Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze

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Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze N. 17 02.03.2017 Omessa dichiarazione: condanna per l institore La procura institoria amplissima individua l amministratore di fatto Categoria: Contenzioso Sottocategoria: Reati tributari A cura di Paola Mauro L institore può essere equiparato all amministratore di fatto e quindi rispondere del reato di omessa dichiarazione insieme all amministratore di diritto, in caso di una procura institoria amplissima. È quanto emerge da un recente pronunciamento dei giudici di legittimità in tema di reati tributari. Premessa L institore può essere equiparato all amministratore di fatto e quindi rispondere del reato di omessa dichiarazione assieme all amministratore di diritto, in caso di una procura institoria amplissima. È quanto emerge dalla sentenza n. 3890 del 27/01/2017 della Terza Sezione Penale della Cassazione. La disciplina giuridica dell institore è contenuta nel Titolo II "Del lavoro nell'impresa" del libro V "Del lavoro" del codice civile, articoli 2203 e seguenti. 1

Institore: poteri e obblighi CENNI L institore, in estrema sintesi, è un collaboratore dell imprenditore commerciale che ha un potere generale di rappresentanza (procura institoria). L institore può compiere tutti gli atti pertinenti all esercizio dell impresa a cui è preposto, salve limitazioni contenute nella procura. Ha anche la legittimazione processuale, cioè può stare in giudizio in nome del preponente, mentre non può ipotecare o alienare immobili senza essere autorizzato. Tra gli obblighi di questa importante figura all interno dell impresa il codice civile individua l osservanza delle disposizioni riguardanti l iscrizione nel Registro delle Imprese e la tenuta delle scritture contabili, con riguardo all impresa o alla sede secondaria in cui è preposto. La procura institoria deve essere depositata per l'iscrizione presso l ufficio del Registro delle Imprese e, in mancanza di tale adempimento, la rappresentanza si presume generale ed eventuali limitazioni non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi le conoscevano al momento della conclusione dell affare (art. 2206 cod. civ.); altrettanto vale per gli atti con i quali sia successivamente limitata o revocata la procura (art. 2207 cod. civ.: Gli atti con i quali viene successivamente limitata o revocata la procura devono essere depositati, per l'iscrizione nel registro delle imprese, anche se la procura non fu pubblicata. In mancanza dell'iscrizione, le limitazioni o la revoca non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione dell'affare ). L institore, infine, è personalmente obbligato se omette di far conoscere al terzo che egli tratta per il preponente; tuttavia il terzo può agire anche contro l imprenditore, per gli atti compiuti dall institore che siano pertinenti all'esercizio dell'impresa a cui è preposto (art. 2208 cod. civ.). Giurisprudenza Secondo la Cassazione, la costituzione di un rapporto di natura institoria può desumersi da elementi presuntivi, anche in assenza di un formale atto di conferimento di qualifica e procura da parte dell'imprenditore (così Cass. civ., Sez. III, n. 21811/2015). Nella giurisprudenza di legittimità si è anche sostenuto che il soggetto preposto a una sede secondaria dell'impresa è per ciò stesso institore, salva prova contraria. La qualità d institore, infatti, è da porre in correlazione con la preposizione, operata dall'imprenditore, all'esercizio dell'impresa commerciale, indipendentemente dall'inquadramento professionale del preposto dal punto di vista della carriera, dal conferimento di procura o comunque dall'utilizzo di forme solenni (Cass. civ., Sez. I, n. 16532/2016). 2

Sempre la Cassazione ha affermato che la nomina di un institore non esclude la responsabilità del titolare dell impresa per gli atti dallo stesso compiuti, evincendosi dal sistema, in particolare dall art. 2208 cod. civ., che l'imprenditore risponde in via presuntiva di tutti gli atti compiuti in suo nome nella sede dell'impresa stessa, per essere a lui riferibili, secondo i principi fondamentali dell'apparenza giuridica e dell'affidamento, le attività svolte da coloro i quali, a qualsiasi titolo, agiscano nella suddetta sede quali suoi incaricati o che, ragionevolmente, possano essere considerati tali (Cass. civ., Sez. V, n. 5671/2006). Con la sentenza n. 3890/2017, oggetto di odierno esame, la Cassazione ha invece affrontato la questione del concorso tra institore e titolare dell impresa nel reato fiscale di omessa dichiarazione ex art. 5 D.Lgs. n. 74/00. Per gli Ermellini, una procura institoria che conferisce i più ampi poteri porta con sé la possibilità di attribuire all institore la qualifica di amministratore di fatto ; ciò che vale a qualificare l ausiliario dell imprenditore come soggetto attivo del reato, mentre il formale titolare dell impresa è il concorrente del reato per non aver impedito l evento (art. 40 cod. pen.). In ogni caso, per individuare la qualità di amministratore di fatto, non occorre necessariamente la totale sovrapposizione di funzioni esercitate dal soggetto non qualificato rispetto a quelle proprie dell amministratore, essendo sufficiente un apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. L ipotesi di responsabilità, a titolo di concorso, tra l institore (amministratore di fatto ) e l amministratore di diritto si trova anche al centro della sentenza n. 25809/2013 della Cassazione (Sez. 3 pen.), relativa alla fattispecie di reato di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all articolo 10 del D.Lgs. n. 74/00. Nel caso di specie, il legale rappresentante ha sostenuto di non essersi mai occupato della gestione della società, contrariamente all institore, e comunque l assenza di responsabilità sotto il profilo dell omesso controllo, posto che l articolo 2205 cod. civ. pone anche a carico dell institore l obbligo della tenuta delle scritture contabili. Dal canto suo l institore ha sostenuto l assenza di prova circa la sua qualità di reale gestore della società. Ebbene, questi rilievi difensivi non sono serviti a evitare la condanna di entrambi. 3

Ciò detto, vediamo brevemente i fatti di cui si è occupata la sentenza n. 3890 pubblicata lo scorso 31 gennaio dalla Terza Sezione Penale della Suprema Corte. Il caso La Suprema Corte ha confermato il verdetto di condanna pronunciato dalla Corte d Appello di Genova nei confronti di un soggetto individuato quale amministratore di fatto di una società che per due anni non ha presentato la dichiarazione fiscale. L uomo è stato condannato sulla base di una procura institoria conferitagli, con atto notarile, dalla madre, titolare dell impresa. A venire in rilievo, ai fini della condanna, è stata l ampiezza dei poteri derivanti dalla procura institoria. Infatti, secondo gli Ermellini, la sentenza impugnata, con motivazione adeguata e immune da contraddittorietà e da manifesta illogicità, individua nel ricorrente l amministratore di fatto in relazione alla nomina quale procuratore generale della defunta madre, amministratore di diritto della società, trattandosi: di una procura institoria amplissima, che gli concedeva tutti i poteri dell imprenditore, espressamente compresi quelli di fare pratiche in via amministrativa presso le autorità governative, regionali e fiscali e presentare ricorsi. In ogni caso, ai fini dell attribuzione a un soggetto della qualifica di amministratore di fatto non occorre l esercizio di tutti i poteri tipici dell organo di gestione, ma è necessaria una significativa e continua attività gestoria, svolta cioè in modo non episodico o occasionale (v. Cass., Sez. 3 pen., n. 22108/2015, tra le altre). Pertanto, i Supremi giudici hanno reso definitiva la condanna del ricorrente alla pena detentiva di un anno, mentre la misura delle pene accessorie (fissata in 3 anni) è apparsa eccesiva, sicché sul punto la sentenza della Corte d appello è stata annullata senza rinvio. 4

Gli Ermellini citano la sentenza n. 6240/2015 delle Sezioni Unite, secondo cui sono riconducibili al novero delle pene accessorie la cui durata non è espressamente determinata dalla legge penale quelle per le quali sia previsto un minimo e un massimo edittale oppure uno soltanto dei suddetti limiti, con la conseguenza che la loro durata deve essere dal giudice uniformata, ai sensi dell'articolo 37 cod. pen., a quella della pena principale inflitta (Cass. pen, Sez. Un., n. 6240/2015). Pertanto, la durata delle pene accessorie temporanee previste dall'articolo 12 del D.Lgs. n. 74 del 2000 va parametrata dal giudice a quella della pena principale inflitta, in quanto esse sono riconducibili al novero delle pene accessorie non espressamente determinate dalla legge, essendo previsto un massimo e un minimo edittale (Cass. pen., Sez. 5, n. 2925/2014). Nel caso di specie, quindi, essendo la pena principale fissata in anni 1, anche le pene accessorie dovevano essere fissate dalla Corte d Appello per uguale durata (1 anno). Alla parametrazione ha provveduto direttamente la Suprema Corte. Conclusioni In conclusione, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla durata delle pene accessorie temporanee (determinate in anni 1 ciascuna), mentre nel resto il ricorso dell imputato è stato dichiarato inammissibile. Riferimenti normativi e giurisprudenziali Artt. 2203, 2204, 2205, 2206, 2207, 2208, 2209 cod. civ.; Art. 110 cod. pen; Art. 37 cod. pen.; Artt. 5, 10, 12 D.Lgs. 10/03/2000, n. 74; Cass. pen, Sez. Un., n. 6240/2015; Cass. pen., Sez. 5, n. 2925/2014; Cass. pen., Sez. 3., n. 22108/2015; Cass. pen., Sez. 3, n. 25809/2013, Cass. civ., Sez. 3, n. 21811/2015; Cass. civ., Sez. 1, n. 16532/2016; Cass. civ., Sez. V, n. 5671/2006. - Riproduzione riservata - 5