dicembre 2004 Mutuo a tasso variabile, conto corrente e anatocismo, di Alessandro Capozziello. Il tema dell anatocismo è in questo momento centrale. E in corso una vera e propria ribellione dei clienti rispetto al comportamento assunto da parte di chi raccoglie il risparmio tra il pubblico ed esercita il credito. E indubbia la funzione sociale svolta dagli operatori del comparto creditizio ma resta il dovere di assumere comportamenti corretti. Si ritiene di non aderire sulla base di una semplice richiesta al rimborso delle somme capitalizzate trimestralmente a titolo di interessi atteso che le sentenze vincolano solo le parti in causa e l eventuale richiesta giudiziaria per il diritto alla ripetizione delle somme in oggetto potrà aver riguardo ai soli importi capitalizzati sino all aprile del 2000 essendo a tale data mutata la clausola che disciplinava la capitalizzazione degli interessi. Questa è la linea difensiva. Il fenomeno dell anatocismo ha varie manifestazioni ovvero differenti sono le modalità attraverso le quali può essere condotto un comportamento contrario alle norme imperative del codice civile. Una delle modalità facilmente riscontrabili nella pratica professionale è rappresentata da quel diabolico intreccio fra i rapporti di mutuo ed i rapporti di conto corrente. Il mutuo rappresenta uno strumento di concessione del credito che possiede intrinsecamente caratteristiche di anatocismo. A tal riguardo illuminante può essere ripercorrere la formula matematica che dà luogo al calcolo della rata
dovuta. Le prestazioni sono corrispettive. La banca al tempo t con zero consegna una determinata quantità di danaro al mutuatario che si obbliga a restituirla nell arco di un certo intervallo temporale. Il debitore corrisponde una serie di rate di solito su base mensile al fine di restituire entro la scadenza quanto il mutuante ha erogato in sede di accensione del rapporto oltre agli interessi. La rata periodica è calcolata attraverso una formula matematica che prevede la soddisfazione dell equazione per cui la sommatoria del valore attuale delle rate è pari all importo erogato I. In termini matematici: Capitale erogato = R/(1+i) + + R/[(1+i)* *(1+i)] Ogni rata è riportata al tempo di erogazione attraverso un processo di attualizzazione. Il valore della rata in t con zero si ottiene dividendola per il fattore (1+i) moltiplicato per se stesso tante volte quanto sono i periodi tra la erogazione e la scadenza della stessa. Le rate a scadere danno un contributo più basso alla copertura del capitale erogato (parte sinistra) se divise per il fattore (1+i) che cresce esponenzialmente rispetto ad un fattore (1+i) che cresce linearmente. Nel primo caso si parla di capitalizzazione composta (esponenziale o geometrica) e nel secondo caso di capitalizzazione semplice (lineare). Il contratto di mutuo è intrinsecamente anatocistico e quindi contrario all art. 1283 del c.c. perché la formula di determinazione della rata tiene conto della capitalizzazione composta e quindi della produzione di interessi su interessi. I L importo erogato ovviamente è al lordo delle imposte derivanti dal contratto di mutuo che vengono, congiuntamente agli altri oneri, sistematicamente ribaltate sui clienti. Una corretta ripartizione, se non si fosse in presenza della patologica debolezza contrattuale dell aspirante mutuatario, dovrebbe prevedere la ripartizione in parti uguali delle imposte sostitutive di cui al D.P.R. 601/1973 e che le spese di istruttoria restino in capo all ente erogante. E il mutuante che deve rimuovere le asimmetrie informative che caratterizzano i contratti finanziari e quindi è il mutuante che deve sostenere i costi per valutare la qualità del credito. L importo erogato quindi a sinistra dell equazione è al lordo di imposte e oneri di istruttoria con conseguente effetto di produzione di interessi su capitale non anticipato. 2
La previsione di una rata fissa o costante è dunque in contrasto con l art. 1283 del c.c. Caso più complesso è rappresentato da quei contratti di mutuo in cui il tasso di interesse (e quindi l importo della rata) è variabile. Tale previsione appare in contrasto sia con l art. 1283 che con l art. 1284 del c.c. La variabilità del tasso di interesse dà origine ad una condizione di indeterminatezza degli interessi e quindi dell obbligazione. Il problema potrebbe essere risolto alla luce della disciplina generale dei contratti. Prevedere un tasso di interesse variabile rende comunque l oggetto determinabile. La prestazione non è determinata ma è determinabile. Il debitore si ritrova in una situazione aleatoria normale poiché connessa a criteri oggettivi per cui la prestazione risulta determinabile e il rischio ragionevolmente prevedibile in ogni momento. E alquanto improbabile che si verifichi un avvenimento straordinario e imprevedibile per cui la variabilità sia tale da stravolgere la prestazione. Certo è che il codice parla di tasso di interesse superiore al legale determinato e non determinabile. Le rate di un mutuo si compongono dunque di una quota capitale e di una quota interessi. Far transitare i pagamenti delle rate di mutuo sul conto corrente dà luogo ad anatocismo su anatocismo Ciò infatti comporta da un lato come visto la considerazione di una capitalizzazione composta e di per sé anatocistica e dall altro la ricapitalizzazione della rata nel rapporto di c/c. E questo il diabolico intreccio di cui si diceva e che porta appunto ad una situazione per la quale gli interessi sul contratto di mutuo producono interessi (capitalizzazione composta) e poi ancora interessi una volta ribaltati sul conto corrente. Appurato il carattere intrinsecamente anatocistico del mutuo veniamo ora al conto corrente. Come già detto le banche si difendono sulla base del nuovo art. 120 c. 2 del T.U. 385/1993 che così recita: Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell esercizio dell attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. La formulazione appare infelice. Alcune considerazioni. 3
Il D. Lgs. n. 342/1999 ha modificato l articolo in commento attribuendo al CICR un vero e proprio potere derogatorio al codice civile. Il CICR ha prontamente deliberato il 9 febbraio del 2000 (appena sei mesi dalla modifica). Art. 2 - (Conto Corrente) 1. Nel conto corrente l'accredito e l'addebito degli interessi avviene sulla base di tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalità. 2. Nell'ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori. 3. Il saldo risultante a seguito della chiusura definitiva del conto corrente può se contrattualmente stabilito, produrre interessi. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica. Art. 3 - (Finanziamenti con piano di rimborso rateale) 1. Nelle operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l'importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica II. 2. Quando il mancato pagamento determina la risoluzione del contratto di finanziamento, l'importo complessivamente dovuto può se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di risoluzione. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica. 3. Quando il pagamento avviene mediante regolamento in conto corrente si applicano le disposizioni dell'art. 2. II Se la rata di mutuo transita in c/c si ha come effetto la capitalizzazione periodica anche di tali interessi. 4
4. Nei contratti che prevedono un periodo di pre-finanziamento, gli interessi maturati alla scadenza di tale periodo, se contrattualmente stabilito, sono cumulabili all'importo da rimborsare secondo il piano di ammortamento. Dall analisi di tale testo sorgono parecchi interrogativi. Una premessa si rende necessaria in relazione all art. 25 del D.Lgs. 342/1999. L intervento può essere considerato come abrogazione delle norme del codice civile e in particolare dell art. 1283 del c.c.? Analizzando la scala gerarchica delle fonti appare intervento non idoneo a produrre diritto. Una legge ordinaria può essere abrogata solo da una legge successiva. Così l art. 15 del c.c. Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l intera materia già regolata dalla legge anteriore. Dalla lettura della disposizione discende che l abrogazione può essere tacita o espressa. A sua volta l abrogazione tacita può derivare da incompatibilità con una o più disposizioni precedenti o da una nuova regolamentazione che va quindi ad assorbire e sostituire la precedente. Nel caso in commento, ovvero l introduzione e la modifica al T.U. mediante D. Lgs. e quindi mediante legge successiva, l abrogazione al codice civile appare tacita. Le nuove disposizioni tuttavia non sembrano rappresentare una nuova regolamentazione né tanto meno porsi in contrasto con la norma precedente. Il codice civile, nella sezione che accoglie l art. 1283, regola il rapporto ovvero l obbligazione che deriva dal fatto che esista un debito pecuniario. E ancora, nella sua formulazione l art. 1283 del c.c. non esclude che gli interessi producano interessi ma ne subordina la possibilità che ciò accada alla formulazione della domanda giudiziale o alla convenzione posteriore alla scadenza degli interessi e in ogni caso se e solo se si tratta di interessi dovuti per almeno sei mesi. Al contrario il T.U. 385/1993 disciplina gli aspetti squisitamente operativi dell attività bancaria pur non astenendosi dall introdurre qua e la principi di diritto. In buona sostanza il T.U. non può essere visto come nuova e intera regolamentazione delle norme del codice civile e in quanto tale non idoneo ad assorbirle e sostituirle. E ancora, il T.U. non appare in contrasto con il 5
codice poiché entrambi ammettono la possibilità che gli interessi producano a loro volta interessi. Quanto affermato vale con particolare riferimento all art. 1283 del c.c. che non può e non deve essere inteso derogato dal T.U. Ancor più sostanza acquisisce quanto detto se si riflette sulla tecnica che, a giudizio delle banche, il legislatore avrebbe adottato per derogare al codice civile. La deroga come detto potrebbe al più ritenersi tacita e per nuova regolamentazione. Assumendo per ipotesi che sia così, resta il fatto che il potere di deroga non può essere attribuito al CICR. E lo stesso T.U. all art. 2 che circoscrive il compito del CICR all alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio. Non rientra in tale previsione il potere di derogare al codice civile, anche in semplice considerazione del fatto che le delibere del CICR non sono legge e in quanto tali non possono né derogare né abrogare una legge precedente. In estrema sintesi quindi il T.U. non è derogatorio né abrogatorio III al codice civile e né può esserlo la delibera del CICR. Tutto quanto premesso resta fermo il divieto di anatocismo. Gli operatori bancari ovviamente si trincerano dietro il nuovo art. 120 del T.U. oltre che dietro l affermazione per cui lo stesso codice civile negli artt. seguenti e regolatori del rapporto di conto corrente deroga all art. 1283. L atteggiamento di chiusura è dettato ovviamente oltre che da considerazioni di carattere normativo anche dalla necessità di sopravvivenza. Il problema è che si rende sempre più necessario un intervento del legislatore e questa volta sarebbe bene che fosse condotto con la tecnica della novella ovvero direttamente a modificare le norme imperative del c.c. L argomento resta scottante e i clienti hanno preso coscienza della propria III Ad ulteriore supporto giunge la ricostruzione storica della evoluzione normativa. Il T.U. è stato introdotto su delega di cui alla legge 142 del 1992 e che a sua volta discendeva dalla necessità di adeguarsi alla Direttiva 89/646/CEE. Sia la Direttiva che la legge delega si ispiravano a principi regolatori dell operatività bancaria e non di certo agli aspetti normativi delle obbligazioni pecuniarie. Infatti le principali direttive ispiratrici dell intervento erano: disciplina degli operatori di mercato con la previsione di autorizzazioni e albi, autorità creditizie e poteri di vigilanza (non certamente normativi). L intervento è quindi finalizzato ad incidere sulla struttura del mercato muovendo dalla considerazione per cui il sistema finanziario rappresenta una componente fondamentale dello sviluppo economico con ripercussioni sociali e in quanto tale da regolamentare fin tanto che i mercati non saranno perfetti. A sostegno anche la previsione di particolari procedure per la gestione delle insolvenze. Il T.U. non ha quindi per sua natura carattere di nuova regolamentazione della normativa di cui al codice civile, non è in palese contrasto e quindi non la abroga. 6
posizione di contraenti deboli e in quanto tali costretti dallo stato di necessità a sottoscrivere tutto quanto proposto dalle banche e al fine di ottenere liquidità. Suonano beffarde le parole contenute nelle delibere del CICR (in particolare quella del 2000 di cui si diceva) quando parlano di condizioni sfavorevoli possibili se previste contrattualmente. Purtroppo tali direttive trascurano il fatto che l acquisizione di risorse finanziarie non avviene nella pratica attraverso un libero processo negoziale. Da una parte il cliente imprenditore o consumatore che aspira, spesso mosso da necessità pratiche, ad avere la disponibilità per far fronte alle proprie esigenze. Dall altra l operatore bancario che, sfruttando la propria forza contrattuale, impone condizioni e condizioni che l altro contraente è costretto ad accettare senza possibilità alcuna di negoziazione. A sostegno risultano le pratiche spesso condotte dagli stessi operatori finanziari. E frequente nella pratica professionale assistere alla progettazione di operazioni blindate a moltiplicazione esponenziale della capacità di rientro del credito. Esempio classico: società di persone alla quale viene richiesto di fornire fideiussione di terzi, fideiussione dei soci illimitatamente responsabili, firma di cambiali in bianco e in genere di titoli di credito astratti a titolo personale (a tal riguardo nascono legittimi interrogativi in relazione all art. 644 del codice penale), ecc La situazione di debolezza quindi si manifesta sia all atto dell accensione IV del rapporto che in caso di eventuali ritardi o inadempienze. Le rate scadute producono interessi, gli interessi producono interessi, i pagamenti poggiati sui conti correnti a loro volta producono interessi. Tale meccanismo va avanti fin tanto che il mutuante non decide (una volta soddisfatto dei proventi maturati) di revocare il rapporto chiedendo il rientro immediato e minacciando la presentazione degli effetti oltre che l esercizio dei diritti derivanti dalle garanzie. In tali situazioni poiché l istituto ha un titolo astratto spesso il debitore chiede un ulteriore dilazione per rientrare e il mutuante chiede a garanzia la sottoscrizione di ulteriori titoli di credito astratti. Questo meccanismo va avanti fin tanto che o il debitore non trova il modo di rientrare o l istituto non decide IV Clausole tipiche a dimostrazione della debolezza contrattuale: Resta altresì a Vostro carico ogni onere fiscale presente e futuro e ancora Gli interessi di cui alla presente clausola saranno calcolati in base all effettivo numero dei gironi trascorsi con divisore fisso su base annua. 7
unilateralmente di porre fine ai giochi ed escutere il patrimonio societario e personale (in virtù delle garanzie personali che vengono richieste per finanziamenti ad imprese siano esse di capitali che di persone). Un intervento immediato è necessario soprattutto nell attuale contesto di difficoltà economica per cui le perdite accumulate dalle imprese hanno deteriorato i patrimoni aziendali, anche grazie al peso degli oneri finanziari. 8