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Territorio RIQUALIFICAZIONI AMBIENTALI Il 1998 è stata una data storica per l ambientalismo italiano. Finalmente veniva approvata una norma nazionale che imponeva la chiusura obbligatoria degli impianti chimici obsoleti e non più ristrutturabili. Con il provvedimento veniva dato avvio a un piano di bonifica e decontaminazione dei suoli dalla presenza dei rifiuti tossici accumulati negli anni, al quale erano stati destinati all epoca 1.000 miliardi di lire attraverso i fondi comunitari dei Docup (Documenti unici di programmazione) regionali. Il provvedimento stabiliva, inoltre, il censimento dei siti potenzialmente inquinati e i criteri per l individuazione dei siti contaminati di interesse nazionale. Questo provvedimento, con il quale l Italia chiudeva definitivamente i conti con il passato, adeguandosi alla legislazione in vigore nel resto dell Europa, poteva rappresentare un segnale di svolta anche in direzione del rilancio e dello sviluppo di una moderna e innovativa politica industriale, in quanto era prevista la riconversione degli impianti già esistenti. Al settore delle bonifiche si offriva, quindi, un importante occasione occupazionale. A distanza di soli otto anni, la svolta strategica auspicata sembra essere stata in buona parte disattesa. 70 Bonifiche anno zero A otto anni dal piano per il recupero delle aree contaminate il processo di riconversione è ancora fermo un po ovunque. Il punto su Marghera, Bagnoli, Bari e Casale Monferrato di Stefano Cianciotta Attuazione in stand by Il Programma nazionale di bonifica del ministero dell Ambiente non è mai decollato e i risultati fino a oggi, tranne alcune eccezioni, sono stati modesti. Che lo stato di attuazione delle bonifiche dei siti inquinati stesse incontrando forti difficoltà, del resto, lo aveva già denunciato la Corte dei Conti nel gennaio 2003. La magistratura contabile evidenziava, infatti, che «lo svolgimento del programma si trova ancora nella fase delle attività preliminari agli interventi di bonifica e non è dato prevedere i tempi della conclusione delle opere». A testimoniare il ritardo del Programma venivano elencate le 29 perimetrazioni approvate fino a quel momento, i pochi piani di caratterizzazione e progetti di messa in sicurezza d emergenza approvati, i soli 3 progetti definitivi approvati con tanto di decreto interministeriale (tutti riguardanti l area industriale di Porto Marghera), di cui uno solo effettivamente concretizzato. Sono trascorsi tre anni dalla relazione della Corte dei conti e lo scenario, purtroppo, non è cambiato. Qualche piccolo avanzamento c è stato, visto il tempo trascorso, ma il ministero dell Ambiente non è riuscito ad accompagnare la crescita del numero di siti contaminati (15 nel 1998, 18 nel 2000, 41 nel 2001, 50 nel 2002), dimostrando un inefficace gestione

LA LEGISLAZIONE IN MATERIA AMBIENTALE La Delega delle polemiche La legge 308 del 15 dicembre 2004 aveva delegato con un analisi di rischio specifica. Se le analisi dovessero evidenziare dei rischi per la salute, si procederà al Governo la riforma dell intera normativa ambientale, che comprendeva, oltre alla questione della bonifica dei siti inquinati, problematiche molto comspedisce le accuse al mittente, sottolineando invece alla bonifica del sito. Il ministero dell Ambiente riplesse come lo smaltimento dei rifiuti, la tutela delle la portata innovativa del nuovo Testo unico, in quanto «tutta la legislazione in materia viene semplifica- acque e dell aria, la gestione delle aree protette, le procedure per la valutazione di impatto ambientale. ta, riorganizzata e razionalizzata. In particolare per L obiettivo era quello di semplificare e uniformare il le bonifiche vengono confermati sostanzialmente i corpus normativo, armonizzandolo con le più recenti disposizioni comunitarie. Lo scorso 10 febbraio il nato e per la successiva bonifica viene compiuta parametri in vigore per la definizione di sito inqui- Governo ha approvato in via definitiva il nuovo Testo Unico in materia ambientale che aveva già solcanismo dell accordo di programma che ha dato un analisi di rischio, viene confermato anche il meclevato, in sede di discussione, le critiche delle associazioni ambientaliste e degli enti locali. Le Regioni pi più veloci nel pieno rispetto dell ambiente». Se- buoni risultati e prevede procedure più snelle e tem- hanno già annunciato di voler ricorrere alla Corte condo il dicastero, infatti, «i soggetti che devono attuare la bonifica possono stipulare accordi di pro- Costituzionale per ristabilire il rispetto delle competenze in materia di ambiente e governo del territorio, in quanto, affermano, il nuovo Testo Unico è ne degli interventi entro sei mesi dall approvazione gramma che definiscono modi e tempi di esecuzio- «un atto unilaterale del Governo, che sposta le competenze dalle periferie al centro, con la conseguenstrazioni competenti». del documento di analisi di rischio con le amminiza di incorrere nel rischio non solo dell incostituzionalità, ma anche della duplicazione di funzioni e piani, separando così settori che, viceversa, necessiterebbero di essere integrati per garantire l efficacia dell azione a tutela dell ambiente». Con la riforma del Titolo V della Costituzione, tuttavia, il legislatore aveva voluto inserire nel 2001 l ambiente tra le materie di esclusiva competenza legislativa dello Stato. Sul tema è intervenuta più volte la Corte Costituzionale con numerose e univoche pronunce, che hanno interpretato la tutela dell ambiente soprattutto come «valore costituzionalmente protetto». L ambiente, pertanto, si colloca in maniera trasversale rispetto alle materie dell articolo 117, di competenza anche regionale. In materia di bonifica il testo è stato criticato perchè prevede che sia stabilita per ogni sito inquinato una soglia minima di contaminazione, al di sopra della quale è necessario procedere logia a membrana, di gran lunga più efficace anche dal punto di vista ambientale». Ma i ritardi nell adozione di tecnologie migliori riguardano anche altri casi eclatanti, come gli stabilimenti Syndial di Priolo, in provincia di Siracusa, al centro dello scandalo del mercurio in mare che portò all arresto dei vertici del petrolchimico siciliano nel gennaio 2003, la Caffaro di Torviscosa di Udine, o le acciaierie di Taranto e Piombino, ancora in incomprensibile ritardo sulla riduzione delle ingenti emissioni in atmosfera. Al problema di come migliorare lo svolgimento delle attività industriali più a rischio di contaminazione, garantendo la salute pubblica e l occupazione, si somma ovviamente quello dello stentato avvio del risanamento delle 50 aree già inquinate inserite nel Programma nazionale di bonifica. I numeri dell inquinamento dei suoli e dei sottosuoli in Italia fanno davvero impressione: 154mila ettari di territorio contaminato, di cui poco meno della metà 74mila solo a Casale Monferrato, circa 14mila nel litorale domitio-flegreo e nell agro aversano, 5.800 a Brindisi e 3.500 a Porto Marghera. delle istruttorie aperte con le conferenze dei servizi nazionali. In alcuni casi addirittura l iter istruttorio già avviato in sede locale, con l inserimento nel Programma nazionale di bonifica, ha subito paradossalmente un forte rallentamento dei lavori. All inizio del 2005 gli interventi di messa in sicurezza dei siti contaminati previsti nel Programma dovevano essere 144. A quella data solo 40 progetti definitivi erano stati approvati, di cui 21 con firma del decreto interministeriale. Il programma nazionale, insomma, procede lentamente. Bloccate quelle emissioni Sono molte le questioni ancora irrisolte. A cominciare da quelle di carattere squisitamente tecnologico, che riguardano le emissioni di materiale inquinante degli impianti ancora in funzione. «Un esempio lampante è scritto nel dossier presentato nel maggio 2005 da Legambiente, dal titolo La Chimera delle bonifiche è quello dell esercizio dei tanti impianti di produzione di cloro da cloruro di sodio mediante cella a catodo di mercurio, nonostante l alternativa praticabile della tecno- Il rifiuto dove lo metto? I rifiuti, non solo industriali, che sono all origine di queste contaminazioni (scorie di fonderia, sali da rifusione di alluminio, fanghi, morchie oleose, oli esausti, melme acide, ceneri leggere da incenerimento, polveri di abbattimento fumi della siderurgia, pesticidi, solo per citarne alcuni) richiedono interventi complessi. Anche per le quantità in gioco: si va dai 7 milioni di m 3 di sedimenti contaminati da dragare in laguna di Venezia al milione e mezzo di m 3 di rifiuti da rimuovere nelle 110 discariche non controllate del- 71

la provincia di Frosinone, dai 300mila m 3 dell area abruzzese che insiste sui fiumi Saline e Alento ai 600mila m 3 di terreni contaminati da Ddt, arsenico e mercurio di Pieve Vergante in Piemonte, passando per i 140mila m 3 di sali sodici ancora da rimuovere dai lagoons dell Acna di Cengio. Oppure le incredibili emissioni in atmosfera dell Ilva di Taranto, che da sola produce il MARGHERA Risanamento in corso La legge 426 del 1998 ha inserito nell elenco dei primi 15 siti contaminati di interesse nazionale l area di Porto Marghera (nelle foto). Il 21 ottobre 1998 è stato sottoscritto l accordo di programma per la chimica di Porto Marghera, con l obiettivo di risanare e tutelare l ambiente attraverso azioni di messa in sicurezza e bonifica dei siti inquinati, i cui principali interventi previsti sono: lo scavo dei canali industriali portuali, lo smantellamento degli impianti in dismissione, la messa in sicurezza e la bonifica dei siti, il pretrattamento degli scarichi in laguna, la riduzione dei rischi nella movimentazione delle merci. Tra i soggetti attuatori solo 17 aziende, delle 35 censite dal Servizio rifiuti e bonifiche del ministero dell Ambiente, hanno sottoscritto 70 per cento delle emissioni nazionali e il 10 per cento di quelle europee di monossido di carbonio da attività industriali, o i rischi sanitari, con i sarcomi dei tessuti molli di Mantova nei pressi dell inceneritore ex Enichem, le malformazioni congenite nel triangolo Augusta-Priolo-Melilli e il mesotelioma pleurico degli abitanti a Biancavilla. Per favorire ulteriormente il recupero di questi vanno ricordati gli impianti di vetrificazione, inertizzazione, bioremediation e quello di stabilizzazione esistente di Fusina. La previsione del costo totale ammonta a 1.830 milioni di euro. Diversi sono stati fino a oggi i progetti portati a compimento, come il marginamento delle sponde dei canali industriali-portuali e la risagomatura delle banchine, gli interventi sui fondali dei canali industriali-portuali, la realizzazione di soluzioni per lo smaltimento, come l impianto di stoccaggio provvisorio e condizionamento di Malcontenta e la predisposizione del sito per lo stoccaggio dei sedimenti dell isola di Tesse. questi siti, nel 2001 è stato introdotto il meccanismo del project financing, che coinvolge direttamente i privati negli interventi di risanamento ambientale, ma questi sono fermi al palo tranne alcune eccezioni come i casi di Cengio e Bagnoli, dove è stata costituita una Stu a capitale misto per gestire le operazioni di bonifica. «Tra le cause del ritardo spiega Stefano Ciafani, che ha curato il dossier di Legambiente insieme con Giorgio Zampetti c è sicuramente la timidezza mostrata dai responsabili dell inquinamento a mettere in campo adeguate risorse economiche e umane per affrontare la sfida delle bonifiche. E questo vale addirittura anche per grandi aziende a partecipazione statale. Un contributo importante l ha data inoltre la lentezza mostrata dal ministero dell Ambiente, che è andato in affanno quando il numero dei siti inquinati del Programma nazionale di bonifica è aumentato passando dai 15 del 1998 ai 18 del 2000 fino ad arrivare ai 50 nel 2001». Non finisce qui. «L altro grande problema prosegue consiste nella mancanza di adeguate risorse economiche pubbliche da destinare al risanamento dei cosiddetti siti orfani, cioè inquinati da società fallite o aree pubbliche contaminate da un soggetto non identificato. A tal proposito sarebbe utile importare in Italia il modello statunitense del Superfund, il fondo rotatorio nazionale finanziato del mondo dell impresa utilizzabile solo ed esclusivamente per la bonifica dei siti orfani». Dal dossier Legambiente emerge un dato: «Non sempre vengono applicate le tecnologie di risanamento ambientale, mentre si ricorre troppo spesso alle più semplici ed economiche messe in sicurezza, d emergenza o permanenti. A tutto svantaggio del settore produttivo delle tecnologie di bonifica, che in altri Paesi come gli Usa e la Germania muovono una vera e propria economia». 72 l accordo di programma, che ha previsto l elaborazione di un apposito master plan, approvato poi nell aprile 2004, con il quale sono state definite le linee di indirizzo per l attuazione degli interventi di bonifica, della durata complessiva di dieci anni. Nel periodo transitorio (tre anni circa) verranno trattate le aree inquinate che richiedono tecniche immediatamente realizzabili, come l impiantistica fissa già esistente (impianto di inertizzazione di Fusina e impianto di Biopile) e impiantistica mobile in situ (desorbimento termico e soil washing). Inoltre verranno trattati i volumi provenienti dall area residenziale di viale San Marco e parte della quantità movimentata nelle operazioni di marginamento. Nel periodo a regime (7 anni) verranno realizzati gli impianti progettati sulla base dei dati di caratterizzazione disponibili, dimensionati anche sui volumi di materiali che si origineranno dalla bonifica delle aree di prossima caratterizzazione. Tra

L Acna in testa Tra i siti industriali italiani in cui il risanamento è più avanzato c è l Acna di Cengio, nel Savonese. Il ministero dell Ambiente ha approvato il progetto di bonifica che prevede il risanamento di tutte le aree esterne al sito, la rimozione del 90 per cento dei contaminanti all interno dell area da reindustrializzare e lo sconfinamento dei rifiuti dell Acna. Dal Cipe sono inoltre arrivati 150 milioni di euro per il risanamento di Priolo, Sarno e del mare Piccolo di Taranto, oltre a 75 milioni di euro per il sito di Bagnoli. Proprio per mettere in moto i 26 milioni di euro stanziati dal Cipe per il mar Piccolo di Taranto il ministero ha siglato con il dicastero dell Economia e Finanze e con il commissario delegato per l emergenza ambientale un nuovo accordo di programma che ha come obiettivo la riqualificazione ambientale e lo sviluppo economico-sociale di questa vasta area altamente inquinata. Per porre fine a 12 anni di incertezze sull amianto e consentirne uno smaltimento sicuro è stato pubblicato il rego- BAGNOLI Dall acciaieria al parco Nella prima fase di intervento sono stati demoliti gli impianti esistenti così come le strutture civili al loro servizio, e smaltiti tutti i residui di lavorazione ancora presenti al momento della chiusura del centro siderurgico. Attualmente è in corso la seconda fase dell intervento, con la bonifica del sottosuolo (nelle foto). «Rispetto alla fase di demolizione degli impianti commenta Gianfranco Caligiuri, direttore tecnico dei lavori l intervento di bonifica si presenta particolarmente complesso sia per la gestione operativa che per il rispetto della normativa vigente e il coordinamento con gli enti di controllo. Il processo di bonifica presenta notevoli difficoltà per i limiti molto restrittivi previsti dalla normativa vigente per le aree a uso residenziale». Nel sito di Bagnoli, sul quale si sono stratificate lavorazioni industriali per circa un secolo, l inquinamento è molto diversificato e diffuso: «pertanto continua il progetto di bonifica interes- lamento sulle attività di trattamento. Tutto questo evidentemente non basta, perché i tempi per procedere alle operazioni di risanamento dei siti sono ancora molto lunghi e gli iter burocratici, che scontano anche un rinvio di competenze tra lo Stato e le Regioni, complessi. Per accelerare i procedimenti amministrativi le associazioni degli enti locali hanno proposto al Governo di prevedere una premialità, eventualmente di tipo fiscale, per le imprese che applicano le tecnologie di bonifica innovative, privilegiandole sugli interventi di messa in sicurezza permanente. È stato suggerito, inoltre, alla luce delle difficoltà nell organizzare e seguire le istruttorie nazionali, di prevedere il ritorno della gestione del procedimento in ambito locale di tutte le conferenze dei servizi, mantenendo una funzione di supporto, verifica e indirizzo da parte del ministero dell Ambiente e degli enti tecnici nazionali preposti. sa volumi notevoli di materiali, pari a circa 2,5 milioni di t. Le difficoltà operative derivano dalla puntuale individuazione dei quantitativi da trattare e dalla gestione dei processi di trattamento per minimizzare l invio a smaltimento dei rifiuti, con il conseguente contenimento dei costi dell intervento». Il completamento della bonifica, che dovrebbe avvenire entro la fine del 2007, sarà il primo passo per l attuazione del Piano urbanistico attuativo del Comune di Napoli. Nei luoghi che una volta hanno ospitato il sito industriale di Bagnoli sorgerà il parco urbano più grande d Europa, oltre al centro integrato di servizi Porta del Parco, al Parco dello Sport e al Turtle Point, struttura culturale-espositiva polifunzionale che sorgerà nell ex impianto di trattamento acqua (nelle foto i diversi progetti). «La bonifica di Bagnoli afferma Grazia Francescato, già vicepresidente di Bagnolifutura rappresenta una grande occasione per Napoli. Questo progetto coniuga economia ed ecologia, mettendo insieme forze imprenditoriali, economiche e amministrazioni pubbliche, un contenitore nel quale lo sviluppo sostenibile acquista concretezza». 73

BARI Via l amianto, si cercano idee La zona dell ex stabilimento Fibronit (nelle foto) è all interno dell area metropolitana di Bari e confina con i quartieri densamente popolati di Japigia, Madonnella e San Pasquale. Il sito è collocato in un area fortemente urbanizzata, dove nel corso del tempo si è accumulato materiale costituito da scarti di lavorazione contenenti fibre di amianto e fanghi di produzione; tanto che l area può essere considerata come una discarica a cielo aperto di rifiuti pericolosi. Lo stabilimento di cemento-amianto Fi- del capannone. Prima di passare alla rimozione dei residui, le strutture vengono sigillate e sono utilizzati macchinari che, aspirando l aria dall interno, trattengono le fibre di amianto prima di convogliarla all esterno. Le tettoie dei capannoni, prima della rimozione, sono trattate con un materiale isolante per limitare la dispersione di fibre. Per quanto concerne invece l attuazione degli interventi successivi la situazione è più complessa, sia perché i lavori richiederanno altri finanziamenti, sia perché non si è ancora trovato l accordo sulla strategia degli interventi. Largo alle Stu Il caso di Napoli è emblematico, perché le operazioni di bonifica del sito di Bagnoli sono gestite da una società di trasformazione urbana, la Bagnolifutura, a capitale misto pubblico-privato. Napoli, da questo punto di vista, sta facendo scuola in Italia e sulla base della sua esperienza è stata costituita l associazione nazionale delle Stu italiane (Astur). «Lo scopo dell associazione, che per ora associa sette società di trasformazione urbana afferma Carlo Borgomeo, amministratore delegato di Bagnolifutura è riflettere sulle questioni che le prime esperienze di Stu stanno ponendo, sotto il profilo urbanistico, fiscale, finanziario e organizzativo». Il campo di intervento dell area nel Napoletano è emblematico. «È fin troppo ovvio che la Bagnolifutura, sia per dimensione dell intervento in corso, sia perché è stata la prima Stu a operare concretamente in Italia, rappresenti in qualche modo una sorta di esperienza pilota presa a modello e riferimento da parte di tutte le altre società di trasformazione urbana». CASALE MONFERRATO Lotta al polverino 74 bronit si estende per circa 100mila m 2 e ha svolto la propria attività per 50 anni, dal 1935 al 1985. L intera superficie presenta amianto negli strati superficiali del terreno e nel sottosuolo, che raggiungono nella zona Nord anche i 7 m di profondità. Nell aprile 2005 è stata aggiudicata la gara di appalto per i lavori di messa in sicurezza del sito, il cui importo è di 2,4 milioni di euro. Il progetto (già attuato sui capannoni C7, I, C e avviati a febbraio anche su D ed E) prevede la verifica della qualità dell aria all interno e all esterno dei capannoni. Successivamente si dovrà procedere alla rimozione dei residui di produzione presenti all interno e delle tettoie A Casale Monferrato avevano sede gli stabilimenti Eternit e Fibronit, dai quali negli anni Settanta proveniva il 40 per cento di tutta la produzione nazionale di amianto. Nel 1986 ci fu la chiusura della fabbrica in seguito ad alcune indagini epidemiologiche, che dimostrarono come l amianto avesse causato durante tutto il periodo di attività la morte di più di 2mila persone tra dipendenti e non. Gli interventi effettuati sul sito, dei quali alcuni proposti in seguito alla L. n.461 del 1996, sono consistiti principalmente nella rimozione di coperture e pannellature in cemento amianto (nelle foto). È stata completata, inoltre, la bonifica della discarica ubicata sulla sponda destra del Po. Per risolvere il problema di dove smaltire il materiale contenente amianto, derivante dalla bonifica, si è concluso l iter amministrativo relativo al progetto di una discarica ad hoc. Il progetto prevede la costruzione di due lotti: il primo è una vasca di rifiuti non pericolosi derivanti dallo smantellamento delle coperture in cemento amianto, con una capacità di 25mila m 3 ; il secondo lotto riguarda una vasca per rifiuti pericolosi, tra cui il polverino, con una capacità di circa 5mila m 3, oltre un altra vasca di 70mila m 3 per rifiuti non pericolosi. Per poter programmare i futuri interventi sulle abitazioni e sulle strade sono stati effettuati degli interventi sperimentali. Nel luglio 2004 è stato approvato il progetto generale per la bonifica che riguarda il polverino e la rimozione di tetti che contengono amianto, per il quale è previsto un contributo pubblico di 30 euro/m 2 di tetto rimosso.