VIDEOCONFERENZA DI AGGIORNAMENTO NORMATIVO IN MATERIA AGROALIMENTARE DEL 12 MARZO 2018 TEMA. Decreti origine: grano, riso, pomodoro

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VIDEOCONFERENZA DI AGGIORNAMENTO NORMATIVO IN MATERIA AGROALIMENTARE DEL 12 MARZO 2018 TEMA Decreti origine: grano, riso, pomodoro

Analisi decreto interministeriale 26 luglio 2017 recante Indicazione dell'origine, in etichetta, del grano duro per paste di semola di grano duro.

Applicabilità dell obbligo di etichettatura previsto dal Decreto 26 luglio 2017 anche ai prodotti DOP, IGP e biologici. Il decreto non prevede espressamente, come disposto nel decreto 9 dicembre 2016 sull origine del latte, l esclusione dall obbligo per i prodotti di cui al regime di denominazioni di origine protette (DOP) e di indicazioni geografiche protette (IGP) riconosciuti ai sensi del Titolo II del regolamento (UE) n. 1151/2012 e per i prodotti biologici di cui al regolamento (UE) n. 834/2007 del 28 giugno 2007. Poiché il perimetro di riferimento per l applicazione degli obblighi di etichettatura disposti dal Decreto ministeriale 26 luglio 2017 è dato proprio dal DPR 187/2001, non si riscontrano elementi per poter considerare le paste DOP ed IGP escluse dall obbligo previsto dal DM 26 luglio 2017 che risulta quindi aggiuntivo rispetto alle disposizioni dell Unione ed ai disciplinari approvati.

Applicabilità dell obbligo di etichettatura previsto dal Decreto 26 luglio 2017 anche ai prodotti biologici. Con riferimento invece alle paste biologiche, alle osservazioni già formulate per le paste DOP ed IGP riguardo al rispetto delle disposizioni del DPR 187/2001, si aggiunge invece la considerazione che tali paste sono disciplinate dal regolamento (UE) n. 834/2007 del 28 giugno 2007, che già disciplina, all articolo 24, paragrafo 1, lettere c), disposizioni obbligatorie riferite all origine delle materie prime biologiche. Si ritiene, quindi, che le paste biologiche debbano considerarsi escluse dall obbligo del DM 26 luglio 2017, in quanto tale obbligo verrebbe a porsi in contrasto con una disposizione già armonizzata dall Unione.

Possibilità di indicare i nomi dei singoli paesi in alternativa alle diciture previste al comma 2 dell articolo 3 del Decreto 26 luglio 2017. L articolo 2 del decreto dispone di riportare con riferimento al «Paese di coltivazione del grano» ed al «Paese di molitura», il nome del singolo Paese nel quale è stato coltivato il grano duro o ottenuta la semola di grano duro. Il successivo articolo 3 dispone invece le indicazioni da fornire in caso di grani coltivati o semole ottenute in più paesi, disponendo che in tali casi, sia per il comma 1 che per il comma 2 possono essere utilizzate le seguenti diciture: «UE», «non UE», «UE e non UE». L impiego del verbo possono lascerebbe intendere che le diciture: «UE», «non UE», «UE e non UE», siano alternative all indicazione di un elenco positivo dei singoli paesi di coltivazione o di molitura che in ogni caso sarebbe più trasparente.

Possibilità di indicare i nomi dei singoli paesi in alternativa alle diciture previste al comma 2 dell articolo 3 del Decreto 26 luglio 2017. Va fatta attenzione ad inserire i Paesi possibilmente in base alla prevalenza del grano impiegato, in linea con l impressione che il consumatore può dedurre dall ordine fornito nell elencazione. In alternativa si può comunicare al consumatore che l ordine di citazione dei Paesi non rappresenta un ordine di prevalenza. Si conferma che la dicitura fissa in etichetta è quella dell articolo 2 ( Paese di coltivazione del grano : e Paese di molitura :.) cui si abbinano il nome o i nomi dei Paesi o le diciture di cui gli articoli 2 e 3 del decreto da indicare da parte dell impresa.

Possibilità di utilizzo del sistema di stampigliatura o punzonatura anche attraverso rimandi in altro luogo della confezione e con sigle chiaramente identificative dei Paesi d origine della materia prima, e possibilità di apporre sticker adesivi sulle etichette. L impiego di sistemi di stampigliatura o punzonatura e la possibilità di apporre sticker adesivi sulle etichette, o stampare attraverso marcatori a trasferimento termico o getto d inchiostro, sono già nella disponibilità delle imprese in quanto non vietati dal reg. (UE) n. 1169/2011 e consentiti già dal D.lgs. 109/1992.

Riguardo al rimando in altro luogo della confezione va fatto attenzione in quanto il decreto 26 luglio 2017 dispone all articolo 4, comma 2, che Le indicazioni sull origine di cui agli articoli 2 e 3 sono apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili ed indelebili. Il sistema della stampigliatura o della punzonatura invece rinvia in genere ad un altro punto della confezione e questo potrebbe essere contestato.

Con riferimento invece alle sigle chiaramente identificative dei Paesi d origine della materia prima, va detto che il decreto, oltre alle diciture previste UE, non UE e UE e non UE, fa riferimento ogni volta al nome del Paese. Si ritiene pertanto che l utilizzo della sigla, per quanto chiaramente identificativa del Paese, possa essere contestata dagli Organi di controllo.

Possibilità di non considerare come ingannevole l utilizzo della dicitura UE e non UE, in caso di effettiva presenza in singoli pacchi di pasta di semole derivanti da grano solo UE o solo non UE. Le diciture UE, non UE e UE e non UE sono un obbligo introdotto dal decreto 26 luglio 2017. Occorre fare attenzione in quanto se sulla confezione del prodotto viene riportata l origine UE ed invece dai documenti commerciali è desumibile che per quel lotto di prodotto è stato utilizzata una fornitura di provenienza non UE, l operatore rischia una condanna per frode in commercio.

Ugualmente succederebbe, per assurdo, nel caso di impiego di dicitura non UE ed origine effettiva UE. Vanno quindi evitati possibili abusi come l utilizzo stabile della dicitura UE e non UE quando invece l approvvigionamento è esclusivamente non UE ed andrebbero stabiliti criteri oggettivi di verifica della correttezza dell impiego della dicitura. Si può decidere che la dicitura non UE, che nella scala dei valori del consumatore è quella meno apprezzabile, costituisca una dicitura residuale da utilizzare nel caso l operatore non abbia potuto acquisire dai suoi fornitori l esatta informazione.

Vanno quindi evitati possibili abusi come l utilizzo stabile della dicitura UE e non UE quando invece l approvvigionamento è esclusivamente non UE ed andrebbero stabiliti criteri oggettivi di verifica della correttezza dell impiego della dicitura. Si può decidere che la dicitura non UE, che nella scala dei valori del consumatore è quella meno apprezzabile, costituisca una dicitura residuale da utilizzare nel caso l operatore non abbia potuto acquisire dai suoi fornitori l esatta informazione.

la pasta di semola di grano duro aromatizzata (poniamo l esempio del basilico) rientra nel decreto grano? La denominazione di vendita è: pasta di semola di grano duro al basilico. Gli ingredienti sono: semola di grano duro, basilico, albume d uovo Il DM origine grano si applica (art. 1.1) alle paste alimentari di grano duro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187, ad eccezione delle paste di cui agli artt. 9 e 12 del suddetto decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187. Nelle eccezioni del suddetto articolo non rientrano le paste speciali, art. 7 del DPR 187/2001, si ritiene, pertanto, che la pasta di semola di grano duro aromatizzata (poniamo l esempio del basilico) rientri nel DM origine grano

ETICHETTATURA RISO Promemoria problemi etichettatura prioritari. D.M. 26 luglio 2017: origine - art. 3: Qualora ciascuna delle operazioni di cui all art. 2 avviene nei territori di più Paesi membri dell Unione europea o situati al di fuori dell Unione europea, per indicare il luogo in cui la singola operazione è stata effettuata, anche in assenza di miscele, possono essere utilizzate le seguenti diciture: «UE», «non UE», «UE e non UE».

Le diciture UE, non UE e UE e non UE sono una facoltà per usare sempre la stessa confezione riservandosi di porre in vendita un prodotto che può avere origine in Paesi diversi o sono un obbligo solo se attraverso la rintracciabilità non si può conoscere il Paese esatto? Il decreto 26 luglio 2017 dispone all articolo 3, comma 1, che Qualora. Per indicare il luogo in cui l operazione è stata effettuata, anche in assenza di miscele, essere utilizzata.. Quindi l operatore può scegliere se indicare la dicitura UE o non UE non solo quando la materia prima riso di diverse origini viene miscelato ma anche quando nel prodotto finito confluisce di volta in volta un riso di diversa origine.

D.Lgs 131 4 agosto 2017: commercio riso in Italia La denominazione dell alimento riportata in altre lingue per l esportazione può creare conflitto con la denominazione italiana e se si deve essere vietata? (ad esempio riz long per la Francia e riso ribe per l Italia?) L art. 15 del regolamento (UE) n. 1169/2011 dispone, in materia di Requisiti linguistici, che 1. Fatto salvo l articolo 9, paragrafo 3, le informazioni obbligatorie sugli alimenti appaiono in una lingua facilmente comprensibile da parte dei consumatori degli Stati membri nei quali l alimento è commercializzato. Va quindi riportata la traduzione comprensibile della denominazione legale impiegata in italiano.

Va inoltre tenuto presente che il decreto nazionale non si applica al prodotto destinato ad essere commercializzato in altri paesi (art. 1, comma 3). Il problema si pone per le confezioni che utilizzano etichette multilingue. In tal caso la denominazione da controllare ed eventualmente da sanzionare è quella italiana e non quella in lingua estera

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. la norma debba applicarsi al prodotto destinato come tale al consumatore finale (interessato dalle informazioni sull alimento) e non anche agli scambi di prodotto non destinato al consumatore finale o destinato a successiva trasformazione. La norma si applica solo al prodotto destinato come tale al consumatore finale. La finalità è quella della tutela del consumatore e l indicazione di origine deve essere eventualmente trasferita, ai sensi dell art. 8, paragrafi 6 ed 8 del regolamento (UE) n. 1169/2011, agli altri operatori solo se questi devono destinarlo al consumatore finale

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. Il campo di applicazione della legge 325 è unicamente il riso, il riso integrale e il riso parboiled o anche il riso greggio e le rotture di riso, che pure sono classificate alla voce 1006 dei codici doganali? La norma si applica solo al riso, riso semigreggio/integrale e riso parboiled. 3. L art. 2 b) esige l indicazione del Paese di lavorazione inteso come nome del Paese nel quale è stata effettuata la lavorazione e/o trasformazione del risone. I termini lavorazione e trasformazione devono essere letti con significati diversi? I termini lavorazione e trasformazione sono sinonimi o non va attribuito significato diverso.

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. Con riferimento all art. 2 b), se la lavorazione avviene in più Paesi, nella razio della norma sembrerebbe più utile indicare il Paese dove è stata effettuata l ultima lavorazione e/o quella sostanziale. Come ci si deve comportare? Esempio: per il riso Basmati, proveniente dall India o dal Pakistan, la sbramatura è spesso effettuata nel Paese di origine e la successiva lavorazione in Italia. La norma prevede debba essere indicato il Paese dove si lavora il risone, quindi la prima lavorazione. E comunque possibile riportare anche il Paese di successiva lavorazione. Nella fattispecie quindi si potrebbe scrivere paese di lavorazione: India e Italia o paese di lavorazione: Pakistan e Italia. L obbligo della norma è comunque assolto mettendo il solo Paese di prima lavorazione del risone.

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. La dicitura Paese di lavorazione: non UE sarebbe possibile solo nella misura in cui il prodotto contenuto nella confezione sia una miscela lavorata da più Paesi non UE, o se, attraverso il sistema di rintracciabilità, chi pone in commercio il prodotto non sia in grado di sapere il Paese di lavorazione. La norma non sarebbe da leggere come concessione di una facoltà al produttore che decidesse di utilizzare un unica confezione per vendere di volta in volta prodotto avente origini diverse per evitare di dover ogni volta indicare il Paese di lavorazione. Analogamente dicasi relativamente alla dicitura UE e non UE e anche alla indicazione del Paese di coltivazione e di quello di confezionamento.

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. Sempre all art. 2, è possibile indicare più Paesi in relazione sia alla coltivazione, che alla lavorazione, che al confezionamento? Per ciascuna delle diciture richieste è possibile indicare più di un Paese quando il prodotto contenuto nella scatola è una miscela di prodotto di più Paesi o se l operatore, approvvigionandosi in più Paesi, attraverso il sistema di rintracciabilità e i flussi di immagazzinamento non sia in grado di conoscere esattamente il Paese. La norma non si applica ai prodotti trasformati derivati dal riso (diversificazione)

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. Oltre a mettere le diciture previste dalla norma possono convivere sulla confezione altre diciture che fanno rifermento all origine del prodotto, come tricolori, diciture come riso 100% italiano, marchi collettivi o, ad esempio nel caso del basmati, descrizioni che spieghino come il basmati sia coltivato solo in alcune regioni dell India e del Pakistan, ecc.? Si purché ovviamente non si induca in errore il consumatore o si mettano indicazioni in contraddizione con quelle obbligatorie.

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. L art. 15 del regolamento (UE) n. 1169/2011 dispone in materia di Requisiti linguistici che 1. Fatto salvo l articolo 9, paragrafo 3, le informazioni obbligatorie sugli alimenti appaiono in una lingua facilmente comprensibile da parte dei consumatori degli Stati membri nei quali l alimento è commercializzato.. Va quindi riportata la traduzione comprensibile della denominazione legale impiegata in italiano. Prioritariamente va ottemperata la norma dell Unione riportando le denominazioni legali previste dal reg. 1308/2013. La disposizione del divieto richiamata all art. 5, comma 3 del d.lgs. 131/2017 contrasta le disposizioni dell Unione se non si trova il modo di far convivere entrambe le denominazioni. Quelle dell Unione sono le denominazioni legali, quelle nazionali riguardano la denominazione commerciale legata alla varietà tradizionale del riso.

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. Va inoltre tenuto presente che il decreto nazionale non si applica al prodotto destinato ad essere commercializzato in altri paesi (art. 1, comma 3). Il problema si pone per le confezioni che utilizzano etichette multilingue. In tal caso la denominazione da controllare ed eventualmente da sanzionare è quella italiana e non quella in lingua estera.

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. La norma non si applica al prodotto disciplinato da DOP e IGP? Alle DOP e IGP si applica solo il relativo disciplinare e non il D.Lgs 131. 9. il prodotto bio sia anch esso tutelato da un sistema di qualità riconosciuto nell UE e quindi anche a questo prodotto non si dovrebbe applicare il D.Lgs 131. I prodotti bio non sono un sistema di qualità e quindi il D.Lgs 131 si applica.

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. Nella denominazione dell alimento deve essere rispettato un ordine? Ad esempio, Riso medio Venere, integrale, parboiled o Riso medio integrale parboiled Venere, o.? Se deve essere rispettato un ordine preciso quale? Non c è un ordine con deve essere composta la denominazione di vendita, purché siano riportate tutte le indicazioni previste. 11. Il termine extra presente nella vecchia normativa, può continuare ad essere utilizzato? Si può continuare ad utilizzare anche con la nuova normativa ma purché il produttore possa dimostrare che il prodotto posto in commercio ha caratteristiche qualitative migliori del prodotto normalmente posto in commercio.

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. Il termine classico può continuare ad essere utilizzato nella parte descrittiva del prodotto? Ad esempio, riso per un risotto classico? No, a meno che il termine non sia da tempo parte integrante di un marchio registrato. La descrizione del prodotto sulla facciata principale può riportare solo una parte della denominazione dell alimento? Ad esempio, per il basmati, la denominazione è riso lungo B basmati. Sulla facciata della confezione si può riportare solo basmati? Parti della denominazione possono essere utilizzate in modo descrittivo purché ovviamente non siano conflittuali con la denominazione stessa. Nei prodotti trasformati a base di riso (riso precotto, risotti pronti, gallette di riso, olio di riso, pasta di riso, biscotti di riso, latte di riso, ecc.), nel riportare l ingrediente riso, è necessario anche aggiungere la denominazione generica o, se del caso, quella tradizionale? No perché tali prodotti non sono nel campo di applicazione del D.Lgs 131 che prevede delle denominazioni di legge solo per il riso se venduto come tale (non trasformato).

D.M. 26 luglio 2017, origine del riso in etichetta. Relativamente al Decreto legislativo 4 agosto 2017, n.131, recante disposizioni concernenti il mercato interno del riso, diversi operatori hanno chiesto se è possibile riportare nella denominazione dell alimento la dicitura semintegrale che si riferisce ad uno stadio di lavorazione intermedio tra il riso semigreggio (o integrale) ed il riso semilavorato (tale quesito sarà inoltrato anche agli Uffici del MIPAAF). In generale, quando un provvedimento normativo disciplina le denominazioni legali di un alimento non è possibile derogare da queste. La denominazione "semintegrale" non è infatti disciplinata dal D.Lgs. 131/2017. Conviene spendere la denominazione di legge (riso semigreggio o integrale) aggiungendo ulteriori informazioni rese ai sensi del comma 5 dell'art. 3

ORIGINE POMODORO GAZZETTA UFFICIALE n. 47-26 febbraio 2018 è stato pubblicato il DECRETO 16 novembre 2017 Il provvedimento introduce la sperimentazione per due anni del sistema di etichettatura, nel solco della norma già in vigore per i prodotti lattiero caseari, per la pasta e per il riso. Il decreto si applica ai derivati come conserve e concentrato di pomodoro, oltre che a sughi e salse che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro

ORIGINE POMODORO Ambito di applicazione Le disposizioni del decreto si applicano esclusivamente ai seguenti prodotti alimentari preimballati destinati al consumatore finale: a) derivati del pomodoro di cui all'art. 24 della legge n. 154 del 28 luglio 2016; * b) sughi e salse preparate a base di pomodoro (di cui al codice doganale 21032000 - Salsa «Ketchup» ed altre salse al pomodoro), ottenuti mescolando uno o piu' dei derivati di cui al punto a) con altri prodotti di origine vegetale o animale, il cui peso netto totale e' costituito per almeno il 50% dai derivati di cui al punto a).

ORIGINE POMODORO LE NOVITÀ DEL DECRETO Il provvedimento prevede che le confezioni di derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture: a) Paese di coltivazione del pomodoro: nome del Paese nel quale il pomodoro viene coltivato; b) Paese di trasformazione del pomodoro: nome del paese in cui il pomodoro è stato trasformato. Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE. Se tutte le operazioni avvengono nel nostro Paese si può utilizzare la dicitura "Origine del pomodoro: Italia".

ORIGINE POMODORO ORIGINE VISIBILE IN ETICHETTA Le indicazioni sull'origine dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili. I provvedimenti prevedono una fase per l'adeguamento delle aziende al nuovo sistema e lo smaltimento completo delle etichette e confezioni già prodotte.

INCOGRUENZE DECRETI ORIGINE GRANO, RISO E POMODORO "Sanzioni applicabili", si fa espresso riferimento al dlgs 109/92 che è stato abrograto dal decreto legislativo 231/2017, 1. Per le violazioni degli obblighi si applicano le sanzioni previste dall'art. 18, comma 2, del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 109. Ci sono due possibili soluzioni al problema :

INCOGRUENZE DECRETI ORIGINE GRANO, RISO E POMODORO Ci sono due possibili soluzioni al problema : 1) siccome la violazione/omissione della informazione costituisce una pratica commerciale potenzialmente capace di distorcere il comportamento dei consumatori si potrebbe applicare l'art. 7 del regolamento 1169/2011, e, di conseguenza, la relativa sanzione posta all'art.3 del d.lgs. 231/2017..L'autorità competente dovrà però dimostrare il passaggio violazione > possibilità di inganno del consumatore > sanzione. 2) siccome i decreti in questione di fatto costituiscono anticipazione del 26.5 e la disciplina sanzionatoria del 231/17 fa riferimento a tutto l'art. 26 e si applica la relativa sanzione, ma dato che il regolamento NON autorizza anticipazioni nazionali, quindi nei limiti in cui la norma UE non sia attualmente efficace la sanzione non dovrebbe operare. Su questa questione abbiamo chiesto al MISE di formulare un parere di concerto con il MIPAAF.

Fine Presentazione Decreti origine: Grano Riso Pomodoro Confederazione Nazionale dell Artigianato e della Piccola e Media Impresa Unione CNA AGROALIMENTARE Modena 12/03/2018