Le nuove dipendenze Prof. Giampiero Cognigni A.A. 2012-2013



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Transcript:

Le nuove dipendenze Prof. Giampiero Cognigni A.A. 2012-2013

Le nuove dipendenze Bibliografia: CARETTI Vincenzo, LA BARBERA Daniela, (ed.), Le nuove dipendenze: diagnosi e clinica, Roma, Carocci Editore, 2009; CARETTI Vincenzo, LA BARBERA Daniela, (ed.), Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2005. (la maggior parte delle slides sono citazioni dirette prese da questo testo). LUCCHINI Alfio, CICERONE Paola Emilia, Oltre l eccesso. Quando internet, shopping, sesso, sport, lavoro, gioco diventano dipendenza, Milano, Franco Angeli, 2011. PANI Roberto, BIOLCATI Roberta, Le dipendenze senza droga, Torino, UTET Universitaria, 2006.

La dipendenza patologica La ricerca di sostanze di comportamenti capaci di rendere più efficaci le prestazioni sia intellettuali che fisiche nasconde, da sempre, il sogno umano di realizzare il superamento dei limiti e dell'angoscia sperimentata nel corso delle fasi evolutive durante l'intero ciclo della vita. Questa ricerca non costituisce di per sé la precondizione delle forme di dipendenza patologica, alcune persone diventano però dipendenti da questa ricerca fino al punto di perdere la capacità di badare a se stesse e di non avere più una normale interazione dinamica con la realtà; in altre parole alcune persone diventano dipendenti secondo modalità che hanno una rilevanza sul piano clinico e sociale.

La dipendenza patologica La dipendenza patologica è una forma morbosa determinata dall'uso distorto di una sostanza, di un oggetto o di un comportamento; una specifica esperienza caratterizzata da un sentimento di incoercibilità e dal bisogno coatto di essere ripetuta con modalità compulsive; ovvero una condizione invasiva in cui sono presenti i fenomeni del craving, dell'assuefazione e dell'astinenza in relazione a un'abitudine incontrollabile e irrefrenabile che il soggetto non può allontanare da sé.

La dipendenza patologica ASTINENZA: è una condizione patologica, con eventi fisiologici e cognitivi concomitanti, che si verifica quando la concentrazione di una sostanza nel sangue declina. ASSUEFAZIONE O TOLLERANZA: corrisponde al bisogno di quantità sempre più elevate della sostanza per raggiungere l intossicazione o ad un effetto desiderato. La tolleranza presenta una forte variabilità individuale. CRAVING: è un insieme di sintomi psicopatologici che determinano un attrazione così forte verso alcune sostanze o esperienze appetibili da comportare la perdita del controllo e una serie di azioni obbligatorie tese alla soddisfazione del desiderio, anche in presenza di forti ostacoli o pericoli.

La dipendenza patologica Sebbene le dipendenze principali e maggiormente conosciute siano quelle inerenti alle droghe e all'alcol, esiste un gruppo di dipendenze legate a oggetti o comportamenti presenti nella vita di tutti i giorni che non hanno nulla a che fare con l'abuso di sostanze. La dipendenza da cibo, sesso, televisione, Internet e videogiochi, shopping compulsivo, gioco d'azzardo, lavoro eccessivo, cosi come la ricerca continua e incessante di esperienze sentimentali e di stati di innamoramento costituiscono un insieme eterogeneo che, nel suo complesso, può essere definito tossicomania oggettuale.

La dipendenza patologica Le droghe e i comportamenti di dipendenza hanno la capacità di provocare stati soggettivi di piacere e in certi casi di euforia, cioè alterazioni nello stato di coscienza ordinario, le quali forniscono la motivazione principale che alimenta il comportamento di dipendenza. Pertanto la dipendenza può scaturire da qualsiasi potente esperienza la cui sensorialità ha lo scopo di alleviare il dolore, l'ansia o altri stati emotivi negativi attraverso una diminuzione della coscienza o un innalzamento della soglia di sensibilità e, pertanto, tutte le esperienze efficaci nell'alleviare il dolore potranno inevitabilmente essere fonte di dipendenza.

La dipendenza patologica ASPETTI EVOLUTIVI-RELAZIONALI Al di là dell oggetto della dipendenza, comportamenti additivi sembrano tutti rappresentare un tentativo disfunzionale di contrastare l emergere incontrollato di vissuti infantili traumatici. Trascuratezza emotiva, abuso psicologico, fisico e sessuale, sono spesso esperienze escluse dalla coscienza ordinaria, ma che tendono a riemergere, innescando tutta una serie di operazioni che il soggetto mette in atto al fine di contrastarle, ritirandosi in stati mentali dissociati dal resto della coscienza, per mezzo di un oggetto-droga.

La dipendenza patologica Nello sviluppo psichico, i primissimi anni di vita sono di fondamentale importanza, perché decidono l imprinting relazionale della futura persona adulta. La relazione madre-figlio assume un rilievo vitale nello sviluppo psico-sociale del soggetto, poiché quest ultimo organizza e definisce i suoi modelli operativi interni di stampo cognitivo-affettivo.

La dipendenza patologica Più semplicemente, i genitori capace di sintonizzarsi affettivamente con il proprio figlio (prestano attenzione e capiscono le sue manifestazioni emotive), favoriscono nel bambino un adeguato sviluppo affettivo e cognitivo, generando un mondo relazionale in cui egli può sperimentare sé stesso come un essere che sente, pensa e desidera. Viceversa, i genitori anaffettivi, assenti, violenti che non riescono a sintonizzarsi affettivamente, inibiscono la capacità di rappresentare gli stati mentali propri e altrui, favorendo nel bambino l insorgenza di disturbi dello sviluppo e, in età adulta, attraverso la comparsa di condizioni psicopatologiche caratterizzate da una dimensione interiore di vuoto affettivo e cognitivo. Ciò rende più probabile il ricorso a forme di dipendenza patologica, come regolatore di stati affettivi.

La dipendenza patologica DIPENDENZA E DISSOCIAZIONE Non sempre la ricerca di sostanze o esperienze appetibili è dettata da una ricerca di piacere o di superamento dei limiti; sin dai primi anni 80 alcuni ricercatori affermavano che tale ricerca fosse l espressione di una volontà di creare un esperienza dissociativa transitoria che permettesse al soggetto di uscire temporaneamente dalla sua realtà, al fine di risolvere una condizione disagio persistente e percepirsi così in maniera positiva.

La dipendenza patologica Ogni atto dissociativo, non può essere visto come patologico o come origine di una dipendenza, ma va valutato in relazione ai fenomeni micro-macro dissociativi, situati lungo un continuum che va da la normale al patologico. La dissociazione è un meccanismo di difesa che protegge la coscienza da un eccesso di stimoli che causerebbe un angoscia intollerabile. Tuttavia, se utilizzata eccessivamente fino al punto di costruire una forma di dipendenza, porterebbe ad uno stato dissociativo patologico, in cui la parte scissa della coscienza si comporterà come un identità mentale indipendente dalla personalità globale e incontrollabile dalla coscienza ordinaria.

La dipendenza patologica Due esempi di dissociazione Roberta, una paziente sofferente di un disturbo da attacchi di panico con episodi di angoscia ripetuti e protratti che la costringevano in una situazione di vita piuttosto invalidante, raccontava così la sua forma di "autoterapia": "Vede, dottore, io in casa ho molti quadri che rappresentano paesaggi; sono tutti paesaggi molto belli, pieni di tranquillità. Io, allora, ogni tanto, immagino di essere come Mary Poppins e salto dentro al quadro. Improvvisamente l'angoscia si placa e per un po' di tempo non penso più a niente".

La dipendenza patologica Giovanni viveva una realtà familiare caratterizzata dalla presenza di una madre invasiva e anaffettiva e da un padre spesso assente, silenzioso e incline a improvvise esplosioni d'ira. In particolare, uno dei motivi che, più frequentemente, davano luogo a crisi e scenate, era la difficoltà di Giovanni nell'avere quella brillante carriera universitaria che i suoi genitori avevano preventivato per lui. Di fronte alle continue critiche della madre, Giovanni chinava il capo e accettava il rimprovero. Avrebbe dovuto studiare di più e meglio, questo si riprometteva ogni volta. La mamma, in fondo, aveva ragione. Entrava nella sua stanza animato da queste buone intenzioni e, in maniera del tutto inconsapevole, accendeva il computer. Il più delle volte, dopo alcune ore, le urla della madre o del padre lo strappavano da un videogioco rompicapo in cui, a suo parere, era immerso solo da pochi minuti.

La dipendenza patologica IL PIACERE TOSSICO Un altra possibile causa di insorgenza di una dipendenza patologica va ricercata nell orizzonte motivazionale. Occorre distinguere il bisogno dal desiderio. Il bisogno rinvia, solitamente alle necessità biologiche e all urgenza del soddisfacimento e all intollerabilità dell attesa. Il desiderio, al contrario si alimenta di attese; i pensieri e le relazioni possono nascere, vivere e svilupparsi, nello spazio-tempo dell'assenza dell'oggetto. La differenza tra bisogno e desiderio attiene, dunque, al vissuto degli oggetti nello spazio-tempo della loro assenza. Il bisogno si propone come correlato a una "cultura" dell'oggetto avvertito come necessario a riempire un vuoto.

La dipendenza patologica IL PIACERE TOSSICO Tali tratti riteniamo che accomunino, nella nostra cultura, sia comportamenti presunti normali che comportamenti tossicomanicamente patologici, fino a farne sbiadire frequentemente i confini. Alcune delle caratteristiche che contrassegnano la "cultura del bisogno", le ritroviamo all'interno di quel che semanticamente collochiamo nel termine "narcisismo".

La dipendenza patologica Narcisismo Oggi siamo immersi in una cultura di esplicita natura narcisistica; l affermazione sociale risente fortemente del potere attribuito all apparire e alla capacità di conquistare l apprezzamento o il consenso attraverso l uso di strategie seduttive. A tal motivo le patologie legate al narcisismo rischiano mimetizzarsi in atteggiamenti che sempre più vengono considerati normali, in quanto appartenenti alla cultura dominante.

La dipendenza patologica Il narcisismo ha origine nelle prime relazioni del bambino col mondo. Il neonato necessita di gratificazioni ai suoi bisogni primari perché tali gratificazioni possano supportare quella temporanea e illusionale onnipotenza narcisistica di cui ha bisogno per proteggere la sua fragilità originaria. Tuttavia, se nelle primissime fasi dello sviluppo, nello stato di maggiore dipendenza dell'infante dalle cure materne, l'ambiente non sostiene a dovere i bisogni del bambino e non ne contiene le angosce connesse allo stato di carenza di base e alla precarietà identitaria, questi svilupperà precocemente sentimenti di delusione di sfiducia e di ambivalenza nei confronti di un ambiente da cui dipende.

La dipendenza patologica I sentimenti di sfiducia, l inaffidabilità ambientale e il bisogno di riconoscimento costringono il soggetto a una ricerca compulsiva di oggetti gratificanti, quantitativamente estesi ma privi di identità e qualità. Il possesso di questi oggetti non risulta nutriente e il sentimento di vuoto che si genera anima ulteriormente il bisogno tossicomanico di sempre nuovi contatti e affermazioni; anzi l illusorietà dell onnipotenza, che accompagna l acquisizione di nuovi oggetti, di nuove autoaffermazioni, conduce inevitabilmente a nuove delusioni e a nuovi fallimenti, alimentando un circolo vizioso, la dipendenza appunto.

Le dipendenze tecnologiche sono tutte quelle dipendenze legate ad un eccessiva interazione tra l uomo e la macchina. Nelle dipendenze da tecnologia vengono incluse una serie di attività, come guardare la TV, usare il computer, internet, giocare ai videogiochi, usare il cellulare.

I quadri diagnostici delle dipendenze tecnologiche risultano ancora controversi. L area dei fenomeni psicopatologici, delle condotte additive e disfunzionali e delle condizioni di abuso e dipendenza dalle nuove tecnologie è stata indicata con la denominazione di tech abuse.

Questi quadri si caratterizzano per un sovrainvestimento e/o un utilizzazione eccessiva e compulsiva di tecnologie mediatiche che comportano conseguenze negative nel funzionamento di vita quotidiana, come scadimento della performance lavorativa o scolastica, problemi familiari e relazionali, modificazioni disfunzionali dello stile di vita fino a situazioni di chiusura e isolamento pressocché totale dai rapporti esterni.

Alessandro è un ragazzino di 12 anni ricoverato nel reparto di pediatria di un ospedale cittadino per un quadro sintomatologico caratterizzato da nausea, vomito, cefalea; gli episodi sono insorti già dia diverse settimane. In presenza di un obiettività clinica negativa, gli viene programmata tutta una serie di indagini strumentali di tipo neurologico; ma una notte in reparto, verso le due, si alza per andare a chiedere agli infermieri di turno una pillola per dormire, affermando di aver visto la mamma di un bambino trasformarsi in un personaggio orrendo, e che esperienze simili gli si presentano frequentemente da diverse notti. Gli infermieri allarmati ne parlano con i medici. Ne emerge alla fine una storia di estrema di tech abuse. Dall età di 6 anni Alessandro dedica buona parte del suo tempo alla Play Station, fino a trascorvervi tutte le sue ore libere, contraendo in misura crescente l attività legata allo studio. Il sabato e la domenica il discorso non cambia, con la

differenza che in questi giorni anche il padre si dedica a tale attività. Anche il genitore sembra condividere lo stesso tipo di passione fanatica per i giochi elettronici. Il ragazzo da diversi mesi presenta un insonnia grave, la notte la madre gli prepara una camomilla e poi va a dormire, ma egli spesso la vomita, poi si alza dal letto e si connette di nuovo alla Play Station per un numero indefinito di ore. A scuola va male, egli stesso riferisce che durante le lezioni molto spesso si ritrova a fantasticare con i personaggi dei videogiochi e a cercare sistemi per passare ai livelli successivi dei giochi. La sua mente sembra completamente invasa dalle storie della Play Station e dalle strategie per migliorare sempre più le proprie performance.

Internet addiction disorder Ivan Goldberg - il primo a spiegare l internet addiction nel 1995 parlava di un modello maladattivo di uso della Rete che comportava tolleranza e astinenza e una serie di conseguenze negative dal punto di vista psicologico, familiare, sociale e lavorativo. Il soggetto internet-dipendente aumenterebbe progressivamente la quantità di tempo trascorso in Rete, con collegamenti sempre più frequenti e prolungati rispetto alle intenzioni, fino alla comparsa dei tre elementi che caratterizzano la dipendenza patologica.

Chi soffre della dipendenza da internet non frequenta la rete per necessità o per svago, ma risponde ad un impulso irrefrenabile e soprattutto incontenibile (craving) che lo spinge ad usare internet per il maggior tempo possibile, con l inevitabile compromissione dell adattamento sociale, lavorativo o scolastico. Una caratteristica fondamentale di questo tipo di dipendenza è la durata interminabile del collegamento, mentre le altre attività, nonché relazioni interpersonali e l investimento affettivo tendono a scomparire dal panorama quotidiano dell internet-dipendente.

I campanelli d allarme u u u u u La persona all inizio sente il bisogno di aumentare il tempo trascorso in rete; Vengono superate le 6/8 ore di collegamento giornaliero, limite critico per evitare lo sviluppo della sindrome; In seguito si registra la consapevolezza di non riuscire a sospendere o quanto meno ridurre l uso di Internet; Prosegue l utilizzo dello strumento internet anche a danno di attività programmate di vita sociale e familiare; Sviluppo, dopo la sospensione o diminuzione dell uso della rete, di agitazione psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade on-line, sintomi di astinenza.

M., 22 anni, universitario, domiciliato a Latina, nel test ha ottenuto un punteggio di 122/125; dall anamnesi non sono emersi problemi psicopatologici rilevanti; M. più passava il tempo più aumentava progressivamente le ore passate on-line; diceva di essere ossessionato dai download; per accelerare tale processo, era dovuto ricorrere ad un cambio di abbonamento, passando da una normale linea 56K, ad una velocissima ADSL; tale passaggio comportava dei costi abbastanza proibitivi, che era riuscito a sostenere evitando l acquisto di libri di testo, fondamentali per proseguire nei suoi studi accademici; causa scatenante i suoi disturbi probabilmente è stata l annunciata chiusura del suo programma preferito per lo scambio di file multimediali. Marco è rimasto 36 ore senza mai staccare, per cercare di sfruttare al meglio il tempo rimasto fino alla chiusura del famigerato sito. Superate le 36 ore, si sono verificati nel soggetto in questione, tremori, sudorazione profusa, tachicardia, prosopoagnosia. Tali disturbi sono regrediti spontaneamente in un periodo di 48 ore. Oltre a questa sintomatologia eclatante, Marco riferiva alcuni deficit relazionali che

erano sempre facilmente riconducibili all uso del computer (era stato lasciato dalla ragazza, si sentiva ignorato da gran parte dei suoi amici e non comprendeva il perché). G. ha attualmente 23 anni, da sei ha abbandonato gli studi in conseguenza di un episodio psicotico che lo ha costretto ad un ricovero obbligatorio durato più di due settimane in rapporto ad alterazioni del corso del pensiero a carattere delirante e grave alterazione del proprio vissuto corporeo: sente di essere diventato fisicamente come sua madre alla quale ha sempre assomigliato di carattere. Dopo il ricovero M. viene da me seguito da uno psichiatra per la terapia farmacologica e da me per colloqui individuali associati a incontri di terapia familiare. Segue un nuovo peggioramento della sintomatologia clinica che lo porta a rimanere sempre più chiuso in casa; isolato anche dagli ultimi amici, inizia a collegarsi ad Internet. M. inizia a modificare tutti i suoi orari di vita, rimane alzato tutta la notte per rimanere connesso e va a dormire alle 6/7 del mattino quando gli altri famigliari si alzano.

Dipendenza da gioco d azzardo Il termine "giochi d'azzardo" indica tutti quei giochi il cui risultato finale è determinato dal caso. Possiamo anche distinguere tra giochi "dentro ai casinò" e "fuori dai casinò". Alla prima categoria appartengono la roulette, il baccarat, lo chemin de fer, ecc., alla seconda le scommesse sulle corse dei cavalli e dei cani, le scommesse sportive, il lotto, il totocalcio, il totogol, il superenalotto, tutti i tipi di lotteria incluse quelle istantanee (gratta e vinci), la tombola, i giochi di carte e di dadi.

Il gioco d'azzardo è un "rifugio della mente : un'occasione per costruire una realtà parallela e alternativa alla realtà quotidiana; un luogo mentale, ma anche un luogo dalle precise dimensioni spaziotemporali, cui si ricorre per sentirsi libero dai vincoli della vita quotidiana, dalle fatiche, dai principi di realtà, per convivere meglio, poi, con tutto questo. La scommessa è la possibilità di inventare il proprio futuro, lo spazio immaginario in cui poter creare il mondo che si desidera. Tuttavia, l'esperienza ludica è, a volte, talmente coinvolgente da no: avere nulla in comune con un'oasi di gioia: il gioco d'azzardo trova la propria metafora anche nel baratro in cui si precipita, perché da magico può diventare "demoniaco", con preoccupanti costi individuali e sociali.

Il gioco d azzardo patologico (GAP) nel DSM IV TR Nel DSM IV troviamo il GAP nel quadro diagnostico dei disturbi del comportamento ossessivo-compulsivi. Vengono indicati dieci sottocriteri comportamentali per la diagnosi del GAP, definito come "comportamento persistente, ricorrente e maladattivo tale da compromettere le attività personali, familiari o lavorative". 1. È eccessivamente coinvolto nel gioco d'azzardo (per esempio, il soggetto è continuamente intento a rivivere esperienze trascorse di gioco, a valutare o pianificare la prossima impresa di gioco, a escogitare i modi per procurarsi il denaro con cui giocare).

2. Ha bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato 3. Tenta ripetutamente e senza successo di controllare, ridurre o interrompere il gioco d'azzardo. 4. Nel tentativo di ridurre o interrompere il gioco d'azzardo, il soggetto risulta molto irrequieto o irritabile. 5. Il soggetto ricorre al gioco come fuga da problemi o come conforto all'umore disforico (per esempio, senso di disperazione, di colpa, ansia, depressione). 6. Quando perde, il soggetto ritorna spesso a giocare per rifarsi ("inseguimento" delle perdite).

7. Mente in famiglia e con gli altri per nascondere il grado di coinvolgimento nel gioco d'azzardo. 8. Commette azioni illegali come falsificazione, frode, furto, o appropriazione indebita per finanziare il gioco d'azzardo. 9. Mette a rischio o perde una relazione importante, un lavoro, un'opportunità di formazione o di carriera a causa del gioco. 10. Confida negli altri perché gli forniscano il denaro necessario a far fronte a una situazione economica disperata, causata dal gioco.

La storia di un giocatore patologico Enrico è un uomo di 45 anni, con due matrimoni falliti alle spalle, arrivato alla mia osservazione in condizioni psicologicamente compromesse con gravi disturbi di ansia e di depressione. Aveva iniziato a giocare d'azzardo fin da ragazzo, nel bar del paese. All'inizio giocava solo piccole somme, 0 addirittura con la classica formula del "ci giochiamo l'aperitivo o la pizza". Pian piano però dal pokerino con gli amici era passato a scommettere su molte altre cose, soprattutto scommesse sportive (cavalli, cani e, più recentemente, partite di calcio ecc.). All'inizio, come spesso succede ai giocatori che poi si ammaleranno, c'erano state delle vincite e, in particolare, una forte somma vinta all'enalotto. Questo aveva dato ad Enrico la sensazione che tutto fosse semplice, che la sua capacità di prevedere e gestire il gioco fosse dovuta ad un dono quasi sovrannaturale.

Le emozioni legate alla vincita gli creavano una sensazione di trionfo, di onnipotenza, di controllo su tutto e su tutti e gli davano l'impressione che la vita fosse come una tavola riccamente imbandita da cui si poteva prendere liberamente ciò che serviva. Era nella fase della "luna di miele" col gioco: tutto positivo, nessun problema. Anche i suoi amici e le ragazze che frequentava sostenevano questa sua visione, mostrandosi ammirati e sedotti dalla sua "fortuna". Si sentiva invincibile e padrone del mondo, ogni sua insicurezza e perfino quella sottile pigrizia e malinconia che aveva sempre avuto sembravano sciogliersi grazie alle forti emozioni che l'eccitazione del gioco gli procurava. Gradualmente però cominciarono a comparire le difficoltà. Sempre più spesso apparivano perdite che, soprattutto all'inizio, venivano vissute quasi con stupore, come una cosa strana ma transitoria che non avrebbe potuto scalfire troppo a lungo la sua immagine di "vincente perpetuo".

Invece le perdite, che si alternavano a qualche vincita, si ripetevano con regolarità. Paradossalmente, ma è la storia di ogni giocatore patologico, invece di interrompere il gioco, Enrico dopo una perdita al tavolo verde (aveva cominciato a frequentare casinò e bische clandestine) veniva preso da un folle accanimento che lo spingeva a giocare sempre di più e a scommettere somme sempre più alte. Questo vortice in cui era precipitato girava sempre più velocemente, travolgendolo nel bisogno continuo di denaro e portandolo a dedicare ogni sua energia al gioco. Ben presto i suoi risparmi andarono in fumo e altrettanto rapidamente si esaurirono quelli della moglie, usati "ufficialmente" per impiegarli in investimenti fruttuosi. Così cominciò a chiedere prestiti a familiari, amici e conoscenti. Quando anche queste fonti non furono più praticabili (visto che non era in grado di restituire le somme prese in prestito) utilizzò i fondi che raccoglieva nel suo lavoro di promotore finanziario. Le vincite (rare) e gli altri prestiti gli servivano per tamponare un debito o l'altro mentre la situazione si faceva sempre più grave.

Si rendeva conto che stava affondando ma non riusciva più a fermarsi. Giunse perfino a farsi prestare soldi da strozzini che lo soffocavano con interessi vertiginosi. Non riusciva più a dormire, mangiava poco e male, abusava di alcol, di fumo e qualche volta di cocaina per "tenersi su" nelle lunghe ore passate a giocare. Lo stress si accumulava e spesso andava soggetto a crisi di ansia e a depressione. Anche la vita affettiva ne aveva risentito e, come aveva fatto la prima moglie, anche la seconda lo aveva lasciato per la disperazione dovuta alle difficoltà economiche e al fatto di dover vivere con un marito irriconoscibile ed assente. I due figli avevano perso ogni fiducia nel padre e lo evitavano. Fu solo dopo questo lungo calvario che cominciò a farsi strada in Enrico l'idea di curarsi. L'occasione si presentò quando lesse su un giornale un servizio sul GAP e si riconobbe nell'esperienza raccontata da un giocatore che era passato attraverso le sue stesse difficoltà. Si rese così conto che non era l'unico ad avere questi problemi e che forse soffriva di una malattia che poteva essere curata.

Dopo due anni di terapia, Enrico sta decisamente meglio, ha un nuovo lavoro, una nuova compagna e sta faticosamente risalendo la china. Certo il cammino è ancora lungo, i debiti richiederanno ancora alcuni anni prima di essere estinti, ma la sua qualità della vita è ora decisamente migliorata. Sa che i vantaggi che ha ottenuto sono dovuti al fatto di non aver mai più giocato. La frequenza ad una terapia di gruppo con altri giocatori patologici gli ha insegnato che una ricaduta, anche piccola, rimetterebbe in moto la malattia facendogli perdere i vantaggi fin qui ottenuti e quelli che ancora lo aspettano.

Dipendenza da cyber relazioni La dipendenza si può manifestare con una forte spinta a stabilire relazioni di amicizia tramite e-mail e chat rooms a scapito delle relazioni reali. Le relazioni che nascono in rete sono spesso destinate a restare tali, in quanto si rifiuta l'idea di conoscersi realmente per mantenere un'immagine virtuale di sé idealizzata. Si tratta spesso di relazioni particolarmente investite da aspetti fantasmatici; in altre parole le aspettative e le proiezioni tendono a costruire un'immagine molto idealizzata dell'altro, che corrisponde più ai bisogni affettivi soggettivi che alla realtà della persona con la quale si entra in contatto.

Alcuni possibili segni clinici sono: bisogno di trascorrere molto tempo in rete per intraprendere relazioni amicali e/o sentimentali; perdita di interesse per interazioni al di là della rete; vari tentativi fallimentari di controllare, ridurre o interrompere il protrarsi del comportamento.

Si tratta sia della ricerca di materiale pornografico in rete (immagini, giochi e film), che a sua volta può essere collezionato o scambiato con altri, sia di relazioni erotiche tramite posta elettronica e chat room. La possibilità di utilizzare dei canali audio e video, tramite microfoni e webcam, ha ovviamente reso più realistica l'esperienza che avviene però sempre in una caratteristica condizione di "presenza/assenza" dell'altro. Sarebbe questa particolare situazione psicologica che renderebbe così appetibile a molti l'esperienza del sesso virtuale.

Per alcuni il cybersesso diventa gradualmente la principale fonte di gratificazione sessuale, al punto da ridurre l'interesse per il partner reale. Nonostante queste condotte tendano a determinare con una certa frequenza un sentimento di colpa, vergogna o inadeguatezza per questo uso della rete, sono parecchi i soggetti che continuano a ricercare attivamente materiale ed esperienze di cybersesso, definibili anche come esperienze sessuali tecno-mediate.

L individuo: trascorre gran parte del proprio tempo in chat rooms o in messaggerie private per trovare argomenti cyber sex; si preoccupa di trovare un partner sessuale; utilizza spesso la comunicazione anonima per esprimere le sue fantasie sessuali che non esprimerebbe in un contesto di vita reale; si aspetta di provare eccitazione e/o gratificazione sessuale dall attività;

si sposta frequentemente da materiale cyber sex a phone sex; nasconde la propria attività agli altri; prova sentimenti di vergogna per il proprio utilizzo della rete; inizialmente prova eccitazione trovandosi accidentalmente di fronte a materiale cyber sex e poi lo ricerca attivamente; si masturba nel corso delle chat erotiche; considera il cyber sex come la prima forma di gratificazione sessuale, riducendo l investimento sul partner reale.

C. è un uomo di 36 anni, sposato da cinque anni e padre di un figlio di tre anni. Lavora come web designer. I suoi problemi con Internet sono iniziati circa due anni fa. Dopo cena C. spesso andava nel seminterrato per andare avanti con il lavoro. A volte gli capitava di visitare qualche sito o di scaricare qualche filmato pornografico. Mentre faceva queste cose si masturbava ma, dato che era una cosa che avveniva raramente e in fondo "pensavo di non tradire mia moglie", ha proseguito così per circa un anno. Navigando in alcuni siti, C. si è avvicinato anche ad alcune chat, nelle quali ha iniziato a intessere delle relazioni sessuali virtuali con alcune donne, con le quali si scambiava anche delle foto. Ogni giorno controllava regolarmente, più volte, le sue chat preferite, controllando chi c'era, flirtando, in attesa dell'appuntamento serale. L'incontro con le chat è stato l'inizio di un rapido aumento dell'uso di Internet per scopi sessuali. Ogni sera spendeva almeno tre o quattro ore a masturbarsi mentre viveva delle relazioni sessuali on line o si scambiava foto con alcune donne. Nel tempo

anche le chat non sono bastate più e C. ha iniziato a frequentare alcuni siti nei quali è possibile, previo pagamento con carta di credito o tramite l'installazione di un apposito programma nel computer, vedere alcune "modelle" fare degli show erotici in base alle richieste dell'utente. Sebbene non avesse mai avuto intenzione di andare oltre in queste attività, a un certo punto si è sentito particolarmente attratto da una di queste donne. Nel giro di tre mesi, ha speso circa 3500 euro per vedere gli show di questa donna. Man mano si è sempre più isolato da sua moglie e dalla sua famiglia, trovando dei modi sempre più creativi per mentire riguardo alla destinazione di tutti quei soldi. Anche il lavoro ha finito per diventare secondario a queste relazioni sessuali. C. è arrivato a essere geloso di quella modella all'idea che potesse mostrarsi anche ad altri uomini. Quando C. si è rivolto a noi, non aveva ancora rivelato nulla alla moglie del suo problema, sebbene lei si fosse ormai da tempo accorta che qualcosa non andava, dato il progressivo isolamento e la crescente irritabilità di C, nonché a causa delle continue spese del marito.