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Cass. civ. Sez. V, Sent., 17-09-2014, n. 19537 Svolgimento del processo A.L. impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Lombardia 31.5.2010 che, in conferma della sentenza C.T.P. di Varese n. 76/06/2009, ebbe a respingere il proprio appello, così ribadendo la legittimità del silenzio-rifiuto già opposto dall'ufficio avverso l'istanza di rimborso IRPEF avanzata per l'anno 2002, presentata contestualmente alla dichiarazione rettificativa alla dichiarazione dei redditi per lo stesso anno. Ritenne la C.T.R., richiamando la decisione dei primi giudici, che il rimborso era stato legittimamente negato, in ragione della tardività della predetta dichiarazione integrativa, ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8bis, presentata invero oltre il termine della dichiarazione del periodo d'imposta dell'anno successivo a quello per il quale era stato commesso l'errore. Nè l'istanza di contestuale rimborso dell'imposta versata in eccedenza poteva permettere, con il suo più lungo termine di 48 mesi ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 a decorrere dal pagamento o dal saldo, di recuperare la ritualità della dichiarazione integrativa, presentata solo nel 2006 e non nel 2004, trattandosi di istituti diversi. Il ricorso è affidato a sei motivi; Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di eventualmente partecipare all'udienza. Motivi della decisione Con il primo motivo, si deduce il vizio di motivazione avendo contraddittoriamente la C.T.R. affermato che, in astratto, la dichiarazione a favore del contribuente è emendabile con la dichiarazione integrativa ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8bis ovvero con l'istanza di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, ma in concreto, scelta la prima via, anche il rimborso non sarebbe stato più possibile, benchè formarmente

oggetto di istanza contestuale alla dichiarazione rettificativa, ciò sul presupposto del censurato ritardo solo di quest'ultima. Con il secondo motivo, ancora viene rilevato il vizio di motivazione, insufficiente laddove la C.T.R. ha trascurato di considerare che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 non prevede una prescrizione particolare attinente al modo di presentazione dell'istanza di rimborso, dunque nella fattispecie essendo mancata una adeguata spiegazione della pur rilevata carenza. Con il terreo motivo, si deduce la violazione di legge con riguardo al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 e comma 8bis, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la C.T.R. trascurato che la novità del D.P.R. n. 435 del 2001, modificativo dei citati articoli, ha conferito al contribuente la nuova opportunità, al comma 8bis cit, di una dichiarazione rettificativa entro un anno e con la quale chiedere, anzichè il rimborso della maggiore imposta pagata, l'utilizzo dell'eccedenza a credito in compensazione, così risolvendosi il potere di rettifica ai sensi del diverso comma 8 cit. nella possibilità di chiedere il rimborso, ma nei termini più lunghi. Con il quarto motivo, si deduce violazione di legge con riguardo al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la C.T.R. errato nel pretendere prescrizioni particolari per l'istanza di rimborso, avendo semmai il contribuente peccato di eccesso nell'accompagnarla alla dichiarazione di rettifica. Con il quinto motivo, si deduce la violazione di legge ancora del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, con riguardo al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 e comma 8bis, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la C.T.R. trascurato la correlazione fra pretesa in restituzione delle somme versate in eccedenza e dichiarazione rettificativa. Con il sesto motivo, si deduce la violazione di legge della L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 10, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 ed avendo riguardo agli artt. 53 e 97 Cost., avendo la

C.T.R, contravvenuto al principio della emendabilità della dichiarazione, consolidato anche in ragione dell'obbligo della P.A. di informare il contribuente delle circostanze ostative al mancato riconoscimento del suo credito, così tutelando la sua buona fede e l'affidamento e tenuto conto che l'istanza valeva ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 cit.. 1. I primi cinque motivi sono fondati. Opera in materia il principio, già affermato da questa Corte e cui il Collegio intende conformarsi, per il quale in tema di imposte sui redditi il contribuente, in base al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8 bis, come introdotto dal D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, art. 2, è titolare della generale facoltà di emendare i propri errori mediante apposita dichiarazione integrativa, la quale, agli effetti dei termini di decadenza e stante la mancanza di modifiche allo specifico e autonomo regime delle restituzioni, non interferisce sull'effettivo esercizio del diritto al rimborso, atteso che l'ultimo inciso della disposizione citata, nel prevedere come termine ultimo per la presentazione della dichiarazione integrativa quello prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, correla al rispetto di detto limite temporale la sola possibilità di portare in compensazione il credito eventualmente risultante. Ne consegue che l'istanza di rimborso può essere proposta anche oltre il termine di presentazione della dichiarazione del periodo d'imposta successivo (Cass. 6253/2012). E d'altronde, si è anche statuito che la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto, incidenti sull'obbligazione tributaria, ma di carattere meramente formale, è esercitabile anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa dell'amministrazione finanziaria, ed anche oltre il termine previsto per l'integrazione della dichiarazione (fissato in quello prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, come introdotto dal D.P.R. n. 435 del 2001, art. 2), poichè questa scadenza opera, atteso il tenore letterale della disposizione, solo per il caso in cui si voglia mutare la base imponibile, ma non anche quando venga in rilievo un errore meramente formale (Cass. 5852/2012, oltre che Cass. 2226/2011 e 3754/2014). Si tratta invero di un principio generale che non penalizza il contribuente il quale accompagni l'istanza di rimborso di quanto erroneamente dichiarato e versato, perchè oltre il dovuto, ad una dichiarazione rettificativa di precedente dichiarazione rispetto al contribuente che invece, all'opposto, eviti la citata emenda e direttamente avanzi domanda di rimborso: se non operasse, per entrambe le situazioni, l'identica attrazione dell'esercizio del relativo diritto nella stessa (più lata) sfera decadenziale di cui al D.P.R. n. 602 del

1973, art. 38, si attuerebbe un sacrificio non giustificabile della prima figura di contribuente. Invero il contribuente che insta per il rimborso e però rettifica la precedente dichiarazione, al pari del mero istante in rimborso, evidenzia un credito e tuttavia, a differenza del secondo, presta un diverso e più intenso grado di collaborazione e trasparenza dichiarativa, adottando un modello enunciativo dell'intera propria situazione reddituale di maggiore analiticità, così esponendosi non solo ai controlli sulla dichiarazione ma altresì alle correlate responsabilità. 2. D'altra parte, il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8bis sancisce che "le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d'imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all'art. 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo. L'eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17.". La norma è stata intesa, anche oltre l'irpef e ad esempio in tema di IRAP, in base al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, con tale medesima portata, per cui il contribuente è titolare della generale facoltà di emendare errori mediante dichiarazione integrativa, la quale, per gli effetti dei termini di decadenza e per l'assenza di modifiche allo specifico regime della restituzione, mantiene la sua autonomia e non interferisce sull'effettivo esercizio del diritto al rimborso, conseguendone - si è deciso - la tempestività dell'istanza di rimborso, ancorchè proposto oltre il termine di presentazione della dichiarazione del periodo d'imposta successivo (così Cass. 14932/2011). La valenza generale del principio permette così di superare gli interrogativi già avanzati in un precedente, poi non ripreso (Cass. 5373/2012) e che pur si era dato carico di ipotizzare - ancorchè con risposta negativa rispetto alla tesi qui seguita - che l'incostituzionalità sarebbe evitabile solo conferendo al comma 8 bis una portata tale per cui il termine rileverebbe unicamente al fine della possibilità di opporre in compensazione il credito risultante dalla rettifica, mentre resterebbe salva la possibilità di operare la rettifica stessa agli effetti del diritto al rimborso:

non è infatti sostenibile che in base a tale lettura la facoltà di rettificare la dichiarazione in senso favorevole al dichiarante sarebbe esercitabile senza limiti di tempo, posto che la stessa richiesta di rimborso va attuata entro un preciso confine temporale. L'esame del sesto motivo è conseguentemente assorbito. Il ricorso va pertanto accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla C.T.R. Lombardia, anche per la liquidazione delle spese di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, ai sensi di cui in motivazione, cassa e rinvia a C.T.R. Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.