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IL COLLEGIO DI ROMA composto dai signori: (RM) MASSERA (RM) SILVETTI (RM) SCIUTO Presidente Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dalla Banca d'italia (RM) RUPERTO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari (RM) MARINARO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti Relatore SCIUTO MAURIZIO Nella seduta del 06/10/2016 dopo aver esaminato: - il ricorso e la documentazione allegata - le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica FATTO 1 Parte ricorrente (una minore, rappresentata dai genitori in virtù della relativa potestà) riferisce che in data 10.6.2010 stipulava con l intermediario un contratto di risparmio edilizio, versando a titolo di diritto di stipula la somma di 300,00 (pari all 1% del capitale contrattualmente sottoscritto di 30.000,00) ma che, successivamente, avanzava richiesta di disdetta del contratto. Con due successivi reclami del 17.3.2015 e del 22.1.2016 contestava la mancata restituzione del diritto di stipula, venendo tuttavia respinta la richiesta dall intermediario. 2 Conseguentemente, propone ricorso nel quale chiede la restituzione della somma versata quale diritto di stipula, più interessi e risarcimento del danno per la perdita del tempo impiegato per recuperare il credito, oltre alla refusione delle spese legali sostenute per il presente procedimento ( 300,00 più accessori) e quelle connesse al recupero stragiudiziale del credito ex art. 6 del d.lgs. 231/2002 quantificate in 100,00. 3 A sostegno della sua pretesa, parte ricorrente invoca, e chiede pure che quest Arbitro accerti preliminarmente, la nullità dell art. 1, commi 2 e 3 delle Condizioni generali del contratto di risparmio edilizio che prevede l irripetibilità del Pag. 2/7

diritto di stipula, dal momento che essa si pone in violazione: (a) dell art. 120 bis del TUB, in base al quale il cliente può recedere dai contratti di durata senza penalità e senza spese; (b) dell articolo 120 ter del TUB, che prevede la nullità di qualunque patto o clausola, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si convenga che il mutuatario sia tenuto al pagamento di un compenso o penale od altra prestazione a favore del soggetto mutuante per l estinzione anticipata o parziale dei mutui per l acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche ; (c) dell articolo 33, lett. e), del d.lgs. 205/2006 (cd. Codice del Consumo), che qualifica come vessatorie le clausole che consentono al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore, se questi recede dal contratto, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista, in caso di recesso di quest ultimo, il doppio della somma; (d) della Convenzione di Roma del 19 giugno 1980; (e) dell articolo 2033 c.c., in quanto le predette disposizioni non specificano a fronte di quale prestazione sia dovuto il pagamento, che appare conseguentemente privo di causa debendi e quindi ripetibile; (f) dell articolo 116, co. 1, del TUB, che impone agli intermediari un dovere di informazione circa i tassi di interesse, i prezzi e le altre condizioni praticate. 4 Nelle sue controdeduzioni, l intermediario (società tedesca stabilita in Italia e regolarmente iscritta nell Albo delle banche) rileva in via preliminare la necessità di sottoporre la questione introdotta con il ricorso al Collegio di Coordinamento in ragione della disomogeneità di motivazioni espresse dalle pronunce in materia. 5 Nel merito, l intermediario rileva che il contratto di risparmio edilizio è regolato dalla legge tedesca e che la sua legittimità è stata affermata dal Bundesgerichtshof (equivalente della Corte di Cassazione italiana) con sentenza del 7 dicembre 2010 la quale ha stabilito che (a) la clausola relativa al diritto di stipula è conforme alla disciplina di trasparenza prevista dall ordinamento tedesco e che (b) la prestazione svolge, nell economia del contratto, una precisa funzione, sicché deve ritenersi la piena validità e operatività della clausola relativa al diritto di stipula. 6 Motiva inoltre, l intermediario, che il diritto di stipula non può essere configurato come una penale, né come una caparra confirmatoria, tanto ciò vero che esso può essere trattenuto anche in caso di adempimento del contratto e non è imputato in conto prezzo; che il contratto di risparmio edilizio non è un contratto a tempo indeterminato, avendo piuttosto una durata precisa e predeterminata, per quanto variabile in funzione di fatti imputabili al risparmiatore (variazione del piano di risparmio); che del resto il diritto di stipula ha una sua funzione economica meritevole di essere tutelata ed è pubblicizzato ai risparmiatori in conformità con le disposizioni in materia di trasparenza bancaria e non costituisce clausola vessatoria. Eccepisce inoltre, in merito alla richiesta risarcitoria, che non si è verificato alcun danno risarcibile imputabile all intermediario. 7 Conclude pertanto affinché, preliminarmente, la decisione del ricorso qui esaminato sia sospesa in attesa di quella, avente medesimo oggetto, già pendente dinanzi al Collegio di Coordinamento; e comunque, nel merito, affinché il ricorso venga rigettato in quanto infondato, anche quanto alla pretesa risarcitoria. DIRITTO 8 Va innanzitutto rilevato che la richiesta svolta in via preliminare dall intermediario convenuto di sospendere la decisione del presente ricorso sia sospesa in attesa di Pag. 3/7

quella, avente medesimo oggetto, già pendente dinanzi al Collegio di Coordinamento, dev essere disattesa. Ciò, in quanto è frattanto intervenuta, nel periodo compreso fra l invio delle controdeduzioni dell intermediario e la data della presente decisione, la decisione del Collegio di Coordinamento alla quale l intermediario fa riferimento e che pertanto - in quanto avente ad oggetto la medesima questione sollevata con il ricorso qui deciso - non può che orientare, in questa sede, verso una conforme decisione. 9 È opportuno pertanto richiamare per esteso, in questa sede, la recente decisione del Coll., Coord., n. 6173 del 7.7.2016, assunta nei confronti del medesimo intermediario qui resistente, che ha così motivato: Occorre premettere che, in base alla regolamentazione convenzionale stipulata tra le parti, per perfezionare un contratto di risparmio edilizio del tipo di cui alla controversia ed accedere ai vantaggi da esso previsti, è necessario che il cliente versi il diritto di stipula che è costituito da un importo pari all 1% della somma di risparmio e che deve essere corrisposto con assegno o bonifico all atto della sottoscrizione del contratto. Il pagamento del diritto di stipula esclude la previsione di ulteriori spese periodiche, quali, ad esempio, a) nella fase del risparmio: spese di tenuta del conto, spese per l invio delle comunicazioni, commissioni sulle rate di risparmio, spese per l addebito di rate in procedura automatica, spese per le modifiche del contratto; b) nella fase di assegnazione: restituzione del risparmio accumulato, spese di istruttoria del mutuo da assegnare; c) nella fase di mutuo: addebito delle rate, invio comunicazioni/certificazioni interessi passivi, estinzioni parziali o totali anticipate. 2.1- L orientamento dell ABF si è consolidato in senso favorevole ai clienti poiché si ritiene, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte resistente, che il versamento del diritto di stipula abbia natura sostanziale di penale, poiché, da un lato, ne è escluso il rimborso nei casi di recesso da parte del cliente e, dall altro, risulta privo di autonoma giustificazione causale, non trovando la propria contropartita in alcuna prestazione o servizio resi dall intermediario in favore del cliente. Ad avviso dei Collegi territoriali, si viene così a creare un contrasto con un principio generale e inderogabile del nostro ordinamento, secondo cui il cliente ha diritto di recedere da tutti i rapporti di durata senza alcuna penalità o spesa (artt. 120-bis e 120-ter T.U.B.). Inoltre le decisioni dell ABF fanno leva sull art. 33, lett. e) D.lgs. 2005/2006 Codice del Consumo, il quale qualifica espressamente come vessatorie le clausole che consentono al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore qualora questi receda dal contratto senza prevedere il correlativo diritto del consumatore ad esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta, nel caso in cui sia quest ultimo ad esercitare il diritto di recesso. 2.2- Osserva al riguardo il Collegio di Coordinamento che ( ) non si vede per quale ragione il cliente debba sopportare un costo iniziale per beneficiare di condizioni favorevoli di cui, in caso di recesso, non usufruirà, né si ravvisa alcun motivo valido per imporgli una sorta di mutualità o per addebitargli il costo della rete distributiva dell intermediario, dal momento che da ciò non sembra che egli possa ricavare un qualche vantaggio. 3 - La Corte federale tedesca ha ritenuto che le relative clausole contrattuali, inserite nelle condizioni generali, siano redatte in modo chiaro e comprensibile e che sia giustificata la causale relativa al sistema mutualistico e alla copertura del costo della rete distributiva. Pag. 4/7

4 - Osserva il Collegio di Coordinamento che è pacifico che le controversie come quella di specie sono disciplinate dalla normativa tedesca. In forza dell art. 15 della legge 31 marzo 1995, n. 218 ciò comporta che il giudice italiano è tenuto a interpretare e applicare la suddetta normativa come se fosse un giudice dello Stato cui la legge appartiene, facendo applicazione dei canoni interpretativi generali esistenti in quell ordinamento, in particolare dei criteri ermeneutici, delle norme sulla gerarchia delle fonti e sull efficacia della legge nel tempo dettati dalla legislazione straniera. Ma ciò non implica che il giudice italiano sia vincolato e debba uniformarsi agli orientamenti della giurisprudenza e agli insegnamenti della dottrina che si sono affermati nello Stato suddetto. 5 - La sentenza della Corte federale tedesca, quando giustifica la causale del diritto di stipula, compie una scelta che implica necessariamente valutazioni di merito e che, quindi, può essere contraddetta dal giudice straniero. Per il resto essa s incentra sulla compatibilità delle clausole contrattuali in esame con il sistema normativo tedesco, ne sottolinea trasparenza e comprensibilità, ma omette di confrontarle con la normativa comunitaria e di valutare la rilevanza che questa attribuisce alla tutela in senso ampio del consumatore. Ma il giudice (quindi anche l arbitro) italiano deve scrutinare dette clausole e la normativa che le legittima alla luce dell art. 16 comma 1 della citata legge n. 218 del 1995, il quale stabilisce che l ordine pubblico costituisce un limite all applicabilità in Italia della legge straniera. Nella nostra giurisprudenza di legittimità l ordine pubblico si identifica con la tutela dei diritti fondamentali (Cass. 4 maggio 2007, n. 12157). In particolare la Corte Suprema (Cass. 6 dicembre 2002, n. 17349) ha chiarito che l ordine pubblico internazionale è costituito dai principi fondamentali e caratterizzanti l atteggiamento etico giuridico dell ordinamento in un determinato periodo storico. E la più recente Cass. 26 aprile 2013, n. 10070 è pervenuta alla conclusione che per ordine pubblico deve intendersi l insieme dei principi essenziali della lex fori. Già con la sentenza della Sez. III 21 gennaio 2010, n. 993 la nostra Corte Suprema ha stabilito che la tutela del consumatore prefigura la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall ordinamento giuridico, con la conseguenza che è ipotizzabile, almeno potenzialmente, il danno ingiusto disciplinato dall art. 2043 cod. civ. Successivamente la Corte (Cass. Sez. III 20 marzo 2010, n. 6802) ha ribadito che la disciplina di tutela del consumatore posta dagli artt. 33 e ss. del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del consumo) prescinde dal tipo contrattuale prescelto dalle parti e dalla natura della prestazione oggetto del contratto, trovando applicazione sia in caso di predisposizione di moduli o formulari in vista dell utilizzazione per una serie indefinita di rapporti, che di contratto singolarmente predisposto. Infatti, detta disciplina è volta a garantire il consumatore dalla unilaterale predisposizione e sostanziale imposizione del contenuto contrattuale da parte del professionista, quale possibile fonte di abuso sostanziantesi nella preclusione per il consumatore della possibilità di esplicare la propria autonomia contrattuale, con la conseguenza che la vessatorietà della clausola può ben attenere anche al rapporto contrattuale che sia stato singolarmente e individualmente negoziato per lo specifico affare. 6 - Occorre poi tenere conto della disciplina comunitaria e della sua rilevanza nell ordinamento italiano. 6.1 - Per quanto riguarda la prima questione, è significativo l art. 3, 4 del Regolamento CE Roma I 17 giugno 2008 n. 593; esso stabilisce che la scelta di una legge applicabile diversa da quella di uno Stato membro ad opera delle parti fa salva l applicazione delle disposizioni di diritto comunitario, se del caso, come Pag. 5/7

applicate nello Stato membro del foro, alle quali non è permesso derogare convenzionalmente. E il successivo art. 6 prevede espressamente che, nei casi in cui il contratto sia assoggettato, per scelta delle parti, ad una legge straniera, tale scelta non vale a privare il consumatore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è possibile derogare convenzionalmente ai sensi della legge che, in mancanza di tale scelta, sarebbe stata applicabile (cioè la legge del Paese di abituale residenza del consumatore). Ragionando diversamente, si finirebbe con il privare il consumatore della possibilità di esercitare diritti che la normativa nazionale espressamente gli attribuisce, consentendo, così, alla banca di aggirare una disciplina che non realizza a pieno i suoi interessi. 6.2 - Per quanto attiene alla seconda questione, è sufficiente considerare che già nel lontano 1996 il nostro giudice di legittimità (Cass. Sez. I 20 marzo 1996, n. 2369, successivamente ribadita da Cass. Sez. II 30 luglio 2001, n. 10429) ebbe a considerare una direttiva del Consiglio CEE collocata tra le fonti del diritto rilevanti nell ordinamento italiano ancor prima del provvedimento interno di attuazione, con la conseguenza di doversene tenere conto nella configurazione dei principi regolatori della materia della tutela del consumatore. Del resto già la sentenza Cass. Sez. I 24 ottobre 1985, n. 5235 aveva affermato il principio che il conflitto tra norme comunitarie (contenute nei regolamenti o risultanti dalle sentenze interpretative della Corte di giustizia) e norme nazionali va risolto nel senso dell immediata e diretta applicazione nell ordinamento nazionale delle Disposizioni comunitarie, la cui efficacia non può essere impedita o limitata da norme interne, siano esse successive od anteriori. A maggior chiarimento del tema trattato, vale la pena menzionare anche Cass. Sez. III, 2 marzo 2005, n. 4466, secondo cui, in tema di efficacia del diritto comunitario, il fondamento della diretta applicazione e della prevalenza delle norme comunitarie su quelle statali si rinviene essenzialmente nell art. 11 della Costituzione, laddove stabilisce che l Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Il contrasto tra norme statali e disciplina comunitaria non dà luogo ad invalidità o alla illegittimità delle prime, ma comporta la loro non applicazione, che consiste nell'impedire che la norma interna venga in rilievo per la definizione della controversia davanti al giudice nazionale. 7 - Dall excursus che precede si evince che, in tema di tutela del consumatore, il presidio della normativa inderogabile interna trova pieno riscontro nella normativa comunitaria, che si impone su quella degli stati membri. Il combinato disposto della disciplina comunitaria (artt. 4 e 6 del Regolamento CEE n. 593/2008) e della legislazione interna (l art. 33 lett. e D,lgs 205/2006, l art. 10, comma 2 D.L. 4 luglio 2006 n. 223 convertito in Legge 2006/248, il quale stabilisce che in ogni caso, nei contratti di durata, il cliente ha sempre la facoltà di recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura, gli artt 120-bis e 120-ter T.U.B., valorizzati dai Collegi territoriali) pone la tutela del consumatore tra gli interessi riconosciuti rilevanti dall ordinamento giuridico comunitario e da quello interno e, quindi, la eleva al rango di normativa di ordine pubblico con conseguente inapplicabilità della regolamentazione (statuale o contrattuale) che collide con essa. 8 - Pertanto il Collegio di Coordinamento afferma la seguente massima: Nell ipotesi di estinzione anticipata da parte del cliente di un contratto di mutuo edilizio, la clausola che esclude la ripetizione di quanto dal medesimo corrisposto al momento della conclusione del contratto a titolo di diritto di stipula non è applicabile ai contratti conclusi in Italia in quanto contraria alla disciplina che garantisce la tutela del consumatore, alla quale va riconosciuto rango di normativa di ordine pubblico. Pag. 6/7

9 - Le argomentazioni che precedono dimostrano, dunque, la correttezza e la condivisibilità dell orientamento dei Collegi territoriali che, quindi, merita di deve essere confermato, con conseguente accoglimento del ricorso. 10 Ritenuta pertanto anche in questa sede, conformemente all orientamento di quest Arbitro confermato dal Collegio di Coordinamento, l inapplicabilità della clausola prevista dall art. 1, comma 3, del contratto dedotto in lite, secondo cui il diritto di stipula non verrà restituito, neppure parzialmente, né ridotto, né in caso di disdetta del contratto di risparmio edilizio né in caso di riduzione della somma di risparmio, né in caso di rinuncia totale o parziale al mutuo di assegnazione, ne deriva il diritto di parte ricorrente alla restituzione dell equivalente somma ( 300,00), oltre agli interessi legali dalla data del reclamo al saldo. 11 Quanto alle ulteriori pretese avanzata da parte ricorrente, devono invece rigettarsi quella relativa alle spese connesse al recupero stragiudiziale del credito ex art. 6 del d.lgs. 231/2002 (tale decreto applicandosi solo ai pagamenti effettuati nell ambito di transazioni commerciali, cioè di contratti tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni ), nonché quella relativa al risarcimento del danno per la perdita di tempo subita, avendo questo Collegio (dec. n. 8531/2014) già avuto modo di rilevare che Quanto [ ] al danno da perdita di tempo, è noto che l orientamento dell ABF è consolidato nel senso di escludere la risarcibilità dei danni consistenti in meri fastidi e disagi della vita quotidiana (cfr. Collegio di Roma, decisione n. 2653/2014). 12 Risulta viceversa meritevole d accoglimento la particolarità delle questioni giuridiche affrontate rivelando come non fosse superflua, per il ricorrente, l assistenza di un legale - la richiesta, già avanzata in sede di reclamo, relativa alla refusione delle spese legali sostenute ai fini del presente procedimento e che quest Arbitro, in via equitativa, ritiene ammettersi nella misura di 200,00. P.Q.M. Il Collegio dispone che l intermediario corrisponda alla parte ricorrente la somma di euro 300,00, oltre interessi legali dalla data del reclamo al saldo, nonché l importo di euro 200,00 per spese di assistenza professionale. Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 7/7