Rapporto sulle tariffe dei servizi pubblici locali 2013



Documenti analoghi
Indice. p. 1. Introduzione. p. 2. Il consumo medio annuo pro capite di gas. p. 2. Il costo del gas con la tariffa di Maggior Tutela dell AEEG p.

Speciale tariffa

Presupposti per la determinazione per l anno 2003 del prezzo all ingrosso dell energia elettrica destinata ai clienti del mercato vincolato

N. 2 DEL 24 GENNAIO 2013 Note e Studi

Testo risultante dalle modifiche ed integrazioni apportate con deliberazione 11 febbraio 2009, EEN 1/09

Ma l incidenza delle componenti fiscali al 60% limita fortemente i benefici

Al momento attuale tutte le regioni con l esclusione del Trentino Alto Adige dove non trova applicazione hanno recepito la legge 36/94.

Indice Costo Elettricità Terziario

RISOLUZIONE N. 430/E QUESITO

Il bilancio per il cittadino - Comune di Napoli. Marika Arena, Giovanni Azzone, Tommaso Palermo

Vigilanza bancaria e finanziaria

Figura Evoluzione dei consumi totali di energia elettrica. Figura Ripartizione dei consumi totali di energia elettrica

L AUTORITÀ PER L ENERGIA ELETTRICA IL GAS E IL SISTEMA IDRICO

L AUTORITÀ PER L ENERGIA ELETTRICA E IL GAS

La nuova regolazione del servizio idrico

Relazione tecnica alla deliberazione 24 novembre 2011, EEN 12/11

I principali risultati

Stock del credito al consumo sui consumi delle famiglie

DCO 106/2013/R/GAS Mercato del gas naturale Riforma delle condizioni economiche nel servizio di tutela Revisione della componente QVD

fiscalità imposte erariali sull energia elettrica (accise), dell IVA e degli oneri generali del sistema elettrico*,

RAPPORTO SULLE TARIFFE DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO E

COMUNE DI PERUGIA AREA DEL PERSONALE DEL COMPARTO DELLE POSIZIONI ORGANIZZATIVE E DELLE ALTE PROFESSIONALITA

La gestione delle risorse idriche a uso idropotabile

TASSE COMUNALI AL TOP A BOLOGNA, ROMA E BARI

Autorità per l energia elettrica il gas e il sistema idrico

Autorità per l energia elettrica il gas e il sistema idrico

ASILI NIDO E MENSE SCOLASTICHE ANALISI A CURA DEL SERVIZIO POLITICHE TERRITORIALI DELLA UIL SULLE CITTA CAPOLUOGO DI REGIONE ANNO SCOLASTICO

PATTO DI STABILITA INTERNO: L OPZIONE REGIONALIZZAZIONE

COMUNICATO STAMPA presente sul sito:

Autorità per l energia elettrica e il gas

Autorità per l energia elettrica il gas e il sistema idrico

L AUTORITÀ PER L ENERGIA ELETTRICA IL GAS E IL SISTEMA IDRICO

LA LETTURA DI LIBRI IN ITALIA

COMUNE DI RAVENNA GUIDA ALLA VALUTAZIONE DELLE POSIZIONI (FAMIGLIE, FATTORI, LIVELLI)

Pensionati e pensioni nelle regioni italiane

ICET 4. Indice Costo Energia Terziario. Energia elettrica. a cura di Confcommercio-Imprese per l Italia in collaborazione con REF Ricerche

A cura di: Giovanni Azzone, Politecnico di Milano Tommaso Palermo, Politecnico di Milano. Focus: area ambiente. Luglio 2010

D.M. 1/8/1996 (Metodo Normalizzato) Articolo 1 Tariffa di riferimento.

TARIFFE DI RIFERIMENTO PER LA FORNITURA DI ENERGIA ELETTRICA A CLIENTI NON DOMESTICI IN REGIME DI MAGGIOR TUTELA

il fotovoltaico quanto costa e quanto rende

Monitoraggio sulla conversione dei prezzi al consumo dalla Lira all Euro

Il programma a breve-medio termine dell Autorità per l energia

POMPE DI CALORE ELETTRICHE UN CONTATORE DEDICATO

Elettricità: la bolletta trasparente

RISOLUZIONE N. 88/E. Con istanza d interpello formulata ai sensi dell articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, è stato posto il seguente:

ANALISI DELL OCCUPAZIONE FEMMINILE IN ITALIA

Note Brevi LE COOPERATIVE NELL AMBITO DELLA STRUTTURA PRODUTTIVA ITALIANA NEL PERIODO a cura di Francesco Linguiti

PRINCIPALI ASPETTI ECONOMICO-FINANZIARI DEI BILANCI CONSUNTIVI RELATIVI ALL ANNO 2003

Scaglioni di potenza (kw) 1<P 3 3<P 6 6<P 20 20<P <P P> /kw /kw /kw /kw /kw /kw - 2,2 2 1,8 1,4 1,2. Tabella 1

Bolletta 2.0 Guida alla lettura delle voci di spesa per i clienti serviti in regime di tutela

CIRCOLARE N. 2/E. Roma, 17 GENNAIO 2008

L AUTORITÀ PER L ENERGIA ELETTRICA IL GAS E IL SISTEMA IDRICO

Report di sintesi piani formativi finanziati da Fonservizi a valere sul CFA

Guida alla lettura delle voci di spesa per i clienti serviti in regime di mercato libero con l offerta tariffa sicura

SCHEMA DI REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DELL ARTICOLO 23 DELLA LEGGE N

1. Oggetto e struttura del disegno di legge

Monitoraggio delle tariffe dei Servizi Pubblici Locali in Provincia di Genova

Il bilancio per il cittadino - Comune di Modena. Marika Arena, Giovanni Azzone, Tommaso Palermo

Coinvolte quasi 1200 micro, piccole e media imprese sul territorio toscano

L AUTORITÀ PER L ENERGIA ELETTRICA IL GAS E IL SISTEMA IDRICO

- rilevazione al 1 ottobre

DATI DI SINTESI DELL EVOLUZIONE DELLE FORNITURE DI ENERGIA ELETTRICA E DI GAS NATURALE: REGIMI DI TUTELA E MERCATO LIBERO

ROADSHOW PMI CREDITO E PMI. IMPRESE, CREDITO E CRISI DELL ECONOMIA. Ricerca a cura di Confcommercio Format

REGOLAMENTO PER LA GESTIONE DEL PATRIMONIO DELLA FONDAZIONE BANCA DEL MONTE DI ROVIGO

INDAGINE SUI PREZZI R.C.A. AL 1 APRILE 2014

L AUTORITÀ PER L ENERGIA ELETTRICA E IL GAS

Fattura di energia elettrica. Quadro normativo

L età dei vincitori La presenza femminile. L età dei vincitori La presenza femminile. Confronto tra il concorso ordinario ed il concorso riservato

IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA INCONTRO PARTI SOCIALI 23/7/2015

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI MISURA DELL ENERGIA ELETTRICA PRODOTTA DA IMPIANTI DI GENERAZIONE

Convegno Federconsumatori Toscana. Al centro i cittadini. Equità, tutela e partecipazione nei servizi pubblici locali

IUC: NEL 2014 TASSE PIU PESANTI SULLE PMI

LA GIUNTA REGIONALE. VISTO il Regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi della Giunta regionale, 6 settembre 2002, n.1 e s.m.i.

La quantificazione dei benefici di BIOCASA sui consumi energetici ed emissioni di CO 2

Rifiuti: a quando l Authority?

IMPRESE: L EFFETTO TASI-IMU FA AUMENTARE LE TASSE

Il Piano Regionale di Gestione Integrata dei Rifiuti. Deliberazione del Consiglio Regionale n. 301 del 5 Maggio 2009

Modalità di applicazione della disciplina delle accise sull energia elettrica per i Sistemi Efficienti d Utenza

Come leggere la bolletta dell acqua

Programmazione e tempi di riparto

Servizio di trasporto pubblico locale di linea nel territorio comunale

Autorità per l energia elettrica il gas e il sistema idrico

del 26 gennaio 2012 Agevolazioni fiscali e contributive per i premi di produttività - Proroga per il 2012 INDICE

- rilevazione al 1 aprile

AGGIORNAMENTO DEL FATTORE DI CONVERSIONE DEI KWH IN TEP CONNESSO AL MECCANISMO DEI TITOLI DI EFFICIENZA ENERGETICA

Bilancio Consolidato e Separato

DECISIONE DELLA COMMISSIONE

DL Milleproroghe Principali novità per le aziende

Prezzi: autorità energia e garante insieme per sorvegliare prezzi gas e elettricità

FederIdroelettrica. Principali novità regolatorie in materia di generazione distribuita

IL PROGRAMMA SOSTIENE I GIOVANI INTERESSATI ALL AUTOIMPIEGO E ALL AUTOIMPRENDITORIALITÀ

Trasforma l energia del sole in energia produttiva

UniCredit Banca a sostegno del fotovoltaico Stefano Rossetti Direttore Regionale Emilia Est e Romagna UniCredit Banca

CONTINUA LA STRETTA DEL CREDITO PER LE IMPRESE DI COSTRUZIONI

RISULTATI DELLA RILEVAZIONE SULLE COMMISSIONI APPLICATE DALLE BANCHE SU AFFIDAMENTI E SCOPERTI DI CONTO

Esonero contributivo per assunzioni a tempo indeterminato

Popolazione. Pagine tratte dal sito aggiornato al 24 marzo 2014

INPS a porte aperte. Il Fondo Speciale per il Trasporto Aereo (FSTA) si caratterizza per alcune peculiarità:

COMUNICATO STAMPA DEL 23 APRILE 2013

ASSOELETTRICA. La riforma delle tariffe elettriche domestiche. Incontro con la stampa Roma, 17 febbraio 2015

Transcript:

Rapporto sulle tariffe dei servizi pubblici locali 2013

Il presente Rapporto è stato curato da Enzo Maria Tripodi e Sandra Asaro dell INDIS e da un gruppo di lavoro coordinato da Donato Berardi e Samir Traini di REF Ricerche. I capitoli 1, 4 e 5 sono stati redatti da Francesca Signori, ad eccezione dell Approfondimento sul gasolio redatto da Daniela Protas; il capitolo 2 e 3 da Giuseppe Voto; l Approfondimento - La Carta del Servizio da Gerardo Castaldi. Donato Berardi è autore dell introduzione. Tutte le elaborazioni sono realizzate sulla base delle informazioni disponibili a settembre 2013. 2

Indice PREMESSA 5 di Andrea Zanlari INTRODUZIONE 7 SEZIONE I LE TARIFFE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI CAPITOLO 1 SERVIZIO IDRICO INTEGRATO 1.1. Assetto istituzionale e organizzazione del servizio: il quadro nazionale 15 1.2. I Comuni oggetto di indagine 18 1.3. L articolazione tariffaria 20 1.3.1. La struttura tariffaria: i principi e le nuove linee guida dell AEEG 21 1.3.2. Famiglie 22 1.3.3. Imprese 27 1.4. La spesa per il servizio 35 1.4.1. La spesa annua e le sue determinanti 26 1.4.2. Famiglie e imprese: le differenze 43 1.4.3. La graduatoria delle città capoluogo 44 1.4.4. Variazioni della spesa nell ultimo anno 48 Approfondimento - La tariffa di fognatura e depurazione per i reflui industriali 50 CAPITOLO 2 SERVIZIO DI RACCOLTA E SMALTIIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI 2.1. Organizzazione e dimensione economica del settore 61 2.2. I sistemi di prelievo in vigore fino al 2012 66 2.3. Il nuovo regime tributario in vigore dal 2013: la TARES 67 2.4. I Comuni oggetto di indagine 69 2.4.1. L assetto tariffario 70 2.5. La spesa per il servizio 71 2.5.1. La spesa annua e le sue determinanti 72 2.5.2. Famiglie e imprese: le differenze 90 2.5.3. La graduatoria delle città capoluogo 92 2.5.4. Variazioni della spesa nell ultimo anno 95 Approfondimento - Regolamenti ed agevolazioni tariffarie 99 Approfondimento - La spesa per la raccolta di RSU: la tariffa puntuale 103 Approfondimento - La Carta del Servizio 109 3

CAPITOLO 3 TRASPORTO PUBBLICO LOCALE 3.1. Assetto istituzionale e organizzazione del servizio: il quadro nazionale 127 3.2. La domanda di mobilità 128 3.3. I Comuni oggetto di indagine 131 3.3.1. I documenti di viaggio 132 3.3.2. Le tipologie di biglietto singolo 133 3.3.3. Le tipologie di abbonamento 135 3.4. Il prezzo pagato per il servizio di TPL 137 3.4.1. Biglietti a tratta e a tempo 137 3.4.2. Abbonamenti: prezzi e agevolazioni 138 3.4.3. La graduatoria delle città capoluogo 142 3.4.4. Variazioni della spesa nell ultimo anno 148 SEZIONE II I PREZZI DELL ENERGIA ELETTRICA E DEL GAS NATURALE CAPITOLO 4 ENERGIA ELETTRICA 4.1. Materie prime e mercato all ingrosso 153 4.2. Lo sviluppo del mercato libero per famiglie e imprese 156 4.3. Il prezzo dell energia per famiglie e imprese 159 4.3.1. La composizione della bolletta 159 4.3.2. La spesa di alcuni profili tipo in maggior tutela 160 4.3.3. L andamento della spesa 165 4.3.4. La spesa sul mercato libero 167 Approfondimento - Il trova offerte della CCIAA di Monza e Brianza 168 4.3.5. Maggior tutela o mercato libero? 176 Approfondimento - I costi dell energia elettrica in Italia e in Europa 178 CAPITOLO 5 GAS NATURALE 5.1. Il mercato del gas naturale 185 5.2. La struttura del settore del gas naturale 187 5.3. Il prezzo del gas naturale per famiglie e imprese 189 5.3.1. La composizione della bolletta e la variabilità territoriale 189 5.3.2. La spesa di alcuni profili tipo in tutela 191 5.3.3. L andamento della spesa 198 5.4. Il prezzo del gas naturale sul mercato libero e le condizioni di tutela 203 5.5. I costi del gas naturale in Italia e in Europa: chi paga di più? 207 5.5.1. Le famiglie 207 5.5.2. Le imprese 209 Approfondimento - Il gasolio da riscaldamento 211 APPENDICI 221 BIBLIOGRAFIA 257 4

PREMESSA Da qualche anno la delocalizzazione delle imprese ha preso la direzione di Paesi che vantano una lunga tradizione di pubblica amministrazione efficiente, un più elevato rapporto tra qualità e costo dei servizi resi alle imprese, una più bassa tassazione. Un fenomeno nuovo che suggerisce che già oggi e sempre più in futuro un ruolo centrale della capacità dei territori di attrarre l iniziativa economica sarà misurata dall efficacia e dall efficienza dei servizi pubblici locali e dal loro costo. Una direzione lungo la quale molto lavoro rimane da fare se come documentato da autorevoli studi 1 il nostro Paese si colloca in una posizione di retrovia nella graduatoria mondiale dei luoghi in cui è più facile fare business. Efficienza, efficacia e qualità dei servizi pubblici, unitamente al loro costo, sono un fattore strategico di ciascun territorio che identifica la sua capacità di attrarre investimenti, di rappresentare un contesto più o meno fertile all iniziativa economica, di favorire la nascita e la sopravvivenza delle imprese, soprattutto di micro e piccole dimensioni. I servizi pubblici locali sono il fattore ambientale che più di altri è in grado di influenzare la capacità delle imprese di competere con successo nel mercato interno e nei contesti internazionali. Il perseguimento di obiettivi di miglioramento della qualità dei servizi pubblici locali e il doveroso contenimento dei loro costi sono ingredienti fondamentali e imprescindibili di una politica economica che miri a superare il declino e a promuovere il rilancio del paese. Un tema ancora più sentito in tempi di recessione dei consumi giacché i costi che le imprese si trovano a sostenere alimentano anche i prezzi pagati dalle famiglie. Il presente Rapporto illustra il contributo del sistema camerale a questo dibattito. Andrea Zanlari Presidente INDIS 1 Word Bank and the International Finance Corporation (2013). 5

6

INTRODUZIONE I servizi pubblici locali: la spesa, i territori Il Rapporto annuale sulle tariffe dei servizi pubblici locali giunge alla sua quinta edizione. E un prodotto frutto della collaborazione tra la rete delle camere di commercio di Italia, coordinate dall INDIS di Unioncamere, e REF Ricerche, il cui obiettivo è promuovere la trasparenza sui costi dei servizi locali sostenuti dalle famiglie e dalle micro e piccole imprese. Il Rapporto 2013 arriva a chiusura di un anno complesso, nel quale i corrispettivi dei servizi pubblici locali sono stati investiti da importanti cambiamenti: l eterna riforma del tributo per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l approdo alla regolazione tariffaria indipendente del servizio idrico integrato, il passaggio ai prezzi spot internazionali per il riconoscimento in tariffa dei costi di approvvigionamento di gas naturale e il contestuale obbligo posto in capo alle micro e piccole imprese di trovare un fornitore nel mercato libero, la diminuzione dei prezzi all ingrosso dell energia elettrica e l aumento delle bollette elettriche, a causa del crescente peso delle componenti amministrate (oneri generali e di sistema). L esito di queste vicende è efficacemente sintetizzato da un aumento medio dei costi dei servizi pubblici locali (forniture di acqua, gas naturale, energia elettrica e il servizio di igiene urbana) del 3,1% per le famiglie e del 4,0% nel caso delle micro, piccole e medie imprese, a fronte di aumenti di poco superiori al punto percentuale per la media dei beni e dei servizi venduti nel mercato, a segnalare che i costi dei servizi pubblici locali sono contemporaneamente un fattore che contribuisce a erodere il potere d acquisto delle famiglie e a comprimere i margini delle imprese, già messi a dura prova dalla debolezza dei consumi e dalla caduta del prodotto. L aumento del costo dei servizi pubblici locali raggiunge il 26% sull ultimo quinquennio: un dato che sintetizza rincari di intensità diversa a seconda del profilo dell attività considerata e del profilo di utilizzo espresso in termini di superfici occupate (RSU), metri cubi di acqua e gas, kwh di energia consumati e loro distribuzione nelle ore della giornata, nella settimana, nei mesi dell anno. Tra il 2008 e il 2013 l aumento di questi costi si cifra al +15% nel caso dell azienda di trasformazione alimentare (profilo caseificio) al +22% dell artigiano (profilo parrucchiere), per salire al +26% nel caso dell esercizio ricettivo 7

(profilo albergo) e al +40% nel caso dell esercizio di somministrazione di alimenti e bevande (profilo ristorante). Profili di attività Esercizio ricettivo Azienda artigiana Somministrazione di alimenti e bevande Impresa di trasformazione alimentare Profilo Albergo Parrucchiere Ristorante Caseificio Energia elettrica Consumo annuo (kwh) 200 000 9 000 65 000 130 000 Potenza prelevata (kw) 80 18 40 70 Distribuzione consumi per fascia oraria (F1-F2-F3) (% ) 37-29-34 65-20-15 34-30-36 46-22-32 Gas naturale Consumo annuo (mc) 20 000 2 500 7 000 35 000 Acqua Consumo annuo (mc) 8 000 400 1 800 3 000 Rifiuti Superficie (mq) 1 000 70 180 3 000 Fonte: elaborazioni INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Il dettaglio territoriale nei capoluoghi di regione, mostra un diffuso fermento dei costi dei servizi pubblici locali per le micro e piccole imprese: nel quinquennio rincari medi superiori al 40% si registrano a Napoli, mentre valori intorno al 30% si osservano a Torino, Trento, Venezia, Bologna, Ancona, Firenze, Perugia e Catanzaro. L unico capoluogo di regione a registrare una crescita del costo dei servizi pubblici locali in linea con la media dei prezzi al consumo è Palermo (+9% nel quinquennio) che ha beneficiato della riforma dei corrispettivi di distribuzione del gas naturale (che notoriamente nel Mezzogiorno del Paese avevano valori sensibilmente superiori) e della rimodulazione del costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, laddove ai rincari per ristoranti e per alcune attività artigianali, come barbieri e parrucchieri, si contrappongono i ribassi per alberghi e alcune attività industriali. 8

Napoli Venezia Torino Perugia Firenze Trento Ancona Catanzaro Bologna Roma Milano Aosta Potenza Genova Bari L'Aquila Trieste Campobasso Cagliari* Palermo CPI ITALIA famiglie ITALIA PMI Le tariffe per le MPI: le città capoluogo Variazioni % 2013/2008 45% 40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0% 42% 32% 32% 31% 31%30% 30% 28% 28% 27% 26% 24% 23% 23% 23% 22% 20% 20% 18% 9% 10% 19% 26% *Utilizzato il dato del gasolio da riscaldamento in sostituzione del gas naturale Fonte: elaborazioni INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Gli aumenti della spesa per la fornitura di energia elettrica sono quelli che incidono in misura prevalente e trasversale ai diversi profili, in ragione sia del peso dell energia nei processi produttivi sia di rincari della bolletta elettrica compresi tra il 25% e il 30% nel quinquennio, a seconda del profilo di utilizzo. Peculiare è il caso dell aumento del costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, che per il caso dell esercizio di ristorazione, in ragione di un aumento medio del 130% nel quinquennio, rappresenta la seconda fonte di rincari, dopo l energia elettrica. Nel caso dei rifiuti la quota maggiore dell aggravio si è materializzata nell ultimo anno, ed è da attribuire all entrata in vigore della TARES, il nuovo tributo sui rifiuti e sui servizi indivisibili (illuminazione pubblica, polizia municipale, cura del verde pubblico): istituita dal decreto Salva Italia, la TARES sta determinando un generale aggravio di spesa per le famiglie numerose e le imprese a maggiore produzione di rifiuto, in ragione sia della necessità di riportare in equilibrio i ricavi e i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti sia della necessità di legare l esborso alla quantità di rifiuto prodotta, nel rispetto del principio comunitario secondo cui chi inquina paga. Alle quantificazioni proposte in queste pagine andrebbe altresì affiancata la maggiorazione di 30 centesimi di euro al metro quadro delle aliquote destinata a finanziare i servizi indivisibili (come contropartita dei taglio ai trasferimenti dalle amministrazioni centrali e quelle locali). Un incisiva rimodulazione del prelievo che ha interessato tutti i capoluoghi di regione esaminati (con la sola esclusione di Potenza, ancora in regime TARSU) e che dovrebbe andare a regime anche nelle realtà minori a partire dal 2014 (salvo ulteriori differimenti dei termini). Abbastanza trasversali ai profili, seppur con un contributo differenziato in relazione all incidenza sui 9

costi di produzione, sono infine gli aumenti del costo del gas naturale e del servizio idrico integrato, che totalizzano un rincaro medio nel quinquennio rispettivamente del +21% e del +32%. Le tariffe per le MPI e le famiglie: le variazioni per servizio Variazioni % 2013/2008 7 PMI 6,2 Famiglie 6,3 6 5 4 4,5 4,6 3 2 2,7 1,9 1,4 2,9 1 0 Rifiuti solidi urbani Acqua potabile Gas naturale* Energia elettrica * Per Cagliari è utilizzato il dato del gasolio da riscaldamento Fonte: elaborazioni INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Il Rapporto fotografa anche i divari territoriali di costo: posta pari a 100 la spesa media italiana per i quattro servizi, l escursione tra i capoluoghi di regione passa da 81 di Milano a oltre 120 di Palermo e Cagliari, nel caso dell esercizio di alloggio (albergo), un divario di oltre il 50% che misura le diverse condizioni di costo lungo lo stivale, la diversa capacità dei territori di attrarre l iniziativa economica e di rappresentare un terreno fertile per la nascita e lo sviluppo delle imprese, in particolare di micro e piccole dimensioni. Le graduatorie sono abbastanza simili al variare dell attività economica considerata, e dunque anche del mix di utilizzo dei vari servizi (ciascun servizio incide in base alla relativa spesa), a segnalare che a dominare è un effetto di costo dei servizi più che le scelte di politica per il territorio degli enti locali. I dati sfatano peraltro la tradizionale contrapposizione nord-sud, mostrando che non esiste una dominanza geografica: Cagliari, Firenze, Genova, Napoli, Perugia, Palermo e Roma e presentano livelli della spesa decisamente superiori alla media nazionale; viceversa Aosta, Campobasso, L Aquila, Milano e Trento valori di spesa inferiori alla media per tutti i profili di attività economica considerati. 10

Spesa annua "normalizzata" per servizi pubblici locali - anno 2012 (Acqua, Rifiuti, Energia e Gas - Numeri indici, media ITALIA = 100) Albergo Parrucchiere Ristorante Caseificio Torino 90 97 103 103 Aosta 95 89 89 84 Genova 116 107 110 107 Milano 80 85 86 82 Trento 88 90 97 75 Venezia 93 98 115 96 Trieste 102 91 93 90 Bologna 109 100 101 93 Ancona 98 93 92 91 Firenze 108 116 107 103 Perugia 113 101 102 92 Roma 98 102 111 115 Napoli 101 107 97 130 L'Aquila 90 90 87 89 Campobasso 83 86 85 75 Bari 95 96 98 115 Potenza 94 95 92 94 Catanzaro 100 104 95 106 Palermo 124 108 106 126 Cagliari* 124 145 133 136 ITALIA 100 100 100 100 *Utilizzato il dato del gasolio da riscaldamento in sostituzione del gas naturale Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Nel 2014 si annunciano alcune novità per il comparto dei servizi pubblici locali. Nel caso del servizio idrico integrato, archiviata la prima sperimentazione con l adozione del cosiddetto metodo tariffario transitorio per il biennio 2012-2013, l anno 2014 dovrebbe vedere l adozione di un nuovo metodo. Il metodo tariffario transitorio se da un lato ha avuto il pregio di aiutare il settore e riemergere dallo stallo del post-referendum 2011, assicurando maggiore certezza agli investimenti, dall altro non ha ancora affrontato alcuni temi rilevanti, quali la misura dell efficientamento dei costi operativi, il riconoscimento di premi e penalità tariffarie per il miglioramento della qualità del servizio, la regolazione dei corrispettivi di fognatura e depurazione per gli usi industriali, la disciplina del costo ambientale e l introduzione di linee guida in materia di articolazione tariffaria al fine di superare le eccesiva differenza nelle condizioni di costo nei territori, come peraltro documentato nel presente lavoro. Sono temi nell agenda del regolatore che dovranno trovare un assetto compiuto nel nuovo metodo tariffario che vedrà la luce nel 2014. La perenne riforma del tributo per il finanziamento del servizio di igiene urbana è lungi dal potersi dire conclusa. Dopo la breve comparsa della TARES e le mai nate TRISE e TUC, la Legge di stabilità in corso di approvazione ha previsto l introduzione di una nuova imposta unica comunale (IUC) la cui impostazione ricalca nei fatti quella della TARES (e quindi della TRISE), con una componente commisurata alla superfici 11

occupate e destinata a finanziare il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARI), nel rispetto del principio chi inquina paga, e una componente destinata a finanziare i servizi indivisibili erogati dagli Enti locali (TASI). Nel caso dell energia elettrica la progressiva crescita delle componenti amministrate pone rilevanti interrogativi circa la sostenibilità di un mercato libero in grado di incidere su una quota minoritaria del costo della fornitura (attualmente l incidenza della materia prima è inferiore al 50%): di recente il MISE riconoscendo l eccessiva crescita degli oneri amministrati in bolletta (oneri generali e di sistema, infrastrutture e imposte) ha previsto la possibilità di diluire l impatto di questi oneri crescenti nelle bollette degli anni a venire, offrendo ai produttori di energia da fonti rinnovabili la facoltà di dilazionare su un orizzonte più lungo gli incentivi di cui beneficiano (da 20 a 27 anni), in cambio di un riconoscimento dei costi di rifacimento degli impianti entro il termine della loro vita utile. Sono risorse che dovrebbero compensare l atteso aumento dei costi dell energia come risultato della riforma degli oneri parafiscali: dal 2014 le famiglie e le micro e piccole imprese saranno infatti chiamate a sostenere un onere addizionale, in ragione degli sgravi dal pagamento degli oneri parafiscali di cui beneficeranno le imprese energivore. Nel gas naturale con l introduzione, già nell ultimo trimestre del 2013, di un nuovo corrispettivo per la materia prima, il costo dovrebbe vedere un maggiore allineamento dei prezzi sul mercato interno alle dinamiche di prezzo internazionali: rimangono le incognite circa l impatto delle nuove tecnologie di estrazione di gas da scisto (shale gas), che negli Stati Uniti hanno favorito una caduta delle quotazioni negli ultimi anni e circa le possibilità che tale azione di calmiere possa esplicarsi anche nel mercato europeo, stanti le forti segmentazioni ancora esistenti e la necessità di sviluppo dei rigassificatori. Con l esclusione delle micro e piccole imprese dai benefici del regime di tutela di prezzo (d.l. 69/2013, cosiddetto Decreto fare ) interessante sarà poi verificare se e in quale misura il mercato al dettaglio sarà in grado di assicurare prezzi del gas naturale concorrenziali e coerenti con il grado di avanzamento raggiunto dal processo di liberalizzazione. 12

SEZIONE I LE TARIFFE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI 13

14

CAPITOLO 1 Servizio Idrico Integrato 1.1. Assetto istituzionale e organizzazione del servizio: il quadro nazionale Il settore idrico ha subito di recente una nuova modifica sia negli aspetti organizzativi sia istituzionali: il decreto legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito nella legge 26 marzo 2010, n. 42, ha infatti stabilito la soppressione delle Autorità di Ambito Territoriale Ottimale a far data da Gennaio 2011, termine più volte posticipato e infine fissato al 31 dicembre 2012. Contestualmente alla soppressione, la normativa demandava alle Regioni il compito di redistribuire le funzioni esercitate dalle AATO, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Viene in questo modo avviato un nuovo processo di riforma, a distanza di quasi venti anni da quello iniziato con la Legge Galli e di fatto mai giunto a totale compimento 1. Restano validi gli obiettivi, ovvero il superamento della frammentazione sia territoriale, prevedendo degli Ambiti Territoriali Ottimali sovracomunali, sia funzionale, con l aggregazione dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione nel Servizio Idrico Integrato. Cambia invece l assetto istituzionale, in quanto le Regioni hanno provveduto a ridefinire gli organi di governo e ad attribuire loro le funzioni organizzative del settore, anche se nella maggior parte dei casi la delimitazione degli ATO ha ricalcato i confini di quelli pre-esistenti. A ciò si aggiunge il ruolo assegnato dal decreto Salva Italia 2 all Autorità per l energia elettrica e il gas (AEEG), a cui sono demandati i compiti di regolazione e controllo del settore idrico, come specificato nel D.P.C.M. del 20 Luglio 2012. L AEEG è chiamata a definire i livelli minimi e gli obiettivi di qualità del servizio idrico integrato, compresi captazione, adduzione e depurazione ad usi misti civili e industriali e vigilare sulle modalità di erogazione del servizio, al fine di tutelare i diritti degli utenti, attraverso l acquisizione di documenti e anche definendo meccanismi di premialità e obblighi di indennizzo. Dal punto di vista operativo l Autorità predispone le convenzioni tipo per l'affidamento del servizio a soggetti 1 Per un approfondimento si rimanda al Rapporto sulle tariffe dei servizi pubblici locali, 2010 di INDIS-Unioncamere REF Ricerche, coedizione Camere di Commercio d Italia e Maggioli Editore, Settembre 2011 e al Rapporto sulle tariffe dei servizi pubblici locali, 2011 di INDIS-Unioncamere REF Ricerche, in corso di pubblicazione. 2 d.l. 201/ 2011 15

gestori e adotta direttive per la trasparenza della contabilità e per la separazione contabile e amministrativa dei gestori del servizio idrico integrato, nonché la rendicontazione periodica dei dati gestionali. Per quanto concerne invece l aspetto tariffario, innanzitutto definisce le componenti di costo e predispone il metodo tariffario, quindi verifica la corretta redazione del Piano d'ambito e approva le tariffe proposte dal soggetto competente. Infine, per migliorare le informazioni sul settore, l AEEG raccoglie, elabora e diffonde dati statistici e, all interno della relazione al Governo e al Parlamento, dedica una sezione relativa allo stato e alle condizioni del servizio idrico integrato. Il processo di riforma ha coinvolto, oltre l assetto istituzionale, anche l aspetto più propriamente economico, con l abolizione della cosiddetta adeguata remunerazione del capitale nella formulazione delle tariffe pagate dai consumatori, come stabilito dal referendum del giugno 2011. A questo proposito l AEEG è stata chiamata ad individuare le componenti di costo (inclusi i costi finanziari degli investimenti e della gestione) da riconoscere in tariffa e ad elaborare un nuovo metodo tariffario che recepisca l esito referendario e, come dichiarato dalla stessa Autorità, realizzi una regolazione incentivante finalizzata ad aumentare l efficienza nel settore. Le principali criticità del vecchio modello sono infatti la mancanza di un incoraggiamento all efficienza per i costi unitari e totali degli investimenti e l adozione di standard per i costi operativi troppo diversi a seconda delle realtà locali. Obiettivo dell AEEG è arrivare a definire, anche attraverso il confronto tra le gestioni, un metodo tariffario basato sui costi standard e che riconosca in tariffa gli investimenti solo dopo la realizzazione delle infrastrutture. A tal scopo, l Autorità ha realizzato un attività di raccolta 3 di dati strutturali, tecnici, qualitativi, economici e tariffari presso gestori ed AATO che si è conclusa, dopo una serie di slittamenti, il 30 Aprile 2013. Considerate la complessità da un lato e l urgenza dall altro, l AEEG ha inizialmente optato per un intervento graduale, rimandando al 2014 l applicazione del modello tariffario definitivo, e ha elaborando un metodo tariffario transitorio (MTT) 4 in sostituzione dell attuale regime adottato, sia esso il Metodo Normalizzato o CIPE 5. Per le tariffe di competenza del 2012 e del 2013, applicate con decorrenza 1 Gennaio 2013, il MTT non definisce espressamente le tariffe, la cui articolazione non è peraltro modificabile rispetto a quella attuale, ma stabilisce i criteri con cui calcolare il moltiplicatore, il cosiddetto, da applicare alle tariffe vigenti in modo da garantire ex ante la copertura dei costi riconosciuti, ovvero: i costi delle immobilizzazioni, pari alla somma degli oneri finanziari, degli oneri fiscali e delle quote di restituzione dell investimento; i costi di gestione efficientabili, ossia i costi operativi endogeni alla gestione o sui quali la gestione può esercitare un azione di efficientamento; 3 Delibera 347/2012/R/idr e Determina 1/2012-TQI. 4 Il MTT è stato sottoposto a consultazione (DCO 290/2012/R/idr) e successivamente adottato (Delibera 585/2012/R/idr). 5 Il passaggio delle competenze all AEEG ha fatto chiarezza circa la definitiva scadenza del regime transitorio. Con Delibera 88/2013/idr l AEEG ha adottato il metodo tariffario transitorio per le gestioni ex-cipe (MTC) per le tariffe 2012 e 2013. 16

i costi di gestione non efficientabili, cioè i costi operativi la cui determinazione non dipende dalle scelte gestionali; l eventuale componente di anticipazione per il finanziamento di nuovi investimenti. Sulla base di tali criteri e delle linee guida per la verifica dell aggiornamento del Piano Economico Finanziario 6, ciascun Ente di ambito avrebbe dovuto entro il 30 aprile 2013 (inizialmente il termine era fissato al 31 marzo 2013) predisporre le tariffe 7 e inviarle all Autorità per l approvazione, eventualmente con modifiche, nei successivi tre mesi 8. A partire dal 1 gennaio 2013 le tariffe applicate dai gestori sono quindi: le tariffe del 2012 senza variazioni o le tariffe per il 2013 eventualmente definite dagli enti d ambito prima dell introduzione del MTT, fino alla determinazione delle nuove tariffe da parte degli enti d ambito; le tariffe del 2012 moltiplicate per il coefficiente determinato dall ente d ambito in seguito alla formulazione delle proposte tariffarie da parte degli enti d ambito e sino all approvazione da parte dell AEEG; le tariffe del 2012 comunicate all Autorità moltiplicate per il coefficiente approvato dalla stessa, dopo l approvazione dell AEEG. Nel frattempo, però, l Autorità è nuovamente intervenuta elaborando un documento di consultazione finalizzato a introdurre alcune rettifiche ed integrazioni al MTT e al MTC. La motivazione principale è la volontà di garantire un orizzonte temporale più lungo al periodo regolatorio, in linea con i tempi necessari a rimodulare il piano degli interventi, in un contesto di elevato fabbisogno di investimenti. In tal senso il metodo transitorio evolverebbe, con le dovute integrazioni e modifiche, nel metodo definitivo. Pur mantenendo i principi e i criteri adottati nell elaborazione del metodo transitorio, il nuovo sistema regolatorio potrebbe prevedere 4 diversi schemi, da utilizzare alternativamente a seconda del fabbisogno di investimenti, in rapporto al valore delle infrastrutture esistenti, e dei costi operativi necessari per raggiungere determinati obiettivi, in modo da evitare che il gettito tariffario risulti insufficiente. Dal punto di vista dell articolazione tariffaria, l Autorità, nel riconoscere l importanza di dare orientamenti nel caso di un allungamento del periodo regolatorio, apre alla possibilità di applicare incrementi differenziati a seconda dello scaglione o dell utenza, a patto che la variazione media, calcolata sui volumi effettivamente erogati, sia pari al coefficiente. Rimane invece l impossibilità di modificare la struttura per blocchi, ad esempio aumentare il numero degli scaglioni, e l articolazione per usi, aggiungendo ad esempio una categoria di utenza diversa. 6 Delibera 73/2013/R/idr. 7 Nel caso in cui l Ente d ambito sia inadempiente, spetta all Autorità la definizione delle tariffe. 8 Il termine dei tre mesi è da considerarsi sospeso sino a quando la documentazione fornita all AEEG non è ritenuta completa. 17

1.2. I comuni oggetto di indagine L analisi delle tariffe per il SII applicate a famiglie e imprese è costruita su un insieme di 1.476 Comuni, che coprono complessivamente oltre 38 milioni di abitanti, ovvero quasi il 65% della popolazione residente in Italia. La fase di ricognizione, ovvero il recupero della documentazione (delibere di approvazione delle tariffe degli Enti competenti o prospetti tariffari dei gestori) è avvenuta in due fasi, ovvero: ricerca sui siti internet di AATO, Comuni e gestori; richiesta di collaborazione ad AATO, Comuni e gestori. La selezione dei Comuni oggetto di studio, oltre a rispettare l obiettivo di copertura fissato al 40% della popolazione di ciascuna Regione, si è basata sulla volontà di soddisfare alcuni criteri di significatività, in particolare garantire: la presenza delle città capoluogo di Provincia o di almeno un Comune per ciascuna Provincia; una copertura pari ad almeno il 50% della popolazione residente in Italia; rappresentatività della Regione all interno del panel proporzionata al peso sul totale della popolazione. Rispetto a tali obiettivi, come illustrato nella Tavola allegata, sono stati raggiunti risultati più che soddisfacenti: le Regioni su cui si è raggiunta la copertura sono complessivamente 16 (fanno eccezione la Valle d Aosta, il Trentino Alto Adige, il Molise e la Calabria); le Province di cui si dispongono i dati sono 107, su un totale di 110 9 ; la copertura a livello nazionale è pari quasi al 65% della popolazione italiana; ciascuna Regione è ben rappresentata all interno del panel, con un sovradimensionamento per il Lazio, per effetto del Comune di Roma. E importante precisare sin da ora che tali risultati si riferiscono alle componenti tariffarie del servizio di acquedotto; come spiegato più avanti per alcuni Comuni non è stato possibile recuperare le informazioni relative alle quote di fognatura e depurazione. 9 Non sono rappresentate le Province di Caserta, Isernia e Messina per le quali non è stato possibile recuperare i prospetti tariffari di alcun Comune. 18

Piano dell'indagine: obiettivi e realizzazione Anno 2012 Dati recuperati Totale Copertura % Pop. % Copertura Num. Num. Popolazione Popolazione Comuni Comuni % Universo italiana campione % Pop. Obiettivo Piemonte 119 2.913.233 1.206 4.432.571 65,7 7,4 7,5 66 Valle d'aosta 1 34.979 74 127.065 27,5 0,2 0,1 28 Lombardia 351 6.678.300 1.546 9.742.676 68,5 16,2 17,3 69 Trentino-Alto Adige 6 326.551 333 1.018.657 32,1 1,7 0,8 32 Veneto 237 3.699.216 581 4.885.548 75,7 8,1 9,6 76 Friuli-Venezia Giulia 48 814.636 218 1.230.936 66,2 2,1 2,1 66 Liguria 37 1.201.781 235 1.615.064 74,4 2,7 3,1 74 Emilia-Romagna 85 3.057.724 348 4.356.180 70,2 7,3 7,9 70 Toscana 55 2.492.158 287 3.707.818 67,2 6,2 6,5 67 Umbria 32 763.609 92 894.222 85,4 1,5 2,0 85 Marche 59 1.111.117 239 1.551.377 71,6 2,6 2,9 72 Lazio 41 4.202.106 378 5.626.710 74,7 9,4 10,9 75 Abruzzo 33 675.282 305 1.334.675 50,6 2,2 1,7 51 Molise 4 96.135 136 320.795 30,0 0,5 0,2 30 Campania 111 3.027.404 551 5.812.962 52,1 9,7 7,8 52 Puglia 73 2.943.113 258 4.079.702 72,1 6,8 7,6 72 Basilicata 32 392.646 131 590.601 66,5 1,0 1,0 66 Calabria 26 676.069 409 2.008.709 33,7 3,3 1,8 34 Sicilia 71 2.367.013 390 5.037.799 47,0 8,4 6,1 47 Sardegna 64 1.140.907 377 1.671.001 68,3 2,8 3,0 68 Nord 884 18.726.420 4.541 27.408.697 68,3 45,6 48,5 68 Centro 187 8.568.990 996 11.780.127 72,7 19,6 22,2 73 Sud e Isole 414 11.318.569 2.557 20.856.244 54,3 34,7 29,3 54 TOTALE 1.485 38.613.979 8.094 60.045.068 64,3 64 Fonte: elaborazione REF Ricerche su dati INDIS - Unioncamere Con riferimento ai regimi tariffari, è utile sottolineare come ancora nel 2012 persistano i due regimi. Il Metodo Normalizzato (MN), introdotto dalla legge Galli e disciplinato dal D.P.C.M. 1 agosto 1996, secondo cui la Tariffa Reale Media (TRM) deve tenere conto dei volumi erogati, dei costi operativi, degli ammortamenti e della remunerazione del capitale investito ed è il risultato di calcoli 10 effettuati sui costi modellati derivanti dal Piano d Ambito, in particolare dal piano degli investimenti, in modo da incentivare l aumento di produttività attraverso il contenimento dei costi. Il cosiddetto metodo CIPE, invece, disciplinato dal d.l. 79/1995 11, prevede che il CIPE intervenga, in via transitoria, con proprie deliberazioni per definire le condizioni necessarie affinché il gestore possa chiedere l adeguamento tariffario nonché il livello massimo dell incremento. Dalla ricognizione, emerge come una quota significativa di Comuni adotti 10 T C A R) 1 1 k) n n 11 art. 2, c. 3; come modificato dalla Legge di conversione del 17 maggio 1995, n. 172. 19

ancora quest ultimo regime transitorio 12 : si tratta complessivamente di 151 Comuni tra quelli indagati, che rappresentano una popolazione di oltre 5 milioni di abitanti, pari cioè al 14% di quella complessivamente analizzata nel presente rapporto. In molti casi si tratta di piccole realtà gestite in economia, ma non mancano Comuni di grandi dimensioni e capoluoghi di Provincia, come ad esempio Napoli e Palermo. Infatti, nel Sud e Isole la quota di Comuni con il MN scende al 67%, rispetto alla maggior diffusione registrata nell area Centro-Settentrionale del Paese. Nella Tavola seguente è indicata la distribuzione dei Comuni con riferimento al regime tariffario e il peso in termini di popolazione interessata. Regime tariffario Anno 2012 MN CIPE Num. % pop. Num. % pop. Popolazione Popolazione Comuni Comuni Nord 836 17.346.774 93% 48 1.379.646 7% Centro 181 8.257.679 96% 6 311.311 4% Sud e Isole 317 7.554.220 67% 97 3.764.349 33% TOTALE 1.334 33.158.673 86% 151 5.455.306 14% Fonte: elaborazione REF Ricerche su dati INDIS - Unioncamere Rispetto al totale nazionale la quota dei Comuni a CIPE potrebbe essere sottostimata, in quanto la raccolta delle informazioni in queste realtà è più onerosa, poiché caratterizzate da una notevole frammentazione organizzativa. 1.3. L articolazione tariffaria La struttura tariffaria è la combinazione di quote fisse e variabili, per tipologie di utenza e per i singoli servizi di acquedotto, fognatura e depurazione. Da essa dipendono le differenze nei livelli di spesa tra profili diversi e, in combinazione con altri fattori quali sicuramente i costi del servizio, tra territori diversi. L articolazione tariffaria più diffusa, frutto di disposizioni normative ormai datate 13, prevede la distinzione tra i diversi servizi, conseguenza anche del fatto che il settore è stato storicamente 12 Sono considerate in regime transitorio sia i Comuni CIPE che quelli del Trentino Alto Adige e della Valle d Aosta, Regioni che non hanno mai recepito la Legge Galli e che applicano tariffe determinate secondo normative locali. 13 Si tratta dei provvedimenti del Comitato Interministeriale Prezzi (CIP) n. 45 e n. 46 del 1974 e n. 26 del 1975. I primi stabilivano una struttura tariffaria binomia, con quote fisse e quote fisse a blocchi crescenti, e indicavano alcuni criteri per la determinazione degli scaglioni di consumo, con l obiettivo di garantire il consumo fondamentale per le famiglie, attraverso la definizione di una tariffa agevolata. Il provvedimento n. 26 del 1975 introduceva il minimo impegnato, cioè un livello minimo di consumo da fatturare indipendentemente dall effettivo prelievo, un meccanismo il cui superamento è stato avviato solo nel 2001. Per quanto riguarda il servizio di fognatura e depurazione dei reflui, la tariffa venne istituita nel 1976 (Legge 319/1976) e i corrispettivi venivano periodicamente aggiornati dalla normativa. Per un approfondimento si rimanda al Rapporto sulle tariffe dei servizi pubblici locali, 2010 realizzato da INDIS-Unioncamere e REF Ricerche, coedizione Camere di Commercio d Italia e Maggioli Editore, Luglio 2013. 20

caratterizzato da gestioni separate per i diversi segmenti, ed è caratterizzata da una combinazione di quote fisse e quote variabili, articolate su scaglioni di consumo. Nella pratica, la situazione più diffusa è l applicazione per il servizio di acquedotto di quote variabili a blocchi crescenti e di quote fisse differenziate per livello di consumo annuo. Per i servizi di fognatura e depurazione, invece, viene più frequentemente applicata la sola quota variabile, per lo più indifferenziata, rispetto al livello di consumo. 1.3.1. La struttura tariffaria: i principi e le nuove linee guida dell AEEG I compiti dell AEEG non si esauriscono nella definizione delle tariffe, ma anzi comprendono anche la determinazione dei criteri con cui la tariffa è applicata alle utenze 14 e in particolare: il criterio di definizione della quota fissa; la definizione dell ampiezza del primo scaglione, ovvero la tariffa agevolata per le utenze domestiche e la tariffa base per le altre utenze; il criterio di definizione degli scaglioni successivi, con la relativa ampiezza e numerosità. Gli obiettivi a cui tende l Autorità nella definizione dell articolazione tariffaria sono l incentivazione del risparmio idrico, soprattutto per quanto riguarda il servizio di acquedotto, l adozione del principio comunitario chi inquina paga, per il servizio di fognatura e depurazione, nonché la minimizzazione dei sussidi incrociati. Nello specifico, per quanto riguarda quest ultimo punto, l AEEG ritiene che, al fine di fornire corretti segnali sul costo della risorsa, occorre evitare sussidi incrociati tra le diverse categorie di utenza o, al più, renderli espliciti. Dal punto di vista operativo le intenzioni dell AEEG sono di mantenere distinte le tariffe per i servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, considerato che i costi sottostanti il servizio sono diversi e che i gestori potrebbero non essere gli stessi, e di adottare una tariffa binomia composta da quota fissa e quota variabile, quest ultima articolata per scaglioni di consumo, almeno per il servizio di acquedotto. La natura binomia della tariffa è giustificata dal fatto che, nonostante il SII sia caratterizzato da un elevata intensità di capitale e da costi operativi in buona misura non dipendenti dalle quantità, elementi che porterebbero ad adottare una struttura tariffaria in cui la quota fissa costituisce la parte predominante, per incentivare la riduzione dei consumi è opportuno attribuire un peso consistente alla quota variabile. Per quanto attiene, invece, l articolazione in categorie di utenza, l AEEG intende confermare la distinzione tra domestiche, siano esse singole o condominiali, e non domestiche, ulteriormente distinte a seconda della tipologia di utilizzo della risorsa (commerciale, agricolo, industriale, altro) ed eventualmente della qualità e della quantità dei reflui scaricati in pubblica fognatura. Nonostante le dichiarazioni di intenti, ad oggi l Autorità non è intervenuta nella questione 14 DCO 204/2012/idr, Consultazione pubblica per l adozione di provvedimenti tariffari in materia di servizi idrici, paragrafi 6.60 6.86, 22 Maggio 2012 21

dell articolazione tariffaria, ma anzi ha impedito agli Enti di Ambito di modificare la struttura tariffaria attualmente in vigore, in modo da garantire un passaggio graduale alla nuova metodologia. La definizione di criteri e linee guida per l elaborazione dell articolazione tariffaria potrebbe arrivare con l adozione del metodo definitivo, anche se i recenti interventi dell AEEG che vorrebbero convertire il metodo da transitorio a definitivo potrebbero allontanare ulteriormente i tempi di una rimodulazione della struttura tariffaria. 1.3.2. Famiglie La struttura tariffaria applicata alle famiglie (utenze domestiche) può prevedere una differenziazione a seconda del numero componenti che compongono il nucleo familiare e a seconda che si tratti di prima o seconda casa, ovvero sulla base del criterio della residenza. In particolare, la tariffa differenziata per numero dei componenti, la cosiddetta tariffa pro-capite, applicata solo nei Comuni con MN, ha l obiettivo di garantire l accesso ad un quantitativo di acqua ritenuta essenziale, e per questo fornita a tariffa agevolata, a ciascun componente del nucleo familiare. Operativamente, nella maggior parte dei casi le fasce di consumo sono rimodulate e differenziate in base alla dimensione del nucleo, tenendo conto delle economie di scala tipiche del consumo idrico. L adozione della tariffa pro-capite è ancora molto rara e interessa circa 60 Comuni e poco più del 4% della popolazione analizzata. Leggermente più diffusa risulta la tariffa per famiglie numerose, tipicamente quelle con 5 o più componenti, applicata da circa 110 Comuni tra quelli oggetto di indagine che interessano il 7% della popolazione. Le agevolazioni alle famiglie numerose, previste sia in regime transitorio sia nel MN, hanno solitamente due diverse modalità di applicazione: fasce di consumo più ampie o corrispettivi unitari più bassi a parità di consumo. Al contrario, con riferimento alla distinzione tra residenti e non residenti, si nota una maggiore attenzione a distinguere i due diversi usi, soprattutto al fine di tutelare le utenze delle prime case: in più della metà dei Comuni analizzati è prevista infatti un articolazione specifica per i consumi dei non residenti. Su tali aspetti, l Autorità non ha fatto alcuna menzione nei documenti di consultazione 15 che non contengono indicazioni circa l eventuale applicazione della tariffa pro-capite e/o di agevolazioni riservate alle famiglie numerose. La Tavola riassume le categorie di utenza ad oggi adottate nei Comuni oggetto di analisi. 15 Si veda nota 14 22

Categorie di uso previste Num. Comuni Popolazione Tot. Articolazioni 1.485 38.613.979 Indifferenziato 1.291 86% Procapite 64 5% Famiglie numerose 127 7% Non residenti 808 50% Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Come accennato pocanzi, la tariffa si articola in quote fisse e quote variabili: le Tavole seguenti ne riassumono le principali caratteristiche con riferimento alle famiglie residenti che non prevedono una differenziazione per numero di componenti 16. La struttura tariffaria più diffusa per la quota variabile di acquedotto è l articolazione su 5 scaglioni di consumo (quasi il 50% della popolazione) o su 4 scaglioni (30% della popolazione); nel caso dei corrispettivi variabili di fognature e depurazione, invece, prevale su tutte l articolazione a fascia unica. E interessante notare come, nonostante l applicazione del minimo impegnato (MI) sia stata vietata in più occasioni 17, è ancora rintracciabile nel 2012 in alcuni Comuni: 115 per il primo scaglione, 6 nel secondo e 19 nel terzo. A tal proposito, l intervento dell AEEG ha stabilito (deliberazione 88/2013/R/idr e successivamente la deliberazione 309/2013/R/idr) l esclusione dall aggiornamento tariffario per gli anni 2012 e 2013, per le gestioni ex-cipe che alla data del 31 luglio 2012 applicavano alle utenze domestiche la fatturazione di un consumo minimo impegnato. Articolazione tariffaria per le utenze domestiche: quota variabile (Utenze residenti - indifferenziate per numero di componenti) Com. Pop. Com. Pop. Com. Pop. Totale oss. 1.291 33.079.134 1.258 32.488.226 1.255 32.457.669 Fascia unica 34 2% 1.200 95% 1.199 95% 2 scaglioni 139 8% 2 0% - 0% 3 scaglioni 152 13% 11 2% 11 2% 4 scaglioni 494 29% 33 3% 33 3% 5 scaglioni 452 47% 12 1% 12 1% Oltre 20 1% - - - - di cui: MI 140 6% - - - - Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Acquedotto Fognatura Depurazione 16 Per un approfondimento si rimanda al Rapporto 2011. 17 Già la delibera CIPE 131/2002 aveva imposto l eliminazione del MI per gli usi domestici e la delibera CIPE 117/2008 ha ribadito che il percorso di eliminazione andava sicuramente portato a termine entro il termine del regime transitorio. 23

Per la quota fissa, invece, resta molto diffusa la fascia unica, per tutti i servizi. In particolare, nel caso dell acquedotto, circa il 65% della popolazione considerata ricade nella tariffa con unico scaglione e a questa si aggiungono i Comuni nei quali, pur essendo le quote fisse articolate su 4 scaglioni di consumo, le utenze domestiche ricadono solo nel primo scaglione. Non mancano, infine, Comuni in cui la quota fissa è nulla: si tratta del 13% della popolazione nel caso dell acquedotto, e di oltre l 80% per fognatura e depurazione. A completamento del quadro occorre citare i casi, sebbene numericamente non rilevanti, in cui la quota fissa è differenziata sulla base di variabili diverse dal consumo annuo, come spiegato più avanti nel dettaglio con riferimento alle imprese. Articolazione tariffaria per le utenze domestiche: quota fissa (Utenze residenti - indifferenziate per numero di componenti) Acquedotto Fognatura e depurazione Com. Pop. Com. Pop. Totale oss. 1.291 33.079.134 1.255 32.457.669 Fascia unica 904 64% 267 19% 2 scaglioni - 0% - 0% 3 scaglioni 2 0% - 0% 4 scaglioni 216 23% 15 2% Altra struttura 7 0% - 0% Nulla 162 13% 1.009 82% Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche L articolazione a blocchi crescenti introduce un forte elemento di variabilità tra le strutture tariffarie, soprattutto perché l ampiezza e il numero degli scaglioni è stabilita autonomamente dai singoli Comuni/AATO. Rappresentare in maniera sintetica la situazione relativa alla struttura per blocchi è operazione assai complessa e non esente da possibili errori di interpretazione, in quanto l ampiezza degli scaglioni si combina con la loro numerosità: in linea di massima le strutture tariffarie che hanno scaglioni ampi hanno al tempo stesso un numero ridotto di scaglioni, viceversa le strutture a 5 blocchi sono caratterizzati da scaglioni di ampiezza più ridotta. Nella Tavola sono riportate alcune misure di sintesi, tra cui i valori di media e mediana, peraltro non distanti tra loro, della quota variabile di acquedotto che sintetizzano l andamento delle articolazioni tariffarie applicate alle famiglie residenti, non differenziate per numero di componenti. L ampiezza è misurata solo sugli scaglioni chiusi, ovvero sugli scaglioni con limite superiore definito e quindi solo sui primi quattro, poiché la fascia di terza eccedenza nella quasi totalità dei casi ha il limite superiore pari ad infinito, escludendo tutti i casi in cui il limite dipende dal MI, in quanto per definizione in questi casi il valore è variabile. Ad esempio nel caso del primo scaglione, dal totale delle articolazioni (1291) sono escluse quelle con fascia unica (34) e quelle che applicano il MI in quello scaglione (115): 24

l ampiezza è quindi calcolata su 1142 Comuni. Quota variabile di acquedotto: ampiezza degli scaglioni (Utenze residenti - indifferenziate per numero di componenti, m3/anno) Agevolata Base I ecc. II ecc. Num. Osservazioni* 1.142 1.107 940 451 Media 78 68 80 105 Mediana 80 70 75 75 5 percentile 25 71 50 104 95 percentile 100 100 168 184 * Al netto degli scaglioni aperti o definiti sulla base del MI Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Gli scaglioni hanno tutti un ampiezza di circa 75 m3, valore che coincide in linea di massima con l effettivo consumo pro-capite. Tale evidenza se da un lato conferma la volontà di garantire alle utenze l accesso ad un quantitativo essenziale a condizioni agevolate, dall altro mette in luce i limiti di un articolazione tariffaria che non tenga conto del numero dei componenti. In questo modo, infatti, a godere dell agevolazione sui consumi essenziali è solo un componente della famiglia. Nel caso, ad esempio, di nuclei di 4 persone, il consumo dell ultimo componente viene letto in termini tariffari come un consumo eccessivo, tanto che l aliquota ad esso associata è quella della seconda eccedenza. Per concludere la panoramica sulla variabilità è fondamentale analizzare il valore dei corrispettivi, di cui vengono riportate nelle Tavole seguenti alcune misure di sintesi: nel caso della quota variabile di acquedotto 18 si registra una discreta progressività, con un rapporto tra primo e ultimo scaglione di oltre 1:5 se calcolato sul valore medio e addirittura più alto sul valore mediano. Quota variabile di acquedotto: corrispettivi unitari* (Utenze residenti - indifferenziate per numero di componenti, euro/m3) Agevolata Base I ecc. II ecc. III ecc. Num. Osservazioni* 1.142 1.107 940 451 472 Media 0,4361 0,7494 1,1788 1,7247 2,3103 Mediana 0,3500 0,6900 1,0800 1,8175 2,2993 5 percentile 0,1253 0,4077 0,6116 0,9637 1,1541 95 percentile 0,8968 1,2600 1,9007 2,5200 3,5265 * Al netto degli scaglioni aperti (eccetto l'ultimo) o definiti sulla base del MI e tenendo conto dei valori nulli Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Per meglio comprendere la combinazione delle due dimensione analizzate, e cioè l ampiezza degli 18 I valori sono calcolati sugli intervalli chiusi, ad eccezione dell ultimo scaglione, dove per la quasi totalità delle articolazioni, si tratta di intervalli aperti, cioè che non hanno un limite superiore. 25

euro/m3 scaglioni e il valore dei corrispettivi, la Tavola mostra l andamento del corrispettivo variabile per il servizio di acquedotto al crescere dei volumi utilizzando l articolazione tariffaria media e mediana. Articolazione tariffaria utenze domestiche: quote variabili acquedotto 2,50 2,25 2,00 1,75 1,50 Media Mediana 1,25 1,00 0,75 0,50 0,25 0,00 0 50 100 150 200 250 300 350 m3/anno Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Con riferimento agli altri corrispettivi, si registra un sostanziale allineamento tra valori medi e mediani nel caso della quota fissa, con un intervallo però piuttosto consistente (il 5% dei Comuni non sostiene alcuna spesa, mentre un altro 5% paga una quota di 40 euro/anno), e differenze più marcate nel caso di fognatura e depurazione, soprattutto per la quota fissa. Il valore medio di circa 2 euro/anno è frutto di una parte minoritaria di Comuni in cui la quota annua è positiva e pari ad almeno che sostiene, si contrappone euro/anno, contrapposta al 50% dei Comuni che invece applicano un corrispettivo nullo. Altri corrispettivi - corrispettivi unitari e annui prima fascia* (Utenze residenti - indifferenziate per numero di componenti) QF - acq, euro/anno QV - f, euro/m3 QV - d, euro/m3 QF - f&d, euro/anno Num. Osservazioni 1.284 1.258 1.255 1.255 Media 15,35 0,1635 0,3773 2,24 Mediana 14,00 0,1500 0,4095 0,00 5 percentile 0,00 0,00 0,00 0,00 95 percentile 40,00 0,30 0,59 15,31 * Calcolati su tutti i corrispettivi, compresi i valori nulli, del primo scaglione (anche nel caso di scaglioni progressivi) e al netto di strutture tariffarie diverse Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche 26

1.3.3. Imprese Nel caso delle imprese (utenze non domestiche) il primo elemento da considerare nell analisi della struttura tariffaria è l articolazione per categorie d uso. Poiché non esistono vincoli normativi per la definizione degli usi, ciascun Ente competente decide autonomamente come classificarli. Ne consegue che non esiste, ad oggi, una classificazione condivisa e che il quadro attuale è frutto di stratificazioni ed aggiustamenti. In primo luogo le indicazioni contenute nei formulari predisposti dal CIPE per la raccolta delle informazioni in sede di variazione tariffaria, nei quali le tipologie previste in maniera esplicita erano, per i non domestici, l uso agricolo, artigianale, commerciale ed industriale gli ultimi tre raggruppabili in un unica categoria definita Usi diversi. A questi i Comuni/Gestori potevano aggiungere, indicandoli, eventuali altri usi. Tale schema è stato in alcuni casi ripreso anche una volta applicato il MN e sarà utilizzato anche nel proseguo dell analisi. Per maggior completezza, occorre puntualizzare come in realtà alcuni Enti abbiano rivisto e modificato completamente l articolazione tariffaria, spesso adattandola alle caratteristiche del tessuto produttivo locale. E il caso, ad esempio, dell albergo, a cui è destinata in particolari contesti una tariffa ad hoc. Più di recente, inoltre, si è diffusa la pratica della classificazione per dimensione del consumo. Tale soluzione è stata probabilmente immaginata per sostituire il ruolo giocato dal MI che, in un certo senso, serviva a distinguere utenze di diverse dimensioni ed evitare di penalizzare troppo i consumi elevati. Nella maggior parte dei casi è stato possibile ricondurre le categorie d uso previste nelle diverse articolazioni alle principali tipologie di utenza considerate nell analisi, come dettagliato nella Tavola. Utenze non domestiche: tipologie Num. Comuni Popolazione Tot. Articolazioni 1.485 38.613.979 Agricola 1.276 83% Artigianale 1.338 94% Commerciale 1.462 99% Industriale 1.398 95% Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche La tipologia di utenza meno rappresentata è quella agricola, sia perché meno diffusa (si pensi ai Comuni completamente urbanizzati), sia perché a volte prevale una politica di disincentivazione all utilizzo di acqua potabile per usi agricoli e/o irrigui, mentre nelle altre tipologie di utenza la copertura è sempre superiore al 90%. Inoltre, nel caso dell agricolo, in più della metà dei casi, si tratta di articolazioni ad hoc, mentre per l artigiano, il commercio e l industria, in quasi l 80% dei casi si tratta della medesima tariffa, eventualmente differenziata proprio tramite l applicazione del MI. All interno di ciascuna tipologia di utenza le differenze sono rintracciabili, come già osservato per le 27

famiglie, nell articolazione tariffaria, ovvero il numero e l ampiezza degli scaglioni, e il valore dei corrispettivi applicati. Per quanto riguarda il primo aspetto, le Tavole mostrano una sintesi delle strutture tariffarie applicate alle 4 tipologie di utenza considerate per i 3 servizi 19, distinguendo quote variabili e fisse, mettendo in risalto l applicazione del minimo impegnato (MI). L articolazione tariffaria nel caso dell acquedotto è piuttosto varia, in tutte le tipologie di utenza. Per l agricola molte strutture prevedono la fascia unica (37% della popolazione) o, in alternativa, 4 scaglioni di consumo (27%), ma non mancano strutture a 2 o 3 scaglioni (16% e il 18% della popolazione). Nel caso delle utenze artigianali, commerciali ed industriali, tra loro molto simili, si riduce sensibilmente l utilizzo di strutture a fascia unica (circa il 10% della popolazione), sostituite da quelle per blocchi crescenti e soprattutto da articolazioni su 2 o 4 scaglioni di consumo (circa il 30% della popolazione). Poiché molto spesso l articolazione per questi tre usi è uguale, la differenziazione avviene tramite il Minimo Impegnato (MI), che infatti è applicato in più di un caso su tre. Per quanto riguarda, invece, le quote variabili di fognatura e depurazione, prevale su tutte e indipendentemente dall utenza, la struttura a fascia unica, applicata a circa il 95% della popolazione oggetto di indagine. Solo alcune AATO, e quindi nessuno dei Comuni CIPE, hanno infatti preferito adottare quote variabili di fognatura e depurazione che ricalcano l articolazione delle quote variabili 20. Secondo quanto indicato nei documenti di consultazione dell AEEG, l intenzione dell Autorità è quella di mantenere un articolazione per blocchi solo per le tariffe di acquedotto, in quanto è su queste che agisce l incentivo alla riduzione degli sprechi. Nel caso dei servizi di fognatura e depurazione, i costi marginali, almeno nel breve periodo, sono costanti. Con riferimento al MI, il suo utilizzo è discretamente diffuso nella determinazione dei corrispettivi per gli usi imprenditoriali. Nel caso dell utenza agricola oltre cento Comuni (pari al 14% della popolazione) utilizzano il MI per delimitare lo scaglione, in particolare 49 Comuni per il primo e 62 Comuni per il secondo. Nel caso delle altre tipologie di utenza la diffusione del MI, applicato sempre nel primo scaglione, è ancora maggiore e interessa fino a più del 35% della popolazione nel caso dell industriale. L utilizzo del MI se, da un lato, consente di prevedere con maggiore facilità il consumo complessivo e garantisce una maggiore certezza sui ricavi da parte del soggetto gestore, ha il forte limite di disincentivare il risparmio idrico al di sotto della soglia fissata contrattualmente come minimo impegnato. A questo proposito l AEEG non fornisce indicazioni precise sulla volontà di procedere con 19 Dato che in alcuni Comuni ancora i gestione transitoria, i gestori sono diversi a seconda del servizio si verificano casi in cui sono disponibili le tariffe solo di un servizio. Il criterio di popolamento della banca dati prevede che il servizio di riferimento è quello di acquedotto: per questo motivo il totale delle osservazioni per i servizi di fognatura e depurazione è sempre minore o uguale a quello dell acquedotto. 20 Si tratta di: ATO spezzino, ATO Cremona, ATO Orientale-Gorizia, ATO 4 Lazio Meridionale Latina e di buona parte degli ATO umbri e toscani. 28

l eliminazione totale del MI, come invece è stato previsto tassativamente per le famiglie, pena la non ammissibilità degli incrementi tariffari. Infine, anche se numericamente poco significativi, vanno citati i casi in cui la tariffa ha una struttura definita con riferimento non al consumo, ma ad altre variabili, quali ad esempio il numero degli addetti. Articolazione tariffaria per le utenze non domestiche: quota variabile Agricola Artigianale Commerciale Industriale Acquedotto Com. Pop. Com. Pop. Com. Pop. Com. Pop. Totale oss. 1.276 31.955.633 1.338 36.485.205 1.462 38.280.882 1.398 36.862.030 Fascia unica 494 37% 117 10% 136 11% 143 11% 2 scaglioni 252 16% 492 31% 500 30% 448 29% 3 scaglioni 258 18% 385 24% 456 25% 440 25% 4 scaglioni 232 27% 306 32% 332 32% 329 32% 5 scaglioni 28 2% 26 2% 26 2% 26 2% Oltre 12 1% 12 1% 12 0% 12 1% - di cui: MI 111 14% 284 33% 322 35% 322 36% Altra struttura - - 21 1% 21 1% 22 1% Fognatura Totale oss. 1.253 31.537.104 1.307 35.916.970 1.431 37.712.647 1.366 36.287.185 Fascia unica 1.194 95% 1.226 94% 1.357 94% 1.297 95% 2 scaglioni 21 2% 41 4% 34 3% 29 3% 3 scaglioni 8 0% - - - - - - 4 scaglioni 18 1% 28 2% 28 2% 28 2% 5 scaglioni - - - - - - - - Oltre 12 1% 12 1% 12 1% 12 1% Depurazione Totale oss. 1.253 31.537.104 1.304 35.886.413 1.428 37.682.090 1.363 36.256.628 Fascia unica 1.202 96% 1.232 94% 1.356 95% 1.296 95% 2 scaglioni 21 2% 32 3% 32 3% 27 3% 3 scaglioni - - - - - - - - 4 scaglioni 18 1% 28 2% 28 2% 28 2% 5 scaglioni - - - - - - - - Oltre 12 1% 12 1% 12 1% 12 1% Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Per quanto riguarda le quote fisse, si registra una netta distinzione tra i servizi, ma le differenze tra l utenza agricola e le altre si riducono e, in generale, si registra una polarizzazione tra chi applica la fascia 29

unica (oltre il 40% della popolazione) e chi opta per una articolazione su 4 scaglioni di consumo (circa il 35% della popolazione). A questi, si aggiunge una quota non secondaria (poco meno del 10% in termini di popolazione) in cui la quota fissa di acquedotto è definita sulla base di criteri diversi dal consumo e nello specifico sulla base del diametro del contatore, che rappresenta la capacità di prelievo di un utenza. Infine in alcuni casi (solo il 3% della popolazione per l industriale, ma più del 10% per l agricola) la quota fissa è nulla. Nel caso di fognatura e depurazione, la prevalenza si inverte: per l 80% della popolazione 21 la quota è nulla e nei casi in cui viene applicata è quasi sempre caratterizzata da una fascia unica. La Tavola seguente sintetizza le strutture tariffarie adottate nei Comuni oggetto di studio. Articolazione tariffaria per le utenze non domestiche: quota fissa Agricola Artigianale Commerciale Industriale Com. Pop. Com. Pop. Com. Pop. Com. Pop. Accquedotto Totale oss. 1.276 31.955.633 1.338 36.485.205 1.462 38.280.882 1.398 36.862.030 Fascia unica 639 41% 768 48% 814 45% 813 47% 2 scaglioni 76 7% 83 7% 103 9% 103 9% 3 scaglioni 3 0% 3 0% 3 0% 3 0% 4 scaglioni 241 32% 215 31% 253 31% 253 32% Altra struttura 173 9% 186 8% 187 8% 187 8% Nulla 144 11% 83 6% 102 6% 39 3% Fognatura e depurazione Totale oss. 1.253 31.537.104 1.304 35.886.413 1.428 37.682.090 1.363 36.256.628 Fascia unica 160 9% 242 17% 253 17% 252 17% 2 scaglioni - - - - - - - - 3 scaglioni - - - - - - - - 4 scaglioni 29 3% 29 3% 29 2% 29 3% Altra struttura - - - - - - - - Nulla 1.064 88% 1.033 81% 1.146 81% 1.082 80% Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Una volta stabilito il numero di scaglioni, l articolazione tariffaria passa per la definizione dell ampiezza, di cui sono riportate nella Tavola seguente alcune misure di sintesi relative alla quota variabile di acquedotto 22. L ampiezza è misurata solo sugli scaglioni chiusi, ovvero sugli scaglioni con limite superiore definito e quindi solo sui primi quattro -, escludendo tutti i casi in cui il limite dipende dal MI, in 21 La percentuale sale all 88% nel caso dell agricolo, per effetto di un minor numero di osservazioni. 22 L analisi viene condotta solo sulle quote variabili di acquedotto, in quanto per la quota fissa la maggior parte dei Comuni applica la fascia unica o quella a 4 scaglioni con i limiti superiori ereditati dalla normativa, ovvero Il provvedimento CIP n. 45 del 4 Ottobre 1974. Per un approfondimento, si rimanda ai Rapporti sulle tariffe dei servizi pubblici locali del 2010 e del 2011. 30

quanto per definizione in questi casi il valore è variabile, o da altre dimensioni diverse dal consumo. Ad esempio nel caso del primo scaglione dell utenza artigianale, dal totale delle articolazioni (1338) vanno eliminate quelle con fascia unica (117), con MI (284) o con altra struttura (21): l ampiezza è quindi calcolata su 916 Comuni. Quota variabile di acquedotto: ampiezza degli scaglioni (Utenze non domestiche) Agricola Scaglioni 1 2 3 4 Num. Osservazioni* 733 427 241 40 Media semplice 157 171 421 561 Mediana 120 75 90 679 5 percentile 60 48 48 35 95 percentile 200 195 380 708 Artigianale Num. Osservazioni* 916 611 245 38 Media semplice 170 419 316 586 Mediana 138 90 90 708 5 percentile 60 44 54 33 95 percentile 360 850 1.780 708 Commerciale Num. Osservazioni* 983 669 254 38 Media semplice 515 400 308 586 Mediana 144 90 90 708 5 percentile 55 44 53 33 95 percentile 1.000 850 1.780 708 Industriale Num. Osservazioni* 911 649 251 38 Media semplice 368 253 311 586 Mediana 144 90 90 708 5 percentile 60 44 54 33 95 percentile 363 480 1.780 708 * Al netto degli scaglioni aperti (eccetto l'ultimo), di quelli definiti sulla base del MI o di altri criteri e tenendo conto dei valori nulli Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche La variabilità risulta piuttosto elevata, soprattutto se misurata come intervallo tra 5 e 95 percentile di ciascuna fascia: ad esempio, nel caso del primo scaglione, la cosiddetta fascia base, si registrano per l utenza agricola valori compresi tra 60 m3/anno e 200 m3/anno. La forte escursione si traduce in una 31

sensibile distanza tra media e mediana, soprattutto a partire dal secondo scaglione. Tali risultati confermano come non sia sempre facile rintracciare elementi comuni tra le strutture tariffarie e che per la loro analisi si debba quindi tenere in considerazione tutti gli aspetti dell articolazione, ovvero numero degli scaglioni, la loro ampiezza e i corrispettivi applicati su ciascuna fascia. Per questo motivo, per concludere la panoramica sull articolazione tariffaria, la Tavola seguente illustra, sempre con riferimento alla quota variabile di acquedotto, le misure di sintesi relative ai corrispettivi unitari. Per coerenza con l analisi relativa all ampiezza degli scaglioni, le misure di sintesi sono calcolate sugli scaglioni chiusi, ad eccezione del quinto, al netto di quelli definiti sulla base del MI e tenendo conto dei corrispettivi nulli. Le principali evidenze riportate sono l andamento crescente dei corrispettivi unitari per tutte le tipologie d uso, ad eccezione dell ultimo scaglione. Inoltre, esiste una discreta asimmetria nella distribuzione dei corrispettivi, con pochi Comuni che registrano un valore particolarmente elevato e che alza il valore medio ad un livello superiore rispetto a quello della mediana (ad eccezione del primo scaglione). Per quanto riguarda le differenze tra le utenze, si nota una spaccatura tra l uso agricolo e gli altri, con uno scarto variabile a seconda dello scaglione e del valore di sintesi considerato. 32

Quota variabile di acquedotto: corrispettivi unitari (Utenze non domestiche) Agricola Scaglioni 1 2 3 4 5 Num. Osservazioni* 733 427 241 40 40 Media semplice 0,6332 1,0202 1,2371 1,4982 1,3815 Mediana 0,5758 0,9931 1,1723 1,3335 1,2989 5 percentile 0,0548 0,4110 0,6381 0,9546 0,8626 95 percentile 1,2781 1,8702 1,9086 2,2388 1,6702 Artigianale Num. Osservazioni* 916 611 245 38 38 Media semplice 0,9121 1,3168 1,4377 1,5654 1,4016 Mediana 0,8683 1,1565 1,2327 1,3335 1,2989 5 percentile 0,2705 0,5888 0,6805 0,9628 0,8626 95 percentile 1,5683 2,2939 2,3445 2,2388 1,6935 Commerciale Num. Osservazioni* 983 669 254 38 38 Media semplice 0,8784 1,2225 1,4266 1,5654 1,4016 Mediana 0,7519 1,0713 1,2327 1,3335 1,2989 5 percentile 0,2924 0,6116 0,6805 0,9628 0,8626 95 percentile 1,5683 2,1708 2,3445 2,2388 1,6935 Industriale Num. Osservazioni* 911 649 251 38 38 Media semplice 0,8857 1,2072 1,4303 1,5654 1,4016 Mediana 0,7500 1,0300 1,2327 1,3335 1,2989 5 percentile 0,2693 0,6116 0,6805 0,9628 0,8626 95 percentile 1,7522 2,1708 2,3445 2,2388 1,6935 * Al netto degli scaglioni aperti (eccetto l'ultimo), di quelli definiti sulla base del MI o di altri criteri e tenendo conto dei valori nulli Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Nel caso della quota fissa, le relatività cambiano a seconda della misura di sintesi: con riferimento alla mediana l utenza agricola mostra corrispettivi più contenuti, mentre se si prende in considerazione la media le differenze si riducono e in alcuni casi si invertono, testimoniando una distribuzione fortemente asimmetrica per questa tipologia d utenza. 33

Quota fissa di acquedotto: corrispettivi unitari* Utenze non domestiche 1 2 3 4 Agricola Num. Osservazioni 1.103 328 251 249 Media 25 25 66 127 Mediana 15 19 45 89 5 percentile 0 5 13 26 95 percentile 80 74 252 445 Artigianale Num. Osservazioni 1.152 323 239 237 Media 30 25 66 128 Mediana 22 23 50 98 5 percentile 0 5 13 26 95 percentile 80 74 252 445 Commerciale Num. Osservazioni 1.275 381 277 275 Media 32 24 63 121 Mediana 21 18 43 87 5 percentile - 5 13 26 95 percentile 90 74 252 445 Industriale Num. Osservazioni 1.211 381 277 274 Media 43 24 63 121 Mediana 23 18 43 87 5 percentile 3 5 13 26 95 percentile 127 74 252 445 * Calcolati solo su scaglioni chiusi, al netto delle strutture diverse, e tenendo conto dei valori nulli Fonte: elaborazione REF Ricerche su dati Unioncamere - INDIS A completamento dell analisi sono riportate le misure di sintesi dei servizi di fognatura e depurazione, calcolate tenendo conto anche dei corrispettivi nulli ed escludendo, invece, nel caso della quota fissa, i valori relativi ad articolazioni tariffarie che contemplano scaglioni non definiti sulla base del volume. Il dettaglio dei valori dimostra che non ci sono differenze significative tra utenze nelle quote variabili, con corrispettivi unitari medi pari a circa 18 centesimi di euro per la fognatura e circa 38-41 centesimi di euro per la depurazione, mentre si registrano alcune particolarità nel caso della quota fissa, anche questa descritta solo con riferimento al primo scaglione. La distanza tra i valori medi e quelli mediani nel caso dell utenza agricola suggerisce una distribuzione asimmetrica, con valori più bassi nei Comuni a CIPE. 34

Quota fissa di acquedotto: corrispettivi unitari* (Utenze non domestiche) 1 2 3 4 Agricola Num. Osservazioni 1.103 328 251 249 Media 25 25 66 127 Mediana 15 19 45 89 5 percentile 0 5 13 26 95 percentile 80 74 252 445 Artigianale Num. Osservazioni 1.152 323 239 237 Media 30 25 66 128 Mediana 22 23 50 98 5 percentile 0 5 13 26 95 percentile 80 74 252 445 Commerciale Num. Osservazioni 1.275 381 277 275 Media 33 24 63 121 Mediana 21 18 43 87 5 percentile - 5 13 26 95 percentile 94 74 252 445 Industriale Num. Osservazioni 1.211 381 277 274 Media 43 24 63 121 Mediana 23 18 43 87 5 percentile 3 5 13 26 95 percentile 127 74 252 445 * Calcolati solo su scaglioni chiusi, al netto delle strutture diverse, e tenendo conto dei valori nulli Fonte: elaborazione REF Ricerche su dati Unioncamere - INDIS 1.4. La spesa per il servizio L analisi dell articolazione tariffaria consente di effettuare confronti solo parziali ed il solo modo per capire le differenze tra Comuni in termini di spesa sostenuta è quello di calare le diverse articolazioni tariffarie in profili di utenza. Nel caso delle famiglie, ciò che caratterizza un profilo è il consumo annuo, che dipende principalmente dal numero dei componenti, mentre nel caso delle imprese le variabili prese in considerazione sono, oltre alla quantità prelevata, anche la tipologia di utenza, a sua volta legata come visto in precedenza, alla categoria d uso 23. I profili selezionati per le famiglie sono: 23 Nel caso di strutture tariffarie che prevedono l applicazione del MI, il valore di quest ultimo viene fissato pari all 80% del consumo effettivo. 35

famiglia residente mono componente con un consumo di 80m3/anno; famiglia residente di 3 componenti con un consumo di 160 m3/anno; famiglia residente di 5 componenti con un consumo di 210m3/anno. Per le imprese sono invece analizzate le seguenti utenze tipo: struttura alberghiera, associata all utenza commerciale ove non presente l uso specifico, con un prelievo di 8.000m3/anno; parrucchiere, associato all utenza artigianale, con un prelievo di 400 m3/anno; ristorante, associato all utenza commerciale, con un prelievo di 1.800 m3/anno; caseificio, associato all utenza industriale, con un prelievo di 3.000 m3/anno. 1.4.1. La spesa annua e le sue determinanti Famiglie La spesa media sostenuta dalle famiglie mostra una forte dispersione, come dimostrato sia dal rapporto tra gli estremi, individuati come 5 e 95 percentile, sia dal coefficiente di variazione, misura che esprime quanto sono dispersi i singoli valori rispetto alla media. Spesa annua dei profili tipo, Anno 2012 (Spesa al lordo dell'iva, euro/anno) 1 comp. 80 m3 3 comp. 160 m3 5 comp. 210 m3 Media semplice 111 230 322 Media ponderata 112 233 329 Mediana 104 216 307 5 percentile 67 140 191 95 percentile 171 361 490 Rapporto tra percentili 2,6 2,6 2,6 Coeff. Variazione 0,29 0,28 0,29 Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Le utenze monocomponente sostengono una spesa annua, comprensiva delle imposte, pari a circa 110 euro, ma per lo stesso consumo alcune famiglie, il 5% di quelle che pagano meno, sostengono una spesa di appena 67 euro/anno, mentre altre, il 5% di quelle che pagano di più, di oltre 170 euro/anno. Le differenze si mantengono costanti sugli altri profili: nel caso della famiglia con 3 componenti, la cui spesa media è di circa 230 euro/anno, si passa dai 140 euro/anno ad oltre 360 euro/anno, mentre per i nuclei con 5 componenti a fronte di una spesa media di circa 330 euro/anno, l intervallo di variazione varia dai 191 euro/anno ai 490 euro/anno. Il confronto tra media semplice e media ponderata, che restituisce uno scarto piuttosto contenuto sui 36

profili considerati, pari al massimo a 2 punti percentuali per la famiglia di 5 componenti, suggerisce come non ci siano grosse differenze rispetto alla dimensione del Comune. Al contrario, la distribuzione risulta leggermente asimmetrica verso l alto, tanto che la distanza tra la media semplice e la mediana è di circa 7 punti percentuali a favore di quest ultima. Il livello della spesa riflette una serie di variabili, tra cui i costi del servizio, che dipendono a loro volta dalle risorse disponibili, dalle modalità di approvvigionamento e quindi dalle caratteristiche geografiche del territorio servito, nonché il grado di efficienza dei gestori e l organizzazione del servizio stesso, ovvero il regime tariffario, la progressività della tariffa e la distribuzione del carico tra le diverse tipologie di utenza. La lettura geografica conferma tali differenze. I Comuni del Nord registrano una spesa più contenuta rispetto alla media nazionale, frutto di una maggiore disponibilità della risorsa, ma anche di una quota significativa di Comuni ancora in regime transitorio. Inoltre, lo scarto crescente al crescere delle dimensioni del nucleo (si va da un minimo del 7% per il mono componente al 10% nel caso delle famiglie con 5 componenti) è giustificato da una maggior diffusione della tariffa pro-capite e della tariffa per famiglie numerose, dato che circa l 80% dei Comuni in cui viene adottata sono localizzati proprio nel settentrione. In maniera del tutto speculare, i Comuni del Centro registrano una spesa maggiore rispetto al dato medio di circa il 18% su tutti i profili, risultato dovuto principalmente al processo di riforma portato a compimento da tutte le Regioni, ad eccezione di piccoli Comuni. Questo fenomeno ha permesso, quindi, una maggior diffusione di un regime tariffario che copre integralmente i costi del servizio. Infine, al Sud e Isole, la spesa risulta allineata al dato medio: in questo caso la scarsità della risorsa non trova la giusta valorizzazione in tariffa, in quanto si tratta in buona parte di gestioni transitorie, in cui le tariffe sono ferme all incremento tariffario successivo alla delibera CIPE 117/2008. E interessante sottolineare come, anche all interno dell area geografica, si mantengano tuttavia alcune interessanti differenze, con un escursione, misurata dal 5 e dal 95 percentile, elevata, come riportato nella Tavola seguente. 37

Spesa annua dei profili tipo, Anno 2012 (Spesa al lordo dell'iva, euro/anno) 1 comp. 80 m3 3 comp. 160 m3 5 comp. 210 m3 Nord Media semplice 104 214 296 Media ponderata 103 215 299 Mediana 97 207 292 5 percentile 68 136 188 95 percentile 164 335 482 Rapporto tra percentili 2,4 2,5 2,6 Coeff. Variazione 0,32 0,30 0,31 Centro Media semplice 148 310 430 Media ponderata 131 274 385 Mediana 153 311 429 5 percentile 90 184 257 95 percentile 196 391 594 Rapporto tra percentili 2,2 2,1 2,3 Coeff. Variazione 0,22 0,24 0,24 Sud e Isole Media semplice 108 227 326 Media ponderata 109 232 333 Mediana 104 228 311 5 percentile 67 165 222 95 percentile 169 308 460 Rapporto tra percentili 2,5 1,9 2,1 Coeff. Variazione 0,30 0,28 0,28 Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Tra le altre possibili determinanti della spesa, vengono di seguito prese in considerazione la densità abitativa che, secondo una parte della letteratura, ha un impatto significativo sui costi del servizio idrico, in virtù di alcune economie riscontrate nell erogazione del servizio 24. I risultati sembrerebbero confermare la presenza di economie di densità: la spesa media risulta infatti decrescente all aumentare della densità abitativa 25, con un risparmio medio di circa il 33% nei bacini più densamente popolati rispetto a quelli con una densità minore. 24 N. Barabaschi, Analisi delle strutture di costo dell industria idrica italiana - Le economie di scala, di densità e di scopo Quaderno ref., giugno 2007 25 La densità viene calcolata con riferimento al bacino tariffario e non al singolo Comune. 38

euro/m3 Spesa annua dei profili tipo, Anno 2012 (Media ponderata per classe di densità abitativa) 1 comp. 3 comp. 5 comp. 80 m3 160 m3 210 m3 <170 129 266 375 170-350 129 264 371 350-750 115 247 352 >750 86 181 254 Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Con riferimento agli altri aspetti dei costi, poiché non è possibile intervenire, almeno nel breve periodo, sui fattori naturali per modificare il livello dei costi (fattori esogeni all AATO/Comune) e tralasciando in questa sede il discorso sull efficienza dei gestori, per comprendere le differenze nei livelli di spesa è utile indagare i fattori endogeni della tariffa. In primo luogo, è interessante notare la significativa differenza che si registra a seconda del regime tariffario: i Comuni a CIPE mostrano un livello di spesa inferiore, con uno scarto che va da un minimo del 10% per le famiglie monocomponenti ad un massimo del 25% per le famiglie numerose. Tale risultato, benché visto positivamente nell ottica dell utente finale, nasconde in realtà alcune criticità del servizio, poiché il persistere del regime transitorio, e quindi di un livello dei corrispettivi molto contenuto, ha reso ancor più difficile la copertura dei costi dei servizi e, soprattutto, la realizzazione degli investimenti necessari. Inoltre, le differenze tra profili diversi dipendono dal fatto che le strutture tariffarie a MN sono caratterizzate da maggiore progressività finalizzata ad incentivare un uso razionale della risorsa. Spesa media unitaria per profilo e regime tariffario (Utenze domestiche, Anno 2012) 1,80 CIPE MN 1,60 1,40 1,20 1,00 0,80 0,60 0,40 0,20-1 comp. 80 m3 3 comp. 160 m3 5 comp. 210 m3 Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche 39

Imprese La spesa sostenuta dalle imprese mostra una variabilità maggiore di quanto riscontrato nel caso delle famiglie, in termini sia di rapporto tra 5 e 95 percentile, sia di coefficiente di variazione. Con riferimento alle principali misure di sintesi, emerge come non ci siano grandi differenze tra Comuni di dimensioni diverse, tanto che la media semplice e la media ponderata sono pressoché identiche, mentre lo scarto con la mediana è di circa il 10%, a suggerire che la maggior parte dei Comuni ha una spesa inferiore alla media. Spesa annua dei profili tipo, Anno 2012 (Spesa al lordo dell'iva, euro/anno) Albergo 8.000 m3 Parrucchiere 400 m3 Ristorante 1.800 m3 Caseificio 3.000 m3 Media semplice 17.433 846 3.952 6.692 Media ponderata 17.253 839 3.912 6.532 Mediana 16.200 738 3.636 6.001 5 percentile 8.377 420 1.895 3.144 95 percentile 30.081 1.363 6.431 11.119 Rapporto tra percentili 3,6 3,2 3,4 3,5 Coeff. Variazione 0,38 0,38 0,38 0,41 Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche A livello geografico si notano interessanti peculiarità: tra i Comuni del Nord, dove la spesa è inferiore al dato nazionale di circa il 10%, è confermata la simmetria della distribuzione; al centro invece i Comuni più grandi registrano un livello di spesa significativamente più contenuto, tanto che la differenza tra media ponderata e media semplice, peraltro perfettamente allineata alla mediana, è di circa il 20%. Il confronto con il dato nazionale restituisce una maggior spesa che passa da un minimo di oltre il 20%, se calcolata sulla media semplice, ad un massimo di oltre il 40% se riferito alla media semplice. Infine, i Comuni del Sud e Isole registrano livelli di spesa in linea con il dato nazionale e una discreta simmetria a livello di area, tanto che l unico scostamento significativo è quello del Caseificio che in termini di media semplice è inferiore del 13% rispetto alla media ponderata. All interno delle singole aree geografiche, il rapporto tra gli estremi si riduce solo leggermente e non per tutti i profili, inoltre il coefficiente di variazione rimane costante, a significare che pur riducendosi l intervallo dei valori, non cambia il grado di dispersione rispetto alla media. 40

Spesa annua dei profili tipo, Anno 2012 (Spesa al lordo dell'iva, euro/anno) Albergo 8.000 m3 Parrucchiere 400 m3 Ristorante 1.800 m3 Caseificio 3.000 m3 Nord Media semplice 15.808 729 3.522 5.863 Media ponderata 15.945 726 3.531 5.877 Mediana 15.105 669 3.310 5.593 5 percentile 8.294 415 1.873 3.112 95 percentile 27.405 1.164 5.859 10.055 Rapporto tra percentili 3,3 2,8 3,1 3,2 Coeff. Variazione 0,41 0,44 0,42 0,45 Centro Media semplice 25.297 1.275 5.830 9.599 Media ponderata 20.759 1.078 4.811 7.914 Mediana 24.823 1.287 6.117 9.248 5 percentile 10.999 554 2.478 4.125 95 percentile 34.120 1.757 8.955 14.797 Rapporto tra percentili 3,1 3,2 3,6 3,6 Coeff. Variazione 0,31 0,29 0,31 0,34 Sud e Isole Media semplice 17.384 885 4.035 7.281 Media ponderata 16.734 833 3.854 6.566 Mediana 16.498 887 3.992 6.915 5 percentile 10.688 523 2.460 3.758 95 percentile 27.852 1.248 6.149 13.990 Rapporto tra percentili 2,6 2,4 2,5 3,7 Coeff. Variazione 0,39 0,38 0,38 0,41 Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Come visto per le famiglie, le differenze sono ascrivibili a più fattori, tra i quali gioca un ruolo fondamentale il regime tariffario. Per rendere possibile l analisi anche tra profili diversi, il confronto è fatto sulla spesa unitaria, ovvero normalizzata rispetto al volume annuo. La differenza di spesa tra i due regimi tariffari cambia a seconda del profilo: va da un minimo del 5% per il Caseificio ad un massimo del 16% nel caso del Parrucchiere. 41

euro/m3 Spesa unitaria per profilo e regime tariffario (Spesa al lordo dell'iva; Anno 2012) 2,50 CIPE M.N. 2,00 1,50 1,00 0,50 - Albergo 8.000 m3 Parrucchiere 400 m3 Ristorante 1.800 m3 Caseificio 3.000 m3 Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Per quanto riguarda le economie di densità, si registra un andamento decrescente all aumentare della densità abitativa, con un risparmio nei Comuni con maggiore densità di circa il 40%, superiore a quanto registrato nel caso delle famiglie. Spesa unitaria dei profili tipo, Anno 2012 (Medie per classe di densità abitativa, euro/m3) 3,50 <170 170-350 350-750 >750 3,00 2,50 2,00 1,50 1,00 0,50 - Albergo 8.000 m3 Parrucchiere 400 m3 Ristorante 1.800 m3 Caseificio 3.000 m3 Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche 42

1.4.2. Famiglie e imprese: le differenze Poiché il livello dei corrispettivi unitari dipende dalle scelte in termini di redistribuzione del carico complessivo 26, è interessante analizzare la relazione tra la spesa media delle famiglie e quella delle imprese. Il confronto viene effettuato utilizzando i numeri indici, ovvero normalizzando la spesa sostenuta in ciascuna città capoluogo rispetto alla media di tutte le città capoluogo italiane: in ascissa è riportato il valore indice calcolato come media dei tre profili domestici, mentre in ordinata quello calcolato sui quattro profili delle imprese. La prima evidenza che emerge dalla Tavola è il posizionamento rispetto alla media, che disegna quattro quadranti: il primo, in alto a destra, in cui si posizionano i Comuni con una spesa superiore alla media per entrambe le tipologie di utenza, il terzo, in basso a sinistra, dove si localizzano i Comuni con spesa inferiore alla media. Nel secondo e nel quarto, dove si posizionano solo una minoranza delle città capoluogo, troviamo rispettivamente i Comuni in cui le imprese sostengono una spesa superiore alla media e le famiglie una spesa inferiore alla media, e quelli dove, al contrario, la spesa è maggiore alla media per le famiglie e inferiore per le imprese. Una seconda evidenza riguarda il posizionamento rispetto alla bisettrice, che rappresenta i punti in cui il costo del servizio viene equamente ripartito tra famiglie e imprese: i Comuni alla destra sono quelli in cui la spesa sostenuta dalle famiglie è relativamente maggiore rispetto a quella delle imprese e, in maniera speculare, a sinistra troviamo quelli in cui il costo del servizio è sostenuto principalmente dalle imprese. La Tavola suggerisce che non esiste una netta prevalenza di un posizionamento rispetto all altro: alcune città capoluogo si posizionano sulla bisettrice, come nel caso di Vicenza, altre se ne discostano significativamente, come Reggio Calabria, dove le famiglie sostengono un carico doppio rispetto alle imprese e, sul versante opposto, Latina, dove sono le imprese a sostenere un carico maggiore rispetto alle famiglie. 26 Questo aspetto è ancor più significativo nel caso del metodo normalizzato, quando a partire da una Tariffa Reale Media vengono elaborate strutture tariffarie ad hoc per ciascuna tipologia di utenza. 43

UND Spesa annua indicizzata, Anno 2012 (Numeri indici, media nazionale =100) 200 II quadrante Latina I quadrante UD < UND Bologna 100 Bari UD > UND III quadrante IV quadrante - - 100 200 UD Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche 1.4.3. La graduatoria delle città capoluogo A completamento dell analisi sulla spesa, obiettivo di questa sezione sono le città capoluogo di Provincia, analizzate all interno di ciascuna area geografica: le Tavole allegate mettono in evidenza il livello della spesa di ciascuna città capoluogo con quello di area, calcolato come media ponderata sulla popolazione e che per questo riflette il peso dei Comuni più grandi. E interessante infatti notare che al Nord e al Centro i valori di Milano e Roma, i capoluoghi di provincia più grandi in termini di popolazione, sono quelli che registrano un livello di spesa tra i più contenuti e contribuiscono ad abbassare il valore medio. A questo proposito, il posizionamento delle città capoluogo potrebbe cambiare in virtù della tariffa pro-capite, dell applicazione del minimo impegnato nelle utenze non domestiche o, più in generale, della progressività della tariffa. Nello specifico, per quanto riguarda le famiglie, i Comuni capoluogo che modificano il loro posizionamento nella graduatoria nazionale sono Trento, per effetto di una quota fissa elevata e di quote variabili contenute (dal 37 posto per la famiglia monocomponente al 20 posto per la famiglia con 5 componenti); La Spezia, per effetto della tariffa pro-capite, che guadagna 12 posizioni (dal 44 al 32 44

MI SV CO MB UD SO IM LO AO BG VR BZ PN MN CN CR VE BS GO TV PV NO TO TN BL AL LC VB BO PC PD AT VI VC MO TS SP RN RO GEBI RA PR RE FE FC euro/anno posto) passando da uno a cinque componenti. Al contrario, il Comune di Siracusa, per effetto di una tariffa progressiva e di una quota fissa nulla, passa dal 22 posto nel caso della famiglia monocomponente al 36 posto per la famiglia con 5 componenti. Le Tavole seguenti illustrano il posizionamento di ciascun Comune all interno dell area geografica di riferimento per la famiglia media italiana. Nel caso delle imprese, il posizionamento dei Comuni nella graduatoria può subire interessanti modifiche, per effetto dell articolazione tariffaria. Emblematico il caso di Siracusa che se per il Caseificio è il terzo Comune nel Sud e Isole con la spesa più contenuta, nel caso del Parrucchiere scivola al 41 posto. In Appendice sono presenti tutte le Tavole con il posizionamento di ciascun Comune per tutti i profili considerati. Spesa annua nei Comuni capoluogo- Nord, Anno 2012 (3 componenti, 160 m3/anno) 431 Comuni media Italia 359 287 216 144 72 0 Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche 45

CB CT BN TE NA CZ SA AQ PZ MT PE CH SS NU CA OR OT* OT* OG* OG* VS* VS* CI* CI* PA AV TP FG BA TA BR LE BT* BT* BT* AG CL SR EN RC euro/anno RI RM AP FM LT MS AN PG VT MC TR LU FR AR LI PU PT FI PO PI SI GR euro/anno Spesa annua nei Comuni capoluogo - Centro, Anno 2012 (3 componenti, 160 m3/anno) Comuni media Italia 431 359 287 216 144 72 0 Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Spesa annua nei Comuni capoluogo - Sud e Isole, Anno 2012 (3 componenti, 160 m3/anno) 431 Comuni media Italia 359 287 216 144 72 0 * BT: Barletta, Andria e Trani; CI: Carbonia e Iglesias; OG: Lanusei e tortolì; OT: Olbia e Tempio Pausania; VS: Sanluri e Villacidro Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche 46

euro/anno LO MB BZ VE BG VR TO LC TN CN PN MN CO BS PC NO PV PD VB BL VC TV AO MO CRVI IM AL FE SO AT RN PR RA RE SP FC BO RO GE GO euro/anno Spesa annua nei Comuni capoluogo - Nord, Anno 2012 (Ristorante, 1.800 m3/anno) Comuni media Italia 9.000 8.000 7.000 6.000 5.000 4.000 3.000 2.000 1.000 UD MI SV Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Spesa annua nei Comuni capoluogo - Centro, Anno 2012 (Ristorante, 1.800 m3/anno) Comuni media Italia 10.000 9.000 8.000 7.000 6.000 5.000 4.000 3.000 2.000 1.000 RM RI VT AN AP FM MS PU SI GR LU PG MC FR PI AR TR LI LT PT FI PO Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche 47

CB CT NA AQ AV PZ MT BN CS FG BA TA BR LE BT* BT* BT* TP SA RC CZ EN TE AG SR PE CH PA SS NU CA OR OT* OT* O O VS* VS* CI* CI* euro/anno Spesa annua nei Comuni capoluogo - Sud e Isole, Anno 2012 (Ristorante, 1.800 m3/anno) Comuni media Italia 7.000 6.000 5.000 4.000 3.000 2.000 1.000 * BT: Barletta, Andria e Trani; CI: Carbonia e Iglesias; OG: Lanusei e tortolì; OT: Olbia e Tempio Pausania; VS: Sanluri e Villacidro Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche 1.4.4. Variazioni della spesa nell ultimo anno Le tariffe del servizio idrico hanno registrato nel 2012 un aumento medio di circa il 5% rispetto al 2011 27, con alcune differenze a seconda del profilo e, soprattutto, dell area geografica. A livello nazionale la differenza tra media semplice e media ponderata è molto contenuta, a suggerire che le variazioni hanno interessato in misura equivalente i Comuni di qualsiasi dimensione. Questo fenomeno è dovuto principalmente alla definizione su base provinciale o di ATO, quindi ad un livello sovra-comunale, di buona parte delle aliquote. Rispetto ai profili, l aumento più sostenuto per la famiglia di 5 componenti è riconducibile all introduzione della tariffa pro-capite in alcune realtà e, più in generale, ad una rimodulazione degli scaglioni a svantaggio delle famiglie numerose. A livello geografico, gli aumenti più sostenuti si registrano nel Centro, per effetto degli aumenti subiti in Toscana e nelle Marche superiori ad oltre il 7%. Segue il Nord, dove le differenze tra profili si accentuano principalmente per effetto dell ATO Bergamo che ha modificato la struttura tariffaria, e chiude il Sud e Isole, dove la diffusa presenza di Comuni ancora in regime transitorio ha determinato la conferma delle 27 I Comuni per i quali si dispongono i dati delle due annualità sono 1.060 e interessano una popolazione di quasi 32 milioni di abitanti. 48

tariffe deliberate in seguito alla delibera CIPE 117/2008, molte delle quali hanno decorrenza 1 luglio 2010. Variazione della spesa annua 2012/2011 1 comp. 80 m3 3 comp. 160 m3 5 comp. 210 m3 Media semplice 4,7% 5,2% 5,4% Media ponderata 4,9% 4,4% 4,5% Nord 4,7% 5,3% 5,5% Centro 6,3% 6,1% 6,1% Sud e isole 4,0% 4,4% 4,5% Fonte: elaborazione INDIS - Unioncamere e REF Ricerche Anche per le imprese la variazione media è circa del 5%, ma con alcune differenze rispetto alla dimensione degli abitanti, tanto che la media ponderata è leggermente più contenuta. A livello geografico, si inverte la graduatoria, con il Nord che registra una spesa più elevata, ad eccezione del profilo Parrucchiere. Nel Sud e Isole incrementi più bassi su tutti i profili, ad eccezione dell Albergo sul quale incide il consistente aumento deliberato dall AATO Pescarese. Variazione della spesa annua 2012/2011 Albergo 8.000 m3 Parrucchiere 400 m3 Ristorante 1.800 m3 Caseificio 3.000 m3 Media semplice 5,0% 4,8% 4,3% 6,5% Media ponderata 4,5% 4,2% 4,0% 5,0% Nord 5,2% 4,9% 5,1% 6,8% Centro 4,7% 5,1% 4,9% 4,9% Sud e Isole 4,2% 2,5% 2,4% 3,2%. Fonte: elaborazione REF Ricerche su dati INDIS - Unioncamere 49

Approfondimento - La tariffa di fognatura e depurazione per i reflui industriali I reflui industriali: definizione e quadro normativo Il tema del collettamento e della depurazione delle acque reflue è quanto mai attuale, vista anche la condanna dell Italia da parte della Corte di Giustizia Europea 28 con cui si è chiusa la procedura di infrazione aperta dalla Commissione nel 2009. Il problema, che interessa piccoli e grandi agglomerati, è il mancato o non corretto adeguamento dei sistemi di raccolta e trattamento degli scarichi agli standard previsti dalla Direttiva 91/271/CEE. In tale contesto assumono rilevanza strategica le utenze non domestiche, in quanto i reflui scaricati in pubblica fognatura hanno un carico inquinante tendenzialmente superiore a quello dei reflui prodotti dall attività domestica. Di qui l importanza di distinguere tra scarichi cosiddetti civili, ovvero domestici e assimilati, e scarichi industriali: stabilire il confine tra le due tipologie è il primo passo per definire le modalità di trattamento, anche tariffario, in modo da rispettare il principio comunitario del chi inquina paga. Vista l importanza del tema, le recenti disposizioni normative hanno demandato all Autorità per l energia elettrica e il gas, nell ambito della regolazione del settore idrico, il compito di intervenire anche sul segmento della fognatura e depurazione dei reflui industriali, nel tentativo di dare organicità alla materia. Ad oggi, infatti, si registrano numerose differenze a livello territoriale, frutto di una normativa lacunosa e disorganica, nonostante gli interventi a livello comunitario. Il primo in tal senso è la Direttiva 91/271/CEE che, nell ambito del più ampio compito di tutela delle acque e di prevenzione dell inquinamento, affronta il tema dei reflui, ne fornisce una definizione nonché la divisione in due classi (domestiche e industriali), stabilisce i livelli minimi del servizio di depurazione e ribadisce la necessità delle autorizzazioni e dei controlli sugli impianti. Più di recente, la Direttiva 2000/60/CE (cosiddetta Direttiva sulle acque) definisce il quadro per l'azione comunitaria di protezione delle acque, entro cui gli Stati membri avrebbero dovuto adottare gli interventi necessari, e introduce i principi di recupero dei costi, siano essi costi finanziari, costi ambientali e costo opportunità della risorsa 29, e del chi inquina paga. La motivazione è che solo in questo modo le politiche di prezzo possono incentivare un uso efficiente della risorsa e redistribuire in maniera adeguata i costi sui diversi settori di impiego. In Italia la prima Direttiva è stata prontamente recepita con il D.lgs. 152/99 che, oltre a riprendere e ribadire le definizioni e i principi della normativa comunitaria, stabilisce i valori limite degli inquinanti, differenziati a seconda che lo scarico avvenga in acque superficiali o in pubblica fognatura. Mentre per quanto riguarda la Direttiva sulle acque, l Italia, come anche altri Paesi, ha recepito in ritardo e peraltro solo in maniera parziale la normativa comunitaria, con l emanazione del Codice dell Ambiente (D.lgs. 152/06) che, come modificato e integrato dal D.lgs. 4/08, rappresenta ad oggi la normativa di riferimento. Secondo quanto stabilito dal Codice, i reflui domestici sono quelli provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche, 28 La Commissione Europea ha iniziato un procedimento di infrazione contro l Italia nel 2009 dal momento che più di 100 agglomerati con popolazione superiore a 15 mila abitanti non si erano ancora adeguati agli obblighi sulla raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue urbane. La Corte di Giustizia Europea - settima sezione, con la sentenza del 19 Luglio 2012 conferma la condanna dell Italia, tenuta al pagamento per ora delle sole spese di giudizio, nonché ad adeguare i sistemi di collettamento. 29 I costi finanziari sono l insieme dei costi operativi, ovvero manutenzione ordinaria, spese energetiche e personale, ammortamento, manutenzione straordinaria e costo del capitale; i costi ambientali sono invece quelli dovuti al depauperamento della risorsa, sia quantitativo che qualitativo, dovuto alle cosiddette esternalità negative, ovvero tipicamente l inquinamento; il costo opportunità, infine, consiste nell onere dell allocazione di una certa quota di risorsa ad un settore piuttosto che ad un altro. 50

mentre i reflui industriali sono quelli provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, qualitativamente differenti dalle acque reflue domestiche. Si tratta, come anticipato, di una separazione in due classi, i cui confini sono definiti dalla disciplina regionale, fatta salva la competenza esclusiva dello Stato. In altre parole, la normativa nazionale adotta una disciplina, nel caso specifico sono considerate assimilabili ad esempio le imprese agricole e di allevamento 30, che costituisce un limite di tutela non derogabile dalle Regioni, a cui rimane solo la facoltà di stabilirne di più stringenti. In questo modo vengono a delinearsi situazioni diverse in termini sia di regime autorizzativo allo scarico in pubblica fognatura sia di trattamento tariffario, tanto che lo stesso refluo può essere considerato in alcune Regioni assimilato al domestico, e quindi associato alla tariffa degli scarichi civili, mentre in altre rientra nell accezione di industriale, e quindi soggetto alla specifica tariffa, di seguito analizzata. Più di recente, il D.P.R. 227/2011 è intervenuto con l obiettivo di semplificare e chiarire alcuni aspetti e a tal fine ha stabilito che, in assenza di specifiche determinazioni regionali, sono considerati assimilati al domestico, ovvero civili: i reflui che prima di un qualsiasi trattamento depurativo sono qualitativamente e quantitativamente inferiori a determinati valori limite, fissati nello stesso decreto; i reflui provenienti esclusivamente da servizi igienici, cucine e mense, nonché gli scarichi di alcune specifiche attività produttive, elencate dal decreto stesso. A completamento di tale definizione, il D.P.R. fornisce i criteri per la qualificazione dei reflui, nonché un elenco delle principali attività da considerarsi assimilate, come esplicitato nelle Tavole in Appendice, quali ad esempio le attività turistiche e ricettive (alberghi, ristoranti, bar) e alcune piccole aziende manifatturiere (agroalimentari al di sotto di un certo volume). A tal proposito, la Corte di Cassazione in una recente sentenza 31 ha ribadito che nella nozione di acque industriali rientrano tutti i reflui che derivano da attività non collegate alla presenza umana, alla coabitazione e alla convivenza di persone. Di conseguenza anche le attività artigianali o di prestazione di servizi sono da considerarsi utenze industriali, fino a prova contraria. La tariffa dei reflui industriali: le lacune normative Come precedentemente anticipato, alla definizione dello scarico è direttamente collegata la determinazione del trattamento tariffario, aspetto anche questo tutt altro che organico a causa delle 30 Secondo l art. 101, comma 7 del D.Lgs. 152/2006 sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue: a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura; b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che, per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l'utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all'articolo 112, comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella Tabella 6 dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto; c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità; d) provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo; e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale; f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore. 31 Sentenza 22436/2013, pronunciata in occasione di un ricorso presentato (giudicato inammissibile dalla Corte) dal titolare di una pasticceria contro la condanna penale per mancata autorizzazione dello scarico in pubblica fognatura. 51

sovrapposizioni normative. La disciplina di riferimento è la cosiddetta legge Merli 32 che demandava alle Regioni il compito di definire ed aggiornare annualmente i valori dei parametri delle tariffe per i reflui industriali, elaborate sulla base di una formula tipo nazionale, come definita dal D.P.R. 24 maggio 1977 e più avanti illustrata nel dettaglio. Nell adempiere alle proprie funzioni, gran parte delle Regioni sono intervenute fissando i criteri di determinazione della tariffa, in termini di parametri adottati e relativi intervalli all interno dei quali i gestori avrebbero potuto fissare i livelli tariffari effettivi. Ne è scaturita una situazione variegata, in cui la determinazione dei parametri di costo non ha seguito i medesimi criteri di fondo e, riguardo ad alcuni specifici coefficienti, non tutte le Regioni sono intervenute in maniera chiara, lasciando ampio spazio alla discrezionalità dei singoli gestori. A tale varietà, si aggiunge il vuoto creato dalle Regioni che a partite dalla seconda metà degli anni 90 non sono più intervenute per aggiornare i valori dei parametri della formula, in quanto nel frattempo la Legge Galli aveva in parte abolito la Legge Merli e quindi cancellato la competenza regionale in materia di tariffa di fognatura e depurazione dei reflui industriali. Per risolvere il corto circuito normativo-regolatorio interviene la Legge 549/95 che ribadisce i criteri per la determinazione della tariffa di fognatura e depurazione e riconduce la competenza in capo alle Regioni; tali disposizioni non hanno però avuto effetti, tanto che nel 2001 e nel 2002, per ovviare all inattività delle Regioni e consentire ai gestori di recuperare gli incrementi dei costi del servizio, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), appropriandosi di una competenza regionale, è intervenuto dettando i criteri di aggiornamento dei parametri tariffari della formula. L impasse decisionale si è protratta anche con l introduzione, da parte della Legge Galli, del Metodo Normalizzato che, pur riferendosi anche alle attività di fognatura e depurazione dei reflui, sul piano della determinazione della tariffa rimanda alla normativa vigente. Similmente, il Codice dell Ambiente, intervenuto sul tema, ha trasferito alle AATO la competenza per il rilascio dell autorizzazione allo scarico, inserendo l esplicito riferimento al principio comunitario chi inquina paga, ma non ha indicato i criteri di determinazione della tariffa. In un quadro normativo così confuso, alcune Regioni hanno trovato lo spazio per definire un proprio assetto regolatorio, elaborando e adottando un metodo tariffario ad hoc o affidando alle AATO il compito di stabilire le tariffe per i reflui industriali. La ricognizione effettuata a livello nazionale sui metodi e le formule applicate restituisce una situazione alquanto frammentaria e diversificata, in cui le Regioni/AATO adottano per i reflui industriali tariffe definite sulla base di: metodo nazionale puro (formula tipo del D.P.R. 24 maggio 1977); metodo nazionale con varianti, ovvero con modifiche ai criteri di determinazione dei parametri della formula del D.P.R. 24 maggio 1977; nuovi metodi tariffari, con cui sono stati riformulati ex novo o a partire dalla formula nazionale i criteri di definizione della tariffa di fognatura e depurazione per i reflui industriali. A ciò si aggiungono realtà in cui non è prevista l applicazione di una tariffa di fognatura e depurazione specifica per le utenze industriali, alle quali si applica quindi la tariffa prevista per i civili. La formula nazionale e le sue varianti La formula definita dal D.P.R. 24 maggio 1977 ha una struttura binomia, composta cioè da una quota fissa ed una quota variabile in funzione del volume scaricato, ed è commisurata ad una serie di parametri 32 L.319/76, come modificata dal D.L. 38/1981. 52

che esprimono i costi del servizio, ovvero i costi di gestione degli impianti di depurazione, il carico inquinante del refluo nonché della media dei reflui conferiti allo specifico impianto. In formule 33 : O S i i T2 F2 f 2 dv K 2 * * db * df da * V O f S f dove: T 2 = tariffa finale pagata dall utente industriale (euro/anno); F 2 = quota fissa per l utenza (euro/anno); f 2 = coefficiente di costo medio del servizio fognatura (euro/m3); dv = coefficiente di costo medio dei trattamenti preliminari e primari (euro/m3); K 2 = coefficiente che definisce il maggior peso degli oneri di trattamento dovuti alla peculiarità del singolo scarico industriale; O i/o f = rapporto tra la qualità, misurata rispetto alla domanda chimica di ossigeno (COD), dello scarico industriale (Oi) e quella degli scarichi che arrivano complessivamente all'impianto di depurazione (Of); db = coefficiente di costo medio del trattamento secondario (euro/m3); S i/s f = rapporto tra la qualità, misurata rispetto ai materiali in sospensione (SST), dello scarico industriale (Si) e quella degli scarichi che arrivano complessivamente all'impianto di depurazione (Sf); df = coefficiente di costo medio di smaltimento fanghi (euro/m3); da = coefficiente di costo medio per tenere conto di oneri di depurazione determinati dalla presenza di ulteriori inquinanti (euro/m3); V = volume annuo dell'effluente industriale scaricato in fognatura (m3). L introduzione di una formula parametrica per il calcolo delle tariffe ha rappresentato sicuramente un importante passo in avanti nel tentativo di commisurare la spesa di un utenza ai costi sostenuti per la depurazione dei reflui convogliati. Ciò nonostante, non se ne possono non notare alcuni limiti, tra cui il fatto che la tariffa sia molto spesso sbilanciata sulla componente variabile, nonostante la struttura dei costi della depurazione siano in prevalenza caratterizzati da costi fissi connessi alle immobilizzazioni, e che il corrispettivo variabile del servizio di fognatura non sempre è equivalente a quello per le utenze civili, generando una disparità di trattamento che non trova una giustificazione nei costi di collettamento. A ciò si aggiunge il fatto che si tratta di una formula ormai datata, che difficilmente riesce a tener conto dei mutati costi di trattamento e delle diverse tecnologie depurative oggi disponibili. Tali aspetti hanno contribuito a veicolare segnali di prezzo inadeguati e che non hanno quindi incentivato comportamenti efficienti, come ad esempio il pre-trattamento dei reflui, né tantomeno l interiorizzazione delle esternalità ambientali da parte delle imprese. In tal senso è auspicabile una revisione della formula che vada oltre gli aggiustamenti parziali messi in atto dalle singole Regioni/AATO. Ad oggi, infatti, le formule adottate si discostano molto poco da quella nazionale. Le principali differenze tra le formule adottate riguardano: la definizione dei costi, in alcuni casi fissati a livello di impianto, in altri calcolati sulla media degli impianti attivi nel territorio; la quantificazione del carico inquinante in ingresso all impianto, in alcuni casi misurato a livello puntuale, in altri assunto pari al limite di legge; la presenza o meno di deroghe ai valori limite stabiliti dalla normativa. 33 Per il dettaglio delle componenti si rimanda al Rapporto 2010. 53

La ricognizione ha consentito di recuperare le informazioni relative a 15 ATO, appartenenti a diverse Regioni: le formule adottate mostrano in molti casi caratteristiche comuni, ma anche interessanti peculiarità. Più nel dettaglio, per quanto riguarda le tariffe base, nel caso del servizio di fognatura una buona parte adotta quote costruite sulla base del tariffa applicata ai domestici e solo alcuni definiscono tariffe ad hoc; al contrario nel caso della depurazione le proporzione si inverte, con la maggioranza di ATO che adotta tariffe specifiche per le utenze industriali. Per quanto riguarda i coefficienti di costo dei trattamenti si riscontra un ampia casistica: se in alcuni ATO i coefficienti sono definiti in percentuale sulla tariffa base della depurazione, in altri sono fissati autonomamente dall Autorità di Ambito a livello di area o addirittura di impianto, e in altri casi ancora dipendono da alcune variabili quali la dimensione dell utenza, la dotazione idrica, la popolazione servita e la tipologia di attività svolta dall utenza. Infine, la quota fissa può essere fissata al livello di quella prevista per le utenze non domestiche civili oppure tenendo conto delle dimensioni dell utenza, definita in termini di volume, e cioè con scaglioni di consumo, di diametro del contatore o di dotazione idrica. Con riferimento, invece, al carico inquinante, si riscontra che in tutti gli ATO sono utilizzati i parametri cosiddetti di base (O i e S i), nella maggior parte dei casi si applica una maggiorazione che dipende dalla biodegradabilità del refluo (misurata dal rapporto COD/BOD) e solo in pochi casi si tiene conto di ulteriori parametro inquinanti, come ad esempio l azoto. A tal proposito, inoltre, occorre distinguere le modalità di definizione dei valori di riferimento che possono essere quelli stabiliti dalla normativa come valori limite, oppure definiti dall AATO o calcolai come media dei reflui scaricati, e quindi diversi a seconda dell impianto. L insieme dei criteri adottati comporta, come vedremo nella simulazione, che in alcuni casi è differenziata a seconda dell impianto e/o del Comune. La Tavola sintetizza le principali caratteristiche delle formule esaminate. 54

Formule tariffarie per il servizio di fognatura e depurazione delle utenze industriali Tariffa base fognatura Tariffa base depurazione Coeff. costo dei trattamenti depurativi Quota fissa Parametri inquinant i di base Ulteriori parametri inquinanti Coefficient i maggiorati Parametri inquinanti di riferimento Differenze tra impianti Differenze tra Comuni ATO 1 - Toscana % domestico = domestico % tariffa base depurazione utenze non domestiche Oi e Si non specificati COD/BOD Fissati dall'aato per area NO Sì ATO 2 - Toscana % domestico = domestico % tariffa base depurazione utenze non domestiche Oi e Si non specificati COD/BOD Fissati dall'aato per area NO NO ATO 3 - Toscana % domestico = domestico % tariffa base depurazione utenze non domestiche Oi e Si non specificati COD/BOD Limiti di legge NO NO ATO 5 - Toscana % domestico = domestico % tariffa base depurazione utenze non domestiche Oi e Si non specificati COD/BOD Fissati dall'aato per area Sì NO ATI 1-2 - Umbria diversa domestico diversa domestico % tariffa base depurazione utenze non domestiche Oi e Si azoto nitrico, nitroso, ammoniacale, tensioattivi anionici e non ionici COD/BOD Fissati dal gestore/aato per area NO NO ATI 3 - Umbria diversa domestico diversa domestico dimensione utenza diametro collettore (potenzialità scarico) Oi e Si Conducibilità e Ph COD/BOD Fissati da gestore/ AATO per area NO NO ATI 4 - Umbria = domestico diversa domestico dimensione utenza utenze non domestiche Oi e Si n.p. COD/BOD Limiti di legge NO NO ATO Ferrara (formula nazionale) = domestico diversa domestico fissati dall'aato per impianto per scaglioni di consumo Oi e Si NO COD/BOD Media Oi e Si effettivamente saricati Sì Sì ATO Ferrara (formula regionale) = domestico diversa domestico % costo complessivo depurazione per scaglioni di consumo Oi e Si Ni, Pi + altri COD/BOD Fissati dall'aato per area NO NO ATO Modena diversa domestico diversa domestico fissati dall'aato per impianto per scaglioni di consumo Oi e Si NO COD/BOD Media Oi e Si effettivamente saricati Sì Sì ATO 3 - Campania % domestico N.P. fissati dall'aato per area calcolata sul consumo Oi e Si Ni COD/BOD Fissati dall'aato per area NO NO ATO BG = domestico = domestico fissati dall'aato per area per scaglioni di consumo Oi e Si NH4 + Ptot + Tens COD/BOD; Tens/attivi Valori in deroga NO NO ATO BS = domestico = domestico fissati dall'aato per area per scaglioni di consumo Oi e Si Cl, P, NH4, NO2, Grassi, Tens, Fluoruri attività produttiva Valori in deroga NO Sì ATO CR diversa domestico diversa domestico sulla base di: dotazione idrica, popolazione equivalente servita e tipologia di attività sulla base di: dotazione idrica, popolazione equivalente servita e tipologia di attività Oi e Si non specificati COD/BOD Media Oi e Si effettivamente saricati Sì Sì ATO MN - gestore a diversa domestico diversa domestico sulla base di: dotazione idrica, popolazione equivalente servita e tipologia di attività sulla base di: dotazione idrica, popolazione equivalente servita e tipologia di attività Oi e Si non specificati COD/BOD Media Oi e Si effettivamente saricati Sì Sì ATO MN - gestore b diversa domestico N.P. fissati dall'aato per impianto per scaglioni di consumo Oi e Si NO COD/BOD Media Oi e Si effettivamente saricati Sì Sì ATO MI diversa domestico diversa domestico fissati dall'aato per Comune sulla base di: costo unitario allaccio, classe insediamento e volume scaricato Oi e Si NO COD/BOD; Azoto Oi e Si in ingresso Sì Sì Fonte: elaborazioni REF Ricerche 55

A completamento dell analisi è opportuno ricordare che il passaggio di competenze all AEEG, come precedentemente descritto, e l approvazione del metodo transitorio lascia per ora irrisolto il tema della tariffa per le utenze industriali. L unica esplicitazione da parte dell Autorità è che il metodo si applica anche ai servizi di depurazione a uso industriale. In questo senso, l obbligo di mantenere l articolazione tariffaria vigente si estende anche alla tariffa industriale e alla formula eventualmente adottata. Le uniche variazioni possibili sono quindi, anche in questo caso, l incremento delle tariffe per il coefficiente. La spesa sostenuta dalle utenze industriali Il diverso trattamento tariffario dei reflui industriali determina, come anticipato, profonde differenze a livello territoriale in termini di spesa sostenuta dagli utenti sia tra Regioni, per effetto dei criteri di assimilabilità, sia tra ATO, per l applicazione di formule o di parametri diversi, sia all interno dell ATO, quando coesistono più bacini tariffari e/o più impianti di depurazione. Per quantificare l entità delle differenze, occorre simulare la spesa sostenuta, facendo riferimento a specifiche utenze. A tal fine, sono stati individuati alcuni profili tipo, soprattutto con riferimento alle caratteristiche inquinanti del refluo riconducibili alla specifica attività produttiva. I profili sono stati elaborati a partite dalle informazioni rese disponibili, in forma anonima, da alcune Autorità d Ambito e da alcuni gestori operativi sul territorio nazionale, integrate con le informazioni contenute nelle Dichiarazioni ambientali delle singole imprese e con i dati pubblicati dalle Agenzie Regionali di Protezione Ambientale (ARPA). Poiché, come confermato anche dalla letteratura, si riscontra una elevata variabilità del carico inquinante anche a parità di settore di appartenenza e di processo produttivo 34, lo studio prende in esame alcuni profili puntuali. L obiettivo non è, infatti, quello di rappresentare la tipologia di attività, quanto mostrare le differenze territoriali nella spesa sostenuta da una specifica utenza. Le utenze selezionate sono considerate industriali, indipendentemente dai criteri di assimilabilità eventualmente stabiliti nei regolamenti regionali o di AATO, e si differenziano tra loro per quantità e qualità di reflui convogliati alla depurazione. Trattasi di: Produzione di prodotti di pasticceria; Salumificio; Materiali in gomma per settore automobilistico; Lavanderia industriale; Lavorazione della ceramica. La simulazione della spesa, effettuata applicando le strutture tariffarie applicate dai diversi ATO 35, restituisce una forte variabilità della spesa, sia rispetto all utenza considerata, che a livello territoriale. Nel primo caso, l utenza che sostiene una spesa maggiore (il confronto è fatto sulla spesa unitaria per isolare l effetto volume ) è il Salumificio che nella metà dei casi registra un livello maggiore rispetto a quello delle altre utenze, in media del 17%. Al contrario la spesa più contenuta è quella della Lavanderia (ad eccezione di un caso), in media più bassa del 6% rispetto alle altre utenze. Tale variabilità è giustificata dal fatto che il carico inquinante è diverso in ciascuna utenza e proprio per questo le differenze registrate all interno di ciascun ATO/bacino non sono singolari. 34 Il carico inquinante dipende infatti anche da altri fattori, quali la dimensioni dell insediamento, la specifica fase del processo produttivo, le materie prime utilizzate, la presenza di sistemi di pre-trattamento, ecc. 35 In alcuni casi le simulazioni hanno riguardato più Comuni all interno di un ATO. 56

Spesa per il servizio di fognatura e depurazione euro/m3* Pasticceria Salumificio Materiale in Lavanderia Ceramica fresca e secca gomma per settore automobilistico ATO 1 - Toscana 1,74 2,11 2,08 1,79 1,85 ATO 2 - Toscana 1,45 2,43 2,34 1,70 1,86 ATO 3 - Toscana 0,97 1,02 1,22 0,89 0,85 ATO 5 - Toscana 0,90 0,89 0,89 0,89 0,89 ATI 1-2 - Umbria 0,74 0,85 1,33 0,54 0,64 ATI 3 - Umbria 0,74 0,87 1,30 0,55 0,67 ATI 4 - Umbria 1,08 1,27 1,06 1,09 1,21 ATO Ferrara 0,60 0,65 0,39 0,54 0,52 ATO Modena 0,42 0,57 0,34 0,44 0,48 ATO 3 - Campania 0,75 0,74 0,56 0,62 0,65 ATO BG 0,72 0,57 0,64 0,76 0,63 ATO BS 0,76 0,74 0,76 0,73 0,74 ATO Cr_1 0,50 0,42 0,35 0,47 0,48 ATO Cr_2 0,68 0,74 0,41 0,78 0,83 ATO Cr_3 0,43 0,44 0,29 0,40 0,41 ATO MN_a 0,91 0,80 0,66 0,83 0,73 ATO MN_i 0,76 1,03 0,49 0,82 0,86 ATO MI_1 0,95 1,49 0,62 1,10 1,17 ATO MI_2 1,01 1,51 0,65 1,14 1,20 * in rosso il valore più alto Fonte: elaborazioni REF Ricerche Al contrario risultano sorprendenti le forti differenze territoriali a parità di utenza, illustrate in Tavola come intervallo minimo-massimo. 57

Pasticceria fresca e secca Salumificio Materiale in gomma per settore automobilistico Lavanderia Ceramica Spesa per il servizio di fognatura e depurazione: misure di sintesi euro/m3 3,00 2,50 2,00 1,50 1,00 Min Max Media 0,50 0,00 Fonte: elaborazioni REF Ricerche Il rapporto tra il valore più alto e quello più basso passa da un minimo di 1 a 4 nel caso della produzione di prodotti di pasticceria, fino ad un massimo di 1 a 8 per l attività di produzione di materiali in gomma per il settore automobilistico. Tuttavia, il valore medio si posiziona sulla parte bassa, a suggerire la presenza di alcuni outliers con livelli di spesa molto alti, la cui esclusione riduce la variabilità in maniera significativa. Infine, per quanto riguarda le differenze all interno dell ATO, se in alcuni casi (nello specifico nell ATO Milano) lo scarto è contenuto e pari in media al 4%, negli altri raggiunge valori significativi: a Mantova le differenze tra gestori arrivano sino al 30% e la convenienza cambia a seconda del profilo; a Cremona la differenza tra diversi impianti può tradursi in un aggravio della spesa anche del 100%. 58

Tavola 2 Criteri di assimilazione alle acque reflue domestiche Num. par. Parametro/sostanza Unità di misura Valore limite di emissione 1 Portata mc/giorno <=1.5 2 Ph 5.5-9.5 3 Temperatura C <=30 4 Colore Non percettibile con diluizione 1:40 5 Materiali grossolani Assenti 6 Solidi sospesi totali mg/l <=700 7 BOD5 (come ossigeno) mg/l <=300 8 COD (come ossigeno) mg/l <=700 9 Rapporto COD / BOD5 <=2.2 10 Fosforo totale (come P) mg/l <=30 11 Azoto ammoniacale (come NH4) mg/l <=50 12 Azoto nitroso (come N) mg/l <=0.6 13 Azoto nitrico (come N) mg/l <=30 14 Grassi e oli animali/vegetali mg/l <=40 15 Tensioattivi mg/l <=20 Per i restanti parametri o sostanze, qualora siano presenti, valgono i valori limite fissati dal D.Lgs. 152/2006 per le emissioni in acque superficiali (Tabella 3, Allegato 5 - parte terza) Fonte: D.P.R. 227/2011 59

Tavola 3 Attività che generano acque reflue assimilate alle acque reflue domestiche. Attività alberghiera, rifugi montani, villaggi turistici, residence, agriturismi, campeggi, locande e simili Attività ristorazione (anche self-service), mense, trattorie, rosticcerie, friggitorie, pizzerie, osterie e birrerie con cucina Attività ricreativa Attività turistica non ricettiva Attività sportiva Attività culturale Servizi di intermediazione monetaria, finanziaria, e immobiliare Attività informatica Laboratori di parrucchiera barbiere e istituti di bellezza con un consumo idrico giornaliero inferiore a 1 m3 al momento di massima attività Lavanderie e stirerie con impiego di lavatrici ad acqua analoghe a quelle di uso domestico e che effettivamente trattino non più di 100 kg di biancheria al giorno Attività di vendita al dettaglio di generi alimentari, bevande e tabacco o altro commercio al dettaglio Laboratori artigianali per la produzione di dolciumi, gelati, pane. Biscotti e prodotti alimentari freschi, con un consumo idrico giornaliero inferiore a 5 mc nel periodo di massima attività Grandi magazzini, solamente se avviene la vendita di beni con esclusione di lavorazione di carni, pesce o di pasticceria, attività di lavanderia e in assenza di grandi aree di parcheggio Bar, caffé, gelaterie (anche con intrattenimento spettacolo), enoteche, bottiglierie con somministrazione Asili nido, istruzione primaria e secondaria dì primo e secondo grado, istruzione universitaria Discoteche, sale da ballo, night pubs, sale giochi e biliardi e simili Stabilimenti balneari (marittimi, lacuali e fluviali) Servizi dei centri e stabilimenti per il benessere fisico e l igiene della persona Piscine - Stabilimenti idropinici ed idrotermali, escluse le acque di contro lavaggio dei filtri non preventivamente trattate Vendita al minuto di generi di cura della persona Palestre Piccole aziende agroalimentari appartenenti ai settori lattiero-caseario, vitivinicolo e ortofrutticolo, che producano quantitativi di acque reflue non superiori a 4000 m3/anno e quantitativi di azoto, contenuti in dette acque a monte della fase di stoccaggio, non superiori a 1000 kg/anno Ambulatori medici studi veterinari o simili, purché sprovvisti di laboratori dì analisi e ricerca Ospedali, case o istituti di cura, residenze socio-assistenziali e riabilitative con un numero di posti letto inferiore a 50, purché sprovvisti di laboratori di analisi e ricerca Conservazione, lavaggio, confezionamento, di prodotti agricoli e altre attività dei servizi connessi alla agricoltura svolti per conto terzi esclusa trasformazione Macellerie sprovviste del reparto di macellazione Agenzie di viaggio Call center Attività di intermediazione assicurativa Esercizi commerciali di oreficeria, argenteria, orologeria Riparazione di beni di consumo Ottici Studi audio video registrazioni Laboratori artigianali di sartoria e abbigliamento senza attività di lavaggi, tintura e finissaggio Liuteria Fonte: D.P.R. 227/2011 60

CAPITOLO 2 Servizio di Raccolta e Smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani 2.1. Organizzazione e dimensione economica del settore Questo capitolo è dedicato al servizio di raccolta dei rifiuti urbani ed assimilati e fornisce una panoramica sulla situazione strutturale del settore in Italia, sui regimi contributivi atti a finanziare il servizio per poi concludere con la ricostruzione della spesa che l utenza sostiene lungo tutto il territorio nazionale. Come mostrato nella tabella seguente, nel 2012 la produzione dei rifiuti in Italia è scesa del 5%, attestandosi ad un valore inferiore alle 30 milioni di tonnellate 1. A livello di area geografica, la produzione totale di rifiuti ha registrato una variazione in linea con il dato nazionale, anche se sono state registrate variazioni più contenute per le regioni Valle d Aosta, Marche e Basilicata (con una riduzione inferiore al 3%). Sotto il profilo della produzione pro-capite, la dinamica è sostanzialmente allineata a quella osservata sulla produzione totale: tra il 2011 ed il 2012, la produzione per abitante è passata da 528 kg a 504 kg (- 4,5%), dove il Centro è l area a maggiore produzione pro-capite con 582 kg/abitante, seguita dal Nord con 503 kg/abitante e dal Sud che si ferma a i 463 kg/abitante. Nonostante la raccolta differenziata continui a registrare importanti sviluppi, sfiorando la quota del 40% sulla produzione nazionale dei rifiuti, il risultato è ben lungi dal soddisfare gli obiettivi posti dalla normativa, considerato che il risultato riportato nel 2012 rappresenta l obiettivo che doveva essere raggiunto entro il 2007 2. A livello di area geografica si continua ad osservare un incremento significativo della raccolta differenziata nell area centro-meridionale del Paese, con un aumento poco inferiore ai 3 punti percentuali (al Centro si è passati dal 30% al 33% circa, mentre al Sud dal 24% circa al 27%). Al Nord il tasso di incremento della quota di rifiuti raccolta in maniera differenziata è stato, invece, più contenuto, anche se l area continua ad essere la più virtuosa con una percentuale superiore al 50%. 1 I dati esposti nel presente paragrafo sono tratti dal Rapporto rifiuti urbani 2013 pubblicato da ISPRA. 2 Secondo il D.lgs. 152/06 e la L. 296/2006 gli obiettivi di raccolta differenziata sono i seguenti: 35% entro il 2006; 40% entro il 2007; 45% entro il 2008; 50% entro il 2009; 60% entro il 2011; 65% entro il 2012. 61

Andamento della produzione di rifiuti urbani Popolazione (anno 2010) Rifiuti urbani totali (in mgl di tonnellate) Rifiuti urbani procapite (kg/ab.) Raccolta differenziata (%) Regioni e aree 2011 2012 var % 2011 2012 var % 2011 2012 D Piemonte 4 457 335 2 160 2 027-6.1% 495 465-6.1% 51.4 53.3 1.9 Valle d'aosta 128 230 78 77-2.3% 618 605-2.1% 41.9 44.8 2.9 Lombardia 9 917 714 4 824 4 625-4.1% 497 477-4.0% 49.9 51.5 1.6 Trentino Alto Adige 1 037 114 522 505-3.1% 507 491-3.2% 60.5 62.3 1.8 Veneto 4 937 854 2 305 2 214-4.0% 475 456-4.0% 61.2 62.6 1.4 Friuli Venezia Giulia 1 235 808 575 551-4.3% 472 452-4.2% 53.1 57.5 4.4 Liguria 1 616 788 962 919-4.5% 612 586-4.2% 28.6 30.9 2.3 Emilia Romagna 4 432 418 2 919 2 763-5.3% 672 637-5.2% 50.1 50.7 0.6 Nord 27 763 261 14 346 13 681-4.6% 527 503-4.6% 51.1 52.6 1.5 Toscana 3 749 813 2 373 2 253-5.1% 646 614-5.0% 38.4 40.0 1.6 Umbria 906 486 507 488-3.7% 573 553-3.5% 36.8 42.0 5.2 Marche 1 565 335 822 801-2.6% 533 520-2.4% 43.9 50.8 6.9 Lazio 5 728 688 3 316 3 202-3.4% 603 582-3.5% 20.1 22.1 2.0 Centro 11 950 322 7 018 6 744-3.9% 605 582-3.8% 30.2 32.9 2.7 Abruzzo 1 342 366 662 626-5.3% 506 480-5.1% 33.0 37.9 4.9 Molise 319 780 133 127-4.6% 423 404-4.5% 16.3 18.4 2.1 Campania 5 834 056 2 640 2 556-3.2% 458 443-3.3% 37.8 41.5 3.7 Puglia 4 091 259 2 095 1 980-5.5% 517 489-5.4% 16.5 18.3 1.8 Basilicata 587 517 220 214-2.7% 381 371-2.6% 18.0 21.9 3.9 Calabria 2 011 395 898 865-3.7% 458 442-3.5% 12.6 13.8 1.2 Sicilia 5 051 075 2 580 2 423-6.1% 516 485-6.0% 11.2 13.3 2.1 Sardegna 1 675 411 795 746-6.1% 485 456-6.0% 47.1 49.7 2.6 Sud e Isole 20 912 859 10 023 9 538-4.8% 486 463-4.7% 23.9 26.7 2.8 Italia 60 626 442 31 386 29 962-4.5% 528 504-4.5% 37.7 39.9 2.2 Fonte: elaborazioni REF Ricerche su dati ISPRA A livello regionale, le Marche hanno continuato a registrare un miglioramento significativo, raggiungendo, con un balzo di circa 7 punti percentuali, il 50% di raccolta differenziata. Anche l Umbria, l Abruzzo, il Friuli-Venezia Giulia riportano variazioni superiori al 4%, nonostante registrino livelli di partenza decisamente differenti. Malgrado i buoni risultati generali, alcune aree del Paese presentano ancora situazioni deficitarie rispetto agli obiettivi di Legge: gran parte delle Regioni del Sud registrano una percentuale di raccolta differenziata compresa tra il 13 ed il 21% (fanalino di coda sono Sicilia e Calabria). Fa eccezione il caso della Sardegna che riporta un livello doppio rispetto alla media di area e prossimo a quello medio del settentrione, mentre il dato del Centro è fortemente influenzato dal 22% della Regione Lazio. Per quando riguarda le eccellenze, invece, le Regioni più virtuose sono quelle del Veneto e del Trentino Alto-Adige con tassi superiori al 60%. 62

Se si considera la destinazione dei rifiuti raccolti, si evidenzia come il ricorso alla discarica, seppure in calo, sia ancora la modalità di smaltimento più diffusa, coinvolgendo ben il 42% dei rifiuti urbani prodotti. Se il recupero, il trattamento e lo smaltimento interessano oltre la metà dei rifiuti prodotti (54%), appena il 2% del rifiuto è utilizzato come combustibile per produrre energia. In particolare, il 23% circa è sottoposto a operazioni di recupero di materia 3 (ad esclusione del compostaggio), il 17% è incenerito con recupero di energia, il 12% è avviato a compostaggio 4 e l 1% a processi di digestione anaerobica. Destinazione dei rifiuti urbani, Anno 2011 Copertura discariche Utilizzo come fonte di energia Recupero di materia Discarica Incenerimento Compostaggio Digestione anaerobica Altro 1.8% 3.2% 0.5% 16.9% 11.6% 22.8% 42.1% 1.2% Fonte: elaborazioni REF Ricerche su dati ISPRA Come già visto sul versante della raccolta differenziata, anche per il ricorso alla discarica si osserva un dato molto disomogeneo sul territorio nazionale, nonostante il dato regionale sia influenzato da possibili trasferimenti di rifiuti tra Regioni. Ancora una volta il Nord resta l area più virtuosa, con una quota pari al 23% dei rifiuti avviati in discarica, contro percentuali superiori al 60% per il Centro ed il Sud. Se tra le Regioni con la più bassa quota di rifiuti smaltiti in discarica troviamo il Friuli Venezia Giulia (7%), la Lombardia (8%) e il Veneto (11%), esistono ancora parecchie Regioni che destinano più del 60% dei rifiuti allo smaltimento in discarica. Casi particolari sono la Campania (13%) e l Abruzzo (19%) che riportano dei vistosi cali rispetto agli anni precedenti in ragione della saturazione delle discariche esistenti. Ciò ha portato queste realtà a ricorrere ad impianti fuori dalla Regione, un evidenza che aiuta a comprendere 3 Per recupero di materia si intendono tutte quelle operazioni il cui obiettivo principale è quello di far si che i rifiuti possano svolgere una funzione utile, sostituendosi all uso di altri materiali che sarebbero dovuti essere utilizzati per svolgere tale funzione, consentendo al contempo di preservare le risorse naturali. 4 Per compostaggio si intende lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani con eliminazione delle parti metalliche, plastiche, vetrose e la conseguente produzione di un particolare fertilizzante. 63