DIRETTIVE ANTICIPATE, TESTAMENTO BIOLOGICO E IMPLICAZIONI PER LA PROFESSIONE



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DIRETTIVE ANTICIPATE, TESTAMENTO BIOLOGICO E IMPLICAZIONI PER LA PROFESSIONE INFERMIERISTICA. DUE CASI dott.ssa Paola GOBBI docente di etica infermieristica, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano paolagobbi64@yahoo.it Abstract Il presente articolo propone la descrizione e l analisi di due casi clinici, particolarmente rilevanti per le implicazioni di tipo etico e deontologico nella pratica assistenziale. Tali casi sono stati oggetto di discussione con gli studenti del Master universitario di primo livello in Management Infermieristico per le funzioni di coordinamento dell Università Vita-Salute San Raffaele di Milano (si veda l articolo di Paola Gobbi Implicazioni etiche nella pratica infermieristica. Lo studio dei casi nella formazione e nell aggiornamento dell infermiere, pubblicato su Nursing Oggi, 4, 2005). I due casi, descritti e analizzati dagli infermieri con il metodo della bioetica clinica proposto da Spinsanti, invitano a riflettere sul tema delle direttive anticipate e del cosiddetto testamento biologico : nella fase terminale della vita quale natura assume il diritto del paziente di rifiutare determinate cure non ritenute compatibili con la qualità di vita residua? In quale modo tale diritto deve essere rispettato e come si coniuga con il complementare dovere dei sanitari di decidere e operare per fare il bene della persona assistita in una determinata situazione clinica? Nel recente dibattito italiano sulle tematiche dell eutanasia e dell accanimento terapeutico non sono emerse con sufficiente ampiezza le posizioni etiche degli infermieri. Il presente articolo si propone come contributo per riprendere una riflessione che coinvolge direttamente la pratica assistenziale e gli infermieri che la esercitano. Parole chiave etica, analisi dei casi, direttive anticipate, testamento biologico, pratica assistenziale Introduzione La vicenda di Piergiorgio Welby, malato da molto tempo di distrofia muscolare e morto nel dicembre 2006 per distacco dal respiratore automatico, in seguito alla sua esplicita e reiterata richiesta di sospendere cure giudicate in piena lucidità accanite e inaccettabili, compresa la ventilazione artificiale, ha rinnovato nel nostro Paese il dibattito sulle tematiche bioetiche di fine vita e, in particolare, sul confine tra accanimento terapeutico ed eutanasia e tra principio di beneficità (il dovere degli operatori sanitari di assicurare, anche in forma prolungata, le cure ritenute indispensabili per la sopravvivenza della vita del paziente) e di autonomia (il diritto della persona a decidere della propria salute e a rifiutare o porre fine a trattamenti ritenuti eccessivamente gravosi o inutili). Piergiorgio Welby voleva morire. Aveva espresso tale intenzione in una lettera indirizzata al Capo dello Stato, il Presidente Napolitano, affermando il proprio diritto a mettere fine a una sopravvivenza biologicamente

crudele. Voleva insistentemente e già da alcuni mesi porre fine a ciò che considerava una vita non più vita, segnata nella sua fase terminale dal peso non più sopportabile dell ingravescenza degli effetti della malattia, dei trattamenti sempre più invasivi e sostitutivi, della riduzione e della perdita totale delle più elementari e quotidiane funzioni vitali. Poteva farlo in clandestinità, nel silenzio (e nel segreto) della sua casa, come già avviene in molte case, corsie e terapie intensive italiane. Invece, ha scelto di rendere la propria vicenda (un esperienza così soggettiva e privata come la malattia, la sofferenza e il morire) una questione pubblica, concedendola interamente e integralmente al mondo della politica, dei mass media e della nostra società civile, allo scopo di sollecitare la ripresa della discussione sui temi della libertà delle scelte delle cure e del rifiuto all accanimento terapeutico e a interventi non più ritenuti compatibili con la qualità della vita residua e con il proprio sistema di valori. Tali questioni non certo nuove, ma storicamente presenti nell agenda di analisi della bioetica (e spesso occasione di scontro tra culture, valori e ideologie opposte) chiedono da tempo una soluzione legislativa al mondo della politica, chiamato ad esprimersi sugli strumenti che, in molti altri Paesi, sono già stati individuati per regolamentare tale aspetto: le dichiarazioni anticipate e il testamento biologico (living will). Le ragioni di Welby e di tante altre persone che in questo momento soffrono in condizioni simili a quelle dei suoi ultimi giorni di vita si fondano in primo luogo sugli articoli 13 e 32 della nostra Costituzione, che affermano «l'esistenza di un vero e proprio diritto a non curarsi, ossia di un assoluta libertà del paziente di rifiutare le cure mediche, lasciando che la malattia faccia il suo corso, scelta tesa non ad agevolare un diritto a morire, bensì di una scelta cosciente tesa ad evitare ulteriori ed inutili sofferenze al paziente irrimediabilmente malato». 1 La valutazione di coloro che hanno espresso una posizione contraria rispetto alla volontà di Welby assume come criterio fondamentale la distinzione tra accanimento terapeutico ed eutanasia. Secondo questi ultimi, l intervento dell anestesista che ha praticato la sedazione e, in seguito, il distacco del respiratore automatico non può essere considerata la sospensione di un mero accanimento terapeutico, ma assume i caratteri di trattamento mirato a provocare, seppure indirettamente, la morte del paziente, violando in tal modo l articolo 17 del Codice di deontologia medica, che stabilisce che il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti finalizzati a provocarne la morte. Secondo questo orientamento, anche un infermiere, nel caso fosse stato chiamato a somministrare i sedativi su prescrizione medica, avrebbe commesso una violazione deontologica riferita all art. 4.17 del Codice deontologico dell infermiere: l infermiere non partecipa a trattamenti finalizzati a provocare la morte dell assistito. In casi come quello descritto, i comportamenti degli operatori sanitari coinvolti devono essere analizzati almeno sul piano etico e in assenza di una legislazione ad hoc anche sulla base dell art. 39 del Codice di deontologia medica ( In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale, il medico deve improntare la sua opera ad atti e comportamenti idonei a risparmiare inutili sofferenze psicofisiche e fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità di vita e della dignità della persona) e dell art. 4.15 del Codice deontologico dell infermiere ( l'infermiere tutela il diritto a porre dei limiti ad eccessi diagnostici e terapeutici non coerenti con la concezione di qualità della vita dell'assistito ). Di fatto, l Ordine dei medici di Cremona, al quale è iscritto l anestesista che ha sospeso la ventilazione artificiale a Welby, incaricato istituzionalmente di giudicare il suo comportamento professionale, ha espresso un parere 1 fonte: ricorso della Procura della Repubblica di Roma contro la sentenza del Tribunale di Roma, 19 dicembre 2006.

netto: non è stata commessa alcuna violazione delle norme del codice deontologico, come a dire che si è trattato di una legittima risposta alla richiesta del paziente di non prolungare con accanimento inutili trattamenti e non di una pratica eutanasica. In questo caso, ha sicuramente pesato la reiterata, lucida, dimostrata volontà del paziente tanto che, pur nella diversità delle posizioni etiche espresse, nessuno ha mai messo in discussione la sua capacità di esprimere realmente la propria volontà, anche nell ultima fase della vita. Il problema, dunque, sempre presentarsi con un maggiore livello di complessità quando nei pazienti in fase terminale viene meno lo stato di coscienza ed è resa più difficile la possibilità di rifiutare le cure sanitarie, come sancito dall art. 32 della Costituzione. In questo contesto, il testamento biologico rappresenta uno strumento giuridico per evitare, in caso di incapacità di esprimersi, l accanimento terapeutico. In realtà, le direttive anticipate possono anche prevedere la nomina di un fiduciario, oltre a dichiarare le volontà per una morte dignitosa e senza dolore, l assistenza religiosa, la donazione degli organi, l utilizzo del cadavere a scopo di ricerca e la sepoltura. Con il termine testamento biologico si indica infatti un atto formale con il quale una persona manifesta le sue decisioni riguardo a trattamenti sanitari che si dovessero prospettare in concomitanza con un eventuale e futura incapacità psichica. L ipotesi di adottare un documento sulle direttive anticipate implica la soluzione di problemi di forte impatto etico, i cui presupposti riguardano il diritto all autodeterminazione e la possibilità per ciascuno di scegliere il proprio destino. Infatti, le decisioni riguardanti la sospensione delle cure, la prosecuzione di terapie giudicate futili (accanimento), la sedazione terminale, l instaurazione o il mantenimento di trattamenti di natura controversa quali l idratazione e la nutrizione artificiale, si prestano a interpretazioni ambigue e rappresentano comunque situazioni che danno luogo a dilemmi etici tra gli operatori sanitari. Attualmente, in Italia è possibile redigere un testamento, definito anche biocard, da consegnare al medico o a una persona di fiducia. Il testo, che non ha valore legale, è solo indicativo dei desideri del paziente: il medico e gli altri operatori sanitari non hanno nessun obbligo di rispettarne la volontà, ma se non ottemperano alle scelte del malato devono darne una seria motivazione. Le varie forme di dichiarazioni anticipate, secondo il Comitato Nazionale di Bioetica, «si inscrivono in un positivo processo di adeguamento della nostra concezione dell atto medico ai principi di autonomia decisionale del paziente». Sono un ponte umano gettato tra la solitudine di chi non può esprimersi e la solitudine di chi deve decidere. Tra i promotori del testamento biologico spicca, in Italia, l oncologo ed ex-ministro della Sanità Umberto Veronesi, che nel 2006 ha lanciato una campagna politica su questo tema (dal sito Internet della sua Fondazione è possibile scaricare un facsimile di testamento biologico, da compilare alla presenza di un notaio). Attualmente, in Commissione Igiene e Sanità del Senato sono in discussione ben otto disegni di legge sulle tematiche di fine vita, dai quali sarà probabilmente redatto un Testo Unico da approvare in Parlamento (si vedano, a questo proposito, le tabelle 1 e 2). Anche a seguito della vicenda Welby, presso il Ministero della Salute è stata istituita una Commissione ad hoc (Commissione sulla terapia del dolore, le cure palliative e la dignità del fine vita), di cui fa parte un infermiere. Tabella 1 Sintesi dei principali temi in discussione al Senato, in materia di direttive anticipate accanimento terapeutico e consenso informato (ognuno ha diritto di accettare o rifiutare determinati trattamenti sanitari. In caso di incoscienza, gli operatori sanitari devono rispettare quanto disposto dal

paziente nel momento in cui era nel pieno delle sue facoltà); titolarità delle decisioni (in caso di incoscienza e in mancanza di un documento formale testamento biologico è possibile che le decisioni sulle cure spettino a un fiduciario, se risulta nominato, oppure, nell ordine, al coniuge non separato, al convivente, ai figli, ai genitori, ai parenti entro il quarto grado o, in loro assenza, a un giudice o un comitato etico); ruolo del fiduciario (viene nominato da chi sottoscrive il testamento biologico e ha il compito di verificare che siano attuate le direttive anticipate, ricostruendo il senso delle dichiarazioni scritte); consistenza della documentazione (il testamento biologico può essere modificato o annullato in qualunque momento). Tabella 2 Le questioni controverse negli otto disegni di legge Gli otto disegni di legge presentano numerosi elementi condivisi, ma allo stato attuale e per la complessità della materia, si colgono alcune divergenze sui seguenti aspetti: validità del testamento biologico redatto da un minore (dopo i 14 anni), anche senza la conferma dei genitori; modalità per dirimere contrasti tra i soggetti legittimati ad esprimere il consenso e competenza della figura che deve assumere la decisione definitiva; presenza del medico o di altre figure (ad esempio, il notaio), al momento in cui viene redatta la dichiarazioni anticipata; natura della nutrizione e dell idratazione parenterale ai fini della valutazione dell accanimento terapeutico (questo tema è fondamentale in un ottica di piena autonomia dell assistenza infermieristica, perché concerne direttamente il campo di attività e responsabilità dell infermiere; questi interventi sono da considerare una cura sproporzionata, cioè una terapia medica, per una malattia che non può più essere guarita, o intervento per mantenere una funzione di base e la sopravvivenza, cioè una forma di assistenza?); necessità di un registro unico informatico dei testamenti biologici presso il Consiglio Nazionale del Notariato; regolamentazione normativa delle modalità di umanizzazione della morte finalizzate a implementare le cure palliative e le richieste di essere curato a casa o in ospedale. I temi affrontati nella bioetica di fine vita coinvolgono in misura sempre più crescente gli infermieri e la loro professionalità. All interno del nostro gruppo professionale, aumenta l esigenza di disporre di un documento che espliciti le nostre riflessioni disciplinari su tali problematiche e che solleciti insieme a quelli prodotti da altri gruppi di professionisti in Italia le istituzioni e il Parlamento a rendere effettivi per ogni persona i diritti sanciti nella Convenzione di Oviedo ( Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e della dignità dell'essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina: Convenzione sul diritti dell'uomo e la biomedicina ), adottata a Nizza il 7 dicembre del 2000 e sottoscritta anche dal nostro Paese. In questo documento, si afferma che il consenso libero e informato del paziente all atto sanitario non deve essere

considerato solo sotto il profilo della liceità del trattamento, ma deve essere prima di tutto un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino europeo, che riguarda il più generale diritto all integrità della persona. Inoltre, l'articolo 9 precisa che nel caso in cui, per qualsiasi motivo, il paziente non sia in grado di esprimere la propria volontà, si deve tener conto dei desideri precedentemente espressi: in sostanza si darebbe, finalmente, valore legale al testamento biologico o direttive anticipate, così come auspicato anche dal Comitato Nazionale di Bioetica (parere su Dichiarazioni anticipate di trattamento, 18 dicembre 2003). Queste riflessioni potrebbero creare i presupposti per una prossima revisione del Codice deontologico, aggiornandolo alla luce dei cambiamenti intervenuti nella sanità e nella cultura italiana e alla luce della modificazione dei bisogni di salute sempre più complessi dei nostri pazienti. I due casi che vengono ora presentati si riferiscono a due situazioni differenti, sia per la patologia che porta i pazienti alla fine della loro vita (sclerosi laterale amiotrofica nel primo caso, tumore metastatizzato nel secondo), sia per il fatto che sono diversi gli attori coinvolti e che si inseriscono tra le volontà dei pazienti, espresse in precedenza lucidamente, e i trattamenti sanitari da attuare (o sospendere). Nel primo caso, l infermiere tenta inutilmente di contrastare un intervento rianimatorio che assume i connotati dell accanimento terapeutico; nel secondo, l intera équipe, pur agendo correttamente, non tiene nella dovuta considerazione la relazione con i familiari, che si oppongono alla sedazione profonda voluta dal paziente per affrontare serenamente la morte. Primo caso: La capacità di dire basta. Caso descritto e analizzato da Elena Rottoli Alle sei del mattino arriva alla Centrale Operativa del 118 una richiesta di soccorso: una donna dice che il marito, Sig. Pietro, affetto da sclerosi laterale amiotrofica, non le risponde più. L'infermiere della centrale 118 intervista la moglie, agitata e piangente, facendo domande molto semplici; le viene chiesto di provocare uno stimolo doloroso al marito per verificare il suo stato di coscienza e di osservare la presenza di movimenti del torace. A tali domande la moglie afferma che il marito non ha nessun segno di vita. L'infermiere decide di inviare in codice rosso l'automedica più vicina, composta da un medico specializzato in anestesia e rianimazione, un infermiere e un autista soccorritore. Dopo circa dieci minuti, il personale sanitario arriva al domicilio della famiglia. La porta viene aperta dalla figlia, che accompagna i soccorritori al letto del padre. Subito si valutano le gravi condizioni del paziente che risulta incosciente, con grave insufficienza respiratoria, polso carotideo debole e bradicardico. Anna, la moglie, è accanto al letto del marito, gli tiene la mano e tra le lacrime dice: "Lasciatemelo qui, non portatelo via". Il medico dà indicazione di monitorare i parametri vitali del sig. Pietro e di preparare il materiale per l'intubazione orotracheale. L'infermiera, mentre esegue le prescrizioni ricevute, comincia a porre qualche domanda alla sig.ra Anna sulla patologia del marito. Si viene così a sapere che il sig. Pietro ha 60 anni, è affetto da sclerosi laterale amiotrofica, è allettato da 2 anni circa, comunica solo con il movimento degli occhi, è portatore di catetere vescicale e PEG per l'alimentazione e, fino a quel momento, in respiro spontaneo. La sig.ra Anna racconta anche che suo marito, prima di perdere l'uso della parola, aveva espresso sia con lei, sia con i figli, il desiderio di non essere sottoposto a ventilazione meccanica

quando fosse stato il momento, anche in presenza di insufficienza respiratoria grave con possibile conseguente arresto respiratorio, e di non essere trasportato in ospedale. La moglie, pur provata per la situazione e la drammaticità del momento, chiede di non fare cose che il marito non voleva. Il rianimatore domanda se è presente uno scritto dove vengono riportate le volontà del paziente, ma la sig.ra Anna spiega che non esiste nessun documento. Il medico rianimatore insiste per procedere alle manovre di intubazione, rassicurando la moglie che, probabilmente, è solo un piccolo problema polmonare che si può risolvere in pochissimi giorni di ricovero. La sig.ra Anna, confusa, da un lato chiede che sia rispettata la volontà del marito di non essere rianimato, dall'altro continua a fare domande al medico, in quanto, dopo le sue parole, intravvede una speranza. L'infermiera consiglia di cercare il medico di famiglia e di temporeggiare sulle manovre invasive. La figlia, che è rimasta all'angolo della stanza ma è sempre stata presente e ha seguito con attenzione tutte le fasi del discorso, consegna il numero telefonico del medico di famiglia. Tentato più volte, al numero telefonico non risponde nessuno. Il rianimatore allora insiste con la moglie affinché si proceda all intubazione del sig. Pietro, considerando che i valori di saturimetria, frequenza respiratoria e frequenza cardiaca si stanno riducendo e che tempo ulteriormente sprecato peggiorerebbe le sue condizioni, mentre un intervento mirato risolverebbe il problema. La moglie cerca il conforto negli occhi dell infermiera, la quale insiste con il medico di non procedere e di spiegare le reali conseguenze di tali manovre. Il medico non vuole assolutamente entrare in discussione con l infermiera e con parole ferme e di incoraggiamento sulle condizioni cliniche, insiste con la sig.ra Anna per procedere. Le due donne, confuse tra la promessa fatta al proprio congiunto e la speranza di poterlo avere ancora in vita e lì con loro nel giro di qualche giorno, acconsentono alla manovre di rianimazione (ventilazione assistita e somministrazione di farmaci per il sostegno delle funzioni cardiache) e il conseguente trasporto in ospedale. Il sig. Pietro arriva in Pronto soccorso dopo un ora dall intervento di soccorso, viene ricoverato alcune ore dopo presso l unità di Rianimazione dove muore il quinto giorno successivo al suo ricovero. Analisi del caso Per quanto riguarda il cosiddetto comportamento obbligato (cioè, cosa siamo tenuti a fare per legge o per obblighi deontologici ) non si rileva alcun comportamento che violi la legge da parte dei sanitari. Tutte le manovre di primo soccorso descritte vengono effettuate in modo corretto, senza errori operativi o di procedura. Sicuramente, non vengono rispettate alcune norme presenti nei Codici deontologici degli operatori: all art. 4.15 del Codice deontologico dell infermiere, si afferma che ( ) l'infermiere tutela il diritto a porre dei limiti ad eccessi diagnostici e terapeutici non coerenti con la concezione di qualità della vita dell'assistito. In quello dei medici, all art.14 (Accanimento diagnostico e terapeutico), si afferma che il medico deve astenersi dall'ostinazione in trattamenti, da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita. Anche l art.37 (Assistenza al malato inguaribile), precisa che in caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale, il medico deve limitare la sua opera all'assistenza morale e alla terapia atta a risparmiare inutili sofferenze, fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità di vita. In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finché ritenuta ragionevolmente utile. Il

sostegno vitale dovrà essere mantenuto sino a quando non sia accertata la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo. In relazione al comportamento eticamente giustificabile, non viene fatto nulla che provochi un danno fisico al paziente (principio di non maleficità), in quanto tutte le procedure terapeutiche e rianimatorie eseguite servono a ristabilire le funzioni vitali compromesse del paziente. Il principio di giustizia viene garantito in tutte le sue forme, in quanto tutto ciò che il sistema sanitario nazionale può offrire ai suoi utenti viene messo a disposizione per le cure al signor Pietro. Al signor Pietro non viene garantito il principio di beneficità, in quanto il medico non tiene in considerazione le vere condizioni cliniche del paziente legate alla patologia in fase terminale e, di conseguenza, non valuta che gli esiti delle manovre che vengono messe in atto non servono ai fini prognostici e non garantiscono un effettivo beneficio sulla salute del paziente. Tra l altro, viene compromessa la relazione con la moglie, non informandola sulle reali condizioni del marito e sull inutilità del trattamento sanitario proposto. Il signor Pietro era cosciente delle sue condizioni cliniche e della prognosi della sua malattia. Con i suoi familiari aveva deciso in piena coscienza cosa volesse o non volesse fosse fatto nel momento in cui sarebbe avvenuto un decadimento inevitabile delle sue condizioni. Insieme avevano deciso di non procedere con interventi invasivi. Pertanto, il principio di autonomia non è stato rispettato, in quanto non viene tenuto conto dell effettiva volontà del paziente, ma si raggiunge un consenso alle manovre rianimatorie approfittando dello stato emotivo della moglie. Analizzando questo caso dal punto di vista del comportamento eccellente, si può dire che il medico è ingiustamente soddisfatto in quanto ritiene di aver svolto il suo compito correttamente, cioè di aver dato al sig. Pietro tutte le opportunità, attuando le manovre che la medicina moderna fornisce per supportare le funzioni vitali e trasportandolo in ospedale per garantire al paziente tutta la tecnologia e le cure necessarie per migliorare le sue condizioni. Tutto ciò, non tenendo conto della reale prognosi e non rispettando le norme deontologiche del proprio codice. Il sig. Pietro è giustamente insoddisfatto, in quanto sono state attuate manovre per le quali aveva espresso verbalmente alla propria famiglia una dichiarazione anticipata di rifiuto, e le sue sofferenze sono state inutilmente prolungate. La signora Anna e la figlia sono giustamente insoddisfatte, perché ascoltando i consigli del medico hanno dato il loro consenso alle manovre rianimatorie. Consenso ingiustamente ottenuto, considerando il loro stato emotivo in quel drammatico momento. L infermiera è ingiustamente insoddisfatta, in quanto ha rispettato le prescrizioni del medico ed eseguito le manovre di rianimazione, pur sapendo di non rispettare la volontà del paziente. Affinché il caso clinico possa essere raccontato come storia di buona sanità, era necessario che l infermiera e il medico spiegassero meglio alla moglie le reali conseguenze del loro operato. In questo modo, sarebbero stati garantiti i principi di beneficità e di autonomia che sono venuti a mancare. Inoltre, l infermiera doveva insistere maggiormente con il medico in modo da evitare procedure invasive, considerando la prognosi infausta che tutti conoscevano e le responsabilità derivanti dal suo ruolo professionale autonomo. Inoltre, è venuto a mancare da parte di altre figure professionali (neurologo, infermiere dell assistenza domiciliare, medico di base) che

seguivano e assistevano il sig. Pietro, il necessario supporto psicologico affinché, oltre al paziente, anche la famiglia fosse preparata al momento. Occorreva spiegare bene ciò che sarebbe avvenuto e offrire ai familiari il giusto sostegno. Secondo caso: Tutto come da protocollo. Caso descritto e analizzato da Pierluigi Signorini Il sig. Giulio, settantenne, è pensionato e abita in provincia di Bergamo. Ha una scolarità medio alta, è di religione cattolica, con una visione della vita e del mondo positiva. Vive con la moglie e un figlio, mentre la figlia è sposata e abita altrove. Nel 2002, in settembre, il sig. Giulio è accolto in hospice per una condizione di terminalità dovuta a una patologia maligna. Il suo iter diagnostico e terapeutico è iniziato quattro mesi prima, quando per un inspiegabile dimagrimento e una crisi dispnoica è stato ricoverato in un reparto di pneumologia. Dopo i primi accertamenti, vennediagnosticato un microcitoma al polmone sinistro con secondarismi metastatici polmonari bilaterali e linfonodali toracici. Il sig. Giulio ha eseguito dei trattamenti con chemioterapia e radioterapia, che non hanno dato esiti positivi. Nel mese di luglio è comparsa un emiparesi sinistra, dovuta a una lesione cerebrale metastatica. In seguito, è ritornato al proprio domicilio e, dopo i controlli ambulatoriali, ha ripreso le cure. All inizio di settembre sono ricomparsi sintomi (dolore e dispnea) che non possono essere gestiti a casa. Durante un nuovo ricovero, i medici del reparto di Pneumologia informano la famiglia e, in parte, il sig. Giulio del carattere inguaribile della sua malattia. Per questo motivo, i familiari contattano il reparto di cure palliative e l hospice. Il giorno del ricovero presso l hospice, il sig. Giulio si presenta in condizioni molto critiche: è cachettico, dispnoico, con necessità di ossigenoterapia in continuo e con moderato dolore all emitorace sinistro, ma cosciente, lucido e orientato spazio/tempo. Viene accompagnato dalla moglie e dalla figlia. Dopo la visita e il colloquio con un medico, l equipe (che comprende infermieri, coordinatore, operatori di supporto e psicologo) viene informata delle condizioni cliniche e sulla terminalità (ma non imminenza di morte) del sig. Giulio e della sua volontà di concordare ogni terapia con il medico. Nonostante le condizioni critiche, il sig. Giulio vuole affrontare serenamente la morte, anche se è molto preoccupato della possibilità di gestire i sintomi. I giorni successivi per Giulio trascorrono tranquilli e sereni, in compagnia della famiglia con la quale ha un buon rapporto e un buon dialogo, inoltre è attorniato dai volontari e dagli operatori sanitari che instaurano un buon rapporto. La sintomatologia dolorosa e respiratoria è sufficientemente controllata con la nuova terapia farmacologia. Dopo una decina di giorni, le condizioni cliniche del sig. Giulio iniziano a peggiorare. Il dolore sporadicamente si riacutizza e la dispnea peggiora la sera e la notte, aggravata dallo stato d ansia. Tali sintomi sono sempre ben controllati con la terapia estemporanea (sia con sedativi, sia con oppiacei) e, nonostante questi episodi, il sig. Giulio appare sereno, sempre circondato dall affetto dei familiari. Una settimana prima della morte, il sig. Giulio chiede ulteriori informazioni sulla possibile evoluzione della sua malattia: Andrò in coma?. Il medico che ha raccolto questa richiesta lo rassicura sul trattamento tempestivo di ogni sintomo e gli prospetta la possibilità di ricorrere alla sedazione profonda, se necessario. Il sig. Giulio appare sollevato e più sereno dopo questo colloquio. Nei giorni successivi, verbalizza in modo chiaro la

consapevolezza dell imminenza della morte: Penso che mi resti poco da vivere!, frase che in precedenza non aveva mai pronunciato. Desidera poter dormire più a lungo perché si sente molto stanco; inoltre, ha ripreso a fumare qualche sigaretta durante la giornata. Il giorno prima di morire Giulio si presenta confuso, a tratti agitato e sempre più dispnoico. Nella notte, la terapia estemporanea è poco efficace e il quadro clinico depone per un rapido peggioramento, con probabile morte nelle 48-72 ore successive L équipe presente in turno (medico, infermieri, operatori di supporto e coordinatore) decide di iniziare la sedazione profonda nel rispetto alla volontà espressa precedentemente, ma all atto d iniziarla la moglie appare resistente ed esprime alcune perplessità: Non potrò più parlare con mio marito! afferma. Desidera inoltre informare i figli e condividere con loro l inizio della sedazione. Gli operatori presenti, presi alla sprovvista, sono in difficoltà: si accorda alla moglie un periodo di riflessione e, quando è raggiunta dai figli, si tiene un nuovo colloquio di supporto con il medico e il coordinatore infermieristico. Alle cinque del pomeriggio, dopo sei ore dalla decisione dei sanitari di iniziare la sedazione profonda, il sig. Giulio è sempre più agitato e sofferente. I familiari sono ora consci dell evoluzione e il sig. Giulio muore diciotto ore dopo, senza riprendere coscienza, con un efficace controllo dei sintomi e attorniato dai suoi familiari. Analisi del caso L evento critico che giustifica una riflessione sul caso descritto è determinato dall atteggiamento della famiglia. Di fronte all agitazione, alla sofferenza e alla richiesta del paziente, il medico ha proposto la sedazione terminale che era stata concordata qualche giorno prima. La moglie, che non era stata preparata a questa eventualità, ha chiesto di posticipare la decisione. L équipe decide di accettare la richiesta e di rinviare la sedazione, prolungando così, seppure per un tempo non lunghissimo, la sofferenza del paziente. Per quanto riguarda l informazione e il consenso alle cure, sia nella fase diagnostica, sia in quella terapeutica, quanto avvenuto nel caso descritto appare adeguato al contesto delle cure palliative (si rimanda, a questo proposito, agli articoli del capo IV del Codice di deontologica medica del 2006 e all art. 4.5 del Codice deontologico dell infermiere del 1999. Non ci sono riferimenti specifici riguardo alla sedazione terminale nei codici deontologici. Piuttosto, si prende in considerazione l assistenza al malato inguaribile e i trattamenti che incidono sull integrità psico-fisica. Nel caso del sig. Giulio, la sedazione terminale si configura come trattamento che incide sull integrità psico-fisica del malato in fase agonica, al fine di alleviare le sofferenze causate da sintomi refrattari a ogni altro tipo di trattamento terapeutico; quindi, l équipe degli operatori sanitari aveva il dovere di attuare questo trattamento finale. Non è facile valutare la decisione del medico e dell équipe sulla base del rispetto dei principi di beneficità e non maleficità. Da una parte, il sig. Giulio aveva chiaramente espresso la sua preoccupazione di vedersi morire e aveva chiesto la sedazione terminale per evitare la sofferenza dell agonia; d altra parte, è probabile che non avesse considerato tutte le conseguenze di questo trattamento, in particolare l effetto che avrebbe avuto sui familiari e sulla relazione negli ultimi giorni di vita. Il non averne parlato (anche se con la famiglia aveva un buon rapporto), non aver condiviso con loro la scelta della sedazione, l ha reso un atto che avrebbe potuto danneggiare la relazione nella sfera affettiva più importante. In questo senso, il tempo concesso alla moglie e ai

figli per riflettere, per comprendere e partecipare alla decisione non rappresenta un inutile prolungamento delle sofferenze, ma è stato necessario per rendere l intervento benefico non solo per l organismo ma per la persona nella complessità delle sue relazioni e dei suoi interessi. Per quanto riguarda il principio di autonomia, sono evidenti due aspetti. Il primo è riferito al momento in cui il sig. Giulio aveva ancora la possibilità di scelta e aveva optato, se necessario, per la sedazione terminale; il secondo è legato alla fase in cui era confuso e agitato e nell impossibilità di richiedere il trattamento e di comunicare con la moglie. L équipe, accettando la richiesta di rinvio della moglie, ha probabilmente scelto il percorso che assicurava le maggiori possibilità di giungere a una decisione rispettosa di quella che sarebbe stata la volontà del sig. Giulio. Il caso, tutto sommato, può essere raccontato come una storia di buona sanità : il paziente ha avuto una buona morte come aveva richiesto. L unico problema sembra essere rappresentato dal diverso livello di consapevolezza della morte tra l équipe, il paziente e la sua famiglia. Sicuramente, la famiglia andava maggiormente supportata e accompagnata verso una consapevolezza piena, coinvolgendola nelle scelte terapeutiche nei tempi dovuti. La sedazione terminale o profonda è un trattamento frequente nell ambito delle cure palliative, per fronteggiare sintomi refrattari, quali ad esempio l agitazione e la dispnea, più raramente il dolore. Questi sintomi compromettono la capacità del paziente e spesso rendono impossibile un consenso informato al momento opportuno. Nonostante l impegno dell équipe, è raro che il paziente sia informato e possa esprimere con chiarezza una direttiva anticipata. Vi sono anche pareri diversi sul grado d informazione che il paziente dovrebbe avere per decidere consapevolmente in merito alla sedazione profonda. Sicuramente un obiettivo importante da raggiungere, nell ambito delle cure palliative, sarà dotarsi di strumenti per la raccolta delle direttive anticipate e di modalità per coinvolgere i familiari, senza venir meno al mandato di rispettare e tutelare il principio dell autodeterminazione del paziente come attore principale delle cure. Bibliografia Alberton F., Biocard: un estensione del consenso? Il parere medico-legale. Dialogo sui farmaci, 2006 (5): 226-228. Redazione (a cura di). Testamento biologico: oltre l accanimento terapeutico. Dialogo sui farmaci, 2006 (5): 224-225. Spinsanti S., Bioetica e nursing. Pensare, riflettere, agire. Mc Graw-Hill, Milano, 2001. Documenti normativi Codice deontologico dell Infermiere, 1999. Codice di Deontologica medica, 2006. Legge n 145/2001, relativa alla ratifica della Convenzione sui Diritti Umani e la biomedicina, approvata dal Consiglio d Europa a Oviedo.

Sitografia www. governo.it/bioetica: CNB 1995, Questioni bioetiche sulla fine della vita umana; CNB 2003, Dichiarazioni anticipate di trattamento; CNB 2005, L alimentazione e l idratazione dei pazienti in stato vegetativo persistente. www.fondazioneveronesi.it. www.consultadibioetica.org. www.lucacoscioni.it.