Università degli Studi di Verona Corso di Laurea in Scienze della Formazione nelle Organizzazioni L19. Pedagogia Speciale A.A. 2012 2013.



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Transcript:

Università degli Studi di Verona Corso di Laurea in Scienze della Formazione nelle Organizzazioni L19 Pedagogia Speciale A.A. 2012 2013 Fabio Corsi

Ripresa Abbiamo concluso l'incontro precedente cercando di focalizzare alcune caratteristiche innovative, necessarie alla creazione di un nuovo welfare sociale, in particolare: L'accrescimento del capitale umano (attraverso la riscoperta della cultura) per generare capitale sociale; Se tale accrescimento funziona, esso genera valore aggiunto, nelle declinazioni viste (economico, sociale, culturale, istituzionale)

Ripresa Avvicinandoci alla conclusione del corso, cerchiamo di mettere a fuoco due questioni fondamentali, in modo da non limitarci alla sola analisi dei problemi, ma provando a prospettare degli scenari futuri, a cui possono corrispondere delle opportunità: Assodato che il sistema del welfare e dei servizi alla persona è in crisi, stiamo parlando solo di una minaccia,o anche di nuove possibilità? Quindi: come possiamo concretizzare alcune delle indicazioni teoriche viste in precedenza, a partire dall'esempio dell'inserimento lavorativo per categorie protette?

Quali sono le questioni da affrontare? Partiamo dal presupposto che la crisi può rivelarsi una possibilità concreta di un nuovo inizio, poiché chi continua a sostenere che nel welfare attualmente non si possono fare riforme, se non tagli ai servizi, dice il falso, per conservare gli attuali assetti e lasciarli deteriorare. Ciò premesso, quali sono le aree su cui si innesta l'intervento? Vediamole un po' in dettaglio:

4 Macro-aree Accesso alla rete dei servizi: il welfare deve passare da un sistema di attesa ad un sistema di iniziativa, specie attraverso la collaborazione del privato sociale; Sostegno forte alla famiglia (dove sono presenti situazioni di disabilità o non autosufficienza) come principale agenzia di educazione e di care. Contrasto alla vulnerabilità sociale, come interventi di inclusione sociale (formale e informale) e sostegno economico; Giovani generazioni, e riduzione dello scandaloso numero dei NEET.

Da dove iniziare? I quattro punti precedenti rappresentano le linee guida che una seria e innovativa politica del welfare dovrebbe promuovere in questo periodo; per le nostre capacità di cittadini sono obiettivi un po' grandi. Ciò nonostante possiamo promuovere delle iniziative in tale direzione, ma a partire dal basso, in una delle accezioni che il modello teorico dell'icf ci ha insegnato a fare: l'analisi dell'ambiente in una sua accezione specifica, la comunità. La conoscenza del profilo multidimensionale della comunità è il primo passo di una seria programmazione di welfare locale. Come procedere?

Profilo multidimensionale della comunità Stilare un profilo della comunità (una sorta di carta d'identità territoriale) è il primo passo necessario per affrontarne efficacemente i problemi e organizzare un welfare d'iniziativa. Analizzare la struttura demografica, la salute della popolazione, gli stili di vita, la condizione economica e di mercato del lavoro, etc... sono dimensioni rilevanti per definire la programmazione sociale e sociosanitaria, tanto per le aziende sanitarie locali (servizi pubblici) quanto per le iniziative del privato sociale. Ecco l'ipotesi di un'efficace griglia di analisi:

Profilo territoriale Aspetti geografici e territoriali (morfologia); Tipo di rete di comunicazioni Insediamenti produttivi (come opportunità di impiego) e relative conseguenze, anche di degrado; Struttura urbana (case degradate, edilizia popolare, case sfitte, spazi verdi attrezzati e non, aree di possibile aggregazione);

Profilo demografico Dati generali sui residenti (età, occupazione, provenienza, grado di istruzione); Tipologie di nuclei familiari (di fatto e di diritto, separazioni, unipersonali, con figli, numerosità delle famiglie...); Movimento naturale della popolazione (natalità, mortalità, nuzialità, indice di popolamento e movimento migratorio)

Profilo occupazionale Tipi di attività presenti sul territorio (agricolo, commercio, industria, servizi, etc..); Sviluppo della dinamica della popolazione (numero di occupati sul totale dei residenti, disoccupazione, lavoro a tempo pieno o parziale, interinale, etc..); Quali sbocchi lavorativi ci sono per i giovani, le donne, le categorie protette, eventuali progetti speciali. Rilevanza del sommerso e del lavoro nero

Profilo dei servizi Tipologia e numero dei servizi educativi e socioassistenziali; Servizi sanitari, formativi, di avviamento al lavoro, agenzie per l'occupazione; Bilancio territoriale dei servizi (pubblici, privati, terzo settore); Censimento dei servizi (tipo, numero, collocazione, scopo, destinatari, etc..)

Profilo istituzionale Presenza e articolazione locale delle diverse istituzioni sul territorio, quali: Enti locali e aziende Ulss; Uffici decentrati dello Stato (prefettura, questura, finanza, polizia, etc); Altre istituzioni economiche, politiche, educative,religiose; Partecipazione dei cittadini (prevista, favorita, tenuta in considerazione, con quali forme, etc..)

Profilo psico-sociale Analisi della comunità come insieme di gruppi e relazioni, cogliendone il grado di apertura/chiusura, il livello di integrazione, la capacità di collaborazione: Reti di solidarietà e gruppi di volontariato, auto-aiuto a fenomeni di marginalizzazione e isolamento; Presenza di soggetti significativi (leader positivi o negativi) nella comunità

Profilo storico e antropologico culturale La dimensione storica aiuta a conoscere l'evoluzione di una comunità, mentre la lettura antropologica permette di conoscerne la cultura, riferita al sistema di valori e modelli. Sintesi: una volta elaborato il profilo della comunità occorre procedere ad una sua lettura interpretativa, in modo da tradurre ciò che rappresentano i dati (lettura) in ciò che significano i dati (progettazione dell'intervento).

Sintesi intermedia L'analisi multidimensionale della comunità, al fine di affrontare problemi e riforme (vecchi e nuovi come quelli ipotizzati in slide 4), già esiste da un punto di vista istituzionale, come avremo modo di vedere tra poco. Importa sottolineare che si tratta di una risorsa aperta, nella quale la sussidiarietà e la collaborazione tra welfare pubblico e iniziative dal basso (cioè del privato sociale, o organizzate dai cittadini) è ancora del tutto realizzabile e necessaria. Vediamo di che si tratta:

I P.U.A. (punti unici di accesso) Il Piano Sociale Nazionale (d.p.r. 3 maggio 2001) ha previsto l'istituzione in ogni ambito sociale territoriale di una porta unitaria di accesso al sistema dei servizi, al fine di garantire: Unitarietà di accesso; Capacità di ascolto; Informazioni complete ai cittadini in merito ai diritti, alle prestazioni, alle modalità di accesso ai servizi; Il 24 luglio 2003 la Conferenza Stato-Regioni dà una definizione generale di P.U.A. Vediamola

Il P.U.A. Il punto unico di accesso è una modalità organizzativa, prioritariamente rivolta alle persone con disagio derivato da problemi di salute e da difficoltà sociali, atta a facilitare l'accesso unificato alle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e sociali non comprese nell'emergenza. Il Pua è costruito sui bisogni della persona, mira a migliorare le modalità di presa in carico unitaria della stessa e ad eliminare o semplificare i numerosi passaggi ai quali la persona assistita e i suoi familiari devono adempiere. Questa la definizione: il quadro normativo si inserisce nella legge 328/2000: vediamo quindi che cosa è accaduto nelle Regioni.

Il Pua Non esistendo uno schema omogeneo di indirizzo a livello centrale (statale), i Pua hanno trovato differenti modalità di applicazione Regione per Regione. Le differenze sono state (e sono!) di tipo: Erogativo: prestazioni sociali da una parte, e sociosanitarie da altre; Organizzativo: in alcuni casi il Pua è identificabile come luogo fisico, in altre è attivato come rete di servizi. Tutti sono d'accordo su un punto: il Pua è luogo di attivazione e NON di erogazione dei servizi, sul cui modello organizzativo ancora si discute.

Il Pua: 4 ipotesi Mantenimento dello stato attuale; Modello Reticolare: il soggetto accede ai servizi da un punto qualunque, e il servizio invia al posto giusto ; Modello sistemico: front-office con lo scopo di una presa in carico globale della persona; poi i servizi si attivano e organizzano gli interventi; Modello struttual-funzionale: sistema capillarizzato di presidi di prossimità, come welfare d'iniziativa di tipo locale (contrapposto al welfare d'attesa, centrale)

Possibili esiti Indipendentemente dalle ipotesi scelte (a parte la prima, mantenimento della situazione attuale), tutte implicano almeno due processi fondamentali, che abbiamo già conosciuto: Conoscenza approfondita e articolata dell'ambiente (valutazione multidimensionale); Interrelazione tra il sistema del welfare pubblico e iniziativa privata. Le istituzioni locali si sono date degli strumenti per organizzare tali analisi e risorse, in documenti pubblici che è necessario imparare a conoscere.

PAT e PDZ I PAT (piani di assetto territoriale) fissano gli obiettivi e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni ammissibili; è redatto dai Comuni sulla base di previsioni decennali. http://www.regione.veneto.it/ambiente+e+territorio/territorio/urbanistica+e+beni+ambientali/pat.htm I PDZ (piani di zona) dei servizi sociali è lo strumento con cui si governa il sistema locale dei servizi e degli interventi sociali. Viene elaborato ed approvato dal Sindaco, qualora l ambito territoriale dell Unità locale socio sanitaria coincida con quello del Comune o dalla Conferenza dei sindaci e recepito dall Azienda ULSS. http://www.regione.veneto.it/servizi+alla+persona/sociale/piani+di+zona.htm

Sintesi intermedia Il sistema del welfare è già in fase di ri-organizzazione, all'interno di un sistema sociale e normativo che aiuta a mettere ordine e a diffondere l'informazione relativa all'accesso ai servizi e all'evidenza dei bisogni. L'iniziativa privata a sostegno dei servizi per la collettività è ben accetta e promossa dove serve, purché nel novero dell'organizzazione territoriale complessiva, di cui i documenti precedenti rappresentano la sintesi. Ogni iniziativa privata è possibile se coordinata con il territorio.

Torniamo allo sguardo generale... dei bisogni del nostro territorio nazionale ed europeo: lo scopo è acquisire consapevolezza dello stato generale della situazione sociale, almeno nei termini generali ma che sono declinabili sul nostro territorio di residenza e di intervento. Lo scopo ormai è chiaro, ma lo ribadiamo: stiamo andando verso un welfare d'iniziativa, unica via per modificare un assetto che da più parti si dimostra insostenibile. La base del welfare d'iniziativa è la partecipazione

Sostegno alla famiglia In Europa il 7% di chi vive in famiglie monoreddito è in condizione di povertà; le caratteristiche (come proiezione) sono: Nuclei familiari sempre più stretti (2,42 persone/famiglia in media); Popolazione invecchia e diminuiscono le nascite; Legami familiari meno stabili; Poca occupazione femminile e pochi servizi all'infanzia; Quindi, i servizi necessari sarebbero:

Sostegno alla famiglia Rafforzamento delle competenze familiari e autoaiuto; Promozione di ambienti di vita family-friendly, ossia rileggere il contesto urbano a misura di famiglia ; Riequilibrio delle spese dei servizi a favore di famiglie numerose o con particolari responsabilità di cura; Sostegno alla formazione di nuove famiglie; Azioni di sistema e partecipazione attiva delle famiglie alla vita delle comunità locali.

Non-autosufficienza Nel 2050 ci saranno 256 anziani ogni 100 giovani: aumento della spesa sociale e diminuzione della capacità di spesa ; cresce il bisogno di infermieri, operatori socio-sanitari, assistenti familiari sul territorio (migrant care workers and giver). Gli obiettivi di riforma sono: Fondo Nazionale della Non Autosufficienza; Indennità di accompagnamento; Qualificazione del lavoro privato, oggi prevalentemente in mano a lavoratrici straniere.

Dal cash al care Lotta alla povertà: in Italia (seguita da Grecia e Ungheria) i trasferimenti economici sociali hanno un impatto irrilevante nel ridurre la povertà (4%) contro altri Paesi (Scandinavia, Paesi Bassi, Germania, Irlanda) nei quali lo stesso sistema riduce la povertà del 50%. Il problema è gestionale: bisogna spostare l'erogazione economica dal centro (Stato) al territorio, superando il bipolarismo o contributi o servizi, come purtroppo esiste da noi.

Sintesi L'elencazione delle prospettive di intervento, locali ed europee, esulerebbe dagli scopi del nostro discorso: non è tanto importante l'analisi dettagliata delle situazioni specifiche, quanto la consapevolezza di dove poter trovare le informazioni su cui poter agire. Abbiamo già visto i luoghi dell'informazione territoriale e locale, ora diamo uno sguardo più europeista. La comunità europea esplicita l'analisi dei bisogni e le possibilità di intervento attraverso diverse iniziative: una di queste è l'anno Europeo. http://www.destinazioneeuropa.it/aec2013/default.asp http://www.europacittadini.it/index.php?it/200/anno-europeo-dei-cittadini

Sintesi Abbiamo cercato di presentare l'analisi e le possibili alternative di intervento, in una logica di welfare attivo e di iniziativa; molte sono le opportunità, nella misura un cui i cittadini decidono di aggregarsi e di organizzarsi attorno ad uno scopo-bisogno. Quindi, l'ultima domanda, alla quale cercheremo di rispondere domani: chi è il nuovo operatore sociale dentro la crisi, ossia dentro al cambiamento? Bibliografia: Devastato, G., Oltre la Crisi Ed. Maggioli, 2012 capitolo 2.