Capitolo 1. Le proteine. 1.1 La struttura delle proteine

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Capitolo 1 Le proteine 1.1 La struttura delle proteine Le proteine sono le macromolecole più versatili dei sistemi viventi e hanno un ruolo fondamentale in tutti i processi biologici. Le proteine possono agire da catalizzatori, trasportare o conservare altre molecole come l ossigeno, fornire un supporto meccanico o una protezione immunitaria, generare un movimento, trasmettere impulsi nervosi e controllare la crescita e il differenziamento. Le proteine sono polimeri lineari costituiti da unità monomeriche dette amminoacidi, legati tra di loro attraverso un legame covalente, che prende il nome di legame peptidico, per questo le proteine sono note come polipeptidi. Figura 1.1: Struttura generica di un amminoacido 2

1.1 La struttura delle proteine Un α-amminoacido (Fig.1.1) è costituito da un atomo di carbonio centrale, detto carbonio α (C α ) a cui sono legati un gruppo amminico, un gruppo carbossilico, un atomo di idrogeno e un gruppo R, spesso indicato con il nome di catena laterale, specifico per ognuno di essi. Gli α-amminoacidi sono molecole chirali. Le due forme, che sono immagini speculari l una dell altra, sono dette isomero L e isomero D. Le proteine sintetizzate dagli organismi viventi sono costituite quasi esclusivamente dagli isomeri L. Gli amminoacidi in soluzione a ph neutro sono ioni dipolari o zwitterioni. Nella forma dipolare il gruppo amminico di un amminoacido è protonato -NH + 3 e il gruppo carbossilico è dissociato -COO. amminoacido varia con il ph. Lo stato di ionizzazione di un Nelle proteine sono presenti 20 tipi di catene laterali che variano per dimensioni, carica, capacità di formare legami idrogeno e reattività chimica. Tutte le proteine in tutte le specie - batteri, archeobatteri ed eucarioti - vengono costruite a partire dagli stessi 20 amminoacidi [1]. Le catene laterali degli amminoacidi hanno differenti tendenze a partecipare alle interazioni l una con l altra e con l acqua. Queste differenze influenzano profondamente i loro contributi alla stabilità e alle funzioni delle proteine. Gli amminoacidi idrofobici (fondo rosa in Fig.1.2) tendono ad evitare il contatto con l acqua, e sono coinvolti solo in legami di Van der Waals. Vedremo in seguito come questo effetto sia fondamentale in un processo che porta il nome di folding. Gli amminoacidi idrofilici (fondo azzurro in Fig.1.2) sono capaci di legarsi tra loro, allo scheletro peptidico, alle molecole polari organiche e all acqua, attraverso la formazione di legami idrogeno. Questa tendenza domina le interazioni alle quali partecipano. Alcuni di questi possono cambiare il loro stato di carica a seconda del ph o del microambiente da cui sono circondati. 3

Le proteine Figura 1.2: Struttura e caratteristiche chimiche delle catene laterali degli amminoacidi 4

1.1 La struttura delle proteine Gli amminoacidi anfipatici (fondo viola in Fig.1.2) possono essere sia idrofobici sia idrofilici a seconda delle condizioni del microambiente in cui si trovano. Questa loro caratteristica è ideale per la formazione delle interfacce [2]. Nella Fig.1.2 manca l amminoacido con la struttura più semplice, la glicina (Gly, G), la cui catena laterale è formata esclusivamente da un atomo di idrogeno. Nella Fig.1.2 sono indicati in grigio chiaro gli atomi di idrogeno, in grigio scuro gli atomi di carbonio, in rosso gli atomi di ossigeno, in giallo gli atomi di zolfo, e infine in azzurro gli atomi di azoto. Le proteine sono formate dall unione del gruppo carbossilico di un amminoacido con il gruppo amminico dell amminoacido successivo attraverso un legame covalente, che prende il nome di legame peptidico [3]. Nella Fig.1.3 è Figura 1.3: Formazione del legame peptidico e idrolisi mostrata la formazione di un dipeptide a partire da due amminoacidi con rilascio di una molecola d acqua. L equilibrio di questa reazione è spostato verso l idrolisi piuttosto che verso la sintesi, perciò la biosintesi dei legami peptidici richiede l immissione di energia libera. Tuttavia i legami peptidici sono cinetica- 5

Le proteine mente stabili: in assenza di eventi di catalisi l emivita di un legame peptidico in soluzione acquosa è di circa 1000 anni. Il legame peptidico ha caratteristiche di parziale doppio legame, che impediscono la rotazione intorno ad esso. L impossibilità di ruotare del legame ne determina la planarità e restringe le conformazioni possibili dello scheletro covalente. Al contrario i legami tra l atomo di C α e il carbonio carbonilico (C ), e tra il C α e l atomo di azoto del gruppo amminico sono legami semplici. Di conseguenza due unità peptidiche rigide adiacenti possono avere un certo grado di libertà di rotazione intorno a questi legami. La libertà di rotazione su ciascun lato dell unità peptidica permette alle proteine di ripiegarsi in modi diversi. Le rotazioni di questi legami sono definite da angoli diedrici o torsionali. Nella Fig.1.4 sono mostrati questi angoli e i piani che li definiscono [4]. L angolo di rotazione intorno al legame tra l azoto e l atomo C α è detto φ, mentre quello tra il C α e l atomo C è detto ψ. Non tutte le combinazioni di φ e ψ sono possibili. Ramachandran [5] osservò Figura 1.4: Catena polipeptidica estesa in cui sono mostrate le tipiche lunghezze di legame, gli angoli di legame e i diedri 6

1.1 La struttura delle proteine che molte combinazioni sono proibite a causa di impedimenti sterici tra gli atomi. I valori permessi possono essere visualizzati attraverso un grafico bidimensionale detto appunto grafico di Ramachandran. Nella Fig.1.5 è mostrato un grafico di Ramachandran in cui con il colore rosso indichiamo quelle combinazioni degli angoli torsionali che sono permesse, nelle quali cioè non ci sono impedimenti sterici, con il rosa le regioni permesse solo se alcuni impedimenti sterici sono rilassati. Come si vede dal grafico, circa tre quarti delle possibili combinazioni tra gli angoli torsionali vengono escluse da impedimenti sterici. Figura 1.5: Plot di Ramachandran Nella struttura di una proteina si distinguono quattro livelli di organizzazione. La struttura primaria della proteina è rappresentata dalla sequenza dei suoi amminoacidi, che a sua volta determina i vari modi in cui essa può ripiegarsi nelle strutture di livello superiore. La struttura secondaria rappresenta la struttura tridimensionale locale di una proteina, in cui possono essere presenti tratti di catena polipeptidica che formano α-eliche e foglietti β (β-sheet). L α-elica è una struttura a forma di bastoncino, la cui parte interna è formata dalla catena principale polipeptidica strettamente avvolta; le catene laterali si estendono verso l esterno con un andamento a spirale. L α-elica è stabilizzata da legami idrogeno tra gruppi N-H e C=O della catena 7

Le proteine principale. Il gruppo C=O di ciascun amminoacido è unito da un legame idrogeno al gruppo N-H dell amminoacido che si trova quattro residui più avanti nella sequenza lineare (Fig.1.6). Ciascun residuo è spostato rispetto al precedente di Figura 1.6: Alfa elica Figura 1.7: Foglietti β 1.5Å lungo l asse dell elica e forma con esso un angolo di 100 il che significa che vi sono 3.6 residui amminoacidici per ogni giro di elica. Il passo dell α-elica, 8

1.1 La struttura delle proteine che corrisponde al prodotto dello spostamento (1.5Å) per il numero di residui per giro (3.6Å), è di 5.4Å. Le α-eliche sono una struttura compatta [6], con valori approssimativi degli angoli φ e ψ di -60 e -50 rispettivamente (vedi Fig.1.5). Il foglietto β ha una struttura diversa da quella a bastoncello dell α-elica. Una catena polipeptidica a foglietto β è quasi completamente estesa invece di essere strettamente avvolta e coinvolge legami idrogeno tra gruppi N-H e C=O appartenenti a residui anche molto distanti tra loro nella sequenza lineare. Nei foglietti β, due o più strati che possono essere molto distanti nella struttura primaria sono tenuti fianco a fianco da legami idrogeno. Gli strati (Fig.1.7) possono scorrere lungo la stessa direzione, allora parleremo di foglietto β parallelo, oppure in direzioni opposte, foglietto beta antiparallelo [7]. La distanza tra due residui consecutivi è 3.3Å e gli angoli φ e ψ sono approssimativamente -130 e 125 (vedi Fig.1.5). L organizzazione tridimensionale completa di una catena poliptedica prende il nome di struttura terziaria. Vedremo nel 1.2 quali sono le interazioni che permettono ad una proteina di assumere una determinata struttura terziaria. Per buona parte delle proteine, la struttura terziaria rappresenta l ultimo livello di organizzazione strutturale. E il caso delle proteine cosiddette monomeriche, costituite cioè da un unica unità funzionale, biologicamente attiva. Molte altre proteine (ad esempio, un gran numero di enzimi), nella loro forma attiva sono invece costituite dall associazione di due o più unità di struttura terziaria (dette monomeri o subunità), uguali (proteine omo-oligomeriche) o diverse (proteine etero-oligomeriche). Si parla in tal caso di struttura quaternaria, per riferirsi all organizzazione multimerica della proteina. Nella struttura quaternaria, le subunità sono tenute insieme da interazioni generalmente non covalenti. Raramente, più catene peptidiche sono unite da legami covalenti, come accade ad esempio nelle immunoglobuline, in cui le catene leggere e pesanti sono tenute insieme da ponti disolfuro [8]. 9

Le proteine 1.2 Folding vs Misfolding Il folding è il processo attraverso il quale le proteine acquisiscono la loro struttura tridimensionale. Il folding può aver luogo sia contemporaneamente alla sintesi proteica sia dopo che questa è stata completata. Soltanto una volta terminato il folding, le proteine sono in grado di svolgere la loro funzione fisiologica [9]. La prima teoria del folding proteico è stata proposta negli anni 20 del XX secolo dallo scienziato cinese Hsien Wu [10]. In Europa e negli Stati Uniti le prime importanti ricerche sono state quelle negli anni sessanta di Christian B. Anfinsen, il quale formulò un dogma della biologia molecolare che porta il suo nome. Il dogma afferma che, almeno per le piccole proteine globulari, la struttura nativa è determinata unicamente dalla sequenza di amminoacidi che costituiscono la proteina [11]. Come la proteina raggiunga questa struttura rientra nel campo di studio del folding proteico, che si basa su un dogma correlato chiamato paradosso di Levinthal [12]. Il paradosso di Levinthal afferma che il numero di conformazioni possibili per una data proteina è astronomicamente grande. Effettivamente, questo rende la predizione computazionale della struttura proteica tramite la valutazione di tutte le possibili configurazioni irrealizzabile persino per proteine relativamente piccole. Inoltre, alcune proteine necessitano dell assistenza di altre proteine chiamate chaperonine per realizzare un folding corretto. E stato suggerito che ciò contraddirebbe il dogma di Anfinsen. In realtà le chaperonine non sembrano avere effetto sullo stato finale della proteina, ma bensì avere il ruolo di prevenire l eventuale aggregazione delle molecole proteiche prima che la proteina abbia raggiunto la struttura di folding corretta [10]. La funzione fisiologica di una proteina, sia essa un enzima, un trasportatore, un recettore o una proteina strutturale, è condizionata dalla sua struttura terziaria. Questo è il motivo per cui il folding ha una notevole importanza ed è oggetto di 10

1.2 Folding vs Misfolding ricerca. La capacità delle proteine di ripiegarsi in strutture ben definite à gov- Figura 1.8: Ripiegamento proteico ernata dalle leggi della termodinamica. Consideriamo un sistema costituito da una soluzione acquosa di molecole proteiche tutte identiche (Fig.1.8) ma ripiegate in modo diverso. La conformazione nativa unica corrisponde ad un minimo dell energia libera. Durante il processo di sintesi proteica il sistema, costituito dalla proteina nascente più l ambiente circostante, è disordinato e l entropia dell insieme delle molecole è relativamente alta. In determinate condizioni il ripiegamento delle proteine può avvenire spontaneamente. Quindi l entropia del solo sistema proteico deve diminuire a scapito di un aumento dell entropia del resto dell Universo. Al processo spontaneo di folding contribuisce anche la presenza delle forze idrofobiche. In una soluzione acquosa le molecole di soluto possono interagire con le molecole d acqua attraverso la formazione di legami ionici e legami idrogeno. Nel caso di soluti non ionizzabili, che non possono dare origine a questo tipo di legami, le molecole d acqua formano loro intorno una gabbia. Lo stato delle molecole d acqua che formano la gabbia è più ordinato (a minore entropia) di quello delle molecole libere in soluzione. Quando due molecole non polari si avvicinano, alcune molecole d acqua vengono rilasciate e ritornano libere nel mezzo (Fig.1.9). Il termine entropico favorisce così l aggregazione di molecole idrofobiche. 11

Le proteine Figura 1.9: Effetto idrofobico Le catene laterali di alcuni amminoacidi che costituiscono le proteine sono costituite da gruppi non polari che tendono ad escludere l acqua costituendo esse stesse il mezzo idrofobico in cui risiedere. Al contrario gli amminoacidi con catene laterali polari possono tranquillamente formare legami idrogeno con l acqua. Queste proprietà fanno sì che, generalmente, la parte proteica a contatto con l acqua sia formata da amminoacidi idrofilici, mentre gli amminoacidi idrofobici rivolgono le loro catene laterali all interno. Nel processo di ripiegamento delle proteine si formano legami idrogeno. La variazione di energia libera, data da G = H T S, è una misura della spontaneita della reazione. Quando si ha una variazione di energia libera negativa dovuta alla combinazione delle variazioni di entropia associata agli effetti idrofobici e di entalpia associata alla formazione di legami, il processo di ripiegamento proteico può avvenire spontaneamente [1]. L ipotesi di Anfinsen è legata all assunzione che lo stato nativo di una proteina rappresenta un minimo assoluto dell energia libera. Il minimo può essere raggiunto percorrendo strade diverse e passando attraverso stati intermedi metastabili. Questo schema è rappresentato in Fig.1.10 dove la struttura nativa di una proteina è localizzata in un minimo assoluto dell energia libera. Può accadere però che, nel corso del processo di folding, lo stato della proteina corrisponda ad un minimo locale, vicino sia energeticamente che strutturalmente a quello assoluto separati attraverso una barriera di potenziale. Questo è quello che accade 12

1.2 Folding vs Misfolding Figura 1.10: Andamento dell energia libera ad alcune proteine che, probabilmente a causa di fattori esterni, modificano la propria struttura tridimensionale in maniera tale da essere in un minimo locale dell energia libera che si trova nelle vicinanze del minimo globale, ma con una struttura tridimensionale (misfolded) non più in grado si svolgere la propria funzione. Naturalmente la struttura primaria della proteina non si modifica durante questa trasformazione [13]. Il non corretto folding proteico è all origine di una grande varieta di patologie raggruppate sotto il nome di Protein Conformational Diseases (PCD) [14]. Questo gruppo di patologie include il morbo di Alzheimer (AD), l encefalopatia spongiforme trasmissibile, il morbo di Huntington, il morbo di Parkinson, il diabete di tipo 2, l amiloidosi da dialisi, la sclerosi amiotrofica laterale, e più di 15 altre, meno note, patologie. Notiamo che non c è omologia tra la sequenza primaria delle proteine coinvolte nelle diverse PCD. Nella maggioranza dei casi nella proteina misfolded la struttura secondaria è prevalentemente β [15] (Fig.1.11). Con questa struttura possono formarsi legami idrogeno tra amminoacidi appartenenti alla stessa molecola proteica o a molecole diverse favorendo, in quest ultimo caso, i processi di oligomerizzazione e di aggregazione. In molte PCD sono infatti presenti aggregati che depositandosi nei 13

Le proteine Figura 1.11: Cambiamenti conformazionali di una proteina tessuti di diversi organi li danneggiano. La presenza di depositi amiloidi è spesso usata per la diagnosi di queste malattie, che sono pertanto note anche come amiloidosi [16]. Non è chiaro tuttavia se i depositi proteici siano la causa delle PCD o se ne siano soltanto un epifenomeno. Dal punto di vista microscopico, il processo dettagliato attraverso il quale proteine solubili subiscono un parziale svolgimento (unfolding) e un riavvolgimento scorretto (misfolding) costituisce la principale e irrisolta questione. Sono state avanzate tre differenti ipotesi per descrivere le relazioni tra stati conformazionali e aggregazione. Nella ipotesi cosiddetta della polimerizzazione (Fig.1.12A), l aggregazione induce cambiamenti nella conformazione proteica; nell ipotesi conformazionale (Fig.1.12B) il misfolding proteico è considerato indipendente dall aggregazione, e questa non rappresenta necessariamente il punto d arrivo del cambiamento conformazionale; il terzo modello, detto di conformazione/oligomerizzazione (Fig.1.12C), rappresenta una visione intermedia, nella quale piccoli cambiamenti conformazionali innescano l oligomerizzazione che è essenziale per la stabilizzazione del misfolding proteico. Una questione centrale nella ipotesi con- 14

1.3 Ruolo biologico dei metalli Figura 1.12: Ipotesi di aggregazione formazionale è l identificazione dei fattori che inducono il misfolding. Alcune variazioni delle condizioni ambientali, fra le quali il ph, la presenza di ioni metallici [17], l influenza di certe proteine e l interazione con membrane cellulari, o semplicemente un aumento della concentrazione della proteina stessa, sono state individuate come fattori determinanti per questo processo. La comprensione dei meccanismi molecolari che sono alla base dei processi di aggregazione è un passo indispensabile per una terapia efficace delle patologie che ne derivano. 1.3 Ruolo biologico dei metalli Gli ioni metallici svolgono funzioni fondamentali all interno degli organismi viventi. La maggior parte di essi viene utilizzata come cofattore da parte delle 15

Le proteine proteine, che li inglobano all interno della loro struttura. I tre metalli sui quali vogliamo concentrare la nostra attenzione sono il Fe, il Cu e lo Zn. I principali amminoacidi che li coordinano, tramite un legame di tipo dativo, sono: l istidina, la metionina, la cisteina, la selenocisteina 1, e talvolta anche la tirosina, l acido aspartico e l acido glutammico. Gli ioni metallici appartenenti al cosidetto gruppo d partecipano ai processi catalitici essenzialmente in tre modi: orientano il substrato nel sito catalitico; stabilizzano elettrostaticamente e/o proteggono le cariche negative; partecipano a reazioni redox. Quest ultimo processo è particolarmente pericoloso per l organismo, infatti se la reazione avviene senza controlli esterni possono generarsi delle molecole altamente reagenti, che prendono il nome di radicali liberi, in grado di alterare lo stato d ossidazione delle cellule. Per questo motivo gli ioni metallici non vengono mai lasciati liberi di circolare nell organismo, ma sono sempre legati a proteine di trasporto che hanno il compito di trasportarli e depositarli nel luogo in cui devono partecipare ai processi in cui sono coinvolti. Lo ione Fe è il metallo di transizione più abbondante negli esseri umani, la quantità media in un uomo adulto del peso di 70kg è di circa 4g. Viene digerito a livello del duodeno, dove subisce varie reazioni di ossidazione e riduzione per poter essere assorbito e poi immagazzinato dall organismo. Nel nostro organismo lo ione Fe si trova principalmente in due stati redox Fe 2+ e Fe 3+. Generalmente tetracoordinato, lo si può trovare anche con numeri 1 La selenocisteina (Sec) è il 21 amminoacido conosciuto e il suo nome è associato al fatto che contiene un atomo di Se. Esso non è un derivato della cisteina, ma deriva dalla serina. È codificato dal codone UGA, normalmente un codone di stop, che tuttavia in presenza di un particolare segmento di mrna viene interpretato come elemento costitutivo. 16