INTRODUZIONE Dalle credenze dello spirito umano da sempre sono affiorate creature dall aspetto bizzarro, volte perlopiù a interpretare le divine volontà, oppure nate dalla fantasia degli scrittori cui le opere degli artisti, nelle loro variazioni, facevano da pendant. Riorganizzati nei vari secoli in vasti elenchi, tali esseri leggendari costituirono gran parte del repertorio religioso-culturale caratteristico di ciascun popolo che li aveva adottati. Il principale esempio di registro naturalistico è la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio al quale certamente dovette ispirarsi Claudio Eliano per la sua Natura degli animali. Appartenenti alla mitologia greco-romana erano animali fantastici quali Cerbero, ricordato spesso solo come cane a tre teste, ma nella Teogonia esiodea ne possedeva inizialmente addirittura cinquanta. Talvolta accompagnato da elementi anguiformi, poteva assumere esso stesso le sembianze di un cane tricefalo per metà drago. Ad Ares, il dio greco della guerra, conosciuto dai romani come Marte, erano sacri diversi animali tra cui il drago. Differente però dagli altri tipi di drago, quello di Ares non possedeva ad esempio le ali. Il drago comunemente aveva aspetto di serpente o di rettile o di pesce immane. La sua testa era aguzza e simile a quella di un cane, gatto o lupo furioso, le sue fauci spalancate, la lingua sporgente e la bocca ignivoma. Possedeva ali di pipistrello e unghiate, zampe di aquila o leone. Il corpo III
scaglioso e spinato sul dorso terminava in una grossa e lunga coda avvolta in spire e culminante in una punta di dardo. Tra le dodici fatiche di Ercole, una delle più famose è costituita dalla sconfitta dell idra di Lerna. Anch esso era un terribile drago stanziatosi, divorando uomini e greggi, nei pressi del lago di Lerna vicino Argo. Con le sue nove teste, che rinascevano sotto i colpi di Ercole, soffiava miasmi pestilenziali e rendeva inabitabile il luogo che lo circondava. Altro animale doppio della mitologia greca era l ippocampo, un cavallo con la parte inferiore di pesce o delfino che viveva in ambiente acquatico. Ma il più celebre tra i cavalli era l alato Pegaso. Il grifo o grifone era un quadrupede come il leone con testa, collo, parte anteriore del corpo e ali di aquila. Aveva zampe con lunghi artigli e orecchie aguzze. Il basilisco, che secondo Plinio aveva origini orientali, come la maggior parte di questi esseri misti, era invece un incrocio tra gallo e serpente. Re dei serpenti, come il suo nome rivela, il basilisco (da basileus) non ha del vero serpente che la coda. Il resto del corpo è quello di un gallo o di un falcone, con piume, becco e cresta dentellata simile a una corona. A volte possiede le ali, ad accentuare il rapporto col principe delle tenebre, Satana. Nella ricerca di una sistematica classificazione teologica, finalizzata ad operare una decisa divisione tra le immagini del bene e quelle del male, vennero vergati nel Medioevo i cosiddetti bestiari. Nacquero così altri animali favolosi quali l eale o yale, cavallo di media statura con una barbetta di capra e piccola coda di elefante. Descritto con arti inferiori simili a quelli di un cinghiale, aveva due lunghe corna che poteva muovere a suo piacimento, l una indipendentemente dall altra. IV
L unicorno, più conosciuto, era un cavallo con un lungo corno, attorcigliato e acuminato, sulla fronte. Era detto anche liocorno o alicorno e possedeva inoltre barba di capra, coda leonina, zampe pelose e zoccoli bovini. La sua leggenda venne alimentata dal narvalo, un cetaceo caratteristico per via dello sviluppo orizzontale nel maschio di un enorme dente canino destro che può oltrepassare anche i due metri di lunghezza e perciò chiamato anche monodonte. Simile all unicorno era il monocero perché come quello portava un lungo corno sulla fronte. Esso aveva però testa di cervo, coda di cinghiale e piedi di elefante. Per metà cervo e per metà uccello era invece il cosiddetto peryton. Viverna era invece chiamata una grossa lucertola con un solo paio di zampe, ali e un pungiglione velenoso sulla coda. Gli artisti medievali resero inoltre iconograficamente più raccapricciante il basilisco, raffigurandolo con altri due occhi situati sulla coda, alla quale resero una testa di serpente. Dalla fantasia di Ludovico Ariosto nacque, nell Orlando furioso, la figura dell ippogrifo, un essere con zampe posteriori e corpo di cavallo e, invece, testa, collo, ali e zampe anteriori di aquila o avvoltoio. Il chirurgo francese Ambroise Paré (1510 1590), nella sua Des monstres et prodiges del 1573, includeva una creatura alquanto strana: la manucodiata, un uccello privo di zampe e perciò sempre in volo, alimentando così la sua leggenda che si protrasse fino al XVIII secolo. In opere come la Historia monstrorum di Ulisse Aldrovandi, pubblicata postuma nel 1642, si trovano creature come il capriasino, incrocio di un V
caprone con un asina; l hippotaurus, cavalla più toro; il cicursus, mistura tra capro e scrofa; e l equicervus, unione del cervo e della cavalla. Qui tratterò dell immagine, e delle sue evoluzioni, della chimera uno degli esseri misti della mitologia classica tra i più noti, ma non per questo iconologicamente più approfonditi. VI
CAPITOLO 1 IL MITO DELLA CHIMERA NELL ARTE FIGURATIVA ANTICA 1. Ambiente greco, dauno ed etrusco Numerose e diverse sono le opere che possono permettere di illustrare in modo significativo lo sviluppo e l evoluzione, nonché i più lontani esordi, del mito greco della chimera accompagnato da sempre, ma non sempre, da quello dell eroe Bellerofonte. Ceramiche figurate, affreschi, monete, statue, rilievi, mosaici e altri tipi di manufatti che riportano i personaggi di questo mito si susseguono sin dai tempi dei popoli che ne videro la nascita del suo racconto e della sua effigie. Attraverso le epoche che destarono i maggiori cambiamenti artisticoculturali, religiosi e politici gradualmente il confronto iconografico tra alcune delle sue più rilevanti espressioni si rende possibile fino alle sperimentazioni linguistiche più recenti. Dall ambiente greco, lungo il territorio italico, fino ai confini più remoti dell Impero romano la figura della chimera venne adottata dalle varie egemonie nell insieme del patrimonio culturale dei popoli con cui entrarono in contatto. Una volta radicalmente assimilati, forme e concetti di questa leggenda intrapresero in taluni casi percorsi differenti, modellandosi man mano sulla base delle esigenze, soprattutto religiose, ma anche politico-legislative che caratterizzarono le diverse civiltà dominanti. 1