Vengono definiti STATI DI PRE EMBRIONE i seguenti: cavità blastocelica ICM 2 cellule: ZIGOTE 8 16 cellule: MORULA: inizia la sintesi attiva di RNA e proteine trofectoderma BLASTOCISTI
32 64 cellule: BLASTOCISTI: formata da due tessuti: il trofectoderma e l ICM (Inner Cell Mass): il primo darà origine ai tessuti atti al nutrimento del feto, come la placenta; il secondo all embrione. Si inizia invece a parlare di EMBRIONE al: 14 18 giorno dalla fecondazione: trofectoderma e ICM si separano: l ICM si attacca all utero dando inizio, così, al contatto fisico e nutritivo con la madre. disco embrionale (futuro embrione) corion sacco vitellino amnios
CELLULE STAMINALI ES cells Nei primi studi sugli anfibi, l'interesse dei ricercatori era rivolto a cercare di capire se il nucleo di cellule differenziate di individui adulti conservava, dopo il differenziamento in cellule muscolari, neurali o dell'epidermide, gli stessi geni presenti nell'uovo fecondato. In altri termini si cercava di comprendere se nuclei di cellule differenziate conservavano la capacità di dare origine a tutti i tipi cellulari presenti in un organismo adulto (totipotenza) così come la prima cellula di un individuo (zigote) è in grado di fare.
Quello che Spemann e, successivamente, Briggs e King, Gurdon ed altri videro, fu che durante lo sviluppo si assiste ad una riduzione progressiva della totipotenza. Tuttavia tale riduzione delle potenzialità nucleari di una cellula durante il suo sviluppo poteva raramente essere revertita.
Gurdon, infatti, trapiantando nuclei di cellule della pelle dell'anfibio anuro Xenopus laevis, in ovociti enucleati della stessa specie, riusciva ad ottenere girini che nuotavano. Si appurò quindi che il nucleo di cellule adulte poteva seppure con difficoltà, essere riprogrammato a dare vita a tutti i tipi cellulari di un organismo. Quando si provò a ripetere questi esperimenti sui mammiferi, si vide che il nucleo di cellule differenziate trapiantato in ovociti enucleati riusciva a supportare solo poche divisioni dell'embrione, che poi moriva.
Il nucleo di cellule adulte di mammifero non era quindi in grado di essere riprogrammato a produrre l'intero range di tipi cellulari presenti all'interno di un organismo adulto.
Nel 1998 è apparso un articolo sulla rivista scientifica Science in cui Thomson ha annunciato di avere creato colture di cellule staminali embrionali umane. Questo ricercatore ha isolato cellule della ICM (massa cellulare interna) da blastocisti umane in sovrannumero donate da pazienti che si erano sottoposte a cicli di fecondazione assistita. Thomson è riuscito a creare linee cellulari staminali embrionali umane, a tenerle indefinitamente in coltura ed ha visto che tali cellule possono poi differenziarsi nei vari tipi cellulari presenti in un adulto.
Le cellule staminali sono cellule non specializzate che possiedono la potenzialità di differenziarsi in un gran numero di tipi cellulari differenti. All interno dell organismo umano le cellule staminali sono da considerarsi una sorta di sistema di riparo per il corpo, perché possono teoricamente dividersi senza limiti per sostituire cellule danneggiate.
Quando una cellula staminale si divide, ogni nuova cellula che si forma può avere due destini ben distinti: può rimanere una cellula staminale oppure sotto particolari stimoli fisiologici o sperimentali evolvere verso un particolare tipo cellulare con una funzione più specializzata come per esempio una cellula muscolare, del sangue o del cervello.
I ricercatori lavorano su due tipi di cellule staminali, siano esse di origine animale o umana: le cellule staminali embrionali e le cellule staminali adulte. Le cellule staminali rivestono un ruolo importante per gli organismi viventi per differenti motivi: nell embrione le cellule staminali (nei tessuti che si stanno sviluppando)daranno origine a tutti i tipi cellulari dell individuo. Per questa loro capacità le cellule staminali embrionali vengono definite totipotenti.
Nei tessuti adulti, come il midollo osseo, popolazioni discrete di cellule staminali adulte, sostituiscono le cellule che hanno subito un danno; queste cellule vengono definite pluripotenti, non sono cioè in grado di produrre un intero organismo ma hanno la capacità di differenziarsi in alcuni tipi cellulari (plasticita o transdifferenziazione). Per esempio, una cellula staminale ematopoietica può differenziarsi in uno dei tre tipi principali di cellule cerebrali (neuroni, oligodendrociti, astrociti) così come nelle cellule muscolari scheletriche, nelle cellule muscolari cardiache o in cellule epatiche.
Le cellule staminali adulte sono chiamate più propriamente somatiche perché non provengono necessariamente da adulti ma anche da bambini e da cordoni ombelicali. Si ipotizza che in futuro le cellule staminali potranno diventare la base per il trattamento e la cura di molte malattie. Quest area promettente della ricerca viene definita comunemente medicina rigenerativa o riparativa.
LIF ectoderma endoderma mesoderma Epidermide Neuroni Cellule - pancreatiche Cardiomiociti Muscolo liscio Eritrociti
Goccia pendente Corpi embrioidi
wt G6pd 200µm 1 giorno E 13 giorno E Er C C Cellule epiteliali E Cardiomiociti C Eritrociti Er Pag li a lun g a F., et a l. (2 0 0 4 ) B loo d 1 0 4, 31 4 8-52
Una tappa importante verso lo sviluppo di nuove cure sarà sicuramente quella di chiarire i meccanismi che consentono alle cellule staminali di rimanere indifferenziate e i segnali cellulari che le inducono a specializzarsi.
Staminali riparatrici L idea di poter guidare la rigenerazione del tessuto cardiaco è ormai uscita dalla fase fantascientifica. Un gruppo di ricerca francese, ha utilizzato dei porcellini d India portatori di una malattia simile alla cardiomiopatia dilatativa umana, una delle condizioni che portano all insufficienza cardiaca. I ricercatori hanno prelevato campioni di miocardio dagli stessi animali, cercando e separando poi le cellule staminali del muscolo, i mioblasti.
Questi sono stati iniettati nella parete del ventricolo sinistro. A quattro settimane dall impianto, si è osservato un miglioramento della funzione sistolica, mentre è peggiorata nelle cavie usate come controllo Se nella sperimentazione umana il risultato fosse confermato, si avrebbe un alternativa per i pazienti affetti da insufficienza cardiaca che non possono ricorrere al trapianto.
Questo affascinate sviluppo della terapia è giunto all opinione pubblica, in pratica, nell estate del 2001, quando in Germania, a Dusseldorf per la precisione, un'equipe cardiologica ha utilizzato cellule staminali per riparare i danni indotti dall infarto. In precedenza, Nature aveva pubblicato i dettagli sperimentali di una ricerca americana condotta su topi, da cui è emerso che se in un'area colpita da infarto si trapiantano cellule staminali del midollo osseo, queste ripristinano in breve il 70% del miocardio leso.
Questo tipo di cellule è, infatti, in grado di differenziarsi e di rimpiazzare una gran varietà di tessuti danneggiati. RISULTATI OTTENUTI Buoni se si considera il ripristino di funzionalità del tessuto cardiaco in 12 su 30 casi, il 40% circa. Pur trattandosi di risultati preliminari la ricerca aveva destato molto interesse, perché è stato facile intravedere in tale tecnica la possibilità di riparare o sostituire tessuti danneggiati, evitando interventi chirurgici complessi e superando le problematiche immunologiche, ossia il rigetto, legate ai trapianti d'organo
LA TRANSFEZIONE I LA TRANSFEZIONE CONSISTE NEL TRASFERIMENTO DI MOLECOLE DI DNA ESOGENO IN CELLULE RICEVENTI. Il DNA, una volta trasfettato, verrà mantenuto nel itoplasma da molte cellule per un determinato periodo di tempo, in genere 2-3 giorni (trasfezione transiente) mentre, solo in pochi casi, verrà integrato nel genoma cellulare (trasfezione stabile). L isolamento di questi ultimi tipi cellulari e della loro progenie richiede la selezione di un gene marcatore presente nel DNA esogeno, che consente alle cellule trasformate di crescere in un terreno selettivo.
LA TRANSFEZIONE II Durante le 48 ore successive alla trasfezione, i geni esogeni sono soggetti a molte delle attività regolative che controllano l espressione del materiale cromosomico della cellula. Nel periodo sucessivo, invece verranno progressivamente persi dalla maggior parte delle cellule per combinazione di fenomeni di degradazione e diluizione, giacchè il DNA non integrato, non è solitamente duplicato con il materiale cromosomico della cellula ospite.
LA TRANSFEZIONE III Un metodo ideale di trasfezione di geni o Macromolecole d interesse all interno di cellule eucariote dovrebbe mostrare le seguenti CARATTERISTICHE: a) alta efficienza di trasferimento; b) bassa tossicità; c) riproducibilità in esperimenti in vitro e in vivo. Le varie metodiche oggi utilizzate soddisfano questi criteri, ognuna con vantaggi e limiti.
METODI CHIMICI Come è ormai noto le cellule non sono in grado di captare naturalmente il DNA, in quanto durante il corso dell evoluzione sono stati messi a punto degli artifizi per impedire l entrata di DNA esogeno (barriere fisiche quali la membrana cellulare, sistemi di difesa intracellulari rappresentati da cascate enzimatiche pronte a debellare il materiale estraneo, eccetera). Al fine quindi di aggirare le barriere naturali poste al trasferimento genico sono stati impiegati numerosi espedienti tecnici.
- Metodo del DEAE-Destrano - Coprecipitazione con fosfato di Calcio Entrambi i metodi chimici sono poco dispendiosi e garantiscono una moderata efficienza di trasfezione in numerosi tipi cellulari. Tuttavia presentano alcuni svantaggi: 1) sono abbastanza tossici (soprattutto la metodica del DEAE-Destrano); 2) sono soggetti ad una certa variabilità (i linfociti, che crescono in sospensione, sono particolarmente resistenti a queste procedure); 3)non sono adatti per esperimenti di trasferimento genico in vivo
METODI FISICI - MICROINIEZIONE Permette l introduzione diretta di acidi nucleici (DNA o RNA) nel nucleo o nel citoplasma della cellula, attraverso l ausilio di un elettrodo con una punta molto fine, montato su uno specifico microiniettore. Nonostante l elevata efficienza, tale metodo non viene utilizzato spesso a causa dei costi non indifferenti dell apparato e delle difficoltà tecniche. - ELETTROPORAZIONE Le cellule, poste in una soluzione contenente il DNA, sono sottoposte ad un breve impulso elettrico che produce pori transitori nelle membrane, attraverso cui il DNA esogeno può entrare. Tale tecnica richiede però un numero molto elevato di cellule di partenza, a causa dell elevato tasso di morte cellulare che si osserva nel corso degli esperimenti. Occorre quindi bilanciare l efficienza di trasfezione con la percentuale di morte cellulare.
FRAMMENTO DI DNA ESOGENO