Differenza tra clausola Claims made pura e Claims made mista



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Avv. Francesco Napolitano Viale Augusto 162-80125 Napoli - Tel. 081.2397459 Fax: 081.628568 E_Mail: francesconapolitano1@avvocatinapoli.legalmail.it Differenza tra clausola Claims made pura e Claims made mista Nell ambito del diritto assicurativo, la garanzia impropria invocata dall assicurato nei giudizi di responsabilità professionale ha assunto nel corso degli anni particolare rilievo, stante l evoluzione giurisprudenziale che ha subito l interpretazione della c.d. clausola claim made. La locuzione claims made è un espressione inglese che potrebbe tradursi con a richiesta fatta ed è uno dei due regimi a cui può essere assoggettata una polizza di responsabilità civile verso terzi (con esclusione delle polizze per responsabilità derivante da circolazione di veicoli di a motore; quest'ultimo tipo di polizza è infatti rigidamente vincolato da un'articolata normativa sulla responsabilità civile obbligatoria). In sostanza, con il regime di claims made si assume che il sinistro venga attivato dalla richiesta di risarcimento che l assicuratore riceve, e pertanto le relative garanzie operano dal momento in cui tale richiesta è ricevuta. La differenza tra una polizza assicurativa in regime claims made ed una in regime loss occurrence è immediatamente percepibile nel caso della responsabilità professionale, in cui tra il momento in cui il professionista commette l'errore professionale ed il momento in cui il cliente ha percezione dell'errore professionale può passare molto tempo. Con una polizza loss occurrence affinché vi sia copertura assicurativa è necessario che il danneggiante sia assicurato già al momento della commissione dell'errore professionale; con una polizza claims made pura, il professionista potrebbe avere copertura assicurativa anche senza essere stato assicurato al momento della commissione dell'errore, purché sia assicurato al momento della richiesta di risarcimento danni.

Da circa un decennio la giurisprudenza è alla ricerca di una comune impostazione, sulla valutazione delle clausole claims made, che hanno scalzato la precedente prassi assicurativa che applicava, alle polizze assicurative soprattutto in materia di responsabilità professionale, le clausole loss occurrence. L orientamento giurisprudenziale maggioritario (Corte d'appello di Roma, Sezione III, Sentenza 18 gennaio 2012, n. 312 e e dal Tribunale di Milano V Sezione Civile Sent. inedita n. 3527/2010 del 18.03.2010), ha negato che l inserimento della clausola contrattuale renda automaticamente il contratto atipico, la clausola claims made non solo non si pone in deroga alla previsione del dettato codicistico ex art. 1917 cod. civ., ma ne integra semplicemente il precetto, al pari della clausola loss occurrence, secondo che i contraenti adottino l una o l altra prospettiva. La clausola claims made non modifica e non elimina la natura aleatoria del contratto, né l oggetto, che continua ad essere rappresentato dal fatto illecito dedotto nella polizza ; la clausola così come prevista si limita semplicemente a condizionare l operatività alla circostanza che il danneggiato avanzi la relativa richiesta di risarcimento nel periodo di vigenza della polizza. Dello stesso avviso è la Sentenza della Corte d'appello di Roma, Sezione III, n. 312/2012, la quale (contrariamente a quanto enunciato dalla Suprema Corte nell interpretazione dell art. 1917 c.c., che fa coincidere il fatto illecito accaduto durante il tempo dell assicurazione con il fatto fatto illecito dell assicurato dal quale sorge l obbligazione risarcitoria nei confronti del terzo ) sostiene che, può agevolmente obiettarsi che il fatto illecito dell assicurato non fa di per sé divenire attuale l obbligazione di garanzia dell assicuratore, fin tanto che il terzo non avanzi la propria pretesa risarcitoria. Pertanto il fatto illecito, secondo la sentenza in commento, coincide con la richiesta risarcitoria, rendendo attuale quel danno accaduto, ma non ancora noto. Quindi, la clausola claims made non solo non si pone in deroga alla previsione del dettato codicistico ex art. 1917 cod. civ., ma ne integra semplicemente il precetto, al pari della clausola loss occurrence, secondo che i contraenti adottino l una o l altra prospettiva. con la Sentenza n. 562/05, la Cassazione ha affermato che la clausola è lecita, ma vessatoria, dal momento che comporta per l assicuratore un evidente limitazione di responsabilità. Di conseguenza è necessaria l approvazione scritta del contraente. Che tale sentenza fosse stata oggetto di numerose critiche non è un mistero e raramente, infatti, l indirizzo indicato dalla Suprema Corte ha avuto così scarso seguito. Con la sentenza n. 17197/07 il Tribunale di Roma, completamente in controtendenza, ha addirittura precisato che la clausola claims made è nulla.. I giudici romani, fondando la loro analisi sul concetto di rischio, elemento essenziale del contratto assicurativo, hanno affermato che esso deve preesistere alla stipula del contratto, e perdurare dopo tale

momento ; in caso contrario, la previsione legislativa applicabile sarebbe quella di cui all art. 1895 c.c., che ipotizza: 1. il caso in cui il rischio non è mai esistito, (circostanza ravvisabile solo nell assicurazione contro i danni quando la res oggetto dell interesse protetto non esiste) e quindi l assicurazione non è mai stata esposta al pregiudizio; 2. il caso in cui il rischio abbia cessato di esistere prima della stipula del contratto. Pertanto la nullità della clausola sarebbe determinata dal fatto che, essendo il rischio rappresentato dalla commissione di illeciti colposi da parte dell assicurato, consente l indennizzabilità di quel rischio già verificatosi al momento della stipula del contratto. Sul punto, il Tribunale di Milano con la recente sentenza n. 2738/11 ha precisato che appaiono lecite tutte le clausole in cui si intende assicurare anche un periodo antecedente alla stipulazione del contratto, alla condizione che vi sia un alea di incertezza indispensabile nel contratto di assicurazione. Quindi, affinché la clausola claims made abbia effetti retroattivi rispetto alla data di stipula del contratto assicurativo e l elemento rischio sia fatto salvo è necessario, al momento della stipula, o che entrambe le parti ignorino che prima della stessa abbia avuto inizio la serie causale dannosa, oppure che solo parte assicurata lo ignori, ma non gli sia giunta alcuna richiesta di risarcimento del danno da parte del terzo. Invero, secondo l orientamento seguito dal Tribunale di Milano, il rischio può essere sia quello strictu sensu relativo al danno, sia una serie di elementi, che pur non essendo effettivamente dannosi, rendono lo stesso attuale: se il terzo formulerà una richiesta risarcitoria, quale sarà l entità, quali ripercussioni potrà avere ecc. L orientamento maggiormente seguito, e che evidentemente soddisfa la giurisprudenza di merito, è quello che sdoppia la fattispecie della clausola claims made prevedendone una c.d. pura ed una spuria. Per orientamento maggioritario, la clausola pura, non solo non renderebbe il contratto atipico (Sent. Trib. Milano 3527/10), ma sarebbe da ritenersi legittima quando, durante il periodo di vigenza del contratto, ogni richiesta danni pervenuta all'assicurato sia considerata valida fino alla prescrizione del diritto del danneggiato. Il Tribunale di Milano ha precisato che con la clausola claims made pura si ha la copertura dei rischi relativi a tutte le eventuali richieste di risarcimento che dovessero pervenire nel corso della durata della polizza assicurativa stessa, senza che possa essere sollevata alcuna eccezione in ordine al momento in cui si procede con la richiesta di indennizzo e l effettiva data in cui si è verificato il danno. Inoltre la clausola avrebbe tutte le caratteristiche di validità del caso e non si verificherebbe neppure una configurazione vessatoria per l assicurato, dal momento che ben si adatterebbe alle necessità di quest ultimo senza limitare la responsabilità dell assicuratore. La pronuncia in commento (Corte App. Roma, Sez. III, n. 312/12 cit.) sposa completamente l orientamento ora delineato, e addirittura ne rinforza il valore precisando che se la clausola ha lo

scopo di individuare e circoscrivere l oggetto del contratto, ma non di limitare la responsabilità dell assicuratore, essa si pone completamente al di fuori delle clausole vessatorie, sia per gli effetti dell art. 1341 c.c., sia con riguardo alla disciplina di tutela del consumatore. Il giudice di secondo grado ha fondato tale conclusione sull assunto che la clausola claims made non comporta un restringimento della responsabilità dell assicuratore, ma concorre semplicemente alla determinazione dell oggetto del contratto. Infatti, secondo il Giudice di secondo grado, le clausole vessatorie sono solo quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell inadempimento, o che escludono il rischio del garantito, mentre, nel caso delle clausole claims made, l assicurato può garantirsi non solo dagli errori professionali posteriori alla vigenza del contratto, ma anche da quelli precedenti, purchè non ne sia consapevole. A quanto sembra la giurisprudenza tende ad essere flessibile e duttile alle innovazioni contrattuali, tentando di conciliare la tutela delle parti e l adeguamento all ordinamento codicistico. A parere di chi scrive, la giurisprudenza, correttamente si è mossa lungo i binari degli elementi del contratto assicurativo (il rischio, il fatto dannoso, la richiesta risarcitoria e l alea), valutandoli volta per volta, al fine di verificare se fossero compatibili con la clausola claim made.. Le clausole claims made, pertanto, pongono una regolamentazione del contratto di assicurazione per la responsabilità civile derogatoria rispetto a quella di cui all'art. 1817 co. 1 cod. civ. a mente del quale tale contratto copre i rischi relativi ai fatti che si verificano durante il periodo di esplicazione degli effetti della polizza assicurativa, a prescindere, dunque, dalla dislocazione temporale della richiesta risarcitoria che può sopravvenire anche a distanza di tempo. La clausola claims made pura stabilisce, invece, che il contratto assicurativo copra i rischi relativi a tutte le richieste di risarcimento che pervengono durante il periodo di vigenza della polizza a prescindere dalla data della verificazione dell'evento produttivo di danno. In tale versione pura, la clausola è valida, non rende il contratto atipico e non è neppure vessatoria potendo, al contrario, rispondere meglio alle esigenze di volta in volta cangianti dell'assicurato. In tale guisa il Tribunale di Milano (sentenza n. 3527/10) si discosta dall'orientamento della Suprema Corte che, pur valutando la liceità della clausola, aveva tuttavia ritenuto la stessa idonea a modificare il tipo legale di cui all'art. 1917 cod. civ., riconducendo il contratto di assicurazione per la responsabilità professionale con clausola claims made pura nell'alveo dei contratti atipici con interesse meritevole di tutela. Ricapitolando, quindi, sino ad ora la Giurisprudenza dei Tribunali aveva preso spunto dalla decisone del 2005 n 5624 della Cassazione secondo la quale il contratto assicurativo contenente la clausola claims made (a richiesta fatta) è atipico, in quanto difforme dallo schema previsto dall'art. 1917 cod. civ. Su questa linea la clausola veniva ritenuta di volta in volta vessatoria oppure nulla.

Con la conseguenza che, in caso di nullità, la clausola verrebbe addirittura sostituita con il regime ordinario dell' art. 1917 cod. civ., trasformando il contratto da claims made a loss occurence (insorgenza del danno). I redattori delle sentenze di cui innanzi hanno dimostrato in primo luogo di avere cognizione della importanza economica e di mercato della clausola, ormai presente nella quasi totalità dei contratti assicurativi dei liberi professionisti, ed operano una diversa e più equilibrata analisi dei suoi contenuti giuridici. In particolare ed in estrema sintesi: si ritiene che il contratto di assicurazione della responsabilità civile contenente claims made costituisca contratto tipico; tale statuizione, determinata dalla deroga (consentita) all art. 1917 cod. civ., esclude in radice che possa ravvisarsi la nullità della clausola e dell intero contratto; si afferma che la clausola non sia vessatoria e quindi non necessiti di doppia sottoscrizione ai sensi dell art 1341 cod. civ. In tema di validità della garanzia della clausola claims made, si sottopongono all attenzione una serie di pronunce favorevoli ottenute nel corso di procedimenti in cui lo Studio Legale Napolitano ha avuto l onore di rappresentare La Compagnia di Assicurazioni. In tema di claims made, si sottopone all attenzione del lettore una sentenza favorevole ottenuta in un giudizio in cui lo Studio Legale Napolitano ha avuto l onore di rappresentare la Compagnia di Assicurazioni. In particolare, lo Studio Legale Napolitano, ha eccepito la carenza di legittimazione passiva della propria mandante, stante l art. 1 delle condizioni particolari di contratto, secondo cui l assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all assicurato nel corso di efficacia dell assicurazione stessa e relative a fatti verificatesi nel periodi di validità della garanzia. Il Tribunale di Torre Annunziata, ex Sezione Distaccata di Castellammare di Stabia, r.g.n. 893/2008, con ordinanza del 09.10.2014 ha pienamente accolto l eccezione di inoperatività della polizza invocata dalla azienda, formulando un ragionamento logico giuridico inconfutabile. Secondo il redattore dell ordinanza in argomento, non è contestato che, in caso che ci occupa, se il fatto risale al 6.6.2006, l'odierna attrice ha formulato, per la prima volta, una richiesta di risarcimento danni solo in data 30.07.2008, e cioè dopo la scadenza del periodo di operatività della polizza (31/12/2006): in tal senso, peraltro depone la stessa missiva del 27.7.2010 indirizzata alla compagnia La clausola in esame rientra pacificamente tra quelle c.d. claims made, ossia a richiesta fatta. Il contratto contenente la clausola claims made offre la copertura assicurativa per le richieste di risarcimento che pervengono all assicurato durante il periodo di vigenza della polizza, indipendentemente sia dal

momento in cui si è verificato il rischio dedotto nel contratto, sia dal momento in cui si è prodotto un danno in capo al terzo. Pertanto, la clausola in esame estende l operatività della garanzia assicurativa anche a tutti i fatti colposi posti in essere prima della stipulazione della polizza (nella fattispecie concreta) fino a dieci anni precedenti (termine di prescrizione entro il quale il terzo potrà proporre una richiesta di risarcimento. Il contratto di assicurazione, contenente una clausola claims made, non rientra nel tenore letterale di cui all art. 1917 primo comma cod. civ. In particolare, l'inciso - "fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione" - collega direttamente il sorgere dell'obbligo in capo all'assicuratore al comportamento colposo posto in essere durante il periodo di vigenza della polizza, e non alla richiesta di risarcimento, come previsto invece dalla clausola in esame. Pertanto, risulta pacifico che la clausola claims made deroga al primo comma del citato articolo: tale deroga è lecita, e ciò per più ragioni. In primo luogo, va osservato che l'art. 1932 cod. civ. dispone l'inderogabilità della disciplina prevista ai commi terzo e quarto dell'art. 1917 cod. civ.; conseguentemente, il primo comma di questo articolo è certamente derogabile. In secondo luogo, non merita pregio neppure la tesi secondo cui la disposizione in esame sia da considerarsi implicitamente inderogabile, in quanto "norma primaria e imperativa, di immediata applicazione" (Tribunale di Bologna, 02.10.2002 n.3318). Occorre, infatti, evidenziare che l'inderogabilità prevista dall'art. 1932 cod. civ. opera esclusivamente in senso favorevole all'assicurato, e non è neppure sostenibile (come si spiegherà più avanti) la tesi secondo cui la suddetta clausola sarebbe sempre svantaggio sa per l'assicurato. Nella fattispecie in esame, la clausola, quindi, deroga nei termini anzidetti all' art. 1917 cod. civ. Detta clausola claims made, peraltro, non comporta né una diversa natura del rischio oggetto del contratto assicurativo, né il venir meno del rischio stesso. In realtà, oggetto della copertura assicurativa rimane il fatto colposo dedotto in polizza. Tuttavia, tale fatto, generatore del danno, diviene "rilevante" soltanto nell'ipotesi in cui la richiesta di risarcimento del danno (in conseguenza di tale fatto) pervenga all'assicurato "durante il tempo dell'assicurazione". In definitiva, nonostante il rischio dedotto si riferisca direttamente all eventualità che il terzo avanzi una richiesta di risarcimento e - solo indirettamente al verificarsi del comportamento colposo, l oggetto della garanzia assicurativa rimane pur sempre quest ultimo, ovvero il fatto illecito dedotto in polizza. Consegue a quanto esposto che il contratto di assicurazione della R.C. contenente claims made è tipico. Questa statuizione determina una deroga (consentita) all art. 1917 cod. civ., esclude in radice che possa

ravvisarsi la eccepita nullità della clausola e dell intero contratto. In ogni caso, anche a voler ritenere l atipicità del negozio, deve dichiararsi certamente sussistente un interesse lecito e meritevole di tutela ex art. 1322 cod. civ., in capo ad entrambi i contraenti, alla stipulazione di un contratto contenente la clausola claims made (come del resto riconosciuto dalla Cassazione nella sentenza n. 5624/2005). Infatti, il danneggiato può avvalersi di tale clausola per ottenere una copertura assicurativa in relazione a fatti verificatisi precedentemente rispetto alla stipulazione della polizza (particolarmente utile se l'assicurato non fosse coperto da altra polizza per il periodo indicato). L'assicuratore, invece, si avvale di questo nuovo schema contrattuale per gestire in maniera più idonea le riserve e per adeguare l'ammontare dei premi richiesti ai massimali di polizza. Occorre ora valutare se la clausola in esame debba essere ritenuta vessatoria e pertanto assoggettabile alla disciplina di cui all'art. 1341 c. 2 cod. civ.. Alcune pronunce giurisprudenziali hanno motivato la necessità della specifica approvazione per iscritto al fine di richiamare l'attenzione dell'assicurato sul particolare assetto di interessi disciplinato con la clausola claims made. La Corte di Cassazione ha correttamente affermato che la clausola in esame non è di per sé limitativa della responsabilità ex art. 1341 c.c., e la sua eventuale vessatorietà dipende dallo specifico contenuto che in concreto le parti abbiano inteso attribuirle (apprezzamento rimesso al giudice di merito). Ha inoltre aggiunto che "una clausola contrattuale può essere ricompresa tra quelle che stabiliscono limitazioni di responsabilità a favore di colui che l'ha predisposta a condizione che essa restringa (ad es. sotto il profilo quantitativo, spaziale o temporale) l'ambito di responsabilità così come fissato, con più ampia estensione, da precetti normativi" (Cass. Civ. n. 5624/05); "non possono, pertanto, qualificarsi vessatorie quelle clausole che abbiano, per contenuto, una mera detenni nazione della effettiva estensione delle reciproche prestazioni dedotte in obbligazione" (Cass. n. 5390 del 16 giugno 1997). Alla luce dei citati principi di diritto, a dire del Tribunale di Castellammare ritiene che la clausola claims made c.d. pura. di per sé non sia vessatoria, perché non limitativa della responsabilità. Infatti, nel regime ordinario ex art 1917 cod. civ. (contratto c.d. loss occurrence) l'assicurato copre la propria responsabilità in relazione ai rischi che si verificano durante il periodo di efficacia della polizza, ma può far valere tale copertura assicurativa (relativa al fatto commesso durante il periodo di efficacia della polizza, di solito annuale) fino al termine di prescrizione del diritto del terzo di proporre una richiesta di risarcimento danni (nella specie, poiché trattasi di responsabilità medica, addirittura fino a 10 anni successivi). In presenza della clausola claims made c.d. pura, invece, l'assicurazione copre le richieste di risarcimento del danno pervenute all assicurato nel periodo (di regola annuale) di efficacia della polizza, ma relativamente a tutti i rischi (dedotti m polizza) verificatisi nel decennio precedente, cioè fino al

momento in cui esso assicurato potrà ritualmente eccepire la prescrizione del diritto del danneggiato di chiedere il risarcimento del danno. È di tutta evidenza che talora potrebbe essere addirittura vantaggioso per l'assicurato stipulare la polizza contenente la clausola claims made (si pensi all'ipotesi in cui l'assicurato sia in tutto o in parte privo di copertura assicurativa per i fatti illeciti eventualmente posti in essere in epoca anteriore alla stipulazione della polizza). Ma quid iuris, invece, nell' ipotesi di clausola claims made inserita in un sistema c.d. misto? Questa ipotesi ricorre laddove la clausola in esame sia utilizzata congiuntamente con una diversa clausola, loss occurrence o act committed, spesso proprio al fine di limitare l'estensione della garanzia, che si produrrebbe con l'applicazione della claims made c.d. pura. In particolare, si verifica spesso l'ipotesi - come quella in esame - in cui la clausola escluda dalla copertura assicurativa i rischi (condotte colpose e/o eventi dannosi) verificatisi oltre i due-tre anni (o anche più) precedenti alla stipulazione della polizza, fermo restando che la denuncia del terzo deve pervenire all'assicurato durante il periodo di vigenza della stessa; nel caso di specie, in particolare, l'estensione della garanzia vale per i fatti verificati si non già a partire dal decennio antecedente la stipula della polizza (31.12.2005), e cioè a far data dal 31.12.1995, bensì per i fatti verificatisi dal 31.12.1999. Certamente in queste ipotesi, come quella in esame, si determina una limitazione di responsabilità (in relazione ai rischi dedotti e/o al tempo in cui gli stessi si siano verificati) che riduce il lasso di tempo (altrimenti decennale, fino al decorso della prescrizione) entro il quale rimane fermo l'obbligo dell'assicuratore di tenere indenne l'assicurato. Consegue che la clausola in esame debba essere qualificata come vessatoria, e richiede, quindi, la specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 co. 2, cod. civ. È incontroverso che, nella vicenda in oggetto, la clausola non sia stata specificatamente approvata. Il convenuto facendo valere la vessatorietà della clausola ha eccepito la nullità e/o l'inefficacia dell'intera clausola c1aims made. Il Tribunale di Torre Annunziata, ex Tribunale di C/mare, non ha ritenuto valide dette controeccezioni dell assicurato. L'inefficacia prevista dall'art. 1341 c.2 deve incidere esclusivamente sulla parte della clausola che comporta una limitazione della responsabilità. Se si adottasse, dunque, il regime ordinario si violerebbe la libera estrinsecazione dell autonomia negoziale delle parti. Appare, quindi, più coerente con la volontà negoziale manifestata dalle parti applicare la disciplina prevista dalla citata clausola claims made c.d. pura. Inoltre, la nullità dell'intera clausola potrebbe addirittura comportare un'alterazione del rapporto

sinallagmatico: l'assicurato potrebbe scegliere se far operare la copertura assicurativa per coprire i rischi verificatisi nei dieci anni precedenti alla stipulazione della polizza, ovvero, facendo valere la nullità dell'intera clausola claims made, potrebbe coprire così anche le condotte colpose poste in essere durante il periodo di vigenza del contratto, in relazione a tutte le richieste di risarcimento effettuate fino alla prescrizione del diritto del terzo danneggiato In definitiva, ritiene il Tribunale che, nella fattispecie concreta, debba dichiararsi la vessatorietà e la conseguente inefficacia della limitazione di responsabilità contenuta nella seconda parte dell' art. 1 delle condizioni particolari della polizza, e cioè nella parte in cui si estende la copertura assicurati va ai fatti " verificatisi dal 31.12.1999" e non anche a quelli verificatisi dal 31.12.1995. Tuttavia, poiché la richiesta di risarcimento all'assicurato è stata pacificamente effettuata oltre il periodo di efficacia della polizza, il Tribunale ha rigettato la domanda proposta dal convenuto nei confronti della Compagnia, rappresentata dallo Studio Legale Napolitano.