SEMATA E NAISKOI DALLE AREE FUNERARIE URBANE



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IV SEMATA E NAISKOI DALLE AREE FUNERARIE URBANE Il soprassuolo delle aree sepolcrali urbane era originariamente arricchito da stele, cippi funerari e vere e proprie strutture architettoniche 1 ; non tutte le necropoli, tuttavia, possono vantare veri e propri monumenti funebri. In genere infatti cumuli di terra o lievi depressioni rispetto al piano di calpestio sembrano assolvere pienamente la funzione di definire l esatta ubicazione della sepoltura, delimitandone l area. In alcuni casi sappiamo poi che le coperture delle tombe dovevano sporgere parzialmente rispetto al piano di campagna, o essere circondate da ciottoli e pietre che consentivano di individuare più facilmente le sepolture. Spesso l esistenza o meno di segni esterni ai sepolcri rispondeva a criteri di funzionalità: riconoscere il luogo destinato a precedenti deposizioni consentiva infatti di evitare la sovrapposizione o la distruzione di sepolcri più antichi. Alla motivazione pratica si deve inoltre aggiungere il desiderio da parte dei congiunti di distinguere con precisione la tomba del proprio caro e di tributare al defunto, per quanto possibile, gloria e lustro. L onore della tomba e della stele sono il privilegio dei morti 2 fin dall età omerica ed ancora nell epigramma 333 dell Antologia Palatina, dedicato ad Ammia, leggiamo Io Nicomaco e insieme Dione, tua figlia, ponemmo in tuo onore, tumulo e stele 3. A Megara Iblea, alla fine del VI secolo, l uso di monumenti funerari sembra abbastanza diffuso, è sufficiente, ad esempio, ricordare il kouros segnacolo del sepolcro del medico Sombrotidas, nella necropoli meridionale, o la kourotrophos che ornava una tomba, rinvenuta in quella meridionale 4. Nella necropoli di Camarina sono stati individuati cippi di forma cilindrica o conica con il nome del defunto 5 ; stelai simili sono state rinvenute anche in - 81 -

Deborah Rocchietti corrispondenza delle deposizioni di VI secolo delle necropoli di Agrigento 6. Le aree sepolcrali di Lipari hanno restituito numerosi cippi funerari iscritti del tipo a lastrone 7 ; stele litiche sono state individuate anche nella necropoli di Lucifero a Locri Epizefiri 8. In alcuni casi poi il paesaggio funerario si presenta più articolato e vario; nelle aree sepolcrali di Agrigento assistiamo nel corso del V secolo ad un profondo cambiamento: i semata più semplici e i cippi sono sostituiti da emergenze architettoniche di maggior impegno costruttivo con strutture gradonate ad epitymbion che reggono il plinto per la stele 9. Emblematico in questo senso è poi il caso della necropoli di Taranto ove alcune tombe sono segnalate da grandi vasi, altre da altari cilindrici o rettangolari, oppure da colonne con capitelli figurati. Alcune sepolture sono infine indicate da piccole edicole a blocco unico con motivi decorativi ad altorilievo come vasi o busti, e da veri e propri naiskoi 10. NAISKOI Questo piccolo edificio sacro, noto soprattutto per le sue molteplici raffigurazioni sia sulle lekythos attiche che sui vasi di produzione italiota, nasce in Attica nella prima età ellenistica e si diffonde in Grecia ed in Italia meridionale a partire dalla fine del IV secolo. È possibile riconoscere un evoluzione stilistica specifica del naiskos in varie forme, forse con cronologie diverse. Il Lippolis individua nella necropoli tarantina soluzioni con prospetto distilo ad ante con semicolonne in facciata, ad ante con pilastri in facciata, a profilo tetrastilo o distilo in antis e a prospetto integralmente chiuso con semicolonne e porta dorica 11. La diffusione di questi sacelli destinati a culti privati, è probabilmente da porre in relazione all affermarsi di nuove forme di eroizzazione del defunto, attestate in età ellenistica. I gruppi emergenti di III secolo, sembrano affidare a queste forme di autorappresentazione il ricordo di sé, manifestando nella decorazione esterna quella volontà di distinzione che in età arcaico-classica era affidata agli oggetti del corredo. Alcune tombe di Metaponto potevano originariamente presentare edicole e sacelli di tal genere. Sappiamo, ad esempio, che un blocco di carparo facente parte di una trabeazione dorica fu rinvenuto nel corso di lavori agricoli nella zona delle C.de - 82 -

Aree sepolcrali a Metaponto Ricotta e Crucinia 12. Non conosciamo sfortunatamente il luogo preciso del rinvenimento, ma sappiamo con certezza che la zona di provenienza costituiva il nucleo principale della necropoli metapontina; si può dunque pensare che questa lastra frammentaria appartenga proprio ad un monumento funerario simile a quelli già citati per la necropoli di Taranto 13. Il blocco lungo 1.00 m ed alto 0.40 m reca infatti al centro dei riquadri metopali dei fori per l inserimento di lastre marmoree o in pietra tenera con decorazione figurata a rilievo, proprio come avviene frequentemente nella vicina colonia spartana. All interno della cella dell ipogeo ellenistico di C.da Ricotta è poi stato rinvenuto un altro elemento architettonico modanato insieme ad un blocco frammentario ornato a riquadri allungati e incavati fra fasce rilevate che ricordano la successione dei triglifi delle trabeazioni doriche 14. Anche in questo caso la tomba poteva presentare all esterno un edicola funeraria di tipo tarantino simile probabilmente a quella precedente. L associazione del tipo di tomba a camera sotterranea e del monumento funerario è attestato anche nella necropoli di Taranto 15 e conferma l eccezionalità della tipologia scelta e l elevato stato sociale dei proprietari del sepolcro. SEGNACOLI DI PIETRA Tra i tipi di segnacoli più diffusi nelle necropoli di Occidente vi sono le stele ed i cippi commemorativi. Esempi di tal genere sono stati rinvenuti anche nelle aree sepolcrali di Metaponto. Sestieri riferisce, ad esempio, del ritrovamento di una stele nei pressi del tempio di Apollo Licio 16 che ricorda i naiskoi funerari rappresentati su molti vasi apuli e riproduce in piccolo la struttura dei tempietti di Taranto. Il cippo ha forma di edicola con basamento aggettante sul quale poggiano due semicolonne con capitello ionico che sostengono una travatura sporgente dal fondo e sagomata a cornice. La copertura è resa con tetto a quattro spioventi. Sulla superficie rimangono tracce di stuccatura che doveva servire a mitigare le imperfezioni e forse anche ad accogliere una decorazione a fresco o l iscrizione con il nome. La stele rinvenuta presso il tempio di Apollo non sembra essere un unicum nelle necropoli metapontine, conosciamo, infatti, altri due casi oltre a - 83 -

Deborah Rocchietti quello citato che attestano la presenza di semata in pietra nelle aree sepolcrali urbane. Un cippo funerario in carparo proviene dalla zona di C.da Ricotta 17. Si tratta di un blocco monolitico con basamento cilindroide modanato e parte superiore a prisma triangolare lievemente rastremato. Una delle facce era lavorata a falsa edicola incavata, sormontata da frontoncino ed ornata al centro da una corona circolare stilizzata. Sulla fronte della stele è incisa l iscrizione ΧΑΙΡΕ ΙΟΝΥΣΟ ΟΡΑ ; l analisi del ductus e dei caratteri epigrafici ha permesso di datare il cippo alla fine del III secolo a. C. Alla seconda metà del II secolo a. C. può inoltre essere attribuita la stele rinvenuta in C.da Crucinia 18 ed appartenente alla tomba 6, individuata da Lo Porto nel corso degli scavi del 1952-1954. Questa stele, in arenaria, si differenzia dalla precedente per il motivo a tre punte della parte superiore, che ricorda il profilo degli acroteri e del frontone dei naiskoi. Sulla parte superiore del cippo è ben leggibile l iscrizione ΧΑΙΡΕ ΦΙΛΟΝΙ Α. La formula caire seguita dal nome del defunto è attestata anche in ambito Locrese; un piccolo cippo di età ellenistica recava, ad esempio, l iscrizione ΧΑΙΡΕ ΚΡΟΚΥ Α 19. Le stele rinvenute nella necropoli di Lipari presentano invece, in genere, la sola indicazione del nome dell inumato iscritta sempre sulla parte più alta del prospetto 20. Completa il quadro dei rinvenimenti dalla necropoli urbana la scoperta di un piccolo capitello dorico in carparo intonacato in bianco intorno alla T 20 dell area b di scavo di C.da Ricotta 21. Non sappiamo a quale contesto appartenesse questo capitello, ma è probabile che possa essere attribuito ad un monumento sepolcrale, o ad un segnacolo tombale. Colonne ioniche o doriche potevano, infatti, essere impiegate singolarmente come semata epitymbion; a Taranto, ad esempio, sono state rinvenute in prossimità delle sepolture colonne con capitelli figurati. Vasi attici databili alla seconda metà del V secolo a. C. ed esemplari di produzione italiota provano inoltre che potevano essere impiegati come semata non solo stele sormontate da palmette ma anche pilastri o colonne che talvolta sostengono crateri o hydriai 22. La T 20 a cui apparteneva il capitello è databile alla seconda metà del III secolo a.c. e non sembra distinguersi dalle sepolture coeve per la particolare ricchezza; il corredo, purtroppo conservato solo in parte a causa delle violazioni subite in passato, è costituito unicamente da un unguentario e da uno strigile frammentario. - 84 -

Aree sepolcrali a Metaponto L utilizzo di segnacoli in pietra non sembra, dunque, essere particolarmente diffuso a Metaponto. È importante tuttavia rammentare che la documentazione disponibile potrebbe non rispecchiare l originaria situazione del soprassuolo metapontino. È possibile infatti che il panorama offerto dalle aree sepolcrali urbane fosse inizialmente più articolato; più tombe potevano cioè essere in origine contraddistinte da semata in pietra successivamente riutilizzati per la costruzione di altri edifici. La scarsa disponibilità di buona pietra e la pressante necessità di questa per la realizzazione di strutture durature può forse contribuire a suffragare l ipotesi proposta. L uso di segnacoli nella necropoli urbana si diffonde a partire dalla seconda metà del IV secolo a. C. e continua per tutto il III secolo. Non sappiamo se anche a Metaponto, come in altre città della Grecia, esistessero precedentemente delle leggi antisuntuarie che limitassero la spesa possibile per la costruzione della tomba e la sua decorazione, anche nell area metapontina si conferma tuttavia la tendenza riscontrata altrove alla monumentalizzazione del sepolcro in età ellenistica. RINVENIMENTI DI VASI ALL ESTERNO DELLA TOMBA: SEMATA O OGGETTI RITUALI? Il terreno che circonda o copre le sepolture restituisce in genere una grande quantità di materiale, frammenti ceramici ma talvolta anche coroplastica e strumenti o vasi in metallo. Non è possibile tuttavia fornire modelli interpretativi univoci capaci di determinare la funzione di questi oggetti e di spiegare per quale motivo siano stati collocati all esterno della tomba. Molte e diversificate interpretazioni sono state proposte e la loro validità è legata nella maggior parte dei casi ad elementi totalmente trascurati al momento dello scavo. La documentazione disponibile non fornisce purtroppo indicazioni relative alla tipologia dei rinvenimenti ed alle loro caratteristiche. La maggior parte dei frammenti ceramici trovati all esterno delle sepolture di Metaponto è infatti frutto di rinvenimenti sporadici decontestualizzati e solo in rari casi di scavi sistematici. Non è dato pertanto di conoscere la posizione precisa degli oggetti al momento del loro rinvenimento e la loro collocazione stratigrafica rispetto al sepolcro, elementi fondamentali per chiarire il significato ed il valore di questi rinvenimenti. Impossibile risulta - 85 -

Deborah Rocchietti pertanto, considerata la documentazione disponibile, fornire interpretazioni certe in merito al valore di tali oggetti tradizionalmente, e forse troppo semplicisticamente, distinti in due gruppi in relazione alle sole dimensioni. I crateri, le anfore da trasporto e i grandi contenitori sono cioè in genere considerati segnacoli tombali 23, mentre i piatti, le patere, le lucerne e gli unguentari sono associati a pratiche rituali non meglio definite e definibili 24. Note 1 Kurtz-Boardman 1971, pp. 71-81. 2 Omero, Iliade XVI, vv. 667-675, trad. it. M. G. Ciani 3 Anthologia Palatina, Libro VII ep. 333, trad. it. F. M. Pontani 4 Pelagatti-Vallet 1980, p. 361. 5 Ibidem, p. 362. 6 De Miro 1988, p. 236. 7 Meligunìs Lipára V, pp. 147-152. 8 Orsi 1917, p. 159; Idem 1912, p. 1912. Per una dettagliata ricostruzione dell articolato soprassuolo della necropoli di Lucifero a Locri: Elia 1992-1993, pp. 294-296 9 De Nico 1989, p. 14. 10 Lippolis 1994, pp. 109-128. 11 Ibidem, p. 123. 12 Lo Porto 1966, p. 216. 13 Parere opposto ha invece manifestato Carter (Carter 1973), egli infatti ritiene che non si possa identificare il blocco come parte della trabeazione di un naiskos funerario poiché - afferma- il contesto non è conosciuto. Come si è detto non si conosce il luogo esatto del rinvenimento ma non si può negare, secondo noi, che la provenienza da un area chiaramente destinata a sepolture suggerisca la sua relazione con strutture funebri. 14 Lo Porto 1981, p. 349. 15 Maruggi 1994, p. 36. 16 Sestieri 1940, p. 117. Per quanto il cippo pubblicato da Sestieri non provenga da una delle aree sepolcrali di Metaponto, si ritiene comunque che esso possa aver avuto una destinazione funebre. La collocazione nell area sacra di Metaponto potrebbe infatti non corrispondere alla dislocazione originaria della stele, ma esser stata determinata da un reimpiego successivo. La carenza di buona pietra nel territorio metapontino autorizzerebbe ad ipotizzare un riutilizzo del cippo per l edificazione di altre strutture. 17 Lo Porto 1966, p. 202. 18 Manni Piraino 1968, pp. 440-441. - 86 -

Aree sepolcrali a Metaponto 19 Costamagna-Sabbione 1990, p. 95. 20 Meligunìs Lipára V, p. 147. 21 Lo Porto 1981, p. 366. 22 Per quanto riguarda i vasi attici: v., ad esempio, la lekythos conservata al Museo Nazionale di Athene n. 1933 (Pittore di Monaco 2335), la lekythos del Museo Nazionale di Athene n. 12133 (Pittore di Achille) e quella alla Marburg University 1016 (Kurtz 1975). Per quanto concerne i vasi italioti: v., ad esempio, l anfora apula di Ruvo conservata al Museo di Jatta n. 886, l anfora di Napoli al Museo Nazionale n. H1964 (cfr. Pontrandolfo- Prisco-Mugione-Lafage 1988, p. 184). 23 Fra i vasi considerati come segnacoli tombali, l esempio meglio conosciuto è sicuramente rappresentato dai crateri e dalle anfore di età geometrica rinvenuti nella necropoli del Dipylon (Kurtz-Boardman 1971, p. 57). Attestazioni simili ci sono fornite inoltre anche dalle necropoli di Olinto (Olynth XI, p. 182) e di Corinto (Corinth XIII, p. 300). A Taranto, ad esempio, grandi vasi a figure rosse, costituivano o integravano semata epitymbion (lippolis 1994 (b), p. 112). Raffigurazioni di grandi vasi posti all esterno della tomba sono del resto note sia sulle lekythoi attiche a fondo bianco (Kurtz 1975) che nella ceramica italiota a figura rosse (cfr. Pontrandolfo-Prisco-Mugione-Lafage 1998, pp. 181-202). Gli studi più recenti condotti sui rinvenimenti di crateri e anfore dalla necropoli di Lucifero a Locri (la documentazione relativa a questo tipo di ritrovamenti è stata sistematicamente raccolta in Elia 1992-1993) e i dati forniti dagli scavi nell area sepolcrale di Santa Venera a Poseidonia, hanno tuttavia portato a suggerire una interpretazione differente (Cipriani 1989, p. 75). In questi contesti i vasi collocati sulla copertura delle tombe, parzialmente o totalmente interrati, non sembrerebbero infatti avere il valore di segnacoli, ma andrebbero piuttosto considerati oggetti funzionali ai rituali funebri, o più semplicemente parte del corredo deposto, insolitamente e per motivi a noi oscuri, all esterno del sepolcro. Un diffuso impiego di grandi vasi come segnacoli tombali è stato invece supposto da Carter per la necropoli di Pantanello (Carter 1998, pp. 115-142). Crateri attici a figure nere, o apuli a figure rosse oppure ancora con decorazione sovraddipinta nello stile di Gnathia sono stati infatti interpretati come semata epitymbion (Ibidem, pp. 116-117,125). L analisi dei reperti contenuti nei depositi ceramici dell entroterra sembra provare anche la discreta presenza di anfore a venice nera e delle storage amphorae (Ibidem, p.126). Per quanto concerne le sepolture di Metaponto Sestieri interpreta come semata i frammenti di crateri apuli figurati e di anfore o pelikai, sempre di produzione apula, rinvenuti nel 1939 fra le sepolture di C.da Ricotta (Sestieri 1940, pp. 79-80). A deposizioni coeve Bottini attribuisce anche gli sporadici rinvenimenti di anfore e crateri pertinenti a sepolture individuate in C.da Crucinia (Bottini 1992(b)). 24 Sulla copertura di alcune sepolture, databili all età ellenistica, sono ad esempio stati rin- - 87 -

Deborah Rocchietti venuti oggetti che per la Scarano erano serviti evidentemente per riti particolari svolti dopo la deposizione (Scarano 1992, p. 17). Si tratta in genere di patere, piccoli piatti, coppe ed in rari casi anche di unguentari. È interessante osservare come l associazione coppapatera riscontrata all esterno delle sepolture non si trovi mai all interno delle tombe databili alla seconda metà del IV-primo quarto del III secolo a.c.; è probabile dunque che tale associazione implichi ed assuma, nel caso metapontino, valenze di tipo cultuale o rituale. I vasi sono solitamente integri ma nel caso della T 9 della zona a di C.da Ricotta (Tav. IX) la patera fu volutamente spezzata ed i frammenti sparsi sulla tomba. L usanza di spezzare ritualmente i vasi, in modo da renderli inservibili, prima di deporli sulla sua tomba, è una pratica comune. A Poseidonia, ad esempio, sembra dedursi un impiego dell anfora da trasporto per certe azioni che ne prevedeva l uso a tomba ancora aperta, seguito dalla rottura e dalla deposizione nel sepolcro, insieme agli elementi del corredo, di parte del corpo del vaso, generalmente quella superiore; gli altri resti erano invece posti sul lastrone di chiusura e nei tagli di controfossa (Cipriani 1989, p. 77). Non sono stati rinvenuti all esterno delle sepolture metapontine oggetti miniaturistici né anfore o vasi volutamente forati, comuni invece negli altri sepolcreti della Grecia (coppe forate dal ceramico di Athene (Kurtz-Bordman 1971, pp. 57-58), vasi potori forati da Haleis in Argolide) e dell Italia meridionale. Esemplari simili sono stati ad esempio rinvenuti a Pantanello, nell entroterra metapontino (Carter 1998, pp. 121-123), a Locri (Orsi 1912; Elia 1992-1993, pp. 294-296) e nella necropoli poseidoniate di Santa Venera (Cipriani 1989, pp. 76-77). Due lucerne monolicne a corpo schiacciato si trovavano inoltre sulla copertura della Tomba 1 dell area a di scavo di C.da Crucinia (Lo Porto 1981, pp. 337-339); è possibile che anche queste siano state utilizzate per la celebrazione di riti e la presentazioni di offerte alle divinità ctonie o al defunto stesso. I vasi e gli oggetti rinvenuti all esterno delle sepolture metapontine si trovano in genere sulla copertura delle tombe, è probabile, dunque, che essi si riferiscano ad un momento contestuale a quello della deposizione. I riti in favore delle divinità ctonia o del morto, dovevano - quanto meno in alcuni casi- essere subito successivi alla deposizione del cadavere; non si può tuttavia escludere, sulla base della documentazione disponibile, che libagioni ed offerte fossero comunque perpetrate in circostanze ripetute. Sappiamo, ad esempio, che nel caso di due deposizione agrigentine, l una databile al VI-V secolo l altra al IV secolo a.c., le offerte e le libagioni vennero compiute in più momenti nel corso degli anni, come prova la stratificazione in quattro livelli sovrapposti delle kylikes e degli skyphoi (De Miro 1989, p. 23). - 88 -