LE TRE DIMENSIONI DELLA RIVOLUZIONE DEMOGRAFICA. Dimensione



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Docente: Renato Fontana

Transcript:

L economia della demografia: quota sette miliardi Siamo in piena rivoluzione demografica: se ora siamo 7 miliardi, nel 2050 avremo probabilmente superato i 9 miliardi. Si sposta così il centro di gravità demografico, perché la crescita è concentrata nei paesi in via di sviluppo, dove si espande soprattutto la giovane. Per evitare di essere travolti da questo tsunami e coglierne invece le opportunità (il dividendo demografico ) occorrono politiche pubbliche sagge e lungimiranti, rivolte in particolare ai giovani e alle donne. Il mondo è nel pieno della più grande rivoluzione demografica della storia umana, che avrà conseguenze politiche, economiche e sociali potenzialmente enormi per il mondo nel suo insieme e per molti paesi singolarmente presi. Eppure, nonostante la loro importanza questi cambiamenti in corso non sono seguiti con l attenzione che meritano. La rivoluzione in questione ha tre aspetti fondamentali. LE TRE DIMENSIONI DELLA RIVOLUZIONE DEMOGRAFICA. Dimensione e crescita della. Ci sono voluti oltre 50 mila anni perché la mondiale raggiungesse un miliardo di persone, il che è avvenuto circa 200 anni fa. Nell ultimo mezzo secolo, invece, l incremento è stato esponenziale: ogni diecivent anni si è aggiunto un nuovo miliardo. Nel 1960, vi erano al mondo 3 miliardi di persone; appena quaranta anni dopo, ve ne erano il doppio. Nell ottobre 2011 abbiamo toccato la cifra record di 7 miliardi e nel 2050, secondo le previsioni, saremo la bellezza di 9,3 miliardi. Ovviamente queste cifre non sono scolpite nel marmo. La dimensione futura della mondiale dipende molto dall andamento dei tassi di fertilità e dal declino delle nascite in quei paesi in via di sviluppo che presentano ancora una natalità elevata. La figura 1 mostra le proiezioni demografiche delle Nazioni Unite relative alla mondiale sulla scorta di tre scenari: bassa, media e alta fertilità. Si noti che

Figura 1 La traiettoria della mondiale dipende dalla fertilità futura miliardi 16 14 15,8 12 10 8 6 4 7 10,6 8,1 9,3 10,1 6,2 2 0 1950 1975 2000 2025 2050 2075 2100 TASSO DI FERTILITÀ PRESUNTA ALTO MEDIO BASSO Nota: proiezioni demografiche ONU basate su tre diversi scenari relativi ai futuri tassi di fertilità. Fonte: Nazioni Unite, Dipartimento degli Affari economici e sociali, Divisione demografica (2011); World Population Prospects: The 2010 Revision. 15 Figura 2 La speranza di vita è aumentata rapidamente nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo aspettativa di vita (anni) 90 80 70 60 50 40 1950 1975 2000 2025 2050 2075 2100 MONDO REGIONI PIÙ SVILUPPATE REGIONI MENO SVILUPPATE Nota: l ONU include Europa, Nord America, Australia, Nuova Zelanda e Giappone nel gruppo delle regioni più sviluppate. Tutti gli altri paesi rientrano nel novero delle regioni meno sviluppate. Fonte: Nazioni Unite, World Population Prospects: The 2010 Revision.

lo scenario di bassa fertilità assume che le donne abbiano solo mezzo figlio in meno a testa rispetto all ipotesi di media fertilità ; analogamente, rispetto a quest ultima lo scenario di alta fertilità prevede appena mezzo figlio in più a donna. Ciò evidenzia come cambiamenti modesti nel presente producano impatti enormi nel futuro. Longevità. Per la maggior parte della storia umana, la speranza di vita media degli individui non ha superato i trent anni. Ma tra il 1950 e il 2010 l aspettativa di vita è aumentata da 47 a 69 anni e si prevede che arrivi a 76 anni entro il 2050, con un divario considerevole tra i paesi industrializzati (83 anni) e quelli meno sviluppati (75 anni). Figura 3 La fertilità è diminuita rapidamente, ma resta molto più alta nei paesi meno sviluppati 16 numero di bambini a donna 7 6 5 4 3 2 1 0 1950 1975 2000 2025 2050 2075 2100 MONDO REGIONI PIÙ SVILUPPATE REGIONI MENO SVILUPPATE Nota:l ONU include Europa, Nord America, Australia, Nuova Zelanda e Giappone nel gruppo delle regioni più sviluppate. Tutti gli altri paesi rientrano nel novero delle regioni meno sviluppate. Fonte: Nazioni Unite, World Population Prospects: The 2010 Revision. Declino della fertilità. Dal 1950 a oggi, il tasso totale di fertilità ovvero il numero di figli per donna è passato da circa 5 ad appena 2,5 e si prevede che arrivi a 2,2 entro il 2050. Questo crollo è dovuto principalmente alla migliore alimentazione, all incremento del livello d istruzione (specialmente tra le ragazze e le donne), agli interventi pubblici volti a migliorare gli standard igienici e la qualità dell acqua, alla diffusione delle pratiche di pianificazione familiare e ai progressi della medicina, come l uso di vaccini e antibiotici.

Fra le conseguenze di questo profondo mutamento vi è che il centro di gravità demografico si sta spostando dal mondo sviluppato ai paesi in via di sviluppo: oggi circa l 82% della mondiale vive in regioni che l onu classifica come meno sviluppate, rispetto ad appena il 68% del 1950. La tendenza è destinata peraltro ad accentuarsi, perché quasi tutto l incremento demografico previsto nei prossimi quarant anni avverrà nei paesi in via di sviluppo. Questa dinamica è fonte di grandi preoccupazioni, dal momento che essi tendono a essere politicamente, economicamente, socialmente ed ecologicamente più fragili rispetto a quelli più sviluppati. L elenco dei primi dieci paesi al mondo per numero di abitanti conferma questa tendenza. Attualmente, vi figurano tre paesi sviluppati: Stati Uniti, Russia e Giappone. Ma l elenco è destinato a cambiare. Entro il 2050, vi rimarranno solo gli Stati Uniti: il resto della top ten sarà composto esclusivamente da paesi in via di sviluppo. Inoltre, sempre nel 2050, l India avrà superato la Cina in termini di. (In realtà, il sorpasso è già previsto nel 2027, tra appena 15 anni). La Nigeria resterà il paese più popoloso dell Africa, passando dall 8 al 5 posto su scala mondiale. Nel frattempo, il mondo sta registrando una rapida espansione delle aree urbane. Nel 1950 meno del 30% della mondiale viveva in città; oggi è oltre il 50% e nel 2050 le aree urbane arriveranno a ospitare il 70% degli esseri umani. Alcuni studiosi sottolineano i benefici economici connessi all urbanizzazione, quali la concentrazione della forza lavoro, la creazione di vasti mercati per i beni e i servizi e le conseguenti economie di scala nella produzione. Questi benefici consentirebbero potenzialmente ai governi di offrire servizi migliori a prezzi più accessibili (per esempio nell ambito di sanità, istruzione e trasporti). Altri studiosi, però, evidenziano invece la pressione esercitata dalle immense popolazioni urbane sulle risorse naturali, in particolare aria, acqua e terra. Oggi, di fatto, oltre un miliardo di persone vive in baraccopoli squallide, sovraffollate e malsicure. 17 DIVIDENDO O DISASTRO? L IMPATTO DELLA RIVOLUZIONE DEMO- GRAFICA. In un ottica storica, i cambiamenti nella dimensione e nella struttura della configurano una transizione demografica, termine usato dai demografi per descrivere il passaggio epocale da una soci in gran parte agricola con alti tassi di fertilità e di mortalità a una soci fondata prevalentemente sull industria e sui servizi con bassi tassi di fertilità e di mortalità (si veda la figura 4). I paesi industrializzati hanno già completato questo processo in tempi più o meno recenti; alcuni paesi in via di sviluppo sono in piena transizione, altri vi si affacciano ora.

Figura 4 La transizione demografica POPOLAZIONE Tasso di crescita della Tasso di fertilità Tasso di mortalità TEMPO 18 Qual è l impatto economico di questa rivoluzione demografica? Per quanto concerne il volume e il tasso di crescita della, un annoso dissidio divide i pessimisti dagli ottimisti. I primi sostengono che la crescita della procede in modo esponenziale ed è quindi necessariamente destinata a eccedere la produzione di cibo. Il risultato inevitabile è sofferenza e miseria. Gli ottimisti, viceversa, credono che la necessità aguzzi l ingegno e che il rapido aumento della stimoli le innovazioni tecnologiche e istituzionali, con conseguente miglioramento del tenore di vita. Di fatto, al raddoppio della mondiale tra il 1960 e il 2000 ha fatto riscontro un analogo incremento del reddito medio globale, mentre l aspettativa di vita non ha mai smesso di crescere. In altre parole, la bomba demografica è scoppiata ma lo ha fatto senza innescare quella catastrofe preconizzata, ad esempio, da Paul Ehrlich. Forse l immagine che meglio rende lo stato attuale della mondiale è quella della bomba a grappolo : tante esplosioni più o meno contenute che, insieme, stanno ridisegnando la demografia globale. I cambiamenti nella struttura d della il fatto cioè che cresca o diminuisca il numero di individui in una determinata fascia d, come gli ultrasessantenni o i minori di 16 anni sono altrettanto importanti, perché alterano il rapporto tra attiva e pensionati. Nella maggior parte dei paesi, un elemento chiave della transizione è che il tasso di mortalità decresce prima di quello di natalità, determinando un periodo temporaneo di incremento demografico e un conseguente baby boom. Non si tratta però del classico baby boom dato dall incremento delle nascite, bensì da un aumento della indotto da una più alta percentuale di sopravvivenza dei nuovi nati. Il baby boom finisce quando declina anche il tasso di natalità, come

invariabilmente avviene quando le coppie capiscono di dover generare meno figli per raggiungere i loro obiettivi in termini di quantità di prole, e questi obiettivi si riducono. Questi mutamenti possono essere osservati nelle piramidi demografiche, che mostrano la percentuale di per ogni fascia d. La figura 5 illustra il cambiamento a livello globale, nei paesi più sviluppati e in quelli meno avanzati, con riferimento agli anni 1970, 2010 e 2050. Nel periodo 1970-2010, il fattore dominante è stato l incremento delle persone in da lavoro; nel periodo 2010-2050, sarà invece l invecchiamento della. Figura 5 Cambiamento delle piramidi demografiche nel tempo e per livello di sviluppo 1970 2010 2050 Mondo 19 Regioni meno sviluppate Regioni più sviluppate MASCHI FEMMINE Nota: l ONU include Europa, Nord America, Australia, Nuova Zelanda e Giappone nel gruppo delle regioni più sviluppate. Tutti gli altri paesi rientrano nel novero delle regioni meno sviluppate. Fonte: Nazioni Unite, World Population Prospects: The 2010 Revision.

20 I baby boom producono un impatto economico, perché tanti bambini richiedono molte risorse per essere nutriti, vestiti, alloggiati, curati e istruiti. Queste risorse non appaiono per incanto: devono essere sottratte ad altri impieghi, come la costruzione di industrie o di infrastrutture e gli investimenti in ricerca e sviluppo. Sulle prime ciò tende a rallentare la crescita economica, almeno secondo i parametri classici di valutazione, ma poi la ferrea legge della demografia riprende il sopravvento e i bambini scalano la piramide demografica, raggiungendo l per lavorare e risparmiare. E quando si espande il segmento di in da lavoro aumenta anche il potenziale di sviluppo economico, in una misura che può eccedere di molto la mera correlazione tra incremento demografico e crescita economica. Questo potenziale è noto come dividendo demografico : una finestra di opportunità per una rapida crescita dei redditi e un altrettanto rapida diminuzione della povertà. Qual è il modo migliore per mettere a frutto questo potenziale? Un ampia evidenza suggerisce che gli strumenti principali sono gli investimenti per migliorare la sanità pubblica (acqua potabile, igiene e vaccinazione infantile), l incremento dell istruzione femminile e la diffusione della pianificazione familiare. Al momento vi sono oltre 200 milioni di donne nei paesi in via di sviluppo che non hanno accesso ai moderni strumenti di contraccezione: si tratta di donne sessualmente attive, che affermano di voler evitare o ritardare la gravidanza, ma che non usano alcuna pratica contraccettiva di comprovata efficacia. Sappiamo anche che il dividendo demografico produce i suoi effetti positivi in presenza di adeguate opportunità d impiego economicamente produttivo per una larga parte della in da lavoro. Viceversa, se vasti gruppi in lavorativa sperimentano serie condizioni di disoccupazione o sottoccupazione, il cambiamento demografico può anche provocare disastri: vaste masse di disoccupati che non sono in grado di contribuire all economia nazionale e devono quindi essere sostenute da chi un lavoro ce l ha. In questo scenario, la svolta demografica può innescare una diffusa instabilità politico-sociale. Pertanto, in prospettiva, la gestione positiva del dividendo demografico implica l adozione di sagge politiche occupazionali, finanziarie e commerciali. LE SFIDE DELL AFRICA. L Africa deve fare i conti con sfide demografiche particolarmente ardue. Le Nazioni Unite stimano che entro il 2050 la del continente passerà dal miliardo odierno a 2,2 miliardi di persone. Oggi l Africa ospita appena il 15% della mondiale, ma nei prossimi quarant anni peserà per

il 49% dell incremento demografico complessivo. Alla radice di questa crescita vi è un alto tasso di fertilità: 4,5 figli per donna, rispetto a una media globale di 2,5. In quattro paesi africani la fertilità supera addirittura i 6 figli per donna. Il risultato è una giovane: le persone sotto i 15 anni sono il 40%, contro una media mondiale del 27%. Alla luce delle difficoltà economiche che caratterizzano la maggior parte del continente, i governi locali dovranno compiere sforzi considerevoli per offrire valide prospettive di lavoro a un così vasto numero di persone. Se non ci riusciranno, la è destinata con ogni probabilità a impoverirsi ulteriormente, con gravi conseguenze politiche e sociali. Ridurre la fertilità è dunque la sfida maggiore per l Africa, dal momento che l alto numero di figli per donna rappresenta la principale ragione del rapido incremento demografico. Affrontarla significa fornire strumenti di contraccezione alle donne che vogliono limitare il numero di figli o posporre le gravidanze, il che presuppone a sua volta che le leadership africane si impegnino in modo onesto e socialmente responsabile sul fronte del controllo delle nascite. In Africa la densità di è relativamente bassa, ma non è questa la causa del sottosviluppo che affligge il continente, come sostenuto dal presidente dell Uganda Yoweri Museveni. Un altro aspetto cruciale è l innalzamento del livello d istruzione della femminile: ciò è importante per molte ragioni, non da ultimo perché le donne istruite tendono ad avere meno figli. Anche gli investimenti per migliorare l accesso all acqua potabile, diffondere le pratiche igieniche e la vaccinazione infantile sono importanti, al pari delle buone politiche finanziarie, commerciali e del lavoro. 21 COSA COMPORTA L AUMENTO DEGLI ANZIANI. Alla fine della transizione demografica, quando i tassi di natalità e fertilità si sono attestati su livelli bassi e la gente vive di più, i paesi sperimentano un generalizzato invecchiamento della. Questa tendenza che si è dapprima manifestata nel mondo sviluppato è ormai divenuta un fenomeno globale e in aumento, specialmente nei paesi emergenti. A livello mondiale, gli ultrasessantenni sono passati dall 8% del totale (200 milioni di persone) del 1950 a circa l 11% odierno (760 milioni, il 55% delle quali donne). Entro il 2050, il numero di anziani schizzerà al 22%, cioè 2 miliardi di persone. Nei prossimi quarant anni, l elenco di paesi a più alta percentuale di anziani cambierà sensibilmente: oggi la più vecchia al mondo è quella giapponese, con il 31% di ultrasessantenni. Ma nel 2050 vi saranno ben 42 paesi con una percentuale

22 di anziani superiore a quella odierna del Giappone; in particolare, Cina e Brasile cominceranno a convergere con il Sol levante, che nel 2050 raggiungerà il record storico di anziani: il 42%. L invecchiamento della di per sé un grande successo del genere umano, reso possibile dai progressi nel campo della sanità, della medicina, dell istruzione e dell economia costituisce un territorio in gran parte inesplorato. Potenzialmente rappresenta una fonte aggiuntiva di capitale sociale in termini di esperienza e saggezza, laddove all allungamento della vita corrisponde anche un miglioramento della salute e delle capacità degli anziani. Tuttavia, è difficile ignorare i timori per la sostenibilità di sistemi pensionistici e sanitari le cui prestazioni eccedono spesso il valore dei contributi, o per i rischi di rallentamento economico connessi alla contrazione della forza lavoro, o ancora per la tenuta futura dei mercati finanziari, man mano che gli anziani vendono i loro pacchetti azionari per finanziare il proprio tenore di vita. È comunque improbabile che le peggiori paure associate all invecchiamento demografico si materializzino, in quanto i meccanismi di mercato che sono alla base di quasi tutte le economie del mondo si adattano in modo ragionevolmente rapido al mutare delle circostanze. Per esempio, se a un certo punto una carenza di lavoratori minacciasse di rallentare la produzione, il rapporto tra lavoro e capitale immessi nel circuito economico cambierebbe, al pari dell offerta di beni e servizi, mentre i potenziali aumenti salariali connessi alla parziale riduzione della forza lavoro stimolerebbero ulteriori adattamenti del sistema industriale. Ciò nonostante, sarà necessario un grande impegno in termini di studi, dibattiti, nuovi comportamenti e riforme politiche tanto nella sfera pubblica quanto in quella privata, prima di poter sventare con certezza la minaccia che l invecchiamento della generi quel cataclisma economico paventato da alcuni. La buona notizia è che abbiamo una vari di possibili strumenti per affrontare questa sfida. Essi includono: l innalzamento dell pensionabile (in particolare per quanti non svolgono lavori usuranti e specialmente nei paesi avanzati, dove l espressione pensionabile ha un senso); la rimodulazione del finanziamento dei sistemi di sicurezza sociale in quei paesi dove i contributi attuali non coprono le prestazioni per i pensionati; l aumento degli investimenti in sanità e istruzione, in modo da contribuire all effettivo incremento della forza lavoro;

l incoraggiamento dell emigrazione dai paesi con un eccesso di forza lavoro (sebbene la diffusa resistenza politico-sociale alla liberalizzazione dei flussi migratori renda improbabile che questa misura possa fare la differenza, in termini economici, nei paesi destinatari dei flussi). È inoltre probabile che il cambiamento demografico inneschi nuovi comportamenti sociali capaci di contrastare, almeno in parte, gli effetti dell invecchiamento della. Per esempio, la bassa natalità porterà probabilmente a un aumento dell occupazione femminile; inoltre, dal momento che gli individui in lavorativa sono i principali risparmiatori, il loro incremento insieme alla prospettiva di una pensione più lunga che in passato innalzerà probabilmente il tasso di risparmio. Una parte di questi risparmi si tradurrà in investimenti, che a loro volta alimenteranno la crescita economica; un altra parte sarà invece utilizzata per sostenere la componente anziana e dipendente della. COSA COMPORTA L AUMENTO DEI GIOVANI. All estremo opposto, i paesi con una vasta giovane devono anch essi affrontare problemi particolari. In India, per esempio, vi sono 238 milioni di persone tra i 15 e i 24 anni: la più ampia giovane del mondo. Come altrove, ampie porzioni di questo gruppo (soprattutto i rampolli della classe media urbana) conoscono il mondo e hanno ben presente il divario tra le opportunità presenti nel loro paese e quelle offerte dai paesi avanzati. Sono anche acutamente consapevoli dei livelli patologici di corruzione che affliggono la loro soci e stanno maturando una forte sensibilità per le ingiustizie sociali. Se a questi giovani si offrono condizioni sanitarie adeguate, un idonea formazione professionale e un impiego produttivo, essi possono contribuire notevolmente al progresso dell India; in caso contrario e se, più in generale, le loro aspirazioni sociali, politiche ed economiche non sono soddisfatte potrebbero comprensibilmente esigere profondi cambiamenti del sistema politico ed economico indiano. Un discorso simile vale per molti paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa e Medio Oriente, dove dato il calo degli indici di mortalità a fronte di tassi di natalità ancora elevati i giovani resteranno numerosi per molti anni a venire. Forse il provvedimento che offre più possibilità di includere vaste porzioni di giovani nei settori produttivi dell economia è il miglioramento dell istruzione a ogni livello, estendendone anche l accesso a tutti. Alcuni paesi hanno compiuto progressi notevoli su questo fronte, ma molti restano terribilmente indietro. Gli studi mostrano che l istruzione femminile è particolarmente importante, sia per far abbassare i tassi di nata- 23

lità, sia per consentire alle donne di assumere il controllo delle loro vite e di divenire economicamente più produttive. Tutto questo, però, non basta: le persone non possono vivere pienamente, gli studenti non possono apprendere al meglio e i lavoratori non possono essere completamente produttivi se non sono in buona salute. Assicurare cure adeguate alle giovani generazioni è fondamentale per metterle in grado di dare il maggiore contributo possibile alla crescita socioeconomica dei loro paesi, ma anche per renderle partecipi del processo politico. Quest ultimo aspetto richiede, tra l altro, iniziative volte a coinvolgere i giovani nella definizione delle questioni importanti: fori di dialogo in cui un vasto numero di ragazzi possa esprimere le proprie opinioni e in cui i leader politici li ascoltino davvero, manderebbero un messaggio d inclusione. Equivarrebbero a dire: tu conti. 24 AGIRE SUBITO. Il quadro demografico è senz altro complesso, le sfide inedite e formidabili; ma la demografia non è un destino. Il punto è come reagiremo e con quanta velocità. La realtà è che non possiamo permetterci di nascondere la testa sotto la sabbia, evitando di prendere misure necessarie come la riforma del sistema pensionistico, lo sviluppo di una politica globale dell immigrazione, la diffusione della contraccezione tra centinaia di milioni di donne, l adozione di provvedimenti concreti in materia di mortalità infantile, la costruzione di un coinvolgimento costruttivo dei giovani. Sarebbe da irresponsabili e ci esporrebbe in pieno ai pericoli insiti nello tsunami demografico che sta spazzando il pianeta. Questa edizione del Watch è stata curata da David E. Bloom, professore di Economia e Demografia all Università di Harvard.