Marco VALENTINI. Il sistema d'intelligence



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Marco VALENTINI Il sistema d'intelligence,

CONTRlBU11 E SAGGI "La vera sfida delle democrazie, che sui valori universali fondano l'etica dei propri ordinamenti, è quella di tutelare la sicurezza mantenendo intatto il profilo delle libertà" LA RINNOVATA STRATEGICITÀ DEL LAVORO D'INTELLIGENCE1 È noto come il momento storico attuale veda una straordinaria trasformazione degli scenari che hanno dominato l'analisi politica e politico-internazionale fino all'inizio degli anni novanta. Il crollo del sistema sovietico e l'irrompere del radicalismo islamico, a partire dagli attacchi del settembre 2001, efficacemente definiti "lo stupro di Manhattan"2, hanno infatti rappresentato due passaggi epocali, a distanza di un decennio tra loro, con i quali stanno ancora facendo i conti le tradizionali categorie d'interpretazione della realtà. La maggior parte degli Stati del mondo ha posto ai primi punti dell'agenda politica la necessità di adeguare gli strumenti di tutela della propria sicurezza globafe3, sia sul fronte interno che su quello internazionale, utiliz~do in modo sempre più consistente, data la natura della minaccia, modalità incisive di ricerca delle informazioni necessarie per orientare le scelte e prevenire i rischi. A tale attività sono deputate specifiche agenzi,e pubbliche, correntemente denominate servizi segreti, secondo una terminologia, come si vedrà, in parte concettualmente datata4, i quali, in ambienti giuridici ed istituzionali talora molto diversi per storia, cultura e tradizione5, adempiono ai compiti di tutela della sicurezza nazionale con un modus operandi tipico e nel contesto di un elevato livello di competizione6. La loro probabilità di successo dipende dalla capacità di assicurare continua innovazione, per adeguarsi flessibilmente agli scenari ed avvicinarsi al risultato, in termini di sicurezza, che la comunità nazionale si attende dall'investimento delle proprie risorse, non di rado significative e importanti. Dipende altresl dal livello generale di cultura della sicurezza, e dell'intelligence, che la stessa comunità è in 478

Marco V ALENTINI grado di esprimere e sostenere, poiché tali strutture sono ovviamente inserite in modo sensibile nel contesto più delicato della vita istituzionale della Nazione. Le scelte che riguardano l'intelligence richiedono larga condivisione ed azioni concrete, in primo luogo da parte dei decisori politici che sono, per le funzioni che gli competono, i responsabili delle politiche e i primi fruitori del prodotto. Per queste ragioni, natura della missione ed efficacia dell'azione vanno misurate con una visione generale che consideri la cultura della sicurezza insieme alla cultura istituzionale del sistema-paese? In effetti, proprio gli attacchi agli Stati Uniti condotti nel settembre 2001 dall'organizzazione Al Qaid'a, e quanto ne è seguito tra guerre ed escalation del terrorismo globale, hanno diffuso la convinzione di una rinnovata strategicità del lavoro d'intelligence8 nella nuova società dell'informazione, che con la fine della guerra fredda non pochi frettolosi osservatori avevano ritenuto ormai obsoleto, confinandolo, nel migliore dei casi, al campo del business e dell' economia, mentre le entità nazionali sembravano addirittura affievolirsi (virtual states) rispetto a poteri preponderanti e transnazionali e ai nuovi confini disegnati da Internet9. È facile constatare adesso quanto una tale visione fosse mlope. Il superamento del sistema bipolare ha infatti chiuso un' epoca storica ma non ha eliminato, com'è agevole constatare, le minacce alla sicurezza, alla stabilità, alla pace. L'epoca della globalizzazione si è al contrario caratterizzata, a partire dall'inizio del nuovo secolo, come età di grande incertezza, segnata da minacce polverizzate e asimmetriche, capaci di produrre eventi catastrofici con ricadute sull'intero pianeta, nella misura in cui sono portate contro una società ad elevatissima vulnerabilità nei suoi consolidati meccanismi di funzionamento democratico e nel suo way oi lifelo. La medesima miopla ha colto coloro che hanno ritenuto di vedere nei grandi progressi dell'ordinamento internazionale, dell'unione europea e dei singoli Stati nazionali, in settori di eccezionale importanza quali la tutela dei diritti ~ umani, la privacy dei cittadini, la salvaguardia delle libertà fondamentali, la trasparenza delle istituzioni pubbliche, la circolazione delle persone e delle informazioni, la libera espressione del pensiero e dei culti, il diritto ad un giusto processo, elementi di sostanziale incompatibilità con l'eccezione legale della tutela della sicu- 479

CONTRIBUTI E SAGGI rezza nazionale. E a maggior ragione, con le modalità di un lavoro (l'intelligence) che non può non essere svolto, per avere speranza di successo, che in modo riservato, sostanzialmente capovolgendo, pur se per fini legittimi attinenti l'esistenza stesso dello Stato, il celebre assunto di Norberto Bobbio secondo il quale, in democrazia, il potere pubblico debba anche essere esercitato "in pubblico"!i. Invero, l'esistenza di profili di criticità, sul piano della legalità, tra interessi statuali apparentemente in conflitto eppure vitali, non deve far rinunciare alla ricerca di soluzioni che operino nel quadro di adeguati bilanciamenti e con tutte le necessarie garanzie, proprio per scongiurare il rischio di aprire la strada ad una compressione delle libertà di fronte a minacce ed emergenze impreviste. La vera sfida per le democrazie, che su valori universali fondano l'etica dei propri ordinamenti, è quella di tutelare la sicurezza mantenendo intatti il profilo delle libertà. Sarebbe d'altro canto sufficiente osservare, sul punto, come la culla del mestiere dell'intelligence siano da sémpre le grandi democrazie anglosassoni, che nella morale e nel metodo dell'intelligence hanno trovato supporto non di rado decisivo in passaggi chiave della loro storia nazionale. Ma ci si può anche spingere oltre, prendendo in considerazione i sostanziali mutamenti che i nuovi scenaril2 stanno determinando nella relazione tra sicurezza e garanzie, non più percepiti dal senso comune, come autorevolmente rilevato da una schiera sempre più numerosa di giuristi, quali fattori simmetricamente antitetici (si estende uno, arretra l'altro) bensl complementari (senza sicurezza, nessuna libertà). Tanto che molti si interrogano sui nuovi confini della antica dialettica tra i due valori, quando in gioco sono fondamentali principi di civiltàl3. Le diverse questioni rivestono insomma un interesse non solo teorico, bensl strettamente legato agli scenari del momento. Tra globalizzazione delle minacce e conflitti armati, infatti, il mondo intorno ai nostri occhi rischia di andare in confusione. Si smarriscono riferimenti, si richiede il consenso sulla base di onde emotive, si rischiano effetti perversi di decisioni poco meditate. Con gli attentati dell'undici settembre e quelli, gravissimi, che li hanno seguiti, con le successive guerre in Mghanistan e in Iraq, il vocabolo intelligence è 480

Marco V ALENTINI, divenuto di uso comunel4. La minaccia del terrorismo ha fatto sospendere il giudizio persino a coloro che sempre avevano nutrito dubbi sulla morale e sul metodo dell'intelligence, in virtù di un'emergenza assoluta. Le diverse agenzie hanno dunque beneficiato di una insperata rendita di posizione, in un contesto in cui tutti auspicano di poter misurare il valore aggiunto delle informazioni segrete alla causa della lotta al terrorismo. In questo quadro, lo scopo delle pagine che seguono è fornire una sintetica introduzione ai contenuti delle parole chiave che strutturano questa vera e propria disciplina che chiamiamo intelligence e che nel nostro Paese muove i primi passi, finora confinata al circuito dei soliti esperti, dei giornalisti specializzati, delle comunicazioni ufficiali delle Istituzioni, ma che altrove riscuote crescente interesse nel mondo culturale e accademicol5. Ciò al fine di organizzare uno strumentario preliminare verso i concetti e i principi, nell'esperienza e nelle norme, che ruotano intorno al concetto giuridico e politico di sicurezza nazionale, per approdare poi al processo dell'informazione, dalla sua raccolta alla sua utilizzazione, sintesi del lavoro d'intelligence. La seconda parte è dedicata ad una delle concrete applicazioni del modello teorico, il sistema italiano, per analizzarne caratteristiche e peculiarità, con specifico concreto riferimento ai compiti e alle relazioni con l'autorità giudiziaria, le forze di polizia e la polizia giud!ziaria in particolare. SICUREZZA NAZIONALE \ Ci siamo soffermati sulla circostanza che la tutela deua sicurezza nazionale costituisce la missione primaria delle agenzie di intelligence in ogni Paese. Dal punto di vista del giurista si può tuttavia àffermare, senza timore di smentita, che pochi concetti rivestono pari complessità, anche se singolarmente nel nostro contesto culturale tale complessità, che si associa all'importanza critica della definizione, non ha trovato finora adeguati percorsi di approfondimento. Com'è intuitivo, infatti, ammesso che si arrivi ad una definizione costituzionale di sicurezza nazionale, non se ne rintraccerà un concetto solamente giuridico, in quanto il suo profilo essenziale sembra trovare collocazione piuttosto nella sfera dell'esercizio del potere politico, sia esso quello dell'esecutivo ovvero del Parla- 481

CONTRIBUTI E SAGGI mento16. Per queste ragioni, il significato della definizione (sicurezza nazionale) certamente varia in relazione alla forma dei singoli stati e al mutare dei contesti storici e delle priorità. Se da un lato si può affermare che nei paesi di consolidata tradizione democratica, a forte coesione sociale, connotati da un intenso senso di appartenenza dei cittadini alle Istituzioni, tale concetto conserva una sua stabilità nel tempo, dunque è più agevole l'opera degli interpreti per disegnarne caratteristiche e confini, considerazioni opposte valgono per quelle situazioni in cui emergono conflittualità tra i legittimi poteri, fragilità, vulnerabilità, nonché condizioni storiche di distacco tra cittadini ed establishment politico, tutti fattori che aumentano la possibilità di una interpretazione (e, ciò che più conta, di applicazione) fortemente di~crezionale dell'idea che ci interessa. Gli studiosi, soprattutto nel mondo anglosassone, hanno invece tentato di proporre un'analisi approfondita del concetto di sicurezza nazionale, accettando comunque come base comune il presupposto del substrato morale e ideologico della definizione, nonché il suo ricadere in una sfera essenzialmente politica. Da questo punto di vista, sono state ipotizzate due principali chiavi di ricerca: l'una, collegata ai valori fondanti della comunità, che nella maggior parte dei casi corrispondono a principi e dichiarazioni formalizzate in un testo costituzionale; l'altra, di carattere per cosi dire più empirico, mirata a definire il concetto di sicurezza nazionale attraverso lo studio dell'impatto concreto della sua applicazione, esaminando cioè quali sono i soggetti che si avvalgono di tale clausola, con quali procedure, nell'esercizio di quali poteri, entro quali confini legislativi e con quali controlli. Quanto alla prima impostazione, essa muove in un contesto che è prettamente giuridico, ma non trascurabilmente suscettibile di approdi diversi. In questo senso, vede convivere al suo interno punti di vista non coincidenti. Da una parte esiste lo Stato, considerando, solo per brevità, omologo il diverso concetto di Nazione, dail' altra la sicurezza. li punto cruciale sul quale le diverse teorie diver-' gono è nel giudizio sulla possibilità che la tutela della sicurezza nazionale, intesa come garanzia del raggiungimento dei fini dello Stato quale tutore dell'ordine 482

Marco V ALENTINI costituzionale, entri in conflitto, ancorché giustificato, con i diritti dei singoli. Ritengono alcuni, infatti, che i diritti civili e politici dei cittadini debbano essere considerati parte integrante del concetto stesso di sicurezza nazionale. La questione, che si radica nella ttadizione filosofica e nella storia della teoria politica, riflette a ben vedere un'importante differenza di pensiero. Se da una parte si ritiene il riferimento allo Stato-apparato sostanzialmente inaccettabile e potenzialmente autoritari01?, in quanto in contrasto con l'altra visione, ritenuta meglio compatibile con la democrazia parlamentare, in cui libertà civili e diritti dell'uomo costituiscono indissolubilmente il cuore di un concetto di sicurezza fondato sulla legittimazione morale dello Stato, inteso come Stato-comunità, dall'altra parte si argomenta invece che l'interesse collettivo possa determinare, anche temporaneamente, il sacrificio del diritto dei singoli per il raggiungimento del bene comune. Si tratta insomma di un terreno di confronto, sul piano teorico, certamente ricco di implicazioni di non semplice soluzione, tale che, in luogo di tentare di elaborare, come già accennato, un concetto di sicurezza nazionale valido per ogni circostanza, più convincente appare la differente posizione tesa a ricercare la sua rilevanza in ogni concreta situazione in cui tale interesse viene in gioco, nel contesto delle regole costituzionali vigenti. È d'altro canto evidente che le due impostazioni possono trovare un punto d'incontro nell'affermazione dei criteri di proporzionalità e di controllo democratico, perché non v'è chi non veda che non può esser escluso a priori che una situazione di crisi preveda temporaneamente la possibilità di eccezioni.18 Il concetto di stato di necessità, in tali casi, è quello più frequentemente evocato, in primis in circostanze belliche, come anche le vicende statunitensi del dopo undici settembre hanno mostrato. Occorre anche tenere conto che il concetto di sicurezza nazionale, nell'esperienza concreta, ha valicato i propri incerti confini per estendersi, in alcuni casi, al concetto di difesa nazionale o di tutela dell'interesse nazionale19. In tali circostanze, la complessità della fattispecie si amplia ove solo si consideri, relativamente al concetto di difesa nazionale, l'esperienza di alcune potenze che hanno esercitato un forte dominio strategico e che hanno inteso estenderne la portata, sul piano 483

CONTRIBUTI E SAGGI internazionale, ben al di là della difesa dalle ingerenze straniere e/o dell'indipendenza del proprio territorio da attacchi militari. Analogamente, per ciò che concerne l'interesse nazionale. Mentre è certamente legittimo considerare il benessere economico come un importante interesse nazionale da perseguire attraverso la competizione anche sul piano internazionale, profili di criticità sul piano dei principi possono manifestarsi se.obiettivi economici e sicurezza nazionale vivono una concreta assimilazione. Ciò posto su un piano teorico generale, ci si può domandare, riferendosi all'esperienza costituzionale italiana, quali siano le ragioni per le quali la nostra dottrina giuridica, pur disponendo di indizi sparsi nel testo costituzionale2 e poi, a far data da un certo periodo, anche di pronunce della stessa Consulta21, non ha pienamente approfondito la ricerca di indicatori precisi che possano portare all'identificazione di un significato giuridico di sicurezza nazionale. È un fatto che l'opera ermeneutica degli interpreti più sensibili, che ha ricercato ed individuato nella sintesi dei valori di cui il testo costituzionale è espressione gli aspetti più qualificanti della fattispecie, non è pacificamente condivisa, se è vero che, in tempi recentissimi, per ben tre volte la Corte Costituzionale è dovuta intervenire in sede di conflitto di attribuzione, sulla medesima vicenda, relativa ad un segreto di Stato opposto e confermato dall'autorità di Governo, e condiviso dal Comitato parlamentare di controllo, per la reiterata volontà dell'autorità giudiziaria confliggente di superare la barriera del segreto apposto per la tutela della sicurezza nazionale22. L'insegnamento della Consulta, d'altro canto, si pone in linea con il solco tracciato da quei grandi maestri che hanno collocato il concetto di sicurezza nazionale sul piano dei grandi valori di fondo della vita sociale, sulla cui base muovono tutti gli altri diritti23. È un'ipotesi suffragata da qualche riscontro che un deficit di cultura istituzionale abbia ostacolato nel nostro Paese l'elaborazione di riferimenti sufficientemente certi per una categoria che, se non è solamente giuridica "trova di sicuro nella summa di valori di cui è espressione la Costituzione la sua sede naturale, secondo un'impostazione dunque al medesimo tempo deontologica e normativa, imparziale in quanto non dipendente dalle partes, coeva alla necessità di tutela di 484

Marco V ALENTINI un valore supremo che fa parte del patrimonio della comunità nella sua interezza, senza che ciò determini un riflusso nella neutralità, che non si addice allo Stato, il quale persegue fini ben precisi ed è inserito in un contesto di alleanze internazionali che deve onorare"24. Diversamente, il concetto di sicurezza nazionale trova nelle fonti internazionali un riconoscimento univoc025, in netta prevalenza sugli altri valori. Ne sono testimonianza, tra gli altri, importanti documenti, come ad esempio l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950, sottoscritta a Roma, che consente limitazioni alla tutela della vita privata per ragioni di sicurezza nazionale, l'articolo lo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e l'articolo 19 del Pat~o internazionale sui diritti civili e politici, senza considerare le numerose fonti dell'unione Europea, iniziando dall'accordo di Schengen26, nel cui ambito il bilanciamento tra diritti delle persone ed esigenza di sicurezza ha un primario rilievo. Sul fronte del diritto interno, merita invece citare l'articolo 13, comma l della legge n. 286/98 sull'immigrazione, che consente l'espulsione dello straniero per motivi di sicurezza nazionale, facoltà peraltro recentemente esercitata in un caso emblematico che ha avuto vasta risonanza sui mass-media27. La questione, tuttavia, è suscettibile di importanti sviluppi che è possibile solo accennare e che rappresentano, rispettivamente per l'aspetto interno e per quello internazionale, i prodromi di un' evoluzione del concetto di sicurezza nazionale come verrà probabilmente proponendosi negli anni a venire, i cui aspetti innovativi già necessitano di approfondimento e di studio. Con riferimento al profilo interno, ad esempio, ci si dovrebbe domandare se alla luce del ragionamento che si è cercato di delineare e, non di meno, del tenore dell'articolo 114 della Costituzione di recente riscrittura28 non sia da considerare superato il riferimento alla sicurezza dello Stato per definire quell'idea di protezione di interessi essenziali della comunità che abbiamo tentato di descrivere. E non si configuri viceversa più appropriato, secondo la nostra Costituzione, riferirsi oggi alla sicurezza della Repubblica quale complesso di valori di cui la Costituzione è traduzione ed espressione concreta29, con tutti gli sviluppi che partendo da tale novità è possibile immaginare3. 485

CONTRIBUTI E SAGGI Quanto al versante internazionale, mentre si muovono in Europa i primi passi per accedere ad un concetto sovranazionale di sicurezza, si è posto di recente il problema dell'efficacia degli strumenti del sistema di prevenzione quando questo deve estrinsecarsi nei confronti di soggetti contro indicati per la sicurezza di altri Stati, nel caso in cui questi si trovino in uno Stato terzo. È l'ipotesi, ad esempio, di persone legate a movimenti terroristici che tuttavia non svolgono nello stato di residenza alcuna attività illegale. Il problema riguarda marginalmente il diritto penale, che dispone di una sua strumentazione di cooperazione giudiziaria, ma soprattutto il campo amministrativo, quando sia rimessa alla volontà discrezionale dello Stato concedere o denegare determinati status, come per esempio accade in materia di cittadinanza, immigrazione, espulsione dello straniero. Recenti tendenze della giurisprudenza inglese32 propongono interessanti spunti di riflessione, essendo giunte a ravvisare una minaccia alla national security anche quando la minaccia stessa sia rivolta contro altri Paesi, utilizzando mezzi, come il ricorso al terrorismo, che la Gran Bretagna condanna collettivamente nella comunità internazionale attraverso la sottoscrizione di numerosi patti o trattati. "Un Paese che cerca di proteggersi dal terrorismo internazionale" argomenta la Corte "non vi riuscirà se le sue difese sono limitate al suo territorio. Le attività dei terroristi internazionali all'estero, che colpiscano o meno gli interessi britannici, costituiscono una preoccupazione per il Governo poiché la sua politica deve essere, ed è, quella di adoperarsi al fine di garantire la cooperazione nella lotta al ter- " o"..ronsmo. Si tratta, a ben vedere, di una prospettiva interessante e radicalmente innovativa, un vero e proprio concetto nuovo di sicurezza nazionale, che cade del resto in una{~e storica in cui forte è la spinta verso l'affermazione di giurisdizioni penali internazionali33, anche se difficoltà permangono per una definizione univoca di terrorismo nelle sedi internazionali34. L'epoca dei conflitti globalizzati non potrà tuttavia che spingere nella direzione di una globalizzazione del concetto di sicurezza, che sta già spostando i propri confini a livello sopranazionale. Per il mondo del diritto, così come già avviene per quanto riguarda ad esempio la disciplina giuridica delle nuove tecnologie e dei nuovi media, si profila l'impegno di una inversione nel processo usuale delle 486

Marco VALENTINI. fonti, che realisticamente muoveranno sempre più da una disciplina internazionale e/o comunitaria dalla quale dipenderà poi la costruzione della dimensione nazionale. Ne costituiscono esempi in itinere il processo di ratifica parlamentare della Costituzione Europea, destinata ad avere significativo impatto sui temi della sicurezza, nonché il dibattito che, specie dopo i fatti di Madrid dell'undici marzo 2004, ha mosso i primi passi circa l'adozione di.un unico riferimento europeo per lo scambio informativo tra Servizi, almeno nel campo della lotta al terrorismo (c.d. eurointelligence), sulla scia di quanto già in via di avanzata realizzazione con le strutture Europol ed Eurojust rispettivamente per le forze di polizia e per l'autorità giudiziaria. INTEWGENCE COME ORGANIZZAZIONE, AlTMTA, PROCESSO, PRODOlTO Organizzazione, attività Il procedimento di raccolta delle informazioni, negli ambiti determinati dalle istituzioni politiche in relazione allo specifico contesto storico (c.d. fabbisogno informativo), l'analisi e la loro valutazione finalizzate alla "disseminazione" verso i referenti istituzionali, con i due principali obiettivi di fornire supporto alle decisioni politiche e porre in atto una concreta attività di prevenzione, eventualmente veicolata alle Forze di Polizia, su temi sensibili o su questioni che costituiscono una minaccia per la sicurezza nazionale, rappresentano esigenza imprescindibile per lo Stato moderno. I metodi di tale ricerca possono essere oggetto di approfondimento e di studi035. L'effettività di tale processo richiede che siano compresi e accettati i metodi dell'intelligence, connotati da riservatezza e talora da segreto, pur nel quadro di uno Stato di diritto che, attento alle garanzie costituzionali, eserciti gli opportuni controlli. In altre parole, l'attività d'intelligence non è quella di una polizia segreta, che sarebbe ovviamente incompatibile con i principi di tutti gli ordinamenti più evoluti. È qualcosa di ben diverso che, muovendo in ambiti non necessariamente connessi a fenomenologie criminali e in un'ottica prevalentemente previsionale36, 487

CONTRIBUTI E SAGGI I adotta tipologie peculiari in quanto l'obiettivo che persegue, i~~~sima rilevanza c.ostituzionale e talora collegato all'interesse politico della nazione, sintesi dei valori e degli interessi strategici del sistema-paese, in alcuni casi non può essere raggiunto in altro mod037. Se la metodologia d'intelligence, intesa come raccolta d'informazioni, loro analisi e valutazione finalizzate a una decisione può appartenere a diverse figure, pubbliche e private38, non ultima quella del Prefett039, occorre chiarire in modo puntuale di quale intelligence si parla. Da un lato, allora, occorre per i nostri fini distinguere tale attività, ove posta in essere dai Servizi, da quella talvolta tipica degli organismi di polizia o altre agenzie di /4w enforcement proprio in ragione del diverso vincolo finalistico; relativamente, poi, ai presupposti e all'ambito delle informazioni dei Servizi, appare indispensabile soffermarsi su alcuni punti qualificanti, quali i soggetti, l'oggetto, le modalità e le finalità4. Quanto al primo profilo, va osservato che si registra, in genere, una scarsa conoscenza delle peculiarità che distinguono l'attività dei Servizi da quella delle Forze di Polizia. Le due funzioni, però, non sono da considerarsi fungibili. L'attività informativa d'intelligence caratterizzata, come si diceva, da un preciso vincolo finalistico, non può essere confusa con l'attività di polizia, che ha carattere investigativo, né quando questa si sviluppa sotto la direzione dell'autorità Giudiziaria, all'interno di un ben individuato filone d'indagine né, del resto, quando trattasi di attività investigativa preventiva che comunque, per sua stessa natura, si colloca all'interno di uno scenario normalmente circoscritto ed è sempre finalizzata ad evitare il verificarsi di reati ovvero all'acquisizione di elementi conoscitivi che risulteranno poi utili durante le indagini giudiziarie. L'attività informativa demandata ai Servizi si radica invece in un'ottica di prevenzione ad ampio raggio, mirata alla conoscenza di situazioni che, pur afferenti a specifiche e ben individuate minacce alla sicurezza, si configurano come anche solo potenzialmente pericolose e, dunque, va naturalmente collocata in un momento precedente la tradizionale attività investigativa e a questa connessa in modo eventuale e non necessario. Questo tipo di attività muove o dovrebbe muovere anche in un ambito e dentro confini in cui non sarebbe concepibile un'investigazione di polizia, neppure di carattere preventivo. Tendenzialmente, l'acquisizione di notizie su specifici fatti dovrebbe costitui- 488

Marco V ALENTINI re, dunque, solo uno degli aspetti dell'attività. In tal senso, può anche affermarsi che l'esplorare situazioni potenzialmente immuni da investigazioni specifiche costituisce il momento più qualificante dell'attività dei Servizi, che devono essere innanzitutto in grado di prevenire non solo la commissione di fatti eversivi per le Istituzioni rilevanti penalmente, ma anche l'emergere di situazioni potenzialmente lesive per la sicurezza e gli interessi nazionali, anche e forse soprattutto quando queste si manifestino in modo embrionale, per consentire allo Stato di attrezzarsi per tempo di fronte alle potenziali pericolosità ovvero di organizzare le necessarie politiche. Quanto al secondo profilo, va considerato che non risulta per nulla agevole disciplinare nei fatti ambito, contenuti e limiti, soggettivi e oggettivi, dell'attività informativa. Poiché la finalità illuminante è la sicurezza nazionale, si sarebbe portati in linea di massima a ritenere legittime tutte quelle attività informative che siano correlate a tale fine. Tuttavia, mentre va da sé l'esclusione per tutte quelle situazioni che incontrino divieti costituzionali, limitazioni soggettive e oggettive non hanno mancato di essere proposte in varie fasi e in vari contesti, determinando una contraddizione in termini con l'essenza del lavoro d'intelligence, contraddizione che potrebbe essere superata con la prudenza istituzionale, il rapporto fiduciario, la distinzione tra raccolta delle i~formazioni e utilizzazione delle stesse nel processo d'intelligence, i controlli. Ciò posto, in merito alla natura dell'attività, giova ora soffermarsi, prima di esaminare le caratteristiche delle diverse fasi del ciclo dell'intelligence, sui principali modelli di quelle che sono normalmente definite, nel contesto internazionale, comunità d'intelligence. Sistema ordinamentale, rapporti giuridici e dipendenze funzionali, responsabilità e controlli sono gli snodi essenziali di un' efficace relazione tra indirizzo politico e funzioni operative e di analisi degli organismi di intelligence. In linea generale, pur caratterizzandosi come amministrazioni pubbliche, i Servizi sono disciplinati nei vari Paesi da una normativa generale e di principio, nella gran parte dei casi ampiamente derogatoria rispetto alla legge generale. Inoltre, non è raro il caso che eccezioni ed esenzioni riferite all'attività dei Servizi siano contenute in varie disposizioni di legge, com'è il caso, nel sistema italiano, della 489

CONTRIBUTI E SAGGI normativa sul trattamento dei dati personali e la privactl e dell'accesso ai documenti della pubblica amministrazione42. Ma l'opzione della disciplina legislativa non è un dato scontato e in taluni casi acquisito solo da poco tempo. L'esempio più noto è quello inglese, dove solo da poco più di un decennio l'esistenza dei servizi segreti più famosi del mondo, operativi già dall'inizio del novecento, è stata ammessa ufficialmente dal Governo e riconosciuta in una legge43 sotto la pressione di numerose convenzioni internazionali, prima fra tutte quella per la tutela dei diritti dell'uomo, che hanno sancito il principio che alcuna limitazione dei diritti fondamentali potesse essere ammessa se non prevista in disposizioni legislative. Ma altri casi sono emblematici, come quello di uno dei Servizi più celebrati in termini di efficienza operativa, di cui fino a poco tempo fa era sconosciuto persino il nome del Direttore44. Se è vero, d'altro canto, che i tempi stanno cambiando e una diffusa consapevolezza si va diffondendo circa l'esigenza che i servizi si abituino all'idea di essere un po' meno segreti45, salvaguardando l'attività ma rendendo conoscibili altri aspetti relativi alla loro missione e ai loro risultati46, non v'è dubbio che l'evoluzione degli ordinamenti nei Paesi democratici in termini di trasparenza, pubblicità, normative sul processo, costituiscono un fattore di naturale tensione e criticità con l'intelligence, specie in quelle realtà in cui l'autorità giudiziaria, per ragioni storiche e/o di contesto sociale e politico, si pone in un'ottica non pienamente collaborativa con le esigenze sopra richiamate. In alcune realtà, ed è proprio il caso italiano, le normative secondarie che regolano aspetti della realtà dei Servizi sono classificate, problema che alcuni penalisti hanno segnalato come quello delle c.d. fonti occulte47, in quanto manca nell'ordinamento una disciplina generale e unitaria dei pubblici segreti, con la conseguenza negativa di assimilare tutta la materia del segreto ai Servizi, mentre ben diversa è la realtà dell'ordinamento giuridico. Quale che sia l'opzione legislativa e il livello di completezza del sistema, sono principalmente tre i modelli all'interno dei quali le comunità d'intelligence sono strutturate: -un -due unico organismo d'intelligence; organismi (c.d. sistema binario), con diverse tipologie di ripartizione delle 490

Marco VALEN11NI competenze, e un organismo di coordinamento; -sistema multiagenzie, di norma specializzate, tipico del modello american048. L'esemplificazione sopra riportata ha tuttavia mero valore di riferimento. Infatti, le caratteristiche di ogni sistema variano sensibilmente in relazione ad altri livelli intermedi o di coordinamento, tecnici o politici, che possono costituire peculiarità di un'organizzazione. Esistono anche situazioni in cui le strutture d'intelligence, è il caso soprattutto dei Paesi più piccoli o che rivestono un ruolo strategico non di primo livello, sono inserite all'interno di organismi di /aw enforcement, disponendo talvolta anche dei relativi poteri. Così, posto da parte il modello subl), che ha trovato applicazione, con la significativa eccezione della Spagna49, quasi sempre in regimi totalitari, nell'area occidentale il sistema binario, che prevede la presenza di due Servizi informativi principali 5, è largamente prevalente51. Le loro competenze sono in genere determinate: -per settori verticali o per materia;. -per fasce orizwntali o per aree geografiche (Servizio interno e Servizio esterno). Nell'ambito del modello binario, significativa e peculiare è l'esperienza inglese. Sono infatti presenti due Servizi, il British Securiry Service, meglio conosciuto come MI5, e il Secret Intelligence Service, MI6, aventi rispettivamente funzioni di security all'interno e di ricerca informativa all'estero (secret intelligence), secondo un modello ancora diverso rispetto a quelli già descritti e che potremmo classificare ricorrendo al binomio attività difensiva -attività offensiva. Essi sono alle dirette dipendenze del Primo Ministro e, rispettivamente, dei Ministri dell'interno e degli Esteri. Il coordinamento dell'attività dei due Servizi è affidato al Joint Intelligence Committee, formato da Ministri aventi il compito di definire strategie e indirizzi della politica della sicurezza, avvalendosi di altri apparati pubblici e di esperti della società civile. Tale sistema appare potenzialmente molto efficace in quanto il tavolo comune che vede confluire il prodotto d'intelligence insieme ad altri contributi specialistici e professionali sembra particolarmente indicato a garantire quella visione d'insieme e quel pluralismo necessari a creare sinergie nell'apparato pubblico e cooperazione con il privato. 491

CONTRIBUTI E SAGGI Processo, prodotto Nel paragrafo precedente abbiamo introdotto il concetto di intelligence, sottolineando alcune sue peculiari caratteristiche come organizzazion e come attività 52. Di per sé, il metodo dell'intelligence non appartiene, abbiamo già osservato, esclusivamente agli organismi informativi. Come bene si comprenderà analizzando, anche se nelle linee generali, le varie fasi del ciclo dell'intelligence (o ciclo dell'informazione), la metodologia può essere messa in atto anche da altri enti o agenzie53, cosl come -del resto avviene sempre più frequentemente -da soggetti privati, istituzioni, imprese, in relazione ai loro fini di business. Ciò che distingue l'intelligence di cui ci occupiamo è in primo luogo il vincolo finalistico, la tutela della sicurezza nazionale, ma anche, in relazione a ciò chf: si dirà circa le modalità di raccolta delle informazioni, che a differenza di altre importanti funzioni pubbliche, ciò che appartiene a questo specifico lavoro deve essere, quale condizionè di efficacia, mantenuto in gran parte riservato. Ovviamente, tale segretezza non deve impedire che ruoli, processi, organizzazione, funzioni, possano essere sotto il profilo dei modelli oggetto di descrizione e di studio. Com'è stato autorevolmente osservato 54, informazione ed intelligence non sono sinonimi. Informazione è qualcosa che può essere conosciuto, indipendentemente da come può essere scoperto. Intelligence è l'intero processo attraverso il quale le informazioni sono trattate per rispondere ai bisogni dei policy makers55. Mentre tutta l'intelligence è informazione, non tutte le informazioni sono intelligence. Nonostante tali concetti non presentino particolari elementi di complessità, la letteratura, purtroppo in gran parte sviluppatasi all'estero, considera ancora un problema definire cosa l'intelligence sia, tanto che ogni Autore, confrontandosi con questo argomento, cerca in genere di esordire proponendo una sua definizione56 57. Se, dunque, esiste la possibilità di leggere l'argomento intelligence considerandolo sotto il profilo dell'organizzazione e dell'attività, esplorando cioè gli strumenti organizzativi e le relazioni funzionali delle agenzie pubbliche che hanno la missione di realizzare gli obbiettivi richiesti, rileva nondimeno la possibilità di inquadrare lo stesso tema sotto il profilo del processo e del prodotto. In questo 492

. Marco V ALENTINI caso, l'analisi verte sui mezzi attraverso i quali determinate tipologie di informazioni sono richieste, raccolte, analizzate e diffuse nel circuito istituzionale nonché il modo con il quale determinate azioni coperte sono progettate e portate avanti, non perdendo di vista il risultato di questi processi. In tale prospettiva, la teoria ha individuato comunemente sette fasi, cosi sintetizzabili:.identificazione.raccolta.trattamento.analisi,.disseminazione.utilizzazione;.feedback. del fabbisogno informativo; delle informazioni; delle informazioni; valutazione e produzione; nei confronti dei referenti istituzionali; Identificazione del fabbisogno informativo (requirements) In questa prima fase sono messe a fuoco le problematiche della policy di governo e le aree di interesse per le quali è necessario un contributo d'intelligence. Ciò può voler dire stabilire delle priorità e selezionare il tipo di intelligence richiesta. È evidente che la problematica più importante in questo segmento è quella del rapporto tra momento politico e momento tecnico58. Da un lato, infatti, l'identificazione delle priorità del fabbisogno informativo non può prescindere, per l'autorità politica, dalle stesse indicazioni delle agenzie; dall'altro, non né raro che possano verificarsi differenze di vedute che spingono i politici a richiedere informazioni su priorità non condivise dal momento tecnico. Le dinamiche di questa relazione sono molto sensibili, per il rischio di un reciproco condizionamento59. Come racconta Cristopher Andre~, in un esempio che può considerarsi emblematico: "Anche dopo Stalin, l'analisi informativa in Unione Sovietica era spesso distorta. Questo perché si diceva alla classe dirigente soltanto ciò che'voleva sentire e non quello che poteva offendere. Le prove che possediamo indicano che quando Gorbacev sali al potere nel 1985 si avviò una sorta di new deal, le stazioni del KGB in tutto il mondo ricevettero una direttiva sulla dannosità della distorsione dei fatti. Che significa? Significa che per la prima volta alle stazioni del KGB viene ordina- 493

CONTRIBU17 E SAGGI to di dire la verità alla leadership del KGB e dello Stato, di fornire anche le informazioni che non vogliono sentire". Ma c'è anche la possibilità che il ruolo d'indirizzo politico non sia perseguito, ovvero completamente delegato all'intelligence cui viene riconosciuta l'abilità di determinare ex se fabbisogni e priorità. Quando ciò accade, il quadro assume certamente connotazioni non positive, in quanto la visione tecnica delle diverse problematiche può ingenerare errori, conflitti e sovrapposizioni, condizionati dalle risorse disponibili in relazione all'organizzazione dell'apparato, all'efficienza del quale si tenderà naturalmente a conferire priorità. Raccolta delle informazioni (collection) L'attività di raccolta delle informazioni è direttamente connessa al fabbisogno informativo, ma soprattutto all'impiego ottimale delle risorse finanziarie e umane disponibili. In questa fase, infatti, si pongono con grande evidenza tre questioni: quale sia la quantità giusta di informazioni da assumere, dunque se l'opzione strategica sia apprendere il maggior numero possibile di notizie ovvero selezionare le fonti; quale sia la proporzione ottimale tra intelligence proveniente da fonti umane rispetto alle fonti tecnologiche; infine, quale ruolo giochino le fonti aperte che nello scenario degli ultimi anni hanno assunto un peso crescente. In effetti, il tradizionale rapporto tra attività di acquisizione di notizie riservate, provenienti dalla rete delle fonti coperte, e quelle desumibili invece dalla mole enorme di informazioni pubbliche oggi disponibili, c.d. fonti aperte, la cui selezione mirata finalizzata all'analisi costituisce una vera e propria sfida, anche tecnologica, si è venuto nel tempo completamente rovesciando. Secondo alcuni61, il processo d'intelligence si sarebbe di fatto radicalmente' modificato, nel senso che l'attuale priorità risiederebbe, piuttosto che nella ricerca di informazioni, nella faticosa e complessa selezione delle stesse, disponibili in quantità fino a poco tempo fa impensabile62. Sulla medesima falsariga il problema, di pari attualità, circa la proporzione che dovrebbe esistere tra intelligence proveniente da fonti umane, c.d. HUMINT (ad esempio agenti infiltrati, oltre che le tradizionali tipologie di informatori) e 494

Marco VALENTINI quella invece acquisita principalmente attraverso le moderne tecnologie satellitari, c.d. SIGINT o TECHNINT63. È evidente che non esiste una risposta stand~rd a queste questioni. Oltre al problema finanziario -è chiaro che un'intelligence tecnologica richiede enormi investimenti -occorre considerare quale sia il contesto operativo e quale permeabilità offra alla penetrazione informativa. Acquisizione di notizie a mezzo di una rete coperta di fonti e di informatori, analisi delle fonti aperte e attività operativa condotta con il modus operandi tipico dell'intelligence (covert actions) costituiscono insomma le tre principali filiere di raccolta informativa. Quanto alle operazioni sotto copertura, la possibilità di ricorso a tali metodologie operative varia sensibilmente nei diversi ordinamenti giuridici e, nell'ambito dello stesso ordinamento, quando le operazioni si svolgono all'interno del territorio nazionale piuttosto che all'estero. Nel rinviare, per quanto riguarda l'italia, alla parte relativa all'architettura del nostro sistema, è necessario intanto dire che la questione ha una sua rilevanza prettamente giuridica, ove si consideri come essa si collochi su un terreno di confine tra i diritti dei cittadini e il diritto alla sicurezza, con la necessità che ne sia garantito l'equilibrio64. Da un lato, infatti, una tale attività non può che svolgersi con modalità caratterizzate da riservatezza o segretezza mentre, dall'altro, viene in rilievo l'uso di particolari metodologie per il perseguimento di fini che non sarebbero raggiungibili attraverso gli ordinari mezzi investigativi. In particolare, la questione si pone in tutti quei casi in cui non ricorrono (né talora potrebbero mai ricorrere) i presupposti per l'emanazione di un provvedimento giudiziario in relazione ad attività quali, ad esempio, intercettazioni, ingressi nella proprietà privata, controlli elettronici, etc. normalmente consentite alla polizia giudiziaria su autorizzazione del giudice, attività che quando riferite ai Servizi vengono definite correntemente attività non convenzionali, insieme ad altri strumenti quali documenti di copertura, costituzione di società commerciali, e cosi via. Nei diversi ordinamenti, è di norma rispettato il principio che spetti al potere esecutivo autorizzare simili condotte, attraverso procedure codificate sottoposte, con garanzia di tutela della segretezza, al controllo del Parlamento. Ma esistono casi in cui il potere autorizzatorio è radicato in un foro speciale della Magistratura ovvero, talora, in una Commissione del Parlamento. 495

CONTRIBUTI E SAGGI Trattamento delle informazioni (processing and exploitation) Tutte le informazioni raccolte, specialmente se con mezzi tecnici, quasi mai sono pronte per essere usate. Esse necessitano di essere trattate per assumere valenza e significato nelle successive fasi del processo d'intelligence. È questo il momento in cui più evidente può manifestarsi la sproporzione tra informazione raccolte e informazioni veramente utili. È questa anche la fase in cui ha una sua rilevanza, nei sistemi in cui sono poste delle limitazioni, soggettive o oggettive, agli ambiti dell'attività informativa, la distinzione tra raccolta di notizie e loro eventuale utilizzazione nel processo d'intelligence, nel senso che la loro ricaduta nel primo ambito dovrebbe assicurarne l'inutilizzabilità. Tale principio, pur valido in linea generale, deve essere contemperato con la necessità di implementare il patrimonio informativo per esigenze conoscitive che possono emergere anche a lunga distanza di tempo. Analisi, valutazione e produzione (anaiysis and production) Il momento dell'analisi e della valutazione, che in definitiva trasforma l'informazione in un prodotto finito, costituisce il passaggio chiave del processo d'intelligence, in quanto rappresenta anche il primo gradino per ri-orientare la raccolta di informazioni. Comunemente, si usa distinguere tra un'analisi tattica e un'analisi strategica. La prima, circoscritta ad un ambito settoriale e specifico, risponde ad esigenze di breve termine, spesso strettamente legata alle esigenze dei policy makers, può trovare una sua collocazione anche nell'ambito delle strutture deputate al trattamen-. to delle informazioni raccolte. La seconda, costituisce forse l'aspetto più qualificante di un Servizio, dove questo sia in grado di prevedere scenari lontani dall'orizzonte contingente. La possibilità di condurre proficuamente tale fase non richiede solamente professionalità elevate, esperti, competenze. In modo più pregnante, rilevano le metodologie di lavoro, il confronto, le tecniche, la formazione. Del resto, un' analisi che intuisca correttamente determinati sviluppi di una situazione è anche elemento di grande soddisfazione perché avvalora il processo nel suo insieme. Il momento di analisi ha subito nel corso del tempo significative evoluzioni. 496 t