Docente di Storia Moderna nella Università di Bari



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Transcript:

Prof. TOMMASO PEDIO Docente di Storia Moderna nella Università di Bari Invitato a partecipare a questa Tavola Rotonda. ho cercato di esimermi perché non sono d'accordo sulla insistenza di volere, a qualsiasi costo, dare una identità ed una specificità alla nostra regione quasi che noi fossinio diversi dalle altre regioni dell'italia meridionale. lo sono controcorrente... Ma ho dovuto cedere di fronte alle vive insistenze dell'amico Coviello. Ho ascoltato con vivo interesse le relazioni svolte in questo convegno. Oggi sembrano tutti concordi nell'accettare una tesi che, un tempo, quando ero studente universitario. era ritenuta addirittura assurda. E io la sostenevo nella mia tesi di laurea. Siamo nel 1940. La riteneva interessante Gennaro Maria Monti il quale mi seguiva nella mia tesi di cui non era. però. relatore. In quegli anni il prof. Monti non ricopriva una cattedra di Storia del Diritto Italiano. Per me era difficile trovare un professore disposto ad accettare, come relatore, la mia tesi. Tra il 1939 e il 1940 cambiai molte Università per trovare un professore disposto ad accettare, come relatore, la mia tesi. Lo trovai finalmente per interessamento del prof. Monti e la tesi passò. Molti anni dopo. in un Congresso tenuto a Bari dalla Società di Storia Padria per la Puglia ripresi incidentalmente l'argomento sulla Lucania bizantina e sulla Basilicata normanna su cui sono tornato poi più volte e non più da studioso dilettante. A chi, richiamandosi al Racioppi, riteneva che il toponimo Basilicata avesse tratto origine dai basilici. facevo rilevare che l'autore della Storia dei Popoli della Lucania e della Basilicata» era incorso in un errore: i basilici non erano ufficiali o funzionari bizantini. come aveva ritenuto il Giannone. Erano soltanto le raccolte delle leggi bizantine e delle novelle di Leone il fi-

losofo. Anche oggi qualcuno sostiene che da questi fantomatici funzionari bizantini sia derivato il nuovo toponimo di quel thema del catepanato d'italia indicato come Lucania i cui confini corrispondevano a quelli della Basilicata del 1806. E molti, ancora oggi. accettando la tesi del Fortunato e del Racioppi, ritengono che la Basilicata abbia costituito una autonoma e ben definita circoscrizione amministrativa soltanto sotto Federico I1 e non già con Ruggero I1 quando il territorio della nostra regione era distribuito in due giustizierati, quello di Melfi e dell'honor di Montescaglioso e quello della Valle del Sinni unificati poi, sempre in età normanna. nel giustizierato di Basilicata. Oggi, ad iniziativa del Consiglio Regionale di Basilicata, siamo riuniti per cercare, di porre le basi per un programma di lavoro. di ricerca. di riflessione e di studio al fine di dare una identità a questa nostra regione che. intorno al Mille i Bizantini indicavano come Lucania. per distinguerla dal- 1'Actus Cilenti e dal Principato, e che i Nornianni indicavano come Basilicata. ossia come la Terra dell'imperatore. Non capisco perché si voglia dare una identità alla nostra regione. Siamo nel 1987! Molti aspirano ad essere cittadini del mondo, molti, ed io tra questi. vivono nella speranza di poter creare un mondo senza confini e noi... vogliamo individuare, fissare i confini di una regione per distinguerla dalle altre. Perché creare e limitare questa nostra regione assegnandole dei confini che non siano soltanto geografici? Noi parliamo di storia lucana. di letteratura lucana, di poesia lucana, di arte lucana. da qualche tempo anche di musica lucana. Si, parliamone pure. ma non per distinguerci e per isolarci. Non chiudiamoci nella Basilicata quasi che essa costituisca un mondo a sé. Anche io ho raccolto alcuni appunti sulla "Storia della storiografia lucana". ma non certo con il proposito di dimostrare che la storia della Basilicata sia qualcosa di distinto e di diverso dalla storia di tutto il Mezzogiorno d'italia. Poesia, arte, letteratura lucana! Ma perché lucana? Leonardo Sinisgalli è stato poeta a Milano: Rocco Scotellaro è stato poeta un po' ovunque. Forse il solo poeta dialettale di Tursi è chiuso nella nostra Lucania. nella sua Lucania!

Parlare di arte. di letteratura, di poesia. di cultura lucana. volere a qualsiasi costo scoprirne e difenderne i caratteri significa rimanere fermi su vecchie mentalità e non guardare al futuro. Dobbiamo guardare alla nostra regione come ad una identità integrata in tutto il contesto nazionale. Guardiamo alla realtà e non lasciamoci suggestionare da falsi preconcetti. Qualcuno ancora sostiene che noi lucani saremmo gli eredi della Magna Grecia e della Roma imperiale. E chi ci crede non tiene presente che i Longobardi hanno radicalmente trasformato la vita e le tradizioni nei nostri paesi. C'è gente che crede che i lucani siano depositar? di una civiltà contadina. E c'è qualcuno che ritiene necessario intervenire perché questa civiltà non scompaia. Ma credete realmente che questa civiltà esista'? O è soltanto un qualcosa che vive al di fuori della realtà? Non sappiamo perché si voglia tutelare e difendere qualcosa che nella realtà non esiste. Andate nelle nostre campagne. Ascolterete un vecchio canto popolare toscano accolto nei nostri canti popolari. Canta il contadino: "È bella la campagna..." e nel ritornello ripete "Ma io in campagna non ci voglio stare!". E la chiamate civiltà contadina'? Quale è il sogno, quale l'aspirazione del contadino: mandare il figlio a zappare la terra o mandarlo a fare l'impiegato'? Non ci può essere civiltà contadina dove l'aspirazione di chi coltiva la terra è quella di inserirsi in un ceto sociale diverso da quello in cui è nato. Salviamo la civiltà contadina. Non distruggiamola trasformando il paesaggio e facendo del contadino un operaio dell'industria. afferma chi, eccessivamente legato al passato che non è più. sostiene un programma che è contro il progresso e contro l'avvenire! E quanti altri miti. e quanti altri pregiudizi sono di ostacolo alla nostra rinascita! Ha sostenuto Giustino Fortunato che noi abbiamo la disgrazia di essere nati in un paese ingrato dove la terra è matrigna. E ci ha convinti al punto di fare di noi uomini rinunziatarii e preoccupati soltanto di chiedere e di servire chi detiene il potere nella speranza che soltanto ed esclusivamente il go-

verno faccia qualcosa per rendere meno amara la nostra miseria. La classe dirigente? Questa classe dirigente che, in ogni tempo, su posizioni retrograde ha sempre servito chi detiene il potere per difendere egoistici interessi, pronta sempre a servire il nuovo padrone nel 1860, nel 1922, nel 1943! Cosa posso dirvi dopo la relazione Pizzigallo sulla società lucana? Caratterizzata da una classe dirigente senza concrete aspirazioni, preoccupata soltanto di schierarsi si dalla parte del più forte, pronta sempre a cambiare bandiera per difendere egoistici interessi. Da noi i partiti politici operano divisi in correnti e le correnti degenerano in fazioni il che significa che sull'interesse del Paese prevalgono sempre piccole e nocive ambizioni, deleterie e dannose, che ci impediscono di lottare seriamente per la rinascita del nostro Paese. Evitiamo le fazioni. se vogliamo seriamente e concretamente operare nell'interesse del Mezzogiorno. I1 mito fortunatiano. Anche esso, come le fazioni, ha ostacolato ed ostacola una azione diretta alla rinascita nel nostro Paese. È veramente matrigna la nostra terra? La pianura del Sele e quella del Picentino, la Terra di Lavoro, gli oliveti di Terra di Bari e di Terra dlotranto, la Puglia Piana, le vallate abruzzesi e quelle calabresi e, perché no, le terre ai piedi del Vulture e la valle dell'agri costituivano per Giustino Fortunato soltanto delle oasi in un Mezzogiorno in cui la terra era refrattaria ad ogni progresso e ad ogni trasformazione. Chi aveva oliveti e campi seminati nelle fertili terre di Gaudiano insisteva nel sostenere la sua tesi e non ammetteva che altri potessero metterla in dubbio. Aveva parole amare nei confronti di chi - ed erano veramente molto pochi - riteneva possibile vincere con il lavoro la nostra miseria: Immaginate - diceva all'inizio del secolo Giustino Fortunato - dove arriva la fantasia della nostra classe dirigente. Un ingegnere, un uomo dotto, uno scrittore di cose economiche, appartenente per giunta ad una ricca famiglia di proprietari terrieri, eletto deputato al Parlamento nel collegio di Potenza, nel 1865 proponeva, niente di meno, di bonificare la pianura metapontina, terra refrattaria, secondo il Fortunato. ad ogni trasformazione. Oggi questa terra è tra le più fertili del nostro paese. Guardiamoci intorno: è la nostra regione quella che ci ha descritto Giu-

TOMMASO PEDIO stino Fortunato'? Sono le nostre campagne terre refrattarie ad ogni progresso e ad ogni trasformazione? A chi ha giovato la tesi fortunatiana delle due Italie? Chi aveva interesse a convincere le popolazioni meridionali che soltanto Giustino Fortunato aveva finalmente intuito quali fossero le cause del nostro male. Tra la tesi nittiana secondo la quale lo Stato doveva restituire quanto era stato tolto dai governi della Destra al Mezzogiorno e la tesi fortunatiana che, non nella politica dei nostri governi, ma nella natura geo-fisica del territorio ravvisava la causa di tutti i nostri mali. i governi italiani hanno sempre accettato ed avvalorato la tesi fortunatiana delle due Italie. Non accettarla significava condannare la politica seguita dai nostri governi nei confronti del Mezzogiorno. Cosa mai avrebbero potuto fare i nostri governi per un paese povero dove la natura geo-fisica del suo territorio rendeva impossibile tentare una profonda e radicale trasformazione della siia struttura economica? 11 tempo ha dato torto a Giustino Fortunato: è bastata una riforma, anche se non perfetta e mal gestita, a trasformare il paesaggio agrario nella nostra regione. Molti di voi non condivideranno questo mio giudizio. Può darsi che io abbia esagerato nel prospettarlo. Certo è, che i governi italiani, dalla Destra all'età Giolittiana, avevano interesse ad avvalorare la tesi fortunatiana, la solo che giustificasse la loro politica nei confronti del Mezzogiorno: se non avessero accettata ed avvalorata la tesi nelle Due Italie. avrebbero - e lo ripeto ancora - riconosciuto nella loro politica la causa della inferiorità manifestatasi e protrattasi nelle province meridionali dopo l'unità. Per concludere: la nostra regione non ha una storia diversa dalla storia del Mezzogiorno d'italia e nostro interesse non è quello di predisporre un programma di lavoro per individuare e difendere una storia, una letteratura, una cultura lucana. Dobbiamo invece convincerci che facciamo parte di un mondo che supera i confini geografici della nostra regione: sarebbe un male circoscrivere ogni nostra attività nei limiti territoriali di una regione al fine di individuarne la identità e la specificità di un male maggiore, con ben gravi conseguenze, sarebbe voler difendere e mantenere una identità a questa nostra regione. Significherebbe isolarsi dal resto del Paese e rimanere su retrograde e nocive posizioni.