DIRITTO. 1. Con l'unico motivo di impugnazione l'istituto previdenziale deduce la violazione e falsa



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Pensioni - Fondo integrativo ex INAM - Retribuzione pensionabile - Indennità di posizione - Qualifica di dirigente generale - Acquisizione in virtù di benefici per ex combattenti - Spettanza - Esclusione. Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 01.02.2006, n. 2242 - Pres. Mileo - Est. Monaci - P.M. Fuzio - INPS (Avv.ti Riccio, Valente, Biondi) - Mereu (Avv.ti Allocca, Salerno) Ai fini della riliquidazione delle pensioni del personale già dipendente dall'inam la indennità di posizione spettante ai dirigenti generali ai sensi dell'articolo 1 della legge 2 ottobre 1997 numero 334 deve essere computata solo in relazione alla qualifica dirigenziale effettivamente rivestita al momento della cessazione del rapporto di lavoro, e non alla qualifica superiore eventualmente ottenuta all'atto del collocamento in pensione in virtù del beneficio previsto dall'articolo 2 della legge 24 maggio 1970 numero 336. FATTO - La controversia concerne l'inserimento, o meno, nella base di calcolo della pensione del dr. Mereu Napoleone, dirigente INAM in quiescenza, dell'indennità di posizione di cui alla legge n. 334/97. Il giudice di primo grado negava la riliquidazione del trattamento pensionistico richiesta dal ricorrente. Con sentenza n. 3295/02 in data 4 aprile / 2 dicembre 2002 la Corte d'appello di Roma accoglieva invece l'appello dell'assicurato, e in riforma della prima sentenza dichiarava il diritto dell'appellante alla ricostituzione del proprio trattamento di pensione, come erogato dai Fondo Integrativo ex INAM gestito dall'inps, per effetto della inclusione dell'indennità di posizione nel trattamento globale di pensione. A differenza del Tribunale, la Corte d'appello riteneva che l'indennità di posizione non avesse identica natura dell'indennità di funzione, e che pertanto l'inserimento di questa ultima nella base di calcolo non pregiudicasse il conteggio anche dell'altra. Né era necessario, ai fini del beneficio, l'effettivo svolgimento da parte del pensionato delle funzioni di dirigente generale, essendo sufficiente l'attribuzione della qualifica formale. Avverso la sentenza, che non risulta notificata, l INPS ha proposto ricorso per cassazione, con un motivo, notificato nel domicilio eletto il 28 novembre 2003. Resiste l'intimato dr. Mereu con controricorso notificato il 2 gennaio 2004. DIRITTO 1. Con l'unico motivo di impugnazione l'istituto previdenziale deduce la violazione e falsa

applicazione dell'art. 1 della legge 2 ottobre 1997, n. 334, e dell'art. 2 della legge 24 maggio 1970, n. 336, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia. lì ricorrente nega che l'indennità di posizione spettasse agli ex dirigenti INAM, e ricorda che l'intimato aveva ottenuto la qualifica di direttore generale soltanto in occasione della cessazione dal servizio, in forza dell'art. 2 della legge n. 336 del 1970, che attribuiva agli ex combattenti all'atto dei collocamento a riposo la qualifica superiore a quella posseduta ai momento della cessazione dal servizio. Secondo il ricorrente l'indennità di posizione (come quella di funzione) sarebbe spettata, invece, solamente nel caso in cui il pensionato avesse conseguito la qualifica di dirigente generale effettivamente e formalmente in attività di servizio e prima della sua cessazione. All'atto dalla cessazione dal servigio il ricorrente era in possesso della qualifica di dirigente superiore. La sentenza impugnata contrasterebbe, inoltre, con l'art. 1l della legge n. 334/1997, nella parte in cui dispone che l'indennità di posizione spetta anche ai dirigenti generali dipendenti da enti pubblici che non fruiscano di compensi o indennità aventi analoga natura, fatto salvo il trattamento di miglior favore. I dirigenti generali dell INPS fruivano invece di una indennità di funzione, introdotta con delibera del Consiglio di Amministrazione, che non trovava corrispondenza nel trattamento accessorio spettante ai dirigenti generali dello Stato. II giudice avrebbe errato nel ritenere che le due indennità avessero una natura diversa. L'indennità di funzione era divisa in tre quote, ed in parte correlata alla capacità gestionale ed alla rilevanza economica della struttura assegnata. La quota fissa (quella "A") dell'indennità di funzione assolveva agli stessi fini propri dell'indennità di posizione. 2. Il ricorso è fondato, e merita accoglimento. La controversia ha per oggetto, in sostanza, l'inserimento dell'indennità di funzione, percepita dai dirigenti in servizio, nella base di calcolo per la perequazione del trattamento di quiescenza dei dirigenti ex INAM in quiescenza. Il ricorso pone, per la verità due distinti problemi di diritto quello dell'inserimento, o meno, di questa nuova indennità nella base di calcolo del trattamento di quiescenza dei dirigenti che non abbiano raggiunto quel certo livello di inquadramento quando erano in servizio, ma l'abbiano ottenuto fruendo di benefici particolari all'atto del pensionamento, e quello del periodo di riferimento di questa eventuale estensione. 3. Al primo dei problemi proposti deve essere data una soluzione favorevole al ricorrente.

L'indennità di posizione, che è alla base di questa controversia, è stata introdotta dall'arti della legge 2 ottobre 1997, n. 334. La norma dispone - per quanto qui interessa - che "ai dirigenti generali e qualifiche equiparate delle Amministrazioni statali [...] spetta per gli anni 1996 e 1997, in aggiunta al trattamento economico in godimento, fondamentale ed accessorio [...] un'indennità di posizione correlata esclusivamente alle funzioni dirigenziali attribuite e pensionabile ai sensi dell art. 13, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, determinata nei seguenti importi annui lordi per tredici mensilità: a) lire 24 milioni per le funzioni di capo delle direzioni generali o di altri uffici centrali e perifèrici di livello pari o superiore; b) lire 18 milioni per ogni altra funzione." L'emolumento appare strettamente correlato "alle funzioni dirigenziali attribuite" e presuppone perciò l'effettiva attribuzione delle funzioni relative - nel caso di specie quelle di direttore generale - nel corso del proprio periodo di servizio. Una volta che il dirigente abbia effettivamente espletato le funzioni relative nei corso del periodo di servizio avrà diritto anche al suo inserimento nella base di calcolo del trattamento di quiescenza, altrimenti non lo avrà. In realtà il dott. Mereu non ha mai svolto l'attività di direttore generale, né comunque ha conseguito il relativo livello di inquadramento nel corso della sua attività di servizio. Al contrario, come pacifico in causa, il dott. Mereu ha conseguito il diritto all'adeguamento del proprio trattamento di quiescenza a quello del personale in servizio con la qualifica di direttore generale, nella sua qualità di ex combattente, all'atto del pensionamento per effetto dell'applicazione della legge 24 maggio 1970, n. 336, al solo fine di conseguire un miglior trattamento di quiescenza. Se ne deve dedurre che non ha diritto neppure all'inserimento dell'indennità di posizione nella base di calcolo del suo trattamento di quiescenza. Innanzi tutto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, pienamente condivisa e fatta propria da questo collegio, "l'art. 2, primo comma, della legge n. 336 del 1970 sui benefici in favore degli ex-combattenti si applica sino al momento della liquidazione della pensione e dell'indennità di buonuscita e di previdenza, e non opera, salvo diversa espressa previsione contrattuale, in occasione della eventuale successiva applicazione di meccanismi di perequazione automatica per effetto di istituti contrattuali che disciplinano pensioni integrative. (Cass. civ., 5 maggio 2001, n. 6317). In realtà possono essere estesi anche ai dirigenti pubblici in pensione che godano di meccanismi di adeguamento automatico solamente quegli istituti che presuppongano l'attribuzione dei grado, ma non quelli che presuppongano l'esercizio effettivo delle mansioni corrispondenti: la Corte ha deciso perciò che "ai fini della riliquidazione delle pensioni del personale già dipendente daii"inam in

relazione alle variazioni nella retribuzione pensionabile del personale in servizio che siano frutto di provvedimenti di carattere generale (art. 30 del regolamento di previdenza 3 ottobre 1969, cui rinvia l'art. 75 del d.p.r. n. 761 del 1979), è computabile l'indennità di funzione attribuita ai dirigenti Inps dal Comitato esecutivo di detto ente, in base all'art. 13, quarto comma della legge 9 marzo 1989 n. 88, ancorché la corresponsione di tale indennità sia collegata all'effettivo esercizio della funzione dirigenziale, mentre deve escludersi la computabilità dell'assegno temporaneo, corrisposto fino al 31 dicembre 1984 in forza dell'art. 7 I. n. 79 del 1984, poiché questo assegno, per la mancanza di continuatività nella sua corresponsione, non è stato oggetto di provvedimenti di carattere generale." (Cass. civ., 6 aprile 2000, n. 4297 (1); nello stesso senso, 20 giugno 1998, n. 6170; 14 gennaio 2000, n. 387) Nel medesimo senso è del resto, significativamente, Sa giurisprudenza amministrativa che si è formata sul problema, parzialmente similare, dell'estensione ai dirigenti INPS in quiescenza dell'indennità di funzione. Quest'emolumento è suddiviso in più quote, di cui la prima, denominata quota "A", correlata esclusivamente al grado, e le altre invece anche ad altri presupposti di fatto: è stato deciso, infetti, che "/ dipendenti dell lnps, cessati dal servizio con la qualifica dirigenziale, hanno diritto a percepire la pensione integrativa con il calcolo della quota "A" dell'indennità di funzione dirigenziale [...]; peraltro, detta indennità deve essere computata solo in relazione alla qualifica dirigenziale effettivamente rivestita al momento della cessazione del rapporto di lavoro, e non alla qualifica superiore eventualmente ottenuta all'atto del collocamento a riposo in virtù dell'applicazione dei beneficio previsto dall'art. 2 L. 24 maggio 1970 n. 336." (Cons. Stato, 23 settembre 1998, n. 1289; nello stesso senso 11 marzo 1998, n. 272). 4. Anche il secondo quesito comporta una risposta favorevole all'ente previdenziale. Ogni forma di adeguamento particolare dei trattamenti di quiescenza a quelli del personale in servizio è venuta meno a partire dal primo gennaio 1998, per effetto di una disposizione specifica della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (vaie a dire della legge finanziaria 1998). Quest'ultima ha disposto, infatti, al quarto comma dell'art. 59, che "a decorrere dal 1 gennaio 1998, per l'adeguamento delle prestazioni pensionistiche a carico delle forme pensionistiche di cui ai commi 1, 2 e 3 [vale a dire le prestazioni obbligatorie sostitutive, esclusive ed esonerative, disciplinate al primo comma, quelle Integrative, a cui fa riferimento il secondo comma, ed infine quelle che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, richiamate ai terzo comma] trova applicazione esclusivamente l'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, con esclusione di diverse forme, ove ancora previste, di adeguamento anche collegate all'evoluzione delle retribuzioni di personale in servizio.

A sua volta, l'art. 11, così richiamato, del D.Lgs. n. 503/1992 - che detta una nuova disciplina (successivamente richiamata dalle norme per i dipendenti degli enti parastatali) per i dipendenti civili e militari dello stato -dispone a! primo comma che "gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed assistenziali si applicano, con decorrenza dai 1994, sulla base del solo adeguamento al costo vita con cadenza annuale ed effetto dal primo novembre di ogni anno. Tali aumenti sono calcolati applicando all'importo della pensione spettante alla fine di ciascun periodo la percentuale di variazione che si determina rapportando il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati, relativo all'anno precedente il mese di decorrenze dell'aumento, all'analogo valore medio relativo all'anno precedente. " II combinato disposto di queste norme comporta inevitabilmente la scomparsa nei settore pubblico di tutte le forme di adeguamento pensionistico diverse da quella ordinaria. Come già sottolineato da questa Corte, la disposizione di cui all'art. 59, quarto comma, della legge n. 449 del 1997, che comporta la soppressione, a decorrere dall'1 gennaio 1998, di meccanismi di adeguamento diversi da quello previsto dall'art. 11 del D.Lgs. n. 503 del 1992, che se collegati all'evoluzione delle retribuzioni del personale in servizio, impedisce, a partire dalla suddetta data, la riliquidazione automatica, ai sensi dell'art. 30 del Regolamento I.N.A.M., della pensione dei dipendenti (nella specie: dirigente generale) dell'istituto, risultando pertanto inapplicabile ai dipendenti collocati a riposo la deroga disposta dall'art. 19 del D.Lgs, n. 80 del 1998 esclusivamente per i "pari grado" in servizio." (Cass. civ., 28/10/2003, n. 16221 (2)) 5. Il ricorso perciò deve essere accolto, e la sentenza della Corte d'appello cassata. Dato che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto da demandare ad un giudice di rinvio, e non risultano sussistere ulteriori questioni di merito, la Corte può, e deve, decidere nel merito ai sensi dell'art. 384, primo comma, ultima parte, c.p.c., e respingere la domanda a suo tempo presentata dal dr. Mereu al giudice di primo grado. Tenuto conto del fatto che nell'ambito del medesimo processo sono state emesse decisioni di segno contrario tra loro.sussistono giusti motivi per compensare tra parti le spese dell'intero giudizio. (Omissis) (1) V. in q. Riv., 2000, p. 1105 (2) Idem, 2004, p. 870