APPROFONDIMENTI NORMATIVI ED ESPERIENZE OPERATIVE.



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APPROFONDIMENTI NORMATIVI ED ESPERIENZE OPERATIVE. Approfondimento. LA DISCIPLINA ASSICURATIVA NELLA NAUTICA DA DIPORTO. (a cura del Lgt. Tarquini Stefano) Importante nell'ambito del diporto in generale è la nuova normativa sull'assicurazione RC per i natanti. Infatti, è già entrato in vigore il c.d. "Codice delle Assicurazioni Private", approvato con Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 239 del 13 ottobre 2005 - Supplemento Ordinario n. 163. Con l'entrata in vigore del nuovo Codice è stata espressamente abrogata la Legge 24/12/1969 nr. 990, che sino ad allora disciplinava le regole dell'assicurazione RC per gli autoveicoli ed i natanti. Attualmente, così, la materia di assicurazione di imbarcazioni e natanti da diporto e motori fuoribordo, risulta disciplinata in particolare dall'art. 123 del novello Codice, che prevede l'assicurazione obbligatoria per tutte le unità da diporto munite di motore in navigazione in acque ad uso pubblico o su aree a queste equiparate (1 comma); sono altresì soggette all'obbligo assicurativo tutti i motori amovibili di qualsiasi potenza, indipendentemente dall'unità ove vengono installati, risultando assicurato, in tal caso, il natante sul quale di volta in volta viene collocato il motore. Alle unità da diporto, ai natanti ed ai motori amovibili così individuati, con l'entrata in vigore della suddetta normativa si applicano, in quanto compatibili, le norme previste per l'assicurazione obbligatoria per la R.C.A. derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (4 comma dell'art. 123 T.U., art. 180 e ss. del Codice della Strada). In particolare, l'art. 193 del C.d.S. per la navigazione senza la copertura assicurativa, e l'art. 180 del C.d.S. in caso si mancata presenza a bordo del tagliando assicurativo. Ciò è confermato dalla Circolare del 28 giugno 2006 del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, con cui dirime tutti i dubbio in materia ("...devono ritenersi applicabili alle unità da diporto in navigazione che risultino sprovviste di assicurazione le sanzioni previste dal nuovo Codice della Strada..."). Restano come prima le prescrizioni circa il combinato disposto degli articoli 13, 3 comma, e 21, 1 comma, della Legge 689/1981, in materia di sequestro obbligatorio e confisca del mezzo, ed in materia di fermo amministrativo del natante, quando ricorrano i presupposti dell'art. 127 del nuovo Codice.

Un'altra Circolare del 3 ottobre 2006 del medesimo Ministero individua una competenza delle Autorità Marittime riguardo la gestione degli illeciti amministrativi connessi alla navigazione marittima e per cui anche dell'assicurazione. Pertanto, va individuato nel capo del Compartimento Marittimo l'autorità competente a ricevere il rapporto ex art. 17 Legge 689/81. Allo stesso modo, in materia di "Pagamento in Misura Ridotta", si è espressa anche l'avvocatura di Stato, secondo la quale all'assicurazione delle unità da diporto vanno applicate le procedure stabilite dalla Legge 689/1981. Inoltre, il Decreto 1 aprile 2008 n. 86 del Ministero dello Sviluppo Economico ha approvato il Regolamento recante disposizioni in materia di obbligo di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti di cui al titolo X, capo I, e al titolo XII, capo II, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private). Infine, dietro quesito del Comando Generale delle Capitanerie di Porto alla Direzione Generale del Trasporto Marittimo, lacuale e fluviale, in merito al Regolamento nr. 13 del 6 febbraio 2008 dell'isvap (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) ed al combinato disposto dei commi 2, 3 e soprattutto 4 del citato provvedimento, si evince che le unità da diporto devono ritenersi esonerate dall'obbligo di esposizione a bordo del contrassegno di assicurazione, previsto invece solo per i veicoli a motore ed i rimorchi, fermo restando l'obbligo di avere a bordo sia il certificato di assicurazione, che il relativo contrassegno (ex comma 3). Tutto ciò è stato confermato in data 3 luglio 2008 dallo stesso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con la Circolare n 11147, che concorda con l'interpretazione del Comando Generale delle Capitanerie di Porto.

Approfondimento. LA DIRETTIVA N. 94/25/CE SULLA MARCATURA CE. (a cura del Lgt. Tarquini Stefano) È ormai in vigore dal 17 giugno 1998 la Direttiva n. 94/25/CE (approvata con D.Lvo n. 436/1996, modificato dal D.Lvo n. 205/1997 e dalla Legge n. 413/1998) con la quale sono state introdotte nella normativa sulla nautica le unità da diporto con "Marcatura CE" aventi una lunghezza compresa tra m 2,50 e m 24. A partire da tale data, le unità da diporto di nuova costruzione, per poter essere commercializzate nell'ambito del territorio comunitario, indipendentemente dal Paese in cui è avvenuta la costruzione, devono riportare la Marcatura CE. Non è importante il Paese (comunitario o terzo) in cui è avvenuta la costruzione ma è rilevante possedere i requisiti previsti dalla Direttiva ed attestati con la sigla CE. La filosofia del nuovo approccio alle direttive comunitarie è basato sulla libera circolazione dei beni, oltre che delle persone e dei servizi. Per tale motivo, oggi, nessuno Stato dell'unione Europea può impedire l'ingresso sul proprio territorio di un prodotto marcato CE né può rifiutare la sua commercializzazione, a meno che non si voglia far ricorso alla clausola di salvaguardia (unica arma di difesa per gli Stati membri), qualora nasca il sospetto che tale prodotto non sia effettivamente realizzato in modo da non mettere in pericolo la sicurezza e la salute delle persone o dell'ambiente, principi questi ultimi validi per tutti i prodotti che riportano il marchio CE. Per le unità da diporto il marchio è attestato da una targhetta fissata sullo scafo che riporta anche il codice del costruttore, la categoria di progettazione (A, B, C o D), di particolare importanza per l'impiego dell'unità nelle diverse condizioni meteo-marine, la portata massima consigliata dal costruttore (pesi a bordo) nonché il numero delle persone per il cui trasporto l'unità è stata concepita. Nulla è cambiato, invece, per le imbarcazioni da diporto sprovviste di marchio CE costruite secondo i criteri e i requisiti tecnici di cui alla legge 11.2.1971, n. 50 e successive modificazioni, che alla data del 17 giugno 1998, erano già iscritte nei registri. Ma affrontiamo alcune problematiche, relative ad alcune unità per le quali la Direttiva non si applica, secondo le previsioni dall'art. 1, comma 3 della Direttiva, oppure, a quelle unità di bandiera extra-comunitaria che, pur essendo sprovviste del Marchio CE, possono continuare a rientrare nel mercato comune per essere iscritte nei registri delle imbarcazioni da diporto, alla luce delle precisazioni interpretative fornite sulla Direttiva 94/25/CE dalla Commissione Europea. Esaminiamo, quindi, il campo delle esclusioni della Direttiva 94/25/CE, con il commento per ciascuna delle tipologie di unità escluse. La normativa non si applica: a) alle navi da diporto (unità superiori a m 24 fuori tutto). Tali unità in attesa di una normativa specifica continuano a essere costruite secondo le norme

tecniche in vigore nei singoli Paesi dell'unione. La materia è piuttosto complessa, perché il numero delle navi da diporto (sia di bandiera nazionale che comunitaria) utilizzate direttamente dal proprietario/armatore è molto esiguo. Secondo dati disponibili, le navi da diporto di bandiera dell'u.k. (inglesi) sono circa 900 e solo il 10% viene utilizzato direttamente dal proprietario, mentre il resto viene impiegato nel charter mondiale e cioè destinate a trasportare i passeggeri a bordo, nel quadro delle attività ricreative e sportive di cui all'art. 10 - comma 11 della legge 23.12.1996, n. 647. Per i motivi accennati sono in corso studi e approfondimenti anche a livello europeo, affinché le navi da diporto vengano costruite secondo i criteri e le modalità stabiliti dalle norme internazionali (convenzione di Londra Solas '74 (83) sulla sicurezza della navigazione e la salvaguardia della vita umana in mare, ovvero la Convenzione del 1966 sul bordo libero e la linea di massimo carico, qualora il numero dei passeggeri a bordo non sia superiore a 12 persone, escluso l'equipaggio). b) alle unità inferiori a m 2,50; c) alle unità da diporto destinate a regate, comprese quelle a remi e per l'addestramento al canottaggio, qualificate tali dal costruttore: queste comprendono le canoe da gara e le altre barche progettate esclusivamente per gare e competizioni. Da sottolineare che l'esclusione dalla Direttiva di tali unità è stata ideata tenendo conto che taluni progetti di costruzione sono estremamente spinti. Per tale motivo sarebbe molto difficile adottare parametri tecnici di costruzione comune (si pensi agli offshore); d) canoe, kayak, gondole, pedalò, sommergibili, tavole a vela, veicoli a cuscino d'aria e aliscafi. Tutte queste unità, per la loro natura, sono incompatibili con taluni dei requisiti fondamentali della Direttiva. In particolare le canoe, i kayak, le gondole, i pedalò sono state escluse dalla Direttiva in quanto considerate come unità progettate per essere spinte dalla forza dell'uomo senza remi, pagaie o altri mezzi di propulsione. Una nota curiosa della Direttiva: "per remare" si intende l'uso di più di un remo; e) le moto d'acqua, le tavole a motore e unità similari. Le moto d'acqua sono definite dalla norma ISO 13590 come "natanti inferiori a 4 metri di lunghezza che utilizzano un motore a combustione interna che alimenta una pompa a idrogetto quale fonte primaria di propulsione e che sono progettati per navigare con una o più persone a bordo in posizione seduta, in piedi o in ginocchio e al di sopra, piuttosto che non entro la delimitazione dello scafo". Secondo le direttive, le tavole a motore sono considerate natanti per trasportare un massimo di due persone, dotate di galleggiamento e di comandi per l'autoeliminazione dei guasti. f) originali e singole riproduzioni di unità storiche, progettate prima del 1950, ricostruite principalmente con i materiali originali e classificate in tale senso dal costruttore. Secondo le disposizioni comunitarie tali unità si considerano storiche quando hanno le connotazioni specifiche di un'epoca, sono conformi al progetto originale e conservano le loro caratteristiche tecniche e il fascino estetico. Il materiale usato deve essere quello originale ma per la costruzione dello scafo può essere impiegato il compensato, in luogo del legno massiccio, i telai in laminato, gli adesivi, le pitture, i

sigillanti e i componenti per il fissaggio dell'ultima generazione. Non è consentita la riproduzione mediante stampi. Tra le barche storiche si possono annoverare: le gondole, il bragozzo, la tartana ecc., ampiamente conosciute dall'arte marinaresca e risalenti a epoche remote. La ricerca di progetti delle barche storiche può essere effettuata presso il Museo navale della Marina Militare con sede a La Spezia. g) le unità da diporto sperimentali, sempreché non vi sia una successiva immissione sul mercato comunitario. Tali unità per essere commercializzate devono rispondere ai requisiti della Direttiva 94/25/CE; h) le unità costruite per uso proprio e non immesse sul mercato comunitario per un periodo di cinque anni dalla loro messa in servizio. Chi intende realizzare la propria barca deve acquistare i materiali direttamente dal libero mercato. Non è escluso tuttavia che nel corso dell'allestimento ci si possa avvalere dell'opera di personale specializzato per gli impianti elettrici ed elettronici di bordo. Deve essere comunque chiaro che in presenza di un accordo contrattuale con un cantiere o singolo costruttore, per realizzare una singola unità o anche una sola parte di essa, l'unità ricade nella Direttiva e quindi deve soddisfare i relativi requisiti di valutazione di conformità (es. acquistare un guscio per poi procedere al suo allestimento non è ammesso). Passiamo ora all'esame del secondo argomento, cioè alla possibilità di poter ancora commercializzare, nell'ambito del territorio comunitario, le imbarcazioni da diporto - senza il Marchio CE - sia che provengano da bandiera dei Paesi dell'unione Europea sia da Paesi terzi. Per le navi da diporto il discorso non vale in quanto unità superiori ai 24 metri per le quali la direttiva comunitaria non trova applicazione. Per le imbarcazioni sprovviste di Marcatura CE, da iscrivere per la prima volta nei registri dopo il 16 giugno 1998, la Commissione Europea ha fornito le direttive di indirizzo, valide per tutti i Paesi dell'area Economica Europea, che di seguito andremo a esaminare. Fanno parte dei Paesi dell'unione Europea: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia. Dell'Area Economica Europea invece fanno parte oltre ai 15 dell'u.e. anche Norvegia, Islanda e Liechtenstein. La questione dei Paesi comunitari non è così semplice come sembra a prima vista; ciò in quanto vi sono alcuni territori di Paesi che pur facenti parte dell'unione Europea sono considerati dal Trattato dell'unione, come territorio non comunitario. Ciò sia per ragioni commerciali come ad esempio la Gran Bretagna con gli Stati Uniti sia per mantenere i collegamenti politici ed economici con le ex colonie, come per la Francia e la Spagna per i territori d'oltremare. Nell'Allegato della Direttiva sugli "orientamenti comunitari per gli aiuti allo Stato in materia di trasporti marittimi" sono citati i Registri Navali degli Stati membri considerati a tutti gli effetti come "Registri" dello Stato facente parte della Comunità Europea. Inoltre, la legge 29 ottobre 1993, n. 427 "sull'armonizzazione provvisoria delle disposizioni comunitarie in materia di IVA... ecc." prevede che fanno parte del territorio comunitario il Principato di Monaco, Jungholz e Mittelberg (Keines Walsertal) l'isola di Man e la Repubblica di San Marino; sono invece esclusi i dipartimenti d'oltre mare della Repubblica francese il territorio di Busingen,

l'isola di Helgoland, Ceuta, Melilla e le Isole Canarie. Sono inoltre escluse le Isole del Canale: Jersey, Guernsey e Sark. Delicata appare invece la posizione di Gibilterra che, sebbene non sia considerata parte del Regno Unito, per alcune transazioni commerciali è stata riconosciuta dall'amministrazione finanziaria come territorio facente parte dell'unione Europea (circolare esplicativa n. 13 del 25.2.1994 Dipartimento Entrate). Sulla base di queste premesse, le imbarcazioni usate - senza marchio CE - già iscritte nei registri in un Paese dell'u.e. alla data del 16 giugno 1998, possono continuare a essere commercializzate nell'ambito del territorio comunitario e trasferite in Italia per essere iscritte nei registri delle imbarcazioni da diporto. Da notare che ai fini della idoneità alla navigazione, il nuovo regolamento di sicurezza sul diporto prevede che la documentazione tecnica rilasciata dal Paese dell'unione di provenienza è valida se equivalente a quella nazionale. In tal caso l'iscrizione viene effettuata sulla base della documentazione posseduta, senza l'intervento dell'organismo tecnico. Dopo quanto detto per i territori non facenti parte dell'u.e., sorge spontanea la domanda: come fare a riconoscere se un'unità - non CE - benché con bandiera comunitaria possa essere regolarmente acquistata per iscriverla nei registri delle imbarcazioni da diporto? In tal caso basta fare riferimento all'ufficio del Paese comunitario ove l'unità risulta iscritta. Ove questi avesse sede in un territorio escluso dalla Comunità Europea l'unità è considerata come proveniente da un Paese terzo e quindi può rientrare nel mercato comune solo nei casi e alle condizioni di seguito indicate. Nei casi dubbi o comunque se non si vogliono correre rischi, maggiori informazioni possono essere assunte dal Ministero degli Affari Esteri - Direzione Generale Affari Economici - Ufficio I. Vediamo ora la situazione delle imbarcazioni provenienti dai Paesi Terzi (Paesi fuori dall'area Economica Europea) che, benché sprovviste del marchio CE, possono anch'esse rientrare nel territorio comunitario ed essere commercializzate. Sulla questione si richiamano anche le due sintetiche circolari emanate dall'ex Direzione Generale del Naviglio (ora Unità di Gestione della Navigazione Marittima e Interna) n. 266512 del 15.6.1998 e n. 267661 del 14.7.1998 dirette agli uffici marittimi e a quelli della navigazione interna. Le imbarcazioni da diporto costruite, immesse sul mercato o messe in servizio in uno degli Stati membri dell'area A.E.E., anteriormente alla data del 16 giugno 1998, non ricadono nella Direttiva 94/25/CE e di conseguenza possono continuare a rientrare nel mercato comune ed essere iscritte nei registri. Basta che si verifichi una delle tre condizioni indicate; non è importante infatti dove l'unità si trovava il 16 giugno 1998, essendo invece rilevante la data in cui essa è stata per la prima volta messa in commercio. L'avvenuta costruzione nell'area A.E.E. può essere comprovata dall'estratto del registro ove l'unità era iscritta o dalla dichiarazione di costruzione oppure dalla bolletta doganale di esportazione. Il concetto di immissione nel mercato determina il momento in cui il prodotto è disponibile sul mercato dell'area A.E.E., per la prima volta, per essere distribuito o usato nell'ambito della Comunità. In breve, per introduzione sul mercato va inteso come la disponibilità fisica del prodotto, senza tener conto dell'aspetto legale (vendita, donazione, comodato, noleggio). Per messa in

servizio si intende che il prodotto è pronto all'uso, non richiede cioè alcun montaggio e quindi è considerato come messo in servizio non appena introdotto sul mercato. Per le unità in questione, i requisiti di costruzione, commercializzazione o la messa in servizio devono essere sempre comprovati da documenti probatori. Quale mezzo di prova si ricorda che l'art. 2704 del codice civile prevede che "la data dalla scrittura che contiene dichiarazioni unilaterali non destinate a persona determinata può essere accertata con qualsiasi mezzo di prova". Le imbarcazioni di bandiera extracomunitaria senza marchio CE, che non siano state costruite, immesse sul mercato o messe in servizio, prima del 16 giugno 1998, in uno dei Paesi dell'unione Europea, non possono più rientrare nell'ambito del mercato comune per essere commercializzate e iscritte nei registri. Il fatto che l'unità sia rimasta lungamente nel territorio comunitario, per diporto, turismo o altro scopo, non ha alcuna rilevanza ai fini di quanto dispone la Direttiva 94/25/CE. In sintesi, l'unità non può essere acquistata ai fini dell'iscrizione nei registri non avendo i requisiti per rientrare nel mercato comune. La permanenza nelle acque italiane (e comunitarie) delle unità di bandiera extracomunitaria è disciplinata dalla Convenzione di Ginevra del 18 maggio 1956 nonché dall'art. 723 del regolamento CE n. 245/93 sul regime dell'ammissione temporanea nel territorio comunitario. Da notare che le acque marine comunitarie sono costituite dalle acque territoriali e dalle acque marittime e interne degli Stati dell'unione Europea, escluse quelle appartenenti ai territori che non sono parte del territorio doganale della Comunità. Tali unità quando si trovano nelle acque territoriali o nei porti nazionali: a) devono essere munite del c.d. "Costituto d'arrivo" (documento non ancora abrogato), che viene rilasciato dall'autorità marittima del porto di primo approdo in Italia; al momento della partenza per un porto estero, il documento va restituito all'autorità Marittima di ultimo approdo. b) devono essere munite della polizza assicurativa sulla responsabilità civile in conto terzi (carta verde); c) secondo le previsioni dell'art. 717 del regolamento CE 2454/93, le unità non possono essere prestate, affittate, impegnate, cedute o messe a disposizione di una persona stabilita nella Comunità; d) durante la loro permanenza nelle acque territoriali sono considerate, dal punto di vista fiscale e doganale, in regime di temporanea importazione. In tale posizione la loro permanenza nel territorio nazionale (e comunitario) è consentita per un periodo massimo di sei mesi. Al termine di tale periodo, l'unità deve lasciare il territorio per evitare l'obbligo della definitiva importazione, con il pagamento dei relativi tributi doganali e le sanzioni previste per il "contrabbando". Per le unità ricoverate in un cantiere o un capannone di rimessaggio la legislazione doganale prevede deroghe al periodo di sei mesi di permanenza nel territorio comunitario, alle seguenti condizioni: a) deve essere comunicato alla locale autorità doganale il luogo in cui l'unità verrà custodita in rimessaggio, allegando i documenti di bordo con la richiesta di apposizione di sigilli al timone;

b) il periodo di custodia in rimessaggio interrompe il regime di temporanea importazione, che inizia ex-novo decorso tale periodo, sempreché l'unità sia rimasta custodita per una durata di almeno tre mesi continuativi; c) alla fine del periodo la Dogana provvederà alla restituzione dei documenti di bordo, previa rimozione dei sigilli. Il procedimento può essere ripetuto alla scadenza dei successivi sei mesi. Anche dopo la riforma delle disposizioni doganali, tutte le unità da diporto di qualsiasi bandiera quando sono dirette in un porto fuori dal territorio doganale della Comunità possono imbarcare le provviste di bordo in franchigia doganale; per ottenere il beneficio basta richiedere a qualsiasi Ufficio marittimo il rilascio del "Giornale partenze e arrivi". Dopo l'imbarco delle provviste, però, l'unità deve lasciare il porto entro le successive 8 ore. All'inizio del commento è stato evidenziato che le unità da diporto (natanti compresi) per poter entrare nel territorio comunitario devono riportare il marchio CE. Sorge ora il problema dei natanti (unità non iscritte nei registri) che vengono portati all'estero in occasione delle vacanze, nei Paesi non comunitari. Tali unità, diversamente dalle imbarcazioni (unità targate e munite della licenza di navigazione) non hanno alcun documento che costituisca un collegamento con lo Stato di appartenenza. Il fatto di avere il certificato d'uso del motore non è sufficiente a dimostrare la nazionalità del natante. In tal caso, allo scopo di evitare problemi al momento del rientro in Italia, è opportuno che all'atto dell'uscita dal varco doganale comunitario, venga fatta una dichiarazione scritta, vistata dall'autorità doganale, contenente la descrizione delle caratteristiche tecniche dell'unità. Tale documento dovrà essere conservato per presentarlo al momento del rientro nell'area doganale della Comunità.

Approfondimento. IMPIEGO A BORDO DELLE UNITÀ DA DIPORTO DEI DISPOSITIVI INDIVIDUALI DI GALLEGGIAMENTO. (a cura del Lgt. Tarquini Stefano) Con la Circolare n. 4866 del 18 marzo 2009, la Direzione Generale per il Trasporto Marittimo e per Vie D'Acqua Interne impartiva disposizioni in ordine all'impiego a bordo delle cinture di salvataggio previste dalla normativa ISO, confermando la possibilità di utilizzo a bordo di unità da diporto di cinture di salvataggio SOLAS di tipo approvato e conformi alla Direttiva CE n. 98/98/CE MED, purchè in versione emendata dalla risoluzione MSC 200/80. Inoltre, la suddetta circolare disponeva che le unità che svolgono navigazione dai 300 metri di distanza dalla costa ed entro le 6 miglia nautiche o in acque interne dovranno avere a bordo cinture di salvataggio conformi al livello prestazionale 100N, come requisito minimo. Con la suddetta circolare si richiamava l'attenzione dei soggetti interessati (costruttori, rivenditori e utenza) sul fatto che da tempo sono state recepite nel nostro ordinamento le nuove norme tecniche di omologazione dei giubbotti di salvataggio, che hanno sostituito la vecchia normativa EN (Europea) con la nuova normativa ISO 12042 (Internazionale). Con la successiva Circolare n. 10298 del 26 giugno 2009, la predetta Direzione Generale, a chiarimento della precedente norma, ha poi ribadito che le cinture di salvataggio e gli aiuti di galleggiamento realizzati in conformità alle precedenti norme tecniche (EN 395, EN 396, EN 399), già presenti a bordo delle unità da diporto, potevano conservare la propria validità nel rispetto dei limiti e dei requisiti prestazionali stabiliti dalla circolare. Di conseguenza le cinture di salvataggio con la stampigliatura EN 395, EN 396 ed EN 399, dopo il 31 marzo 2009, non solo non possono più essere prodotte, ma neanche commercializzate. La stessa circolare conferma la possibilità di impiegare a bordo delle unità da diporto le cinture di salvataggio in uso a bordo della navi commerciali. Ciò nella considerazione che le medesime sono conformi alla Convenzione Solas di tipo approvato e conformi alla direttiva 96\98\CE MED - nella versione emendata dalla risoluzione 81 (70) come emendata dalla risoluzione MSC 200\80 - in quanto, per tipologia di test, sono simili alle cinture di salvataggio rispondenti alla normativa ISO 12402. A seguito di una certa confusione tra gli utenti diportisti, è intervenuta la Circolare n. 06.01 68485 del 28 luglio 2009 del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, che suggeriva ai propri Comandi, allo scopo di assicurare all'utenza un adeguato margine di tempo per l'acquisizione di una corretta informazione in ordine alla pertinente normativa, di considerare tollerabile, in sede di controllo o verifica, l'uso delle cinture di salvataggio 100N (EN395), anche oltre le 6 miglia dalla costa, sino al loro deterioramento e, comunque, non oltre il 31 maggio 2010, considerando il fatto che tali mezzi nautici sono anche dotati di mezzo collettivo di salvataggio.

Per coloro che hanno a bordo le vecchie cinture del tipo EN, la circolare prevede che possono continuare ad essere utilizzate con l'osservanza delle seguenti prescrizioni e limiti di navigazione: - Le unità che navigano nella fascia compresa tra i 300 metri dalla costa e fino a sei miglia o in acque interne, devono avere a bordo cinture di salvataggio conformi, come requisito minimo, al livello prestazionale 100N; - Le unità che navigano oltre le 6 miglia dalla costa devono avere a bordo cinture di salvataggio conformi, come requisito minimo, al livello prestazionale 150N (poiché nella prima fase di applicazione della direttiva sono stati sollevati dubbi e perplessità, il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, con circolari n. 68485, del 28.07.2009, e n. 94937, del 07.11.2009, intervenendo sulla materia e nell'intento di rassicurare il mondo della nautica, ha fornito alcuni chiarimenti operativi per dar modo all'utenza di avere un margine di tempo adeguato per acquisire una corretta informazione in merito alla nuova normativa. A tale scopo ha disposto che nei casi di verifiche a bordo, qualora gli organi di controllo rilevassero disarmonie in merito ai limiti di impiego dei salvagenti, considereranno tollerabile l'uso delle cinture di salvataggio 100N anche oltre le sei miglia dalla costa, nonchè quelle SOLAS conformi alla risoluzione 81 (70), non emendata, fino al termine ultimo del 31 maggio 2010). Quanto precede nella considerazione che le unità adibite alla navigazione oltre le sei miglia dalla costa sono, tra l'altro, dotate anche di un mezzo collettivo di salvataggio, per cui l'impiego delle cinture di salvataggio 100N, già presenti a bordo di tali unità, può considerarsi adeguato nel periodo transitorio. Al riguardo, è opportuno procedere ad un controllo dei salvagente a bordo, allo scopo di accertare che riportino la stampigliatura tecnica EN 395(100N) o EN 396 (150N) o EN 399 e di utilizzarli poi nei limiti di navigazione stabiliti dalle richiamate disposizioni ministeriali. Segue, qui di seguito, un riepilogo dei vari tipi di salvagente che possono essere impiegati a bordo delle unità da diporto, secondo le ultime disposizioni emanate dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto, con Circolare n. 94937 del 17 novembre 2009. - Le seguenti cinture di salvataggio già presenti a bordo alla data del 18 marzo 2009 (circolare ministeriale n. 4686 sopracitata) possono essere mantenute a bordo fino a quando risultano efficienti e in buono stato di conservazione: EN 395, per la navigazione entro le sei miglia alla costa; EN 396 e EN 399, per la navigazione senza limiti dalla costa; Conformi alla risoluzione IMO MSC 81(70), per la navigazione senza limiti dalla costa. - Le seguenti cinture di salvataggio imbarcate a bordo successivamente al 18 marzo 2009 (data della circolare) possono essere impiegate per la navigazione e nei limiti temporali a fianco di ciascuna di esse indicato: ISO 12402-4, 100N per la navigazione entro sei miglia dalla costa; ISO 12402-3, 150N, ISO 12402-2 275N per la navigazione senza limiti dalla costa;

EN 395, 100N, per la navigazione senza limiti dalla costa fino al 31 maggio 2010; Conformi alla risoluzione IMO MSC 81(70), come emendata dalla risoluzione MSC 200(80,) per la navigazione senza limiti dalla costa. Conformi alla risoluzione IMO MSC 81(70) per la navigazione senza limiti dalla costa fino al 31 maggio 2010.

Approfondimento. REVISIONE DELLE ZATTERE DI SALVATAGGIO. (a cura del Lgt. Tarquini Stefano) La revisione ordinaria delle zattere di salvataggio va fatta ogni due anni. Quella straordinaria ogni quattro anni. Le vecchie zattere, conformi al D.M. 2.12.1977, dovevano essere sottoposte ad una visita speciale entro il 17 ottobre 2004. Chi non avesse ancora provveduto potrà farlo in ogni momento, fermo restando che le stesse non possono essere utilizzate fino a quando non saranno sottoposte all'apposita revisione. Si ricorda che lo skipper è l'unico responsabile dell'equipaggiamento dell'unità, dei mezzi di salvataggio e delle dotazioni di sicurezza conformi alla normativa vigente e in regola con i controlli periodici. Ai fini del controllo sono interessati alla revisione delle zattere nell'anno 2010, coloro che: a) nell'anno 2007 hanno acquistato o revisionato una zattera autogonfiabile, con revisione prevista nell'anno 2009, non ancora effettuata; b) coloro che sono in possesso di una zattera con revisione scaduta, anche se da lungo tempo. Le verifiche possono essere effettuate solo dalle stazioni di revisione autorizzate dal costruttore le quali, al termine della visita, rilasciano un apposito certificato di revisione attestante il superamento dei controlli e l'idoneità all'impiego. Nei casi di viaggi all'estero, le revisioni possono essere eseguite anche prima, senza attendere la data di scadenza. Da notare che le vecchie zattere non riportavano l'indicazione dell'unità dove erano imbarcate per cui potevano ruotare da un'unità all'altra senza incorrere nella violazione della legge. Le nuove zattere, invece, riportano gli estremi degli elementi di individuazione dell'unità ove sono installate e non possono quindi essere trasferite in altre unità. Per quanto riguarda le zattere di salvataggio per la navigazione entro le 12 miglia dalla costa, l'art.54 del regolamento al codice della nautica, approvato con Decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146, dispone che a decorrere dal 1 gennaio 2009 gli apparecchi galleggianti, meglio noti come "atolli", dichiarati non più idonei in quanto non danno la necessaria garanzia di sicurezza, devono essere sostituiti con una zattera di salvataggio autogonfiabile, avente i requisiti tecnici da stabilire con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Con Decreto 2 marzo 2009 del Comandante Generale delle Capitanerie di Porto sono state stabilite le caratteristiche tecniche che devono avere le nuove zattere di salvataggio da utilizzare a bordo delle unità da diporto quando la navigazione si svolge nella fascia costiera tra le 6 e le 12 miglia dalla costa. Il provvedimento, anche se non è stato pubblicato nelle forme stabilite, è entrato

pienamente in vigore. Sulla questione ci sono alcuni che ritengono necessario un ulteriore provvedimento amministrativo che definisca in modo chiaro la sostituzione del mezzo di salvataggio ad evitare che possano nascere dubbi o interpretazioni di parte. Ma ciò non toglie che l'atollo non può essere più impiegato a bordo. La revisione periodica dei nuovi mezzi segue quella delle zattere di salvataggio.