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Transcript:

Esiste ancora, oggi, la Cavalleria? Cosa rimane di quegli uomini, quegli Ordini, quelle saghe e leggende? Incursione nei tempi moderni per raccontare un pezzo di sopravvissuta memoria... Raimondo Lullo nel suo Libro dell Ordine di Cavalleria scrive: Vi fu un tempo in cui scomparvero dal mondo la lealtà, la solidarietà, la verità e la giustizia. Tutto il popolo fu diviso per migliaia, e tra ogni mille ne fu scelto uno che si distinguesse dagli altri per lealtà, saggezza e forza. A questi uomini fu dato il nome di Cavalieri!. 1 / 8

Ma nell epoca in cui viviamo (troppo lungo sarebbe elencare le caratteristiche), che senso ha essere Cavalieri? Per alcuni è ancora la realizzazione di un ideale che ha radici profonde nella nostra civiltà occidentale e cristiana, dove il Cavaliere rappresenta un aristocrazia di persone che ha saputo fare qualcosa per il progresso morale e anche materiale della società; ma allo stesso tempo, per altri, evoca, nelle migliori delle ipotesi, una macchietta o addirittura un personaggio finito sui giornali per fatti illegali. Tutte cose, queste, avulse dal loro vero significato storico. La Cavalleria nasce dall influsso del cristianesimo sulla vis guerriera pura e sfrenata dove rozzezza, violenza e sopraffazione si mescolavano al coraggio, alla fedeltà e all onore. Secondo la tradizione cavalleresca solo l uomo è investito e, tramite questo rito, riceve ufficialmente la missione di combattere i nemici di Dio e di allargare, qui in basso, le frontiere del regno di Dio, con la grazia necessaria al suo adempimento. Ancora nel 1982 2 / 8

il cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli, affermava che il ritratto del cavaliere nell'accezione originale della parola è: Combattere il male... difendere il debole e l'oppresso contro l'ingiustizia; mettere un freno all'arroganza del più forte. Coraggio, abnegazione e generosità. Sapere sacrificare se stesso: fino all'eroismo, fino alla morte se ci sarà bisogno". L'archetipo del cavaliere è legato alle imprese che nelle saghe e nella storia ci presentano l'immagine di un eroe-guerriero affascinante e coraggioso che combatte per una causa o un ideale. Giovane, bello, innamorato, e per la sua amata pronto a compiere imprese e duelli. La realtà storica è ben diversa (gli Ordini cavallereschi erano spesso composti da individui violenti e semianalfabeti), ma il significato dell'archetipo del cavaliere che sopravvive nell'immaginazione collettiva oggi come ieri, è legato all'interiorizzazione e alla difesa dei 3 / 8

valori basilari: lealtà, onore, difesa del più debole, fedeltà (al sovrano, a una donna, a una causa). Rispetto al guerriero, il cavaliere è più spiritualizzato e connesso al mondo delle idee, osserva valori che divengono norme da rispettare sino alla fine, mentre il guerriero, invece, tende a infrangerle pur di vincere. Il cavaliere fa dono di sé, mette sé stesso (valore, armi, intelletto e fede) al servizio di qualcosa di superiore: Dio, il Re, la Patria, la donna amata. Scrivono Jean Chevalier e Alain Gheerbrant sul contesto bellico in cui il cavaliere si muove: "La Cavalleria dà uno stile alla guerra come all'amore e alla morte: l'amore è vissuto come un combattimento, la guerra come un amore e ad ambedue il cavaliere si sacrifica fino alla morte lottando contro tutte le forze del male... L'ideale cavalleresco sembra inseparabile da un certo fervore religioso". I valori che il cavaliere abbraccia nella sua investitura per ricoprire questo ruolo non sono frutto di un percorso di vita e non vengono scoperti, come avviene per l'eroe, ma sono fatti propri come condicio sine qua non. 4 / 8

Questo non significa che il cavaliere non possa essere un eroe, ma i predetti valori, accettati per puro senso del dovere, possono non sfociare in atti di eroismo. I cavalieri degli Ordini tradizionali (Santo Sepolcro, Malta, Costantiniano di San Giorgio, Mauriziano) non hanno bisogno di andare a fare il bene in luoghi dove la notizia verrebbe trasmessa dai mass media, perché sanno bene che dal momento che hanno accettato di diventare cavalieri hanno assunto un impegno senza limiti di tempo e di luogo, un obbligo che non è solo quello morale di amore rivolto esternamente verso chi soffre, ma è qualcosa di interiore che opera dentro la nostra stessa anima ed è la nostra storia che poggia sugli insegnamenti della fede cristiana, che è alla base delle nostre più sacre tradizioni e regola con i suoi principi la vita di quanti hanno deciso di essere Cavalieri. Ma ancora primo dello scoppio della Rivoluzione francese, nella Francia di Luigi XIV e 5 / 8

nell Austria di Maria Teresa, con gli Ordini di San Luigi, San Michele e Maria Teresa, cominciò quella svolta storica che doveva trionfare nella Legion d Onore: essere cavaliere significa anche un altra cosa, può essere il premio di un merito ottenuto lavorando per la comunità durante la propria vita, un merito che comporta ricevere dallo Stato un riconoscimento pubblico che permetta chiamarsi realmente cavaliere ed usare questo termine nella vita sociale di ogni giorno. Quindi, il cavaliere non è un nobile (e non è obbligato ad esserlo) ma rappresenta quell élite di lavoro (intellettuale o manuale) che è stata premiata con l onore di portare un titolo che racchiude tutto quello che c è di meglio nella nostra storia e nella nostra società. Passate le bufere rivoluzionaria e napoleonica, i più avveduti notano che un intero sistema è andato in frantumi e non sarà più possibile ripararlo: con l'abolizione del feudalesimo, i titoli nobiliari sono svuotati dei loro privilegi e rimangono semplici onorificenze; i nobili sono diventati normali possidenti, burocrati statali 6 / 8

o accettano di esercitare anch'essi quelle che una volta erano definite le Arti Maggiori. Trionfa la borghesia, esplode la rivoluzione industriale e, per ironia della storia, il titolo più ambito diventa quello di cavaliere: il lavoro è la vera fonte della nobiltà. Il Cavaliere, sia che appartenga a un Ordine religioso tradizionale (come quello di Malta) o a un Ordine di merito (come la Legion d Onore), è sempre un individuo che si distingue dalla massa e che appartiene ad una élite di persone che ha dimostrato aver fatto qualcosa per la società la quale, proprio per questo, li ha premiati con un titolo non ereditario ma che pone la loro persona sopra le altre. Essere cavalieri oggi, e forse più di ieri, non significa portare una rosetta all occhiello della giacca o un mantello in chiesa per darsi prestigio davanti agli altri, ma seguire il comportamento dei cavalieri medievali, che saranno stati mitici ma che: Giurarono di non 7 / 8

ricorrere mai alla violenza senza un giusto scopo, di non abbassarsi mai all assassinio e al tradimento. Giurarono sul loro onore di non negare mai misericordia a chi ne facesse richiesta, e di proteggere fanciulle, gentildonne e vedove, facendone valere i diritti senza mai sottoporle alla loro lussuria. E promisero di non battersi mai per una causa ingiusta o per vantaggi personali. Questo giuramento pronunciarono i cavalieri tutti della Tavola Rotonda, e ad ogni Pentecoste lo rinnovarono. 8 / 8