Alma Mater Studiorum Università di Bologna Facoltà di Farmacia Corso di laurea in Farmacia Dipartimento di Biochimica G. Moruzzi Materia di Tesi: Biochimica della nutrizione Nuove prospettive nutrizionali nella malattia celiaca Presentata da Roberta Lodi Relatore Chiar.ma Prof.ssa Silvana Hrelia Sessione II A.A. 2003-2004
Indice 1. Introduzione... pag. 1 2. Fattori genetici alla base della malattia celiaca... pag. 3 2.1. Geni HLA... pag. 4 2.2. I geni CTLA4/CD28/ICOS... pag. 5 3. Fattori ambientali... pag. 6 4. Caratteristiche della lesione nella malattia celiaca... pag. 6 5. Il legame di peptidi alle molecole DQ2 e DQ 8 associa- te alla malattia celiaca... pag. 8 6. Il riconoscimento ad opera delle cellule T dei peptidi del glutine presentati da DQ2 e DQ8... pag. 9 7. Importanza della deamidazione del glutine per il rico- noscimento ad opera delle cellule T... pag. 11 8. La transglutaminasi tissutale deamida i peptidi del glutine in vivo... pag. 13 I
9. Quanti sono gli epitopi del glutine riconosciuti dal- le cellule T?... pag. 16 10. Cellule T glutine specifiche possono fornire aiu- to per la produzione di anticorpi... pag. 18 11. Meccanismi coinvolti nella formazione della lesionepag. 20 12. Nuove possibilità terapeutiche... pag. 22 13. Nuovi progressi nella formulazione di prodotti senza glutine a base di cereali... pag. 24 14. La malattia celiaca e il modello iceberg... pag. 25 15. I marchi gluten-free... pag. 28 16. Il ruolo del glutine nei prodotti da forno... pag. 30 17. La formulazione di prodotti gluten-free a base di cereali... pag. 31 17.1. Amido e gomme/idrocolloidi... pag. 32 17.2. Fibre dietetiche... pag. 35 17.3. Ingredienti caseari... pag. 37 17.4. Altri approcci... pag. 38 17.5. Prodotti non da forno senza glutine... pag. 44 II
18. Variazioni genetiche delle gliadine: nuovi approcci nel trattamento della malattia celiaca... pag. 45 19. Le prolamine dei cereali... pag. 50 20. Struttura base delle gliadine... pag. 53 21. La struttura della prolamina e la sua distribuzione nei cereali... pag. 57 22. Strategie per eliminare i peptidi legati alla malat- tia celiaca... pag. 60 23. Progettare nuove gliadine... pag. 65 24. Progettare altri raccolti per sostituire il frumento negli alimenti... pag. 67 25. Conclusioni e prospettive future... pag. 70 Allegato n. 1... pag. 72 Bibliografia... pag. 81 Ringraziamenti... pag. 96 III
1. Introduzione. Negli ultimi anni la malattia celiaca ha ricevuto una crescente attenzione, in quanto è una patologia comune nelle società occidentali, colpendo circa da 1:130 a 1:300 persone. La malattia celiaca è una patologia acquisita. Può essere diagnosticata nella tenera infanzia con i sintomi classici come diarrea e malassorbimento, ma può esserlo anche in età adulta. Negli adulti c è uno spettro più vasto di sintomi. Alcuni non hanno sintomi soggettivi, altri hanno i sintomi classici, ma spesso, la patologia si manifesta con anemia, osteoporosi, affaticamento, depressione o infertilità. Il carattere vago di questi sintomi non suggerisce un problema intestinale, e gli individui a cui viene diagnosticata la malattia in età adulta spesso riportano storie di un problema protratto. La malattia celiaca si sviluppa a causa di un intolleranza al glutine contenuto nei cereali (consistente nelle sottocomponenti gliadina e glutenina) o proteine affini dalla segale e dall orzo. Si osserva un infiammazione cronica nell intestino tenue con un risultante appiattimento della mucosa (fig. 1). Il malessere è trattato attraverso una dieta priva di glutine. Ad una dieta non idonea e ad una mancata diagnosi sono associate complicazioni a lungo termine che includono osteoporosi ed un aumento del rischio di linfoma intestinale. I pazienti affetti dalla malattia celiaca che seguono una dieta comprensiva di glutine presentano un aumento dei livelli di anticorpi sierici contro vari antigeni, fra cui il glutine e l autoantigene transglutaminasi tissutale (ttg) (1,2). La presenza di anticorpi contro il glutine e della transglutaminasi tissutale è strettamente dipen- 1
FIG. 1. In alto, sezione di intestino sano visto al microscopio ottico; in basso, intestino colpito da celiachia. 2
dente dalla presenza di glutine nella dieta. La malattia celiaca appartiene al gruppo delle patologie infiammatorie croniche ad eziologia multifattoriale nel quale sono coinvolte sia cause genetiche che ambientali. Fra queste patologie quella celiaca è un modello particolarmente valido. Nei capitoli successivi verranno riportate in primo luogo alcuni recenti sviluppi nella conoscenza di questa malattia. 2. Fattori genetici alla base della malattia celiaca. Un alta prevalenza (10%) fra parenti di primo grado dei pazienti malati di celiachia indica che sono molto importanti le cause endogene (genetiche) (3). La componente familiare è più preponderante nella malattia celiaca che in molte altre malattie croniche di natura infiammatoria ad eziologia multifattoriale (4). Tutto questo è ulteriormente dimostrato da un alta percentuale di concordanza (dal 70% al 100%) nei gemelli monozigoti (5). Sia i geni HLA che non- HLA contribuiscono alla predisposizione genetica. È stato calcolato che l importanza globale dei geni non-hla è maggiore dei geni HLA (4). Tutto questo va interpretato con cautela, comunque, in quanto la condivisione di fattori ambientali fra fratelli tenderebbe a sovrastimare l importanza dei geni non-hla. 3
2.1. Geni HLA. La maggior parte dei pazienti celiaci è portatore dell aplotipo DR*0301 - DQA1*0501 - DQB1*0201 (l aplotipo DR3, DQ2) o sono DRB1*11/12 - DQA1*0505 - DQB1*0301/DRB1*07 - DQA1*0201- DQA1*0201 - DQB1*0202 eterozigoti (portano gli aplotipi DQ7/DR7-DQ2) (6-9). Le catene α della sottoregione DQ codificate da DQA1*0501 e DQA1*0505 differiscono in un residuo contenuto nel peptide leader, mentre le catene β codificate da DQB1*0201 e DQB1*0202 differiscono in un residuo contenuto nel dominio di membrana. La loro sostituzione poco probabilmente comporta delle modifiche funzionali. I pazienti con le combinazioni DR-DQ sopra menzionate condividono sulla superficie cellulare la stessa molecola funzionale DQ, codificata da geni in posizione cis (per esempio, DQA1*05 e DQB1*02 si trovano sullo stesso aplotipo) o trans (per esempio, DQA1*05 e DQB1*02 si trovano su aplotipi diversi) (10). La ricombinazione (crossing over, riarrangiamenti dei geni sullo stesso cromosoma) è un importante meccanismo per generare aplotipi HLA (11). Numerose prove suggeriscono che gli aplotipi DR3-DQ2, DR7- DQ2 e DR5-DQ7 hanno una stretta relazione di tipo evolutivo. Frammenti di DNA che fiancheggiano il gene DQA1 nell aplotipo DR3-DQ2, sono stati identificati sull aplotipo DR5-DQ7 e frammenti di DNA che fiancheggiano il gene DQB1 per l aplotipo DR3-DQ2 sono stati identificati sull aplotipo DR7-DQ2 (12). L informazione genetica contenuta nella sottoregione DQ dell aplotipo DR3-DQ2 è così ristabilita negli eterozigoti DR5-DQ7/DR7-DQ2, malgrado la 4
sequenza contenente l informazione genetica sia divisa fra due cromosomi. La suscettibilità alla malattia celiaca, probabilmente dipende complessivamente da un interazione fra due geni sull aplotipo DR3-DQ2 che sono riuniti negli individui eterozigoti DR5-DQ7/DR7- DQ2. I geni DQA1 e DQB1 sono i principali candidati, in quanto i loro prodotti interagiscono per formare un eterodimero HLA di classe II e sono situati vicino ad un probabile sito di ricombinazione. Quasi tutti i pazienti che sono DQA1*05 e DQB1*02 negativi hanno l aplotipo DRB1*04, DQA1*03, DQB1*0302 (cioè, l aplotipo DR4- DQ8) ed è probabile che questi pazienti abbiano un associazione HLA diversa dagli individui DQ2 positivi. Anche se è poco chiaro il principale determinante dell aplotipo DR4-DQ8 che predispone alla malattia celiaca, la maggior parte dei dati sono a favore del DQ8 (13). Complessivamente, questi dati suggeriscono che la predisposizione a sviluppare la malattia celiaca è principalmente associata a due molecole DQ convenzionali: DQ(α1*05, β1*02) (=DQ2) ed in minor misura DQ(α1 03, β1 0302) (=DQ8). Le molecole DQ legano peptidi e li presentano ai linfociti T CD4+ helper che esprimono il recettore αβ TCR. Le prove genetiche dimostrano, quindi, il ruolo centrale delle cellule T CD4+ nel controllo dello sviluppo della malattia celiaca. 2.2. I geni CTLA4/CD28/ICOS. Studi sul genoma in pazienti celiaci hanno dimostrato il coinvolgimento anche del gene CTLA4 sul cromosoma 2q33, per il quale esistono diverse prove di coinvolgimento nella malattia. Questo presenta un singolo polimorfismo nucleotidico (A/G) alla posizione 49 5
sull esone 1 e l allele A è stato trovato associato alla malattia celiaca sia nelle popolazioni francesi che svedesi e norvegesi (14). Studi su pazienti italiani e tunisini hanno smentito questa associazione (15). CTLA4 è coinvolto nella repressione delle risposte delle cellule T e l allele A del dimorfismo sulla posizione 49 è associato ad un aumento dell espressione di CTLA4 e stimola il controllo della proliferazione delle cellule T (16). Perciò, il dimorfismo sulla posizione 49 è il principale sospettato. È anche importante notare che i geni CD28 e ICOS, i cui prodotti giocano un ruolo chiave nell attivazione delle cellule T e B, sono localizzati molto vicino al gene CTLA4. 3. Fattori ambientali. Ovviamente il glutine è un fattore ambientale critico nella malattia celiaca. Se siano coinvolti anche altri fattori è una domanda ancora senza risposta: infezioni intestinali, microrganismi (adenovirus 12). C è, infatti, una parziale omologia lineare fra 12 amminoacidi in una proteina virale ed una α gliadina (17), ma ci sono pochi dati epidemiologici a supporto del suo ruolo nella patologia. 4. Caratteristiche della lesione nella malattia celiaca. La lesione nella malattia celiaca è localizzata nella parte prossimale dell intestino tenue. La lesione completamente sviluppata è 6
caratterizzata da atrofia dei villi, iperplasia delle cripte e infiltrazione leucocitaria nell epitelio e nella lamina propria. Entrambi i fenotipi dei linfociti intraepiteliali (IEL) TCRαβ+CD8+CD4- e TCRγδ+CD8- CD4- proliferano. Contrariamente al fenotipo TCRαβ+CD8+, che ritorna alla normalità quando la dieta viene privata di glutine, il tipo TCRγδ+ mantiene alti livelli di presenza (18). È interessante notare che la maggior parte dei TCRγδ+ esprime la regione variabile Vδ1 (19). Spies e collaboratori (20) hanno dimostrato che quando le cellule Tγδ esprimono questa regione variabile riconoscono le molecole MICA e MICB (espresse dalle cellule dell epitelio intestinale). Le cellule IEL attivate sono in grado di produrre varie citochine, fra cui INFγ, IL2, IL8, TNFα, note per il loro potenziale litico (21). Nella lamina propria, durante la lesione, c è una notevole infiltrazione di cellule TCRαβ, la maggior parte delle quali è CD4+ e porta il fenotipo di memoria (CD45RO+) (22). Le cellule T della lamina propria producono citochine, di cui INFγ sembra essere la principale (23). Questo è dimostrato dal fatto che linfociti T specifici contro il glutine isolati dalle lesioni celiache producono grandi quantità di INFγ (24). Nella mucosa normale ci sono molti macrofagi e cellule dendritiche positive per CD68 (25). È concepibile che queste cellule siano implicate come modello di antigeni luminali. L espressione delle molecole HLA II, ICAM-1 e CD25 aumenta in queste cellule macrofagiche e dendritiche, suggerendo che sono attivate durante la malattia (26,27). Nell intestino tenue normale, c è un equilibrio fra la formazione della matrice extracellulare ad opera delle cellule stromali e la sua 7
degradazione ad opera delle metalloproteinasi della matrice (MMPs). Si suppone che l aumento della degradazione della matrice extracellulare giochi un ruolo nell atrofia dei villi nella celiachia. Questo è comprovato dalla scoperta nella malattia non trattata, di una diminuita quantità di cellule che esprimono collagene I ed una diminuita produzione del RNAm per l inibitore tissutale delle metalloproteinasi (TIMP)-1 rispetto al RNAm che esprime MMP-1 e MMP-3 (28). L espressione del RNAm per le MMP-1 e MMP-3 è circoscritta principalmente nei fibroblasti e macrofagi subepiteliali. È concepibile che l aumento dell espressione delle metalloproteinasi sia collegato all attivazione delle cellule T della mucosa. 5. Il legame di peptidi alle molecole DQ2 e DQ8 associate alla malattia celiaca. Entrambe le molecole HLA di classe I e di classe II legano peptidi in un ansa localizzata nella parte distale della loro membrana (29). Il legame è stabilizzato da numerosi legami a idrogeno fra gli amminoacidi della molecola HLA e gli atomi della catena principale del peptide. Ci sono molte varianti polimorfiche delle molecole HLA. I residui amminoacidici, che differiscono fra queste varianti, sono raggruppati intorno al sito di legame del peptide, dove contribuiscono alla formazione di specifiche tasche di legame. Le catene laterali degli amminoacidi del peptide (i cosiddetti residui àncora) si adattano in queste tasche, e la loro interazione con la molecola HLA contribuisce 8
al legame del peptide. Il sito di legame delle molecole HLA di classe II, al contrario di quelle di I classe, è aperto ad entrambe le terminazioni, permettendo ai peptidi legati di protrudere. I peptidi che si legano alle molecole HLA di classe II, quindi, variano in lunghezza. Le interazioni con HLA prendono luogo principalmente in una regione centrale di nove residui. All interno di questa regione le catene laterali degli amminoacidi nelle posizioni P1, P4, P6, P7 e P9 si ancorano nelle tasche del sito di legame di HLA II. Le caratteristiche chimiche e la dimensione delle varie tasche, cambia fra i diversi alleli di classe II, così che alcuni amminoacidi sono preferiti e altri no. DQ2 lega solo peptidi con catene laterali cariche negativamente alle tre posizioni centrali (Fig. 2) (30,31). La sequenza di legame di DQ8 è diversa, ma mostra anche una preferenza di legame per residui carichi negativamente in diverse posizioni (cioè P1, P4 e P9) (32,33). Quindi, entrambe le molecole DQ2 e DQ8 condividono una preferenza per residui carichi negativamente ad alcune delle loro posizioni di ancoraggio. 6. Il riconoscimento ad opera delle cellule T dei peptidi del glutine presentati da DQ2 e DQ8. È di grande aiuto nelle conoscenze attuali l osservazione che i recettori TCRαβ delle cellule T CD4+ reattive al glutine possano essere isolati e riprodotti dalle biopsie intestinali di pazienti celiaci. Sorprendentemente, si è scoperto che le cellule T nei pazienti che 9
FIG. 2. Rappresentazione schematica della tasca di legame peptidico di HLA-DQ2 con il motivo di legame peptidico raffigurato dal codice a singola lettera per gli amminoacidi. Sono anche indicati un peptide legato e un recettore delle cellule T che riconosce il complesso peptide-hla. 10
portano l aplotipo DR3-DQ2 riconoscono i frammenti di glutine presentati dalle molecole DQ2 piuttosto che dalle altre molecole HLA dei pazienti (34). Entrambe le cellule presentanti l antigene DR3-DQ2 positive e DR5-DQ7/DR7-DQ2 positive (cioè, quelle che portano i geni DQA1*05 e DQB1*02 nella configurazione cis o trans), sono in grado di presentare l antigene del glutine a queste cellule T dei pazienti. Allo stesso modo le cellule T isolate da biopsie dell intestino tenue di pazienti DQ2 negativi, ma DR4-DQ8 positivi, riconoscono prevalentemente peptidi derivati dal glutine quando sono presentati dalle molecole DQ8 (34). Presi insieme questi risultati mostrano che la presentazione di peptidi del glutine nell intestino tenue è un meccanismo attraverso cui DQ2 e DQ8 conferiscono la suscettibilità alla malattia celiaca. Le molecole HLA sono anche importanti per determinare l insieme delle cellule T periferiche durante la maturazione nel timo. Un effetto ad opera del timo sulle stesse molecole DQ riguardo la selezione del repertorio di recettori TCR è, comunque, non escluso da questi risultati. 7. Importanza della deamidazione del glutine per il riconoscimento ad opera delle cellule T. Il glutine contenuto nel grano è una miscela di un gran numero di polipeptidi della gliadina e della glutenina. Generalmente, le proteine del glutine sono ricche in residui di prolina e glutamina, mentre molti altri amminoacidi compresi l acido glutammico e l acido aspartico sono insolitamente rari. 11
Le proteine della frazione gliadinica possono essere suddivise secondo la loro sequenza nelle gliadine α, γ, ω (35). Inizialmente è stato difficile conciliare le sequenze di legame delle molecole DQ2 (e DQ8) con la presentazione dei peptidi del glutine, perché le sue proteine hanno, insolitamente, uno scarso numero di residui carichi negativamente. Un indizio che potrebbe aiutare a risolvere questo paradosso proviene dall osservazione che la capacità stimolatoria delle preparazioni di gliadina sulle cellule T intestinali specifiche per la gliadina è notevolmente aumentata dopo un trattamento ad alte temperature e basso ph (36). È noto che queste condizioni provocano deamidazione non specifica della glutamina in acido glutammico e, perciò, potrebbero convertire la gliadina da una proteina con pochi peptidi ad alto potenziale di legame alle molecole DQ2/DQ8, in una con tanti peptidi. Una regola importante e generale nella deamidazione del glutine per il riconoscimento delle cellule T, è sostenuta dall analisi delle risposte ottenute da una linea cellulare di cellule T policlonali, specifiche per la gliadina, che proviene da biopsie (37). Tutte le cellule della linea rispondono scarsamente all antigene della gliadina preparato nelle condizioni di minima deamidazione (cioè digestione con la chimotripsina) rispetto allo stesso antigene ulteriormente trattato con il calore in un ambiente acido. La caratterizzazione degli epitopi del glutine riconosciuti dalle cellule T intestinali ha esteso la nostra conoscenza sull importanza della deamidazione per il riconoscimento stesso. Fra gli epitopi caratterizzati fino ad oggi, la maggior parte (DQ2-γ-gliadina-I, DQ2- α-gliadina-ii) non stimola le cellule T nella loro forma nativa, ma 12
diventano potenti antigeni quando un singolo residuo di glutamina è trasformato in acido glutammico in posizioni ben determinate. Per un epitopo specifico delle molecole DQ8 (DQ8-α-gliadina-I), il riconoscimento delle cellule T è aumentato dall introduzione di residui carichi negativamente, anche se questo non è stato osservato per un altro epitopo DQ8 specifico (DQ8-glutenina-I). Questi dati dimostrano che la maggior parte, ma non tutte, delle cellule T intestinali glutinespecifiche isolate da pazienti celiaci riconosce le proteine del glutine solo dopo che sono state sottoposte a deamidazione. 8. La transglutaminasi tissutale deamida i peptidi del glutine in vivo. Esistono numerose prove che la deamidazione in vivo avviene ad opera dell enzima transglutaminasi tissutale (ttg) (38). Questo è espresso in diversi tessuti ed organi. Nell intestino tenue è principalmente espresso appena sotto l epitelio della parete (38). L attività della ttg nella mucosa dell intestino tenue in pazienti con la malattia celiaca non curata è aumentata rispetto ai gruppi di controllo. L enzima è sia intracellulare che extracellulare e, nell ambiente extracellulare, si è trovato che ttg gioca un ruolo chiave nell assemblamento della matrice extracellulare, nell adesione cellulare e nella guarigione di ferite (39). L attività calcio-dipendente della ttg catalizza cross-linking selettivi o deamidazione di residui proteici di glutamina. Contrariamente alla deamidazione non enzimatica, che prevede una deamidazione quasi casuale dei numerosi 13
residui di glutamina nei peptidi gliadinici, ttg sembra che deamidi ordinatamente alcune glutamine specifiche. In tutti i principali epitopi del glutine specifici per DQ2 e DQ8 finora noti, riconosciuti dalle cellule T intestinali di pazienti adulti, ci sono residui di acido glutammico modificati dalla ttg, che sono importanti per il riconoscimento delle cellule T (40). È molto interessante osservare che la deamidazione di residui di glutamina che non sono stati bersaglio della ttg (per esempio, trattati con acido) potrebbe essere deleteria per il riconoscimento ad opera delle cellule T (41). Questo suggerisce che la deamidazione in vivo è mediata dalla ttg (Fig.3). Questa idea è ulteriormente sostenuta dai risultati ottenuti da esperimenti su biopsie dove si è constatato che linee cellulari T sono state stimolate con un antigene della gliadina poco deamidato (digerito ad opera della chimotripsina). In tutti i 18 pazienti adulti, tranne uno, le linee di cellule T provate, rispondono a malapena alle gliadine digerite dalla chimotripsina, ma riconoscono efficientemente in vitro le varianti delle stesse gliadine trattate con ttg (42). Inoltre, l aggiunta dell inibitore della ttg, cistamina, durante la stimolazione ad opera della gliadina, spesso blocca o riduce la risposta delle linee cellulari T alla gliadina deamidata (42). Normalmente, non si scatena una risposta immune verso proteine edibili. Questo fenomeno, chiamato tolleranza orale, si pensa che avvenga a causa di un attiva tolleranza verso proteine edibili. In accordo con questo, la tolleranza orale al glutine in pazienti celiaci non è né totalmente confermata, né smentita. 14
FIG. 3. Linfociti T CD4+ nella lamina propria riconoscono i peptidi del glutine deamidati presentati dalle molecole DQ2 o DQ8 espresse dalle cellule presentanti l antigene (APC). La deamidazione in vivo, probabilmente, è mediata dall enzima transglutaminasi tissutale (ttg) che, nell intestino, è espressa principalmente sotto l epitelio. 15
Stabilita la risposta preferenziale delle cellule T intestinali ai frammenti di glutine deamidati in pazienti celiaci, è possibile che la deamidazione sia centrale nella perturbazione della tolleranza orale al glutine in tali individui. La deamidazione aumenta l affinità di legame dei peptidi gliadinici per le molecole DQ2 da bassa a significativa ma non certo particolarmente elevata (37,40). La moderata affinità di legame di questi epitopi conferma la scoperta che questi non in tutte le posizioni di ancoraggio evidenziano ottime ancore di legame. È interessante notare che i residui modificati di glutamina per i tre epitopi della gliadina selettivi alle molecole DQ2, riconosciuti dalle cellule T intestinali, occupino differenti tasche in DQ2 (Fig. 4). Ciò suggerisce che l alterata affinità dei peptidi della gliadina per DQ2 è un fattore critico coinvolto nella perdita della tolleranza piuttosto che il fattore critico coinvolto nel riconoscimento di un singolo motivo patogenetico che si lega a DQ2. 9. Quanti sono gli epitopi del glutine riconosciuti dalle cellule T? Ci sono diversi epitopi del glutine che sono riconosciuti dalle cellule T dell intestino tenue nei pazienti celiaci (36). Dati recenti ottenuti da Koning (42) indicano che ci possono essere più di dieci distinti epitopi specifici per DQ2. L esistenza di epitopi multipli solleva domande interessanti. Solo alcuni degli epitopi sono patogenici e per questo importanti nel legame all HLA? 16
FIG. 4. Sequenza amminoacidica (codice a singola lettera) e il legame a DQ2 dei tre epitopi noti del glutine riconosciuti dalle cellule T intestinali dei pazienti celiaci. Due degli epitopi provengono dalle α-gliadine (DQ2-αgliadina-II e DQ2-α-gliadina-I) e uno dalle γ-gliadine (DQ2-γ-gliadina I). Il riconoscimento da parte delle cellule T di tutti e tre gli epitopi richiede la conversione da glutamina (Q) ad acido glutammico in alcune posizioni. Ciò può essere mediato dall enzima tissutale transglutaminasi (ttg). 17
Le risposte verso alcuni degli epitopi sono generate durante le fasi precoci dello sviluppo della malattia, mentre le risposte verso gli altri risultano da un espansione degli epitopi? I differenti epitopi sono riconosciuti da gruppi distinti di pazienti (per esempio, bambini o, al contrario, adulti)? Alcuni epitopi sono più importanti nella malattia perché le risposte verso di essi si trovano nella maggior parte dei pazienti o perché c è una più alta frequenza di precursori delle cellule T nella lesione specifica per questi epitopi? Le risposte alla maggior parte di queste domande devono attendere ulteriori dati. Al momento sappiamo che per gli epitopi della DQ2-αgliadina-I e DQ2-α-gliadina-II, la reattività delle cellule T intestinali è stata trovata nella maggior parte, se non in tutti i pazienti adulti DQ2 positivi (40), mentre per DQ2-γ-gliadina-I la reattività è stata riscontrata in pochissimi pazienti DQ2 positivi. Si sa meno degli epitopi DQ8 specifici, perché pochi pazienti DQ8 positivi sono stati testati così a lungo. Comunque, la DQ8-α-gliadina-I sembra essere comunemente riconosciuta. Cosa provochi tanta differenza nella capacità di risposta ai differenti epitopi e se questo rispecchi differenze qualitative o quantitative fra i pazienti è a tutt oggi poco chiaro. 10. Cellule T glutine specifiche possono fornire aiuto per la produzione di anticorpi. Gli anticorpi sierici IgG e IgA verso la transglutaminasi tissutale (ttg) (anche chiamati anticorpi antiendomisiali) sono un segno di malattia 18
celiaca ed il rilevamento di anticorpi sierici IgG contro ttg è usato per diagnosticare la malattia (43). Dieterich et al. (2) hanno mostrato che i complessi ttg/gliadina si potrebbero formare in vitro e notarono che questi complessi potrebbero contenere neoepitopi che stimolano le cellule T della mucosa e inficiano la tolleranza. La produzione di anticorpi IgA antittg deve dipendere dall aiuto della famiglia delle cellule T per facilitare la mutazione nell isotipo delle cellule B autoreattive. Dieterich suggerì che l aiuto necessario per la produzione da parte delle cellule B di IgA anti-ttg potrebbe essere fornito dalle cellule T autoreattive specifiche per la ttg. L esistenza di queste cellule T reattive contro la ttg è indubbia. Appena la ttg viene espressa a livello dell epitelio timico, è probabile che le cellule T contro di essa vengano distrutte durante la selezione negativa nel timo (44). Comunque, la conseguenza dell esistenza di cellule T autoreattive specifiche per un enzima espresso a livello ubiquitario come la ttg potrebbe essere, probabilmente, un autoimmunità sistemica. Come alternativa, i complessi formati dalla ttg e il glutine potrebbero permettere alle cellule T specifiche per il glutine di fornire aiuto alle cellule B specifiche per la ttg, attraverso un meccanismo analogo al classico sistema di trasporto dell aptene (45). Le cellule B ttgspecifiche legherebbero i complessi ttg-glutine attraverso le immunoglobuline di superficie. Il complesso viene processato e verrebbero prodotti frammenti di glutine che si legherebbero alle molecole DQ2 o DQ8. Le cellule T glutine-specifiche potrebbero riconoscere questo complesso sulla superficie delle cellule B e, attraverso questo, fornire aiuto per la loro maturazione, il 19
cambiamento di isotipo e la produzione di anticorpi. Questo modello può spiegare perché i livelli di anticorpi contro la ttg nella malattia celiaca dipendono dalla presenza della gliadina nella dieta e come la sua rimozione sopprime l aiuto delle cellule T necessario per la produzione di anticorpi. 11. Meccanismi coinvolti nella formazione della lesione. I meccanismi sopradescritti forniscono prove sostanziali che le cellule T CD4+ TCRαβ+ nella lamina propria svolgono un ruolo centrale nella risposta immunitaria verso il glutine che provoca l immunopatologia della malattia celiaca (Fig. 3). La conoscenza degli eventi a valle dell attivazione delle cellule T è ancora incompleta. Sapendo che il sistema immunitario, generalmente, utilizza una moltitudine di sistemi effettori per combattere i suoi nemici, è ragionevole pensare che ci siano meccanismi effettori multipli coinvolti nella formazione della lesione celiaca. Per complicare le cose, studi recenti in vitro su colture di organo hanno mostrato che il glutine scatena ulteriori importanti effetti immunitari che sono indipendenti dall attivazione delle cellule T (46). Alcuni di questi effetti hanno una cinetica rapida e, concepibilmente, gli effetti diretti del glutine potrebbero facilitare le risposte successive delle cellule T. Le citochine prodotte dalle cellule T CD4+ della lamina propria potrebbero essere coinvolte nell aumento della proliferazione delle cellule criptiche e nell aumentata perdita di cellule epiteliali. IFN-γ induce i macrofagi a produrre TNF-α. Questo attiva cellule stromali a 20
produrre il fattore di crescita dei cheratinociti (KGF), e KGF causa la proliferazione epiteliale e l iperplasia delle cellule criptiche (47). IFNγ e TNF-α insieme possono avere un effetto diretto citotossico sulle cellule epiteliali intestinali (48). È anche concepibile che IELs, e in particolare le cellule Tγδ, giochino un ruolo nella distruzione delle cellule epiteliali attraverso il riconoscimento delle molecole MIC indotte dallo stress. Le alterazioni a livello della matrice extracellulare possono anche deformare l assetto epiteliale, perché la matrice extracellulare fornisce l impalcatura sulla quale giace l epitelio. Gli enterociti aderiscono alla membrana basale attraverso i recettori della matrice extracellulare così che la modificazione o la perdita della membrana basale può portare alla perdita di enterociti. Esistono prove a favore dell aumentata degenerazione della matrice extracellulare nella malattia celiaca e questo potrebbe essere un importante meccanismo per la mutazione della mucosa riscontrata nella malattia (28). L aumentata produzione di metalloproteinasi ad opera dei fibroblasti subepiteliali e dei macrofagi, probabilmente è indotta direttamente o indirettamente dalle citochine rilasciate dalle cellule T attivate. Ancora non sappiamo se gli autoanticorpi giochino un ruolo nella patogenesi della malattia celiaca. Gli anticorpi contro la ttg possono inibire la sua attività. Questo può causare atrofia dei villi bloccando le interazioni fra le cellule mesenchimali e quelle epiteliali durante la migrazione delle cellule epiteliali e dei fibroblasti dalle cripte alla cima dei villi. Inoltre, gli anticorpi contro la ttg possono modulare l attività deamidante della ttg, in modo da inibirla o promuoverla. 21
Ulteriori ricerche ci diranno quale sia il ruolo giocato da questi anticorpi. 12. Nuove possibilità terapeutiche. Le crescenti conoscenze delle basi molecolari e cellulari della malattia celiaca dovrebbero condurre ad un miglioramento delle condizioni dei pazienti. Sapere quali epitopi del glutine siano riconosciuti dalle cellule T intestinali dovrebbe apportare miglioramenti ai metodi attraverso cui gli alimenti senza glutine sono prodotti. Inoltre, le nuove conoscenze dovrebbero rivelare nuovi bersagli per il trattamento. Ci sono già alcune possibilità accattivanti. L attivazione delle cellule T CD4+ specifiche per il glutine sembra essere una tappa critica nello sviluppo della malattia e interferire con questo punto nella patogenesi dovrebbe essere una via efficace per controllare la malattia stessa. Una possibilità, che è fondamentalmente una estensione dell odierna terapia con una dieta senza glutine, è produrre sementi di grano sprovviste degli epitopi per le cellule T, sia attraverso programmi di produzione, sia attraverso la tecnologia transgenica. La transglutaminasi tissutale è un bersaglio su cui intervenire a causa del suo ruolo critico nella generazione degli epitopi del glutine per le cellule T. Gli inibitori dell attività della ttg esistono e probabilmente possono essere sviluppati inibitori adatti all uso come farmaci. Il problema maggiore con questo approccio è che gli inibitori della ttg possono avere effetti collaterali inaccettabili. La ttg è coinvolta in 22
molti diversi processi fisiologici fra cui la morte cellulare programmata (apoptosi) (39). Un altra strategia potrebbe essere mirare direttamente alle cellule T specifiche per il glutine. Se i pazienti celiaci hanno una tolleranza orale normale alle proteine native del glutine ma una tolleranza modificata ai peptidi del glutine deamidati, esponendo il sistema immunitario intestinale ai peptidi deamidati si potrebbe determinare la comparsa di una tolleranza orale a questi. Questo approccio potrebbe sfruttare il meccanismo proprio dell organismo per spegnere le cellule T. Alternativamente, si potrebbe cercare di silenziare le cellule T glutine-specifiche direttamente utilizzando dimeri solubili dei complessi HLA/peptide, che, si è visto, inducono l apoptosi antigene-specifica a causa di un inappropriata stimolazione delle cellule T (49). Il ruolo centrale di DQ8 e DQ2 nella presentazione dei peptidi del glutine offre un ulteriore bersaglio su cui intervenire. Bloccando i siti di legame di queste molecole HLA si dovrebbe prevenire la presentazione di peptidi del glutine che inducono la malattia. La sfida con questo approccio sarà trovare una via efficiente per colpire e bloccare i siti di legame delle molecole DQ, che sono continuamente sintetizzate dalle cellule presentanti l antigene. Questo approccio (bloccare la presentazione del peptide) è stato anche suggerito come trattamento per altre malattie associate alle molecole HLA. La malattia celiaca rappresenta un bersaglio adatto per questo approccio, perché veicolare il farmaco direttamente nell intestino è facilmente comparabile, per esempio, a veicolarlo nelle articolazioni nell artrite reumatoide o nel pancreas nel diabete di tipo I. 23
I nuovi metodi terapeutici introdotti nella cura della malattia celiaca si devono dimostrare migliori del regime dietetico privo di glutine attualmente in uso. La sicurezza a lungo termine deve essere presa in considerazione per qualsiasi nuovo trattamento che viene adottato. Malgrado ci siano già principi terapeutici interessanti, con basi razionali, che possono essere testati, per questo motivo potrebbero trascorrere alcuni anni prima che nuovi trattamenti diventino realtà. 13. Nuovi progressi nella formulazione di prodotti senza glutine a base di cereali. La malattia celiaca è un intolleranza che dura per tutta la vita alla frazione gliadinica del frumento e alle prolamine della segale (secaline), orzo (ordeine) e forse dell avena (avidine). La reazione all ingestione di glutine da parte dei malati di celiachia è l infiammazione dell intestino tenue a cui segue il malassorbimento di diversi importanti nutrienti fra cui ferro, acido folico, calcio e vitamine liposolubili (50). Murray (51) concluse che la malattia celiaca è l ultimo risultato di tre processi (predisposizione genetica, fattori ambientali e infiammazione su base immunologica) che culmina nel danneggiamento della mucosa intestinale. L unico effettivo trattamento è una dieta strettamente priva di glutine per tutta la vita del paziente, che, nel tempo, porta ad un notevole miglioramento clinico e della mucosa. I cibi proibiti in una dieta senza glutine includono: 24
a) ogni tipo di pane, cereale o altro alimento prodotto con il frumento, segale, orzo, triticale, farro, kamut e farine d avena o ingredienti, ed ogni prodotto ottenuto da questi tipi di cereali; b) alimenti trattati che contengono frumento e derivati del glutine, come cibi condensati e imbottiti, per esempio hot dogs, condimenti per insalata, miscele di zuppe conservate in scatola e liofilizzate, formaggi trattati, salse cremose; c) medicazioni che utilizzano eccipienti per pillole o compresse contenenti glutine. Il glutine è la principale proteina di struttura e di formazione nella farina, è responsabile delle caratteristiche elastiche della pasta di pane e contribuisce all aspetto e alla struttura della mollica di molti prodotti da forno. La rimozione del glutine è un grande problema per i fornai e, attualmente, molti prodotti senza glutine disponibili sul mercato sono di bassa qualità, con poca palatabilità e gusto (52). Questo rappresenta una grande sfida per i tecnologi del cereale ed i panettieri, ed ha condotto alla ricerca di alternative al glutine nella produzione di cibi da forno senza glutine. 14. La malattia celiaca e il modello iceberg. Recenti studi epidemiologici hanno mostrato che la prevalenza della malattia celiaca è stata significativamente sottostimata (53). Dalla prima relazione sulla malattia celiaca nel secondo secolo alla messa a punto di test sierologici di antigliadina, molto è stato imparato. Uno dei più antichi studi epidemiologici su questa malattia fu condotto nel 25
1950 (54), dove l incidenza della malattia in Inghilterra e in Galles fu di 1/8000 e 1/4000 in Scozia. Comunque la diagnosi si basò interamente sulla ricerca dei tipici sintomi e fu confermata da test complicati e spesso non specifici. A partire dagli anni 60, sono diventati disponibili test più specifici e tecniche di biopsia, aumentando in questo modo il numero di casi diagnosticati negli studi successivi (55). Anche se la biopsia rimane ancora la procedura investigativa per la diagnosi definitiva (56), un aumentato sospetto o consapevolezza di celiachia, insieme con migliorate procedure diagnostiche (test sierologici di anticorpi antigliadina), ha portato ad una percentuale sostanzialmente aumentata di diagnosi. Adesso è possibile stimare accuratamente la vera prevalenza della malattia celiaca e la Tabella 1 mostra la differenza fra le diagnosi cliniche tradizionali (secondo i classici sintomi gastrointestinali, misurati dalla biopsia) e i moderni test sierologici (53). Alcune delle più alte incidenze della malattia (1:200-1:300) sono state trovate in Svizzera (57), Italia (58) e Irlanda (59). Il modello iceberg è comunemente usato per spiegare la prevalenza della malattia (60) che è rappresentata dall intera grandezza dell iceberg (Fig. 5). I casi correttamente diagnosticati formano la sezione visibile (A) dell iceberg in termini quantitativi (53). I pazienti recentemente diagnosticati che ora stanno seguendo una dieta priva di glutine e che mostrano una mucosa intestinale normale formano la parte più bassa di questa sezione. Sotto la linea dell acqua c è un gruppo di casi silenti (B) che non sono stati ancora identificati e che hanno la mucosa intestinale appiattita. 26
Tabella 1. Prevalenza della malattia celiaca basata su diagnosi clinica o dati di screening. Area geografica Prevalenza basata su Prevalenza basata su diagnosi cliniche dati di screening Danimarca 1:10.000 1:500 Finlandia 1:1000 1:130 Germania 1:2300 1:500 Italia 1:1000 1:184 Paesi Bassi 1:4500 1:198 Norvegia 1:675 1:250 Svezia 1:330 1:190 Regno Unito 1:300 1:112 USA 1:10.000 1:111 Media mondiale 1:3345 1:266 FIG. 5. Il modello iceberg rappresenta la prevalenza della malattia celiaca. A: pazienti con la manifestazione clinica della malattia. B: pazienti con la malattia non diagnosticata, silente. C: pazienti con la malattia celiaca latente (con potenziale sviluppo). 27
Questi potrebbero rimanere non diagnosticati perché sono asintomatici o i sintomi non sono stati collegati alla malattia celiaca. Alla base dell iceberg (C) c è un piccolo gruppo di pazienti con la malattia celiaca latente. Questi mostrano una mucosa normale mentre assumono glutine, ed ancora potenzialmente possono sviluppare la malattia. 15. I marchi gluten-free. Il Codice Standard per i cibi privi di glutine è stato adottato dalla Commissione dei Codici Alimentari appartenente all OMS e dalla FAO nel 1976. Nel 1981 e nel 2000 i modelli della bozza riesaminati dichiararono che i cosiddetti cibi privi di glutine sono descritti come: a. composti di, o fatti solo con ingredienti che non contengono alcuna prolamina del grano o di tutte le specie Triticum come farro, kamut o grano duro, segale, orzo, avena o le loro varietà incrociate geneticamente con un livello di glutine che non superi i 20 ppm. b. composti di ingredienti provenienti dal frumento, segale, orzo, avena, farro o le loro varietà incrociate geneticamente, le quali siano state rese prive di glutine; con un livello di glutine non superiore a 200 ppm. c. ogni miscela di due ingredienti menzionati come in (a) e in (b), con un livello non superiore a 200 ppm. 28
In questo contesto, l OMS e la FAO hanno definito il glutine tipico come una frazione proteica proveniente dal grano, segale, orzo, avena o le loro varietà incrociate geneticamente (ad esempio, Triticale) e da questo i derivati ai quali alcune persone sono intolleranti e che sono insolubili in acqua e in una soluzione di NaCl 0.5M. Le prolamine sono definite come la frazione di glutine che può essere estratta con una soluzione acquosa di etanolo al 40-70%. La prolamina estratta dal grano è la gliadina, dalla segale è la secalina, dall orzo l ordeina, dall avena avenina. Il contenuto in prolamina del glutine è, generalmente, circa il 50%. Comunque, c è ancora discrepanza nel marchiare un cibo privo di glutine, perché l esatto contenuto di prolamine tossiche che gli individui celiaci possono consumare senza avere danni alla mucosa dell intestino tenue, non è stato ancora scientificamente stabilito (61). Precedentemente si credeva che i componenti proteici del grano potessero essere completamente rimossi dalla componente amidacea, ma ora si è a conoscenza che un po di proteina rimane ancora nell amido. Negli Stati Uniti e nel Canada la dieta priva di glutine lo è totalmente ed è basata su ingredienti naturalmente privi di glutine come il riso. Comunque, nel Regno Unito, i prodotti marchiati come gluten-free potrebbero ancora contenere una quantità di amido di frumento. 29
16. Il ruolo del glutine nei prodotti da forno. Il glutine è un materiale proteinaceo che può essere separato dalla farina quando l amido ed altri componenti minori della farina sono rimossi attraverso lavaggio con acqua corrente. Il glutine derivante contiene approssimativamente il 65% di acqua. In termini di peso secco, il glutine contiene il 75-86% di proteine, il resto sono carboidrati e lipidi che risultano associati strettamente all interno della matrice proteica del glutine (62). Il glutine contiene le frazioni proteiche glutenina e gliadina. La prima è una massa irregolare, gommosa quando totalmente idratata, mentre la gliadina produce una massa viscosa, fluida quando viene idratata. Il glutine, quindi, ha proprietà coesive, elastiche e viscose che uniscono gli estremi dei due componenti (63). La matrice del glutine è la parte determinante che conferisce alla pasta del pane le importanti proprietà (estensibilità, resistenza allo stiramento, tolleranza alla miscelazione, capacità di trattenere gas) ed include i granuli di amido e frammenti di fibra. Il glutine viene spesso chiamato la proteina strutturale per la fabbricazione del pane. Le proprietà del glutine diventano visibili quando la farina viene idratata, dando una pasta estensibile, con buone capacità di trattenere gas e una buona struttura della mollica nel pane cotto. L assenza di glutine spesso porta ad avere una pastella liquida piuttosto che una pasta elastica e si può ottenere un pane cotto che si sbriciola, un colore tenue ed altri difetti dopo cottura. Rotsch (64) concluse dai suoi studi che la pasta di pane senza il glutine può trattenere gas solo se un altro gel sostituisce il glutine. La preparazione 30
di pasta gluten-free è difficile, perché il glutine contribuisce ad un forte intreccio proteico che previene la dissoluzione della pasta durante la cottura. La diversificazione di materie prime senza glutine che possono essere usate, potrebbe anche indurre a modificazioni del processo di produzione tradizionale. Questi tipi di problemi si incontrano raramente durante la preparazione di biscotti gluten-free, poiché lo sviluppo di una rete di glutine nella pasta per dolci e biscotti è minimale e indesiderato (fanno eccezione alcuni biscotti semi-dolci che potrebbero avere uno sviluppato sistema di glutine); la struttura dei biscotti cotti è principalmente dovuta alla gelatinizzazione dell amido e alla soprafusione dello zucchero più che alla struttura delle proteine o dell amido. 17. La formulazione di prodotti gluten-free a base di cereali. La formulazione di prodotti da forno senza glutine presenta una sfida formidabile sia per i tecnologi dei cereali che per i fornai. Una ricerca in letteratura ha indicato un limitato numero di saggi sui prodotti da forno gluten-free. Ciò riflette la difficoltà della sfida tecnologica e la mancanza di informazione da parte della gente che richiede prodotti privi di glutine, sia per persone celiache o non, intolleranti o allergiche al glutine. Negli ultimi anni la ricerca tecnologica sui prodotti senza glutine ha comportato un diverso approccio fra cui l uso di amidi, latticini, gomme e idrocolloidi, altre proteine non gluteiche, prebiotici e loro combinazioni, come alternative al glutine per dare la struttura, il 31
gusto, l accettabilità e la durata d immagazzinamento dei prodotti da forno senza glutine. Tale ricerca ha inoltre portato ad un aumento nella gamma dei prodotti gluten-free venduti nei negozi salutistici e nei supermarket. I recenti sviluppi scientifici e gli approcci sono riportati nei paragrafi successivi. 17.1. Amido e gomme/idrocolloidi. Gli amidi e gli idrocolloidi sono ampiamente usati nei panifici per impartire proprietà strutturali e appetibilità agli alimenti a base di cereali (65). Alcuni gruppi hanno usato una gamma di amidi con gomme/idrocolloidi per fare prodotti da forno gluten-free. Alcuni studi sono stati condotti usando amido di frumento e derivato da altre fonti e quest ultimo è diventato più desiderabile, perché i celiaci non tollerano l amido di frumento (alcuni dati hanno delucidato che gli effetti a lungo termine di un ingestione regolare di piccole quantità di gliadina (ad esempio, amido di frumento) sono stati nocivi per i pazienti celiaci) (66). Per garantire che il pane senza glutine sia accettabile, sono necessari prodotti con caratteristiche di cottura e sensoriali simili a quelle del pane fatto con il lievito e la farina di frumento. Uno studio di Rotsch (64) sul ruolo dell amido nella produzione del pane, ha mostrato che questo potrebbe essere preparato dall amido e da sostanze gelificanti. Gli amidi di riso sono ampiamente disponibili e offrono buone potenzialità nella formulazione di prodotti da forno senza glutine. L assenza del glutine, bassi livelli di sodio e alte quantità di 32
carboidrati facilmente digeribili sono tutte proprietà del riso, desiderabili per diete particolari. Comunque, l assenza di glutine causa problemi nella produzione di pane. Kang et al. (67) hanno dimostrato che molti tipi di gomma che includono idrossipropilmetilcellulosa (HPMC), la gomma della carruba, la gomma guar, carragenani, gomma xantana e agar hanno dato origine con successo al pane di riso dove l HPMC comportò un ottima espansione di volume. Gan et al. (68) hanno trovato che l HPMC (1.7%) e carbossimetilcellulosa (CMC) (0.4%), come sostituti del glutine, danno migliori caratteristiche tipiche del pane rispetto alla gomma guar (0.7%) in una formulazione al 50:50 di farina di grano e farina di riso. Essi conclusero anche che la sostituzione del 30% della farina di grano con quella di riso è il livello massimo possibile che si può raggiungere per ottenere un pane di qualità accettabile senza l addizione di un sostituto del glutine, e che la farina di riso sbramato non si adatta per produrre pane di riso. Cato et al. (69) trovarono che la farina di riso bianca, fine e macinata dà pane senza glutine di buona qualità quando usata in combinazione con CMC (0.8%) e HPMC (3.3%). Ács et al. (70a, 70b) hanno studiato l uso di differenti agenti di legame (xantana, gomma guar, gomma di carruba) come sostituti del glutine nelle formulazioni del pane gluten-free basate sull amido di cereale. Essi trovarono che gli agenti di legame portarono ad un aumento altamente significativo nel volume della pagnotta e nella sofficità della mollica. La migliore qualità di pane senza glutine contiene gomma xantana all 1-3%. 33
Ranhorta et al. (71) hanno discusso sull applicazione della proteina della soia nella produzione di pane senza glutine. Essi formularono pane senza glutine basato sull amido di frumento con 20, 30 e 40% della proteina della soia isolata (contenente l 88% di proteine). Il pane conteneva più proteine e grassi che il pane di frumento e mostrava caratteristiche di cottura soddisfacenti. Amidi fermentati di manioca sono stati usati da Demiate et al. (72) nella produzione di pane e biscotti senza glutine in Sud America. Aumentando il tempo di lievitazione della pasta di pane gluten-free (basata su fecola di patata/cereale/riso, pectina, emulsionanti e margarina priva di lattosio), Bauer (73) ottenne pane senza glutine di ottima qualità e pan di zenzero. Le gomme e gli addensanti sono usati nelle preparazioni prive di glutine per una varietà di scopi fra cui la gelificazione e l addensamento, la ritenzione di acqua e la strutturazione. Questi sono derivati da varie fonti semi, frutti, estratti di piante, alghe marine e microrganismi molti sono polisaccaridi mentre altri proteine. Schwarzlaff et al. (74) hanno usato combinazioni di gomma guar e gomma di carruba per rimpiazzare parzialmente la farina nel pane. Essi trovarono che l introduzione della gomma guar portava ad una struttura della mollica con una distribuzione più uniforme della dimensione della cellula, mentre l inclusione della gomma di carruba aumentava l altezza della pagnotta; entrambe le gomme ritardarono l invecchiamento del pane. I livelli ottimali di carruba e gomma guar erano del 2-4%. Gallagher et al. (75a) hanno studiato l applicazione degli amidi di riso novello (fatto con diversi gradi di idrolisi dell amido) in sostituzione 34
dell amido di frumento nelle formulazioni di pane senza glutine. L inclusione degli amidi di riso al 3-9% ha portato a pagnotte senza glutine con una mollica dall aspetto meno giallo e una crosta di colore più scuro. La durezza della crosta non è stata alterata, ma la durezza della mollica (Texture Profile Analysis) è stata ridotta, così come la velocità di invecchiamento. La percentuale ottimale di inclusione dell amido di riso è stata 6%; questa ha anche raddoppiato il contenuto di fibre dietetiche delle pagnotte. 17.2. Fibre dietetiche. Il ruolo delle fibre dietetiche nel fornire crusca e volume e nel contribuire alla salute dell intestino è stato riconosciuto da tempo. Diete che contengono anche moderate quantità di cereali, frutta e vegetali sono adatte per fornire una sufficiente quantità di fibre. A causa del fatto che i prodotti senza glutine generalmente non sono arricchiti e frequentemente sono prodotti a partire da farina o amido raffinati, potrebbero non contenere gli stessi livelli di nutrienti delle controparti ricche di glutine che essi dovrebbero sostituire. Perciò, esiste il dubbio che i pazienti celiaci, seguendo una dieta priva di glutine, ricevano tutti i nutrienti in modo bilanciato. Grehn et al. (76) hanno vagliato l assunzione di nutrienti ed alimenti da parte di 49 adulti diagnosticati celiaci che seguivano una dieta priva di glutine. Questi avevano una bassa assunzione di fibre rispetto ad un gruppo di controllo composto da persone che seguivano una dieta normale. Similarmente Lohiniemi et al. (66) trovarono che l assunzione media di fibre fra pazienti celiaci in Svezia era più bassa dei livelli 35