDARIETA' AGLI ABITANTI DELLA VALLE DI SUSA E TAV Il XVI congresso della Cgil del Trentino esprime solidarietà alla popolazione della Val di Susa che nei mesi scorsi è stata colpita da una repressione senza motivazioni plausibili se non quelle di lasciare spazio al profitto anche a costo di calpestare i diritti di un'intera valle. Per questo condanna l'intervento delle forze dell'ordine nella Val di Susa ritenendo che la politica della militarizzazione e della repressione non risolve i problemi ma gli aggrava.
La Cgil del Trentino chiede che siano ristabilite le condizioni di calma, di dialogo democratico, di incolumità delle persone, di rispetto del dissenso non violento e della libertà di circolazione che sono state fortemente perturbate dalle forze dell'ordine in queste settimane fino agli eventi gravissimi dei giorni scorsi. Riteniamo che non si possano avviare i lavori senza l'accordo delle comunità locali. Infatti per noi risulta insostenibile che scelte come la TAV, la cui attuazione incide sugli assetti idrogeologici di una vallata e che oggettivamente determina conseguenze sulle condizioni di vita di tutti coloro che vivono e lavorano nella Valle, vengano decise con imperio e senza valutare l'effettiva utilità dell'opera e le conseguenze sulla salute di coloro che vivono e lavorano nella Valle. E' un problema democratico di grande rilevanza, perché iniziative di tale portata non possono essere attuate senza il consenso di coloro che sono parte in causa diretta, rispetto alle conseguenze che queste scelte determinano. A nostro modesto avviso sarebbe opportuno utilizzare le ingenti risorse necessarie per la messa in opera della linea ad alta velocità per destinarle a sostenere lo sviluppo del nostro paese a partire dal potenziamento della rete ferroviaria per la quale, invece, il Governo ha previsto ulteriori tagli. SVENDITA POSTE ITALIANE Il Governo ha ribadito in più occasioni che vuole vendere l'azienda postale nazionale, i cui conti sono a posto dopo anni di sacrifici dei lavoratori, per fare cassa e risanare i conti pubblici. Ecco perché il 29 luglio 2005 l'amministratore Delegato Massimo Sarmi ha avviato un processo di "spacchettamento" di Poste. Da una parte la posta e i postini, dall'altra il BancoPosta e gli uffici postali. L'intento è chiaro: mettere da una parte tutti i costi, il servizio universale, il recapito e dall'altra il BancoPosta e gli sportelli finanziari con i loro 200 miliardi di euro di risparmio gestito che fanno gola a tanti. E c'è già qualcuno che una mano sopra ce la ha già messa e non vede l'ora di mettercele entrambe: è stato questo il senso dell'accordo stipulato con Banca Mediolanum che concede a quest'ultima l'utilizzo di 14.000 uffici postali a un prezzo ridicolo. C'è la fondata possibilità che tra poco inizierà la vendita a pezzi di Poste Italiane: prima i pacchi (la SDA), poi la posta elettronica e ibrida (Postel), poi il BancoPosta e gli sportelli. Magari passando, prima, da un passaggio di Poste Italiane alla Cassa Depositi e Prestiti che poi con comodo si occuperà di spezzettare i servizi attivi vendendoli al miglior offerente.
Un'operazione analoga è già stata fatta, nel silenzio generale, nel dicembre del 2003 in cui il 35% di Poste Italiane è passato a Cassa Depositi e Prestiti. Questo significherà per i cittadini ciò che fino ad oggi hanno rappresentato le privatizzazioni in Italia: meno servizi e tariffe più alte. Nel caso di Poste Italiane si provvederà a tagliare gli uffici postali, aumenteranno le spese del conto BancoPosta, il costo del bollettino, delle polizze, dei vaglia, dei bonifici, ecc. Si chiederanno tariffe più elevate a INPS e Tesoro per continuare a pagare le pensioni agli anziani. L'unicità aziendale è elemento indispensabile non solo per il futuro dell'azienda, ma anche per il futuro dei lavoratori che vi operano. La CGIL non può tollerare le azioni portate avanti, da un Governo a fine legislatura e senza alcuna legittimità morale e politica, tendenti ad accelerare un processo di svendita senza alcuna discussione e coinvolgimento né del parlamento né degli enti locali, né delle organizzazioni consumatori e né delle stesse organizzazioni sindacali che rappresentano gli interessi dei lavoratori che hanno con il loro impegno negli ultimi 10 anni contribuito in modo determinante al rilancio di Poste Italiane. Per questo motivo SLC e CGIL tutta devono impegnarsi in una battaglia di dura opposizione alla vendita di un'azienda di 150.000 lavoratori, che ha un'importanza sociale così rilevante per il Paese e ne rappresenta un'infrastruttura economica strategica. Il rischio concreto e che un Governo a fine mandato utilizzi la svendita di Poste Italiane per elargire prebende e posti nei consigli di amministrazione nelle società di nuova formazione ad amici e supporter politici. La CGIL si impegna a coinvolgere in questa battaglia le altre organizzazioni sindacali, le associazioni dei consumatori, l'anci, i patronati affinchè vengano bloccate le manovre in corso tendenti allo spezzettamento ed alla privatizzazione di Poste Italiane.