CLIMAGRI Cambiamenti Climatici e Agricoltura



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Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Ufficio Centrale di Ecologia Agraria CLIMAGRI Cambiamenti Climatici e Agricoltura Progetto Finalizzato di Ricerca sulle conseguenze delle variazioni climatiche sull agricoltura in Italia Linea di ricerca 3.1: Monitoraggio permanente della siccità in agricoltura ed evidenziazione dei processi di desertificazione nel sud Italia Relazione Tecnica Finale Roma, Dicembre 2005 1

Introduzione In questa relazione tecnica conclusiva dell attività di ricerca posta in essere nel progetto finalizzato triennale Climagri Cambiamenti Climatici e Agricoltura Linea di ricerca 3.1, si descrivono i risultati ottenuti nel terzo anno del progetto e si propongono le conclusioni dell attività di ricerca relativamente alle due tematiche affrontate a partire dal primo anno: - l evidenziazione dei fenomeni di desertificazione, con particolare riferimento al meridione d Italia, - il monitoraggio della siccità in agricoltura attraverso il telerilevamento. Questa relazione viene pertanto organizzata in due capitoli che tengono conto dei due filoni principali di attività. Ogni capitolo è dotato di una propria autonomia, anche se l obiettivo finale rimane il focus sul monitoraggio del rischio ambientale causato dagli episodi di siccità e dai processi di land degradation. Per raggiungere questi obiettivi, la ricerca si è avvalsa di strumenti di rilevamento e di calcolo avanzati, quali GIS, telerilevamento, reti neurali e statistica multidimensionale, avviando intense collaborazioni con vari partner di ricerca, quali la cattedra di Ecologia del Dipartimento di Biologia dell Università degli Studi di Trieste, la società Aquater del gruppo ENI, nonché lo studio Ceccarelli per quanto riguarda le elaborazioni geografiche. Oltre alla partecipazione a 9 conferenze, con interventi ed esposizione di poster, la linea di ricerca ha prodotto le seguenti pubblicazioni a stampa: Incerti G, Feoli E., Salvati L. & Brunetti A. 2005. Analysis of bioclimatic time series and their natural network-based classification to characterize drought risk patterns in south Italy. Int. J. Bio-meteorology, in press. Salvati L., Libertà A. & Brunetti A. submitted. Bio-climatic evaluation of drought severity: a computational approach using dry spells. Biota Journal of Biology and Ecology. Salvati L., Libertà A. & Brunetti A. 2004. Il siccitometro : valutazione degli episodi di siccità attraverso l analisi dei periodi secchi. Rivista Italiana di Agrometeorologia 8: 68-69. Salvati L., Ceccarelli T. & Brunetti A. 2005. Valutazione del rischio di desertificazione in Italia: primi risultati. Rivista Italiana di Agrometeorologia 9: 124-125. Salvati L., Ceccarelli T. & Brunetti A. 2005. Monitoraggio dei fenomeni di desertificazione in Italia. Bollettino Agro-meteorologico Nazionale. Salvati L., Ceccarelli T. & Brunetti A. 2005. Geodatabase sul rischio di desertificazione in Italia. CRA-UCEA & Agrisian, Collana Climagri n. 32 (Atlante + CD). Salvati L., Incerti G., Giovacchini A., Feoli E. & Brunetti A. 2005. Monitoraggio della siccità in agricoltura tramite il telerilevamento Applicazioni ad un caso di studio. CRA- UCEA, Collana Climagri n. 40. Brunetti A., Giovacchini A. & Salvati L. 2003. La disponibilità idrica nei terreni agricoli del sud Italia: andamento di un indicatore di siccità negli ultimi venti anni. In: Vento D. (ed.) Le variazioni del clima in Italia negli ultimi venti anni. MIPAF-UCEA, Roma. Salvati L., Incerti G., Giovacchini A., Feoli E. & Brunetti A. 2004. Monitoraggio della siccità in agricoltura: l approccio agro-meteorologico e il contributo del telerilevamento. In: Esposito S. & Epifani C. (Eds.) Climagri Cambiamenti Climatici e Agricoltura. Ministero delle Politiche Agricole e Forestali & Ufficio Centrale di Ecologia Agraria, Roma. Morgillo A., Brunetti A. & Salvati L. 2002. La siccità in Italia: spunti di discussione sul clima, sugli aspetti pedoclimatici e sul bilancio idrico. In: AIAM (Ed.) L agrometeorologia nel Mediterraneo. Associazione Italiana di Agrometeorologia & Regione Siciliana, 2

Assessorato Agricoltura e Foreste. Brunetti A. & Salvati L. 2003. Siccità, desertificazione e gestione delle risorse idriche. CNR-IBIMET & Servizio Agrometeorologico Regionale per la Sardegna. Salvati L., Ceccarelli T. & Brunetti A. 2005. Desertificazione, cambiamenti climatici e agricoltura in Italia: Primi risultati di un modello di valutazione del rischio di desertificazione. Atti del Convegno AgriStat Statistiche Agricole Firenze, Maggio 2005. 3

CAPITOLO 1 EVIDENZIAZIONE DEI FENOMENI DI DESERTIFICAZIONE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL MERIDIONE D ITALIA - Agricoltura e degrado del territorio nello scenario del clima che cambia - 4

1 Il framework di riferimento Il modello logico-concettuale nella valutazione del rischio di desertificazione Il rischio di desertificazione viene valutato facendo riferimento a modelli interpretativi e metodologie relativamente consolidati, con un certo numero di applicazioni legate a contesti geografici e scale di analisi diverse. Il riferimento principale è comunque costituito dalla convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (UNCCD), ratificata dall Italia nel 1997. La Convention to Combat Desertification delle Nazioni Unite stabilisce il quadro entro il quale vengono realizzate una serie di iniziative e ricerche a livello sovra-nazionale nazionale e locale. Ad opera del suo Committee on Science and Technology, ha lavorato anche sulla definizione di benchmarks e indicatori. 1 Il Modello CNLSD A livello nazionale tale convenzione trova la sua applicazione nell'ambito del Comitato Nazionale Lotta alla Siccità e Desertificazione (CNLSD). 2 A questo livello il quadro di riferimento è stato sintetizzato dal Comitato nella sua Comunicazione nazionale per la lotta alla Siccità e alla Desertificazione (CNLD 1999). Il Comitato si è posto tra gli altri l'obiettivo di produrre una cartografia a scala nazionale delle aree vulnerabili al degrado del territorio e sensibili al fenomeno della desertificazione. A questo scopo è stata prodotta una "carta preliminare delle aree sensibili alla desertificazione" [CNLSD, 1999] in scala 1:250. 3 Per l'individuazione delle aree sensibili alla desertificazione sono stati considerati i seguenti fattori e relativi tematismi (indicati tra parentesi): Clima (indice di aridità) Caratteristiche del suolo (indice pedoclimatico) Uso del suolo (copertura del Corine Land Cover) Pressione antropica (variazione demografica 1981/1991) Sulla base dell'analisi effettuata il territorio nazionale è stato suddiviso in aree poco, mediamente e molto sensibili al fenomeno della desertificazione. 1 Report on monitoring - evaluation of impact and implementation indicators for action programmes to combact desertification (2001). Genèva, UNCCD. 2 In precedenza definito come Comitato Nazionale per la Lotta alla Desertificazione (CNLD). 3 La carta è stata realizzata da un gruppo di lavoro costituito nell'ambito del CNLD. Il gruppo era coordinato dall'allora Servizio Idrografico e Maregrafico Nazionale (S.I.M.N.) del Dipartimento dei Servizi Tecnici Nazionali (D.S.T.N.) della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La redazione della carta in formato digitale è stata supportata dall'ufficio per il Sistema Informativo Unico dello stesso D.S.T.N. 5

Il Framework DPSIR Il modello "Pressione-Stato-Risposta - PSR" sviluppato dall'oecd è stato applicato in diversi studi internazionali e nazionali, consentendo di mettere in evidenza la sequenza causale tra pressioni antropiche, impatti sull'ambiente e risposte atte a mitigare gli stessi impatti [OECD, 1994]. Il framework "Driving forces, Pressioni, Stato, Impatti e Risposte" (DPSIR) costituisce oggi il quadro di riferimento dell Agenzia Ambientale Europea per il reporting di tutte le problematiche di carattere ambientale (EEA 1995). DPSIR viene diffusamente adottato come modello interpretativo per un gran numero di processi ambientali (e.g., ANPA 2000) compresa la desertificazione (Gentile 1999). L approccio generale (Figura 1) prevede alcuni elementi comuni: 4 Le componenti driver (o driving forces ) sono le condizioni al contorno, i "fattori di traino" che determinano le problematiche ambientali. Si tratta di attività riferibili all azione dell uomo; tipicamente tra le driving forces abbiamo la crescita demografica e lo sviluppo di attività quali agricoltura, turismo, industria. Il Framework DPSIR Figura 1 Le componenti Pressioni Stato Impatti : Rappresentano il comportamento dei sistemi ambientali (naturali, agricoli) con tutte le interazioni oggi conosciute. Pressioni: sono gli effetti diretti (e misurabili) dell azione delle driving forces (es. emissioni inquinanti, urbanizzazione, deforestazione). Stato: sono le variabili che, misurando lo stato e la qualità del territorio in senso lato, delineano le condizioni in cui esso versa. Impatti: sono gli effetti ultimi dell azione delle driving forces sul territorio, che rendono esplicite le relazioni causa-effetto tra pressioni, stato ed impatti medesimi (es. riduzione delle superfici coltivabili, perdita di biodiversità). 4 EEA (2004): http://org.eea.eu.int/documents/brochure/brochure_reason.html?. 6

Le risposte sono azioni, sempre riferibili ad interventi dell uomo, quali politiche o misure di contrasto diretto o indiretto a fenomeni di degrado ambientale e desertificazione (ad esempio la politica agricola comune, le convenzioni sulla desertificazione, etc.). In teoria, il framework DPSIR vuole mettere in evidenza le connessioni causa-effetto proprie di una certa problematica ambientale, valutando in modo dinamico l impatto delle driving forces sui sistemi considerati in funzione della loro sensibilità e capacità di adattamento e risposta. DPSIR rappresenta un riferimento interpretativo ma non una metodologia in senso stretto per la messa a punto di indici e procedure di valutazione. 5 Il Modello ESAs Nell'ambito di alcuni progetti di ricerca è stata messa a punto una metodologia per l identificazione di indici e conseguentemente di aree sensibili al rischio di desertificazione (Environmentally Sensitive Areas, ESAs). Questa metodologia trova oggi ampia applicazione nell'analisi dei processi di desertificazione e rappresenta uno standard di riferimento [e.g., Kosmas et al. 1999, Ferrara et al. 1999]. 6 Il modello ESAs definisce un concetto di qualità ambientale rappresentata da diverse componenti: suolo, clima, vegetazione e gestione del territorio. Per ogni componente vengono identificate un certo numero di fattori ritenuti significativi per spiegare i processi di desertificazione. 7 Per esempio per quanto riguarda la qualità climatica le variabili che vengono considerate sono: piogge medie, aridità, esposizione dei versanti. I valori riscontrati per dette variabili vengono utilizzati per calcolare un indice sintetico specifico per quella componente, in questo caso l'"indice di qualità climatica" abbreviato come CQI. L'insieme degli indici viene sintetizzato per ottenere un indice complessivo detto ESAI. Questo indice esprime il livello di rischio di desertificazione per le aree considerate. Nella figura 2 viene riportato lo schema di applicazione del modello ESAs, con l'indicazione delle variabili più frequentemente usate, i vari indici di qualità e l'indice sintetico: Schema di applicazione del modello ESAs Tessitura, materiale parentale, pietrosità, profondità, gradiente, drenaggio Precipitazioni, aridità, esposizione Rischio incendio, protezione erosione, resistenza siccità, copertura vegetale Indice di qualità del suolo (SQI) Indice di qualità del clima (CQI) Indice di qualità della vegetazione (VQI) Indice ESA Intensità uso suolo, politiche di protezione Indice di qualità della gestione del territorio (MQI) Figura 2 5 In primo luogo il progetto MEDALUS (MEediterranean Desertification And Land USe). 6 La metodologia messa a punto con MEDALUS viene oggi applicata diffusamente negli studi sulla desertificazione, con alcune modifiche. Cfr. Montanarella L. "Indicazione delle aree vulnerabili alla desertificazione in Puglia. Regione Puglia & JRC Ispra" e IBIMET "Il rischio desertificazione per gli agrosistemi italiani. Convegno Nazionale di Agrometereologia, Matera 2004". 7 Va precisato che il modello ESAs non definisce in modo restrittivo il numero di variabili da considerare consentendone la selezione in funzione delle aree in esame e delle caratteristiche dei dati a disposizione. 7

La ricerca Climagri 3.1 e l'approccio UCEA Il Progetto Finalizzato Climagri Cambiamenti Climatici e Agricoltura ha fra i suoi obiettivi quello della valutazione della sensibilità alla desertificazione con particolare riguardo al meridione d Italia. La prospettiva che più interessa è quella dell impatto della desertificazione sui sistemi agricoli, nell ottica del cambiamento climatico. In questa luce la desertificazione viene intesa nella accezione già formulata dalla UNCCD, ossia di degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e subumide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche ed attività umane. Il concetto di degrado viene quindi inteso in termini di riduzione del potenziale produttivo dei sistemi agricoli, in particolare per effetto di un deterioramento delle caratteristiche dei suoli. La ricerca punta a fornire una interpretazione approfondita dei processi indicati in termini dinamici nell ultimo cinquantennio (1951 2000) attraverso l analisi di tre periodi consecutivi (1951-80, 1961-90 e 1971-2000). Per perseguire i suoi obiettivi la ricerca si è sviluppata in due direzioni: - rielaborazione delle indicazioni e relative cartografie secondo il modello CNLD alla luce delle finalità specifiche della ricerca e di nuove informazioni disponibili. - adozione del framework DPSIR/ESAs nella valutazione dei processi di desertificazione identificando i vari elementi interessati ed elaborando un indice sintetico di sensibilità alla desertificazione che sia espressione soprattutto della riduzione del potenziale produttivo agricolo. L applicazione del framework DPSIR/ESA's nello studio dei processi di desertificazione sui sistemi agricoli implica l'identificazione degli elementi costitutivi del modello DPSIR (cfr. box 1) e la messa a punto di una procedura per derivare un indice sintetico. Identificazione degli elementi secondo il modello DPSIR Driving forces ("fattori di traino") Tra le principali determinanti dei processi di degrado e desertificazione abbiamo: cambiamenti che vanno nel senso del peggioramento strutturale delle condizioni climatiche, in particolare quelle in grado di influenzare maggiormente gli agro-ecosistemi, nonché un uso non sostenibile del territorio; per le finalità della ricerca ci si è concentrati sui processi di intensificazione delle attività agricole e di maggior antropizzazione. Pressioni ambientali Le principali cause di degrado e desertificazione intervengono su specifiche variabili misurabili che vengono definite di pressione ambientale. Fra queste vanno annoverate le variazioni nell aridità (ad esempio espressa tramite l'indice di aridità) e nella siccità (umidità del suolo, caratteristiche dei periodi secchi [e.g., Salvati et al. 2004]). Fra le variabili che determinano un uso non sostenibile del territorio avremo: - l intensificazione agricola (espressa in termini di classi di uso del suolo maggiormente predisponenti ai fenomeni di degrado e desertificazione) - la densità di popolazione e la variazione demografica. Variabili di stato 8

Attraverso la misurazione delle variabili di stato viene valutata la qualità di un territorio nel suo insieme e l effetto che su di essa causano le pressioni ambientali. La qualità dei singoli elementi "tematici" e quella complessiva di un territorio viene descritta secondo la metodologia ESAs. Esempi di variabili di stato e di indici "tematici" con particolare riferimento a quelli considerati in questa ricerca, sono riportati nel box 1. Impatti Gli impatti (dovuti ai processi di desertificazione e di degrado) di maggior interesse per questa ricerca, sono quelli che determinano una riduzione del potenziale produttivo agricolo. Questi impatti si possono esprimere come: - perdita di superficie coltivabile (dovuta a processi di desertificazione - degrado irreversibili). - diminuzione nelle rese delle colture agrarie (imputabile ad un aumentato stress idrico o a processi di degrado di altra natura, comunque reversibili, e.g. salinizzazione). - aumento nei costi di gestione (dovuti alla attuazione di misure di compensazione dei processi sopra descritti, quali, fra gli altri, irrigazione e controllo della salinizzazione). Risposte Le "risposte" includono politiche e misure di contrasto diretto o indiretto alla desertificazione e al degrado (ad esempio la politica agricola comune, le convenzioni sulla desertificazione, etc.). Come tali, le "risposte" non sono oggetto di questo studio. Applicando il framework DPSIR è quindi possibile ipotizzare le principali connessioni causa-effetto che determinano i processi di desertificazione. Questo aiuta nella scelta delle variabili che meglio esprimeranno, in forma di indice sintetico, il grado di "sensibilità" alla desertificazione di un certo territorio. A questo fine UCEA ha sviluppato un approccio proprio, che ha previsto due ulteriori passaggi rispetto al framework ESA: La valutazione della importanza relativa (pesi) delle variabili La valutazione, effettuata attraverso tecniche di analisi statistica multivariata (PCA), individua le variabili ridondanti e determina l'importanza relativa (pesi) delle altre variabili ritenute responsabili dei processi di desertificazione. L'applicazione dei pesi nel calcolo di un indice sintetico di rischio alla desertificazione Le variabili vengono rappresentate in forma cartografica. Vengono quindi normalizzate in una scala 0-1 in modo da essere rese comparabili e sommate tramite una procedura G.I.S. (Geographical Information Systems). Per ogni porzione del territorio viene così calcolato un indice sintetico delle variabili pesate a seconda della loro importanza relativa secondo quanto emerso dal'analisi statistica. E' possibile infine valutare l'evoluzione delle singole variabili o dello stesso indice sintetico di sensibilità sulla base delle serie storiche disponibili. 9

Il modello DPSIR: applicazione ai processi di desertificazione Fattori alla base della desertificazione: Cambiamento climatico Sviluppo agricolo intensivo Antropizzazione a. Driving forces e. Risposte determinano variazioni in: Condizioni di aridità e siccità Intensità uso agricolo (irrigazione, etc.) Densità demografica Densità abitativa in zone sensibili (e.g., ecosistemi costieri) b. Pressioni ambientali misurabili in termini di: Qualità climatica - Precipitazioni totali - Variabilità e concentrazione delle precipitazioni - Intensità delle precipitazioni - Indice aridità totale e stagionale - Lunghezza/ricorrenza periodi siccitosi - Umidità del suolo (piogge utili) Qualità del suolo - AWC - Profondità - Tessitura - Sostanza organica - Materiale parentale - Deterioramento struttura/infiltrazione pioggia - Erosione (perdita di topsoil) - Salinità Qualità della vegetazione - Densità copertura vegetale - Protezione erosione - Resistenza siccità - Rischio incendio Qualità gestione protezione del territorio - Variazione demografica - Livello di protezione (aree naturali e protette) - Livello di gestione (intensità uso suolo, etc.) Box 1 c. Variabili di stato causano: d. Impatti Perdita di superficie coltivabile Diminuzione rese agricole Aumento costi (es. irrigazione, gestione salinizzazione, etc.) 10

Gli strati informativi e l approccio geografico La necessità di elaborare un indice sintetico di rischio desertificazione su tutto il territorio nazionale e ad una scala adeguata per le finalità dello studio, ha reso indispensabile l'utilizzo di procedure di analisi geografica e di appropriate tecnologie G.I.S. L'approccio geografico adottato ha affrontato in primis il problema della eterogeneità delle informazioni. Infatti, come verrà meglio discusso nel capitolo seguente, ai fattori ritenuti più significativi per esprimere il grado di rischio, corrispondono dati di natura ed origine anche molto diversa tra loro. Le differenze sono principalmente legate a: - precisione geografica del dato di origine (diversa risoluzione spaziale) - periodo di riferimento (disponibilità di una o più serie storiche, diversa risoluzione temporale) - modalità di conversione dei dati al fine di ottenere serie tra loro confrontabili Nel nostro caso, ad esempio, le informazioni legate al suolo ad esempio, provengono dall elaborazione della Carta Nazionale della Capacità Idrica dei Suoli Agrari e fanno riferimento alla cosiddetta "CellaPedo" di 8 x 8 km. 8 Le informazioni legate alla orografia del territorio hanno la risoluzione del modello digitale del terreno da cui sono originate (250 metri). li strati informativi climatici sono derivati per interpolazione a partire dai dati associati ai nodi della Griglia Italia. Infine, le informazioni relative alla popolazione e all impatto antropico (densità e variazione demografica) sono relative all'ambito comunale. Per consentire l'integrazione di queste informazioni si è scelto di ricondurre la risoluzione spaziale dei risultati dell'analisi a quella di Celle Pedo; funzionalità G.I.S. sono state anche impiegate nella estrazione dei dati utilizzati per l'analisi statistica multivariata. Infine, l'ulteriore importante passaggio in cui l'approccio geografico si è dimostrato essenziale, è quello della determinazione dell'indice sintetico di rischio. Infatti le variabili selezionate sono state rappresentate come matrici e "sommate" tramite procedure G.I.S. su tutto il territorio nazionale in modo di ottenere l'indice sintetico voluto. 1.3 Geo-database sul rischio di desertificazione in Italia Uno degli obiettivi della ricerca è quello di mettere a disposizione dei potenziali fruitori, oltre alla documentazione sui risultati ottenuti e sulle metodologie adottate, i dati medesimi e gli strumenti per una loro facile consultazione. In questo senso l elaborato finale richiesto va oltre la forma di un atlante, inteso come semplice collezione di mappe (cartacee o informatizzate). Si tratta piuttosto di un geo-database, una vera banca dati geografica a cui si aggiungono funzionalità utili a navigare ed interrogare tutte le mappe digitali che la costituiscono. 9 Il geo-database deve essere corredato di documentazione ed esempi relativi agli stessi dati, alle metodologie e procedure usate nelle diverse elaborazioni, oltre a fornire i necessari riferimenti bibliografici e Web. Per poter consentire ad un numero il più ampio possibile di utenti di accedere al materiale prodotto, abbiamo optato per una soluzione che, pur consentendo la facile consultazione del 8 I dati pedologici sono stati prodotti dal Consorzio ITA per conto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nell ambito del programma AGRIT. 9 Va precisato che la definizione di Geo-database qui utilizzata non coincide con l analogo termine adottato da ESRI per indicare uno dei suoi formati-dato proprietari. 11

materiale presentato, non rendesse necessaria la disponibilità di software G.I.S. Questa soluzione è stata realizzata con l ausilio del programma GIS-CD Creator, sviluppato dalla Sistemi Territoriali S.r.l. di Pisa. Il programma infatti permette di creare applicazioni G.I.S.- multimediali che vengono fornite all utente su di un CD auto-installante che non richiede software aggiuntivo. L applicazione realizzata nell ambito di questa ricerca, che abbiamo chiamato Geo-database sul rischio di desertificazione in Italia, comprende un browser per navigare ed interrogare le mappe digitali e la documentazione sulla ricerca stessa, in formato HTML. Il browser, come meglio descritto nella sezione 4, consente di visualizzare le mappe prodotte seguendo i diversi modelli concettuali di valutazione del rischio di desertificazione (CNLSD, ESAs, UCEA). E possibile anche confrontare le diverse serie temporali disponibili. Infine, sono consultabili sia le mappe di sintesi degli indicatori di rischio che le mappe che rappresentano i singoli fattori alla base degli stessi indici. 12

2 Dati di base Il Clima Per realizzare un analisi climatica attendibile è richiesta la disponibilità di dati meteorologici affidabili, adeguatamente distribuiti su tutto il territorio, appartenenti a serie storiche sufficientemente lunghe, omogenee e complete. Al fine di soddisfare i predetti requisiti è stato utilizzato un database ottenuto mediante Analisi Oggettiva 10 realizzata sulle osservazioni meteorologiche originarie presenti nella Banca Dati Agrometeorologica Nazionale (BDAN) 11. I dati ottenuti sono la serie completa dei valori giornalieri di temperatura dell aria (minima e massima), precipitazione piovosa, eliofania, umidità relativa e velocità del vento (a 10 m) stimati su 544 punti (nodi di griglia) del territorio italiano (figura 3) distribuiti omogeneamente sulla base di uno schema regolare, la cosidetta "Griglia Italia". Ciascun nodo di griglia rappresenta pertanto il centroide di una cella meteo di circa 30 Km di lato. I dati climatici sono stati aggregati in base a tre periodi di riferimento: 1951-1980 1961-1990 1971-2000 Il secondo periodo preso in considerazione (1961-1990) corrisponde al trentennio indicato dall Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM/WMO) quale riferimento convenzionale per le analisi ed i confronti climatologici. Poiché la natura e la qualità dei dati di base influisce profondamente sulla significatività dei risultati ottenuti, si ritiene opportuno chiarire la teoria dell Analisi Oggettiva che ha consentito la ricostruzione delle grandezze meteorologiche giornaliere e la costituzione della base dati di analisi degli eventi meteorologici al suolo verificatisi in Italia nel periodo 1951-2000. 10 Le elaborazioni di Analisi Oggettiva sono state effettuate dalla Finsiel nell ambito del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. 11 La Banca Dati Agrometeorologica Nazionale (BDAN) è stata realizzata in ambito SIAN. In essa sono archiviati i dati meteorologici delle reti di rilevamento UCEA e di altri Servizi Meteorologici italiani. 13

Griglia meteo (30 Km x 30 Km) di 544 punti. Figura 3 La ricostruzione spazio-temporale delle grandezze meteorologiche coinvolte nello studio meteoclimatico del territorio italiano è stata eseguita utilizzando la metodologia del Kriging con deriva esterna. Questa metodologia geostatistica non stazionaria consente di stimare in un qualsiasi sito geografico le misure di una determinata grandezza geofisica a partire dai dati reali disponibili, tenendo conto delle proprietà statistiche delle variazioni spazio-temporali della grandezza stessa (modello strutturale). Nel caso specifico di questo lavoro, la stima ha avuto per oggetto la ricostruzione delle serie storiche trentennali di dati meteorologici giornalieri di temperatura, precipitazione piovosa, eliofania, umidità relativa e velocità del vento ai nodi di una griglia regolare georeferenziata che ricopre l intero territorio italiano. La scelta di utilizzare la metodologia geostatistica per l analisi degli eventi meteorologici è motivata dal comportamento di queste grandezze fisiche, la cui evoluzione spazio-temporale è irregolare e a volte caotica, pur conservando una certa continuità. L ipotesi di base assunta dalla geostatistica considera le grandezze fisiche alla stregua di variabili aleatorie regionalizzate 12. In tal senso, le variabili meteorologiche non sono mai completamente indipendenti dalla loro posizione geografica ma, al contrario, fortemente influenzate dal luogo e dal tempo in cui si realizzano. La conoscenza dello stato meteorologico di un sito determina le variazioni possibili che la grandezza può assumere nell intorno geografico. In termini statistici, le misure meteorologiche rilevate da coppie di stazioni limitrofe presentano una correlazione quasi mai nulla. Per stimare i dati meteorologici giornalieri si è proceduto alla stima separata della media climatica e dello scarto meteorologico di ciascun nodo di griglia utilizzando i dati, rispettivamente climatici e meteorologici, delle stazioni di rilevamento presenti nell intorno geografico di ogni nodo ( intorno di stima ): 12 Matheron, G. (1970) Krigeage Universal pour une dérive aléatoire e Matheron, G. (1971) La théorie des variables Régionalisées et ses applicationes - Note scientifiche del Centre de Géostatistique de l Ecole des Mines de Paris. 14

misura meteorologica = clima + scarto meteorologico dove clima è una costante annuale ciclica (varia a seconda del periodo dell anno ma non varia da un anno all altro), con una buona continuità spazio-temporale e rappresenta bene l'andamento medio dei campi meteorologici a scala sinottica e coincide, in genere, con la media climatica. Lo scarto meteorologico, invece, rappresenta la variazione apportata al clima dalla condizione meteorologica istantanea e locale. La metodologia geostatistica del Kriging attribuisce, ai dati presenti nell intorno di stima di ogni nodo di griglia, specifici coefficienti peso calcolati sulla base della continuità spaziale della grandezza meteorologica. Nel dominio geografico di analisi, il modello strutturale della grandezza è rappresentato da una funzione analitica dipendente esclusivamente dalla distanza, dall'orientamento e dalla differenza di quota tra una qualsiasi coppia di punti (funzione variogramma). In considerazione di ciò, la stima delle grandezze meteorologiche ai nodi di griglia è stata ottenuta mediante una combinazione lineare pesata dei dati raccolti dal Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) relativi all intero periodo preso in esame. In questo modo vengono introdotti nella stima anche alcuni fra i fattori morfologici ed orografici del territorio che più condizionano gli eventi meteorologici come le direttrici morfologiche della Pianura Padana o l'allineamento della dorsale appenninica con la linea di costa nel Centro Italia. Nella Pianura Padana, una distanza misurata lungo la direzione Nord-Sud è caratterizzata da una più ampia variabilità meteorologica locale e da un maggiore gradiente climatico rispetto ad una stessa distanza misurata lungo la direzione Est-Ovest. Ovviamente, il modello strutturale dipende anche dal periodo dell'anno: nei mesi invernali gli eventi meteorologici presentano maggiori variazioni temporali e una maggiore continuità spaziale, mentre nei mesi estivi la correlazione spaziale tra le misure è sensibilmente più bassa. 13 La continuità spaziale degli eventi meteorologici influenza la precisione dei dati stimati ai nodi di griglia, il che porta ad una maggiore indeterminatezza della stima quanto più caotiche sono le variazioni spazio-temporali (minore correlazione spaziale) della grandezza. Localmente, lo scostamento dei dati stimati dal reale stato fisico della variabile meteorologica è tanto maggiore quanto più elevata è la varianza di stima. Questo parametro statistico esprime l affidabilità della stima e misura la variazione media tra il dato stimato e la misura fisica reale sconosciuta. La varianza di stima, oltre a dipendere fortemente dal modello strutturale, cresce quando diminuiscono il numero dei dati rilevati (numero delle stazioni di misurazione) e la dimensione unitaria della griglia di analisi (distanza fra i nodi). Il dettaglio richiesto al modello numerico non è bilanciato dal numero di informazioni disponibili (rete di osservazione). Questi concetti teorici sono estremamente importanti, poiché tutte le conclusioni e le considerazioni dedotte dall analisi dei dati stimati (modello numerico) non possono trascurare la presenza dell errore di stima, che è intrinseco a qualsiasi metodologia di calcolo. Il Kriging è comunque un metodo di stima corretto: l errore medio di stima è nullo. Lo scarto tra la media dei dati stimati e la media dei dati reali tende a zero quanto maggiore è l estensione del 13 Analisi Oggettiva studio eseguito nel 1988-1990 i cui risultati sono stati pubblicati nel rapporto SIAN Analisi climatologica e progettazione della Rete Agrometeorologica Nazionale - Aprile 1990 e nell'articolo Geostatistical analysis of the average temperature fields in North Italy in the period 1961 to 1985, A. Liberta e A. Girolamo - Séminaire CFSG sur la Géostatistique, Giugno 1989 e pubblicato sulla rivista Science de la Terre Sér. Inf. Nancy 1991, pp 1 e Time Coregionalization model for the analysis of meteorological fields: an application in northern Italy, A. Liberta e A. Girolamo 2 nd CODATA Conference on Geomathematics and Geostatistics, Science de la Terre, Sèr. Inf. Nancy 1992, pp 93 119. 15

dominio di analisi. In altre parole, le proprietà statistiche macroscopiche degli eventi meteorologici sono ben riprodotte nel modello numerico che, invece, perde alcune peculiarità e alcuni dettagli e appare all osservatore più uniforme rispetto all evento meteorologico reale. Questa differenza, conosciuta come effetto smoothing, è tanto maggiore quanto maggiore è la varianza di stima. La teoria dimostra che la complessità fisica ricostruita nel modello numerico è sempre inferiore alla variazione degli stati fisici che assume l evento reale (smoothing statistico). Questa differenza si annulla solo nel caso di stima perfetta (varianza dell errore di stima nulla) e conoscenza esatta dell evento reale. Analizziamo più nel dettaglio le variabili climatiche calcolate al nodo di griglia che entreranno a far parte della nostra analisi: Precipitazioni Partendo dai dati giornalieri sono stati calcolate le precipitazione piovose medie annue. Questi dati sono stati ulteriormente aggregati per ottenere un valore medio per ogni trentennio considerato. Variazione annuale delle precipitazioni E stata espressa per ogni periodo considerato attraverso il coefficiente di variazione delle precipitazioni piovose annue, secondo l espressione usuale (Deviazione Standard / Media), espresso in termini percentuali e aggregato come indicato per le precipitazioni medie. Stagionalità nelle precipitazioni Abbiamo considerato due indicatori in grado di esprimere la stagionalità delle precipitazioni: L'indice di concentrazione delle piogge: è dato dal rapporto tra precipitazioni primaverili-estive (cumulate da aprile a settembre) ed autunno-invernali (cumulate da ottobre a marzo). L'indice, calcolato a livello annuale, viene espresso come media trentennale per ogni periodo considerato. Giorni piovosi: è il numero di giorni con precipitazione giornaliera superiore a 1 mm. Sono anch'essi calcolati come valore medio per ciascun trentennio. Aridità L indice di aridità (IA) è dato dal rapporto fra i valori annuali delle precipitazioni e dell evapotraspirazione potenziale: 14 IA = P / ET 0 14 L'indice utilizzato è quello proposto dall'unep (1997). Per una descrizione dei dati disponibili e delle metodologie usate per derivare i dati di precipitazione e di evapotraspirazione si rimanda a CNLD (1999). 16

L evapotraspirazione potenziale viene calcolata secondo la formula di Penman-Monteith secondo la revisione operata dalla FAO (Perini et al. 2004). Su questa base l'indice classifica il territorio in diverse "zone climatiche": Indice di aridità e zone climatiche Valori dell IA Zona Climatica < 0,05 Iper-arida 0,05-0,20 Arida > 0,20-0,50 Semi-arida > 0,50-0,65 Sub-umida secca > 0,65 Umida Tabella 1 L indice utilizzato è una media calcolata su ciascun trentennio preso in considerazione. Umidità dei suoli Indicando, con il termine potenziale, l evapotraspirazione delle colture in condizioni di rifornimento idrico ottimale, si ricorda che l ET 0 può discostarsi dall evapotraspirazione reale (ETR), che indica a sua volta l evapotraspirazione delle colture nelle reali condizioni di rifornimento idrico. In tal senso, è opportuno esprimere la reale disponibilità idrica nel terreno tramite il contenuto di umidità del suolo (US), espresso come percentuale rispetto al totale della quantità d acqua disponibile per le piante 15. Abbiamo stimato la scarsità di acqua nel suolo, potenzialmente connessa con i fenomeni di desertificazione, mediante il numero di giorni annui con US < 20 mm, calcolando una media trentennale per ciascuno dei tre periodi di riferimento. L'orografia L'orografia influenza il rischio di desertificazione attraverso la variabile pendenza, che entra nell'indice di qualità dei suoli come indicatore del livello di erosione, e la variabile esposizione, che viene generalmente inclusa nell'indice di qualità climatica per la sua influenza sul microclima. 16 Per le elaborazioni previste in questo studio si è partiti da un modello digitale del terremo (D.E.M.) con una risoluzione di 250 metri. La mappa delle pendenze e quella delle esposizioni sono state ottenute con funzionalità G.I.S. disponibili nell'estensione di ArcView utilizzata per le elaborazioni raster (Spatial Analyst). 17 Le pendenze sono espresse in termini percentuali, mentre le esposizioni vengono aggregate in 10 classi, sulla base della direzione della massima pendenza. La figura 4 15 Il modello di bilancio idrico che è stato utilizzato per la stima di ETP, ETR e US si rifà al sistema MORECS, messo a punto dal Servizio meteorologico britannico. 16 L esposizione dei versanti è considerata un fattore importante per i processi di degrado del territorio, poiché influenza il microclima attraverso l angolo e la durata dell incidenza dei raggi solari sulla superficie del suolo. Aree esposte a sud e ad ovest sono raggiunte da una quantità di energia solare incidente maggiore e sono quindi più calde, presentano valori di evapotraspirazione maggiori e una conseguente minore capacità di trattenere l acqua. Di conseguenza il recupero della vegetazione è più lento e i tassi di erosione sono più elevati rispetto ad altre esposizioni [Motroni et al., 2004]. 17 Surface Analysis - Slope, in Spatial Analyst, ArcView 8. 17

indica le classi di esposizione, a cui va aggiunta una classe per le aree pianeggianti (priva di direzione delle pendenze). Classi di esposizione Figura 4 18

Suolo ed erosione Il database pedologico Il database pedologico del territorio italiano deriva dall elaborazione della Carta Nazionale della Capacità Idrica dei Suoli Agrari. La definizione delle unità di suolo-paesaggio è stata realizzata integrando l'informazione litologica dedotta dalla Carta Geologica 1:100 e l'insieme delle caratteristiche fisiografiche desumibili da immagini da satellite prodotte alla stessa scala. Quando disponibili, sono state utilizzate anche altre carte con informazioni sui suoli a carattere regionale o locale. In relazione alle esigenze di rappresentazione dei suoli italiani, le principali variabili pedologiche sono state elaborate per realizzare una opportuna rappresentazione spaziale. L'unità di riferimento è una cella quadrata di superficie pari a 64 km 2, detta "cella pedo" Il numero di celle che copre il territorio italiano è pari a 5.226. Di queste, 4.479 presentano informazioni pedologiche associate, mentre le rimanenti 747 sono prive di informazioni in quanto non intersecano nessuna unità suolo-paesaggio agricola. Il valore delle variabili pedologiche attribuito a ciascuna cella è stato stimato come media ponderata dei valori nelle unità di suolo-paesaggio che intersecano la cella utilizzando, come fattore di ponderazione, la superficie delle unità nella cella. Vi sono, infine, molte celle che ricadono in buona parte su terreni non agricoli e che quindi hanno solo piccole intersezioni con unità suolo-paesaggio agricole (celle al bordo dei confini nazionali e celle che includono ampie superfici a bosco, acque interne, aree artificiali, pascoli, ecc). In queste situazioni i valori attribuiti all'intera cella derivano dalla porzione occupata esclusivamente dalle superfici agricole le cui proprietà, come ad esempio la profondità del terreno o la percentuale di scheletro, possono essere molto diverse (generalmente migliori) rispetto alle proprietà dei terreni non agricoli che complessivamente occupano la cella. Le informazioni di base disponibili per ciascuna cella pedo sono: - Codice ISTAT di regione (viene indicata la regione prevalente nella cella) - Superficie interna alla cella occupata da unità suolo-paesaggio agricole (ha) - Valore medio di profondità del suolo (mm) - Valore medio di A.W.C. (available water capacity, mm) - Valore medio della percentuale di carbonio organico a circa 20 cm di profondità - Valore medio della percentuale di sabbia - Valore medio della percentuale di limo - Valore medio della percentuale di argilla - Valore medio della percentuale di scheletro. Nell'ambito delle elaborazioni effettuate per l' Atlante Agroclimatico (Perini, 2004) e sulla base dei dati di composizione granulometrica disponibili per ciascuna cella pedo, i suoli sono stati classificati utilizzando il triangolo tessiturale USDA (figura 5). La tessitura si aggiunge quindi ai dati di base già elencati. Per fornire una stima delle variabili pedologiche anche nelle celle pedo prive di informazione, è stata messa a punto una procedura "speditiva". Tale procedura assegna alla cella con dato mancante il valore mediano calcolato tra le celle vicine, utilizzando operatori di vicinato disponibili in ambiente G.I.S. (si rimanda all appendice metodologica per maggiori dettagli sulla procedura utilizzata). 19

Triangolo e classi tessiturali USDA CLASSI TESSITURALI Sabbioso S Sabbioso-Franco SF Franco-Sabbioso FS Franco-Limoso FL Franco F Limoso L Franco-Sabbioso-Argilloso FSA Franco-Limoso-Argilloso FLA Franco-Argilloso FA Argillo-Sabbioso AS Argillo-Limoso AL Argilloso A Figura 5 Pedoclimi-classi di regime idrico Nel modello sviluppato dal CNLSD, per quanto riguarda l'aspetto relativo alle caratteristiche del suolo è stata effettuata una elaborazione a partire dalla "carta dei pedoclimi d'italia", realizzata dall'istituto di Studi Sperimentali per la Difesa del Suolo di Firenze (I.S.S.D.S.). Da quanto si desume dalla documentazione prodotta questa carta è stata riclassificata dal gruppo di lavoro del CNLD sulla base delle classi di regime idrico (definite come a regime udico, xerico, e xerico-torrico) evidenziando quelle classi che risultano essere a maggiore o minore livello di predisposizione al fenomeno della desertificazione. Nell'ambito di questa ricerca si è cercato di ripercorrere la metodologia adottata dal gruppo di lavoro. La carta dei Pedoclimi non è però disponibile mentre lo è la carta delle Soil regions italiane. 18 Nella legenda di quest ultima carta, alle diverse "Soil regions" sono associati i regimi idrici (pedoclimi) prevalenti. Le soil regions sono state pertanto riclassificate per evidenziare regioni aventi regimi prevalentemente xerici e xerico-secchi o prevalentemente udici. Erosione Uno studio del 1999 effettuato dal JRC Ispra e dall'european Soil Bureau fornisce una serie di elementi per la valutazione del rischio di erosione in Italia. Lo studio si basa sulla Universal Soil Loss Equation (USLE) [Wischmeier & Smith, 1978], derivandone i diversi fattori che intervengono nella equazione: A = R * K * L * S * C A (Mean annual soil loss): perdita di suolo stimata (tonn ha -1 anno -1 ); 18 Crf. E.A.C. Costantini & G. Righini (a cura di) Processi degradativi dei suoli nelle regioni pedologiche italiane Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del Suolo (ISSDS) - Centro Nazionale di Cartografia Pedologica, http://www.issds.it/cncp. 20

R (Rainfall erosivity factor): fattore di pioggia o di erosività, è il numero di unità dell "indice di erosione e determina la forza erosiva e l energia cinetica della pioggia (MJ mm ha -1 h -1 0,25 y -1 ); K (Soil erodibility factor): fattore di erodibilità del suolo, tiene conto della erodibilità intrinseca di un determinato suolo ed è definito come la perdita di suolo, misurata in (tonn ha -1 anno -1 ) per unità di indice R della pioggia; L (Slope length factor): fattore di lunghezza di un versante; S (Slope factor): fattore di pendenza di un versante; C (Cover management factor): fattore di copertura vegetale. La figura 6 indica la procedura usata nello stesso studio per derivare la mappa del rischio d'erosione. Questo è stato valutato sia in termini di rischio effettivo ("actual erosion risk) che di rischio potenziale ("potential soil erosion risk"). Il risultato che interessa è quello relativo al rischio di erosione effettivo, espresso in tonn/ha/anno. Procedura per il calcolo dell erosione effettiva Figura 6 Bisogna aggiungere che l'applicazione del modello USLE nello studio citato, ha determinato in alcune aree stime di perdita del suolo molto elevate, superiori a 100 tonn/ha/anno, che dovrebbero essere considerate come anomale. 19 Le aree con stime superiori a questa soglia sono state quindi escluse dalle analisi successive. 19 Si tratta presumibilmente di valori anomali in una o più tra le variabili usate nel modello moltiplicativo USLE. 21

Copertura del suolo e vegetazione Il dato relativo alle componenti vegetazione ed uso del suolo è stato ricavato dal progetto Corine Land Cover (CLC) acronimo di COoRdination of INformation on the Environment, relativo sia alla copertura 1990 che a quella più recente datata 2000, e dal progetto Lacoast, che si riferisce all'anno 1975. Il progetto Image & CORINE Land Cover 2000 (I&CLC2000) è un iniziativa comunitaria coordinata dell Agenzia Europea dell Ambiente e dal JRC di Ispra 20. Il progetto ha realizzato l aggiornamento del database europeo relativo alla copertura del suolo (scala 1:100), attraverso l'interpretazione di immagini satellitari acquisite da satellite Landsat 7. Per quanto riguarda l'italia, l APAT ha svolto il ruolo di National Authority coordinando il lavoro effettuato a livello regionale. Il progetto fornisce un copertura del suolo con caratteristiche omogenee a livello europeo, basata su 44 classi. Le unità minime cartografate hanno una superficie di 25 ettari. La scala di rappresentazione finale è 1:100. In aggiunta alla copertura del 2000, è stata decisa la totale revisione della vecchia copertura CLC90, in ragione della sua estrema eterogeneità e bassa accuratezza. La nuova copertura CLC90 è invece rispondente agli standard di riferimento del progetto CORINE (unità minima cartografabile, sistema di nomenclatura, accuratezza, ecc.). La metodologia di classificazione standard CLC, è organizzata gerarchicamente a partire da un primo fino ad un terzo livello e prevede: 44 classi al terzo livello, 15 classi al secondo livello e cinque al primo livello. Lacoast è il frutto di un progetto della CE realizzato da JCR Ispra che ha avuto come obiettivo la mappatura della copertura del suolo nelle aree costiere (più esattamente entro 10 km dalla linea di costa) e delle loro variazioni tra il 1975 e il 1992. I criteri di realizzazione e la classificazione adottata rendono il prodotto Lacoast confrontabile con il CLC. Per le finalità di questo studio è stata usata la copertura relativa al solo 1975, essendo il periodo successivo meglio rappresentato dal CLC90. Demograf ia Il dataset di dati demografici utilizzato in questa applicazione deriva dagli ultimi quattro Censimenti Generali della Popolazione e delle Abitazioni condotti dall Istituto Nazionale di Statistica. I censimenti economici, fra cui grande rilevanza riveste il Censimento demografico, vengono svolti con cadenza decennale ed acquisiscono informazioni dettagliate relative ad aspetti sociodemografici e socio-economici della popolazione presente e residente. I dati di base (micro-dati), inizialmente raccolti per sezione di censimento, possono essere aggregati al livello geografico desiderato (nel nostro caso è stata scelta la scala comunale). Un data-warehouse continuamente aggiornato relativo al Censimento della Popolazione e delle Abitazioni del 2001 è disponibile sul sito web dell ISTAT. Per quanto riguarda i dati relativi ai censimenti anteriori a quello del 2001, abbiamo utilizzato i dati della popolazione georeferenziati a livello comunale (al netto delle variazioni dei confini amministrativi comunali intercorse nei periodi inter-censuari) secondo la pubblicazione ISTAT (1994). Nell applicativo G.I.S. abbiamo utilizzato per la visualizzazione e l analisi dei dati demografici i limiti amministrativi comunali al 1991 e al 2001 attraverso le basi dati territoriali predisposte dall ISTAT. 20 Maggiori dettagli tecnici e basi dati cartografiche sono reperibili, per quanto riguarda l Italia, sul sito dell APAT (www.apat.it). 22

3 Valutazione del rischio di desertificazione Il modello CNLSD Indicatori Diversamente dalle elaborazioni originali del CNLD, che prevedevano il calcolo dell'indice di aridità (che indicheremo come Fattore a) relativamente al solo periodo 1961-1990, in questo studio si è proceduto al calcolo dello stesso indice per le serie 1951-80, 1961-90 e 1971-2000. Per quanto riguarda le caratteristiche del suolo (Fattore b) sono state selezionate classi di regime idrico (udico, xerico, xerico-torrico) con grado crescente di predisposizione al fenomeno della desertificazione: b 1 predisposizione alta: regime xerico-torrico b 2 predisposizione media: regime xerico b 3 predisposizione bassa: regime udico Nel caso di uso del suolo e vegetazione (Fattore c) sono stati utilizzati il Corine Land Cover (CLC 1990 e 2000) e il Lacoast (1975); questi sono stati riclassificati in tre classi per tener conto del diverso livello di predisposizione al fenomeno della desertificazione: 21 c 1 predisposizione alta: è quella che comprende vegetazione rada ed aree percorse da incendi (codifica CLC 333 e 334). c 2 predisposizione media: tutte le altre classi del CLC c 3 predisposizione bassa: corpi idrici, centri abitati, zone industriali (codifica CLC 111,112,121,122,123,124 e 511,512,521,522,523) Infine per quanto concerne la pressione antropica (Fattore d), il dato è espresso dalla variazione demografica (in %) calcolata in base ai censimenti ISTAT. Questo viene riclassificato in tre livelli di predisposizione: 22 d 1 predisposizione alta: > 40% d 2 predisposizione media: 20-40% d 3 predisposizione bassa: < 20% 21 Nell'elaboraziobne effettuata da CNLD si è fatto riferimento al solo CLC 1990. 22 Nell'elaboraziobne effettuata da CNLD si è fatto riferimento alla variazione nel solo perioodo 1981-91. 23