Il trust come opportunità per ripartire dopo aver perso tutto



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Transcript:

Il trust come opportunità per ripartire dopo aver perso tutto a cura di Ennio Vial e Vita Pozzi Introduzione Nel presente intervento esamineremo un possibile utilizzo del Trust. In particolare, analizzeremo il caso di un fallito o di un soggetto che ha subito aggressioni dai creditori che, spogliato dei suoi beni, non può più operare perché non è riuscito a chiudere tutte le posizioni debitorie. Per partire con una nuova attività di solito intesta i beni ad altri soggetti ma spesso emergono diversi problemi. Il trust è un utile strumento per risolvere la situazione in oggetto e ricominciare nuovamente senza dover fidarsi di soggetti estranei. Nel presente articolo analizzeremo quindi come strutturare un trust per un soggetto fallito che vuole intraprendere una nuova attività evidenziando inoltre i profili di criticità legati alla soluzione proposta. Infatti, in ipotesi di debiti nei confronti dell Erario potrebbe sorgere il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte; inoltre, il trust deve essere attentamente predisposto per evitare che lo stesso sia considerato interposto. Il trust: cenni dell istituto Secondo l art. 2 della Convenzione dell Aja 1, per trust s intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente, con atto tra vivi o mortis causa, qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell interesse di un beneficiario o per un fine determinato. Il trust si sostanzia quindi in un rapporto giuridico complesso che ha un unica causa fiduciaria. Tutte le vicende del trust (istituzione, dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione dell'interesse del beneficiario, il raggiungimento dello scopo) sono collegate dalla medesima causa. La struttura essenziale del trust vede la presenza di tre soggetti, non necessariamente persone diverse tra loro, ovvero: il disponente (o settlor ); il trustee ; il beneficiario, o i beneficiari. Figura non necessaria ma quanto mai opportuna è il Guardiano. Esamineremo, nel proseguo, le diverse figure del trust. 1 Il Trust è un istituto di matrice anglosassone di lunga tradizione, sviluppatosi nei paesi di common law e che ha fatto il suo ingresso in Italia con la ratifica della Convenzione dell Aja ad opera della legge 9 ottobre 1989, n. 364. 1

Il trust determina un trasferimento di beni/diritti dal disponente al Trustee; il trustee diventa proprietario ed amministratore dei suddetti beni con il vincolo di gestirli nell interesse dei beneficiari, ovvero in funzione di uno scopo. L effetto principale del trust è quello di segregare un dato patrimonio affinché lo stesso non possa più essere aggredito da terzi creditori, siano essi del disponente, del trustee o del/i beneficiario/i, salva la sussistenza di situazioni patologiche (ad esempio, sottrazione da parte del disponente di massa patrimoniale ai propri creditori). Il Trust Fund esce quindi definitivamente dal patrimonio del disponente ma non entra a far parte del patrimonio del trustee, e non è quindi soggetto alle pretese dei creditori o degli eredi o del coniuge del trustee stesso. Il trust è uno strumento molto versatile che consente, oltre alla protezione del patrimonio, un passaggio ordinato dei beni ai discendenti, una gestione professionale della liquidità, un ottimizzazione fiscale in ipotesi di disposizione, nel trust, di partecipazioni. Le figure del trust nel caso oggetto di analisi Ipotizziamo che Tizio e Caio, soci di una S.n.c. siano falliti. Ovviamente non sono riusciti a pagare tutti i creditori. Il fallimento delle società di persone: cenni Come noto, nelle società di persone i soci illimitatamente responsabili falliscono anche in proprio; in sostanza, il fallimento della società determina il fallimento dei soci. Le diverse procedure e masse fallimentari rimangono però distinte a causa dell autonomia patrimoniale della società rispetto ai soci. N.B. L art. 147 co. 4 della Legge Fallimentare 2 stabilisce che se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi. La norma in esame, pertanto, stabilisce l assoggettamento al fallimento anche del socio occulto. In seguito alla dichiarazione del fallimento il fallito viene spossessato di tutti i suoi beni i quali passano all Amministrazione del curatore. 2 Regio Decreto n.267/1942. 2

Il fallito è privato dell amministrazione e della disposizione dei suoi beni che sono vincolati al fine di garantire un equa soddisfazione di tutti i creditori. Gli atti compiuti dal fallito sono inefficaci nei confronti dei creditori (art. 44 L.F. 3 ). Durante la procedura fallimentare il fallito è spogliato quindi di tutti i suoi beni (fanno eccezione i beni destinati al soddisfacimento delle esigenze di vita del fallito e della sua famiglia). Come noto, chiusa la procedura fallimentare, il soggetto fallito difficilmente ha pagato tutti i creditori. Infatti, con la chiusura del fallimento: cessano tutti gli organi della procedura ed il debitore è reintegrato in tutti i suoi diritti patrimoniali; anche i creditori riacquistano tutti i loro diritti nei confronti del debitore per ottenere l eventuale parte dei propri crediti non soddisfatti per intero. L unica eccezione si verifica quando il fallito chiede l esdebitazione dai debiti pregressi. N.B. L esdebitazione consiste nella liberazione del fallito, una volta chiusa la procedura senza l integrale pagamento di tutti i creditori, dei debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti per intero a condizione che egli sia stato considerato meritevole in quanto non si sia reso autore di comportamenti ostativi o fraudolenti nei confronti del ceto creditorio ed abbia collaborato con gli organi della procedura per il proficuo e celere realizzarsi della stessa. Può beneficiare dell esdebitazione solo il fallito persona fisica essendo escluse dall istituto le società dichiarate fallite (art. 142 L.F. 4 ) 3 Art. 44 Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori. Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento. Fermo quanto previsto dall'articolo 42, secondo comma, sono acquisite al fallimento tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura per effetto degli atti di cui al primo e secondo comma. 4 Più in dettaglio il citato articolo stabilisce che: Il fallito persona fisica è ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti a condizione che: 1) abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all'accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni; 2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura; 3) non abbia violato le disposizioni di cui all'articolo 48; 4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta; 5) non abbia distratto l'attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito; 6) non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento fino all'esito di quello penale. L'esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali. Restano esclusi dall'esdebitazione: a) gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all'esercizio dell'impresa (2); b) i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti. Sono salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti di coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso. 3

In sostanza, il socio fallito che chiusa la procedura concorsuale decida di intraprendere una nuova attività dovrebbe, in ipotesi di utili maturati, pagare i creditori non soddisfatti integralmente. Inoltre, dopo un fallimento, il soggetto che vuole iniziare una nuova attività preferisce l anonimato e l intestazione delle quote ad un soggetto terzo. Tale soluzione è sempre rischiosa poichè, nonostante generalmente esista un rapporto di fiducia, il terzo potrebbe non assecondare le volontà dell imprenditore. Per ovviare a tale problema una soluzione è la costituzione di un trust. Analizziamo quindi le varie figure del trust in relazione al caso in esame. Le figure del Trust Il disponente Si premette come il disponente possa essere chiunque quindi una persona fisica o una persona giuridica; generalmente, essendo utilizzato con finalità donatorie e in un ottica di gestione del passaggio generazionale, il/ i disponenti sono persone fisiche. Si evidenzia come il disponente compaia nel rapporto solo al suo momento genetico e poi, formalmente, esca di scena. L influenza e l ingerenza del disponente nelle scelte del trustee rischiano infatti di far considerare il trust come interposto. È necessario quindi, affinché lo strumento in questione sia solido e inattaccabile da parte dell Amministrazione finanziaria o di terzi in genere, che: 1. si realizzi un reale spossessamento dei beni determinato dalla mancanza di controllo sugli stessi da parte del disponente; 2. ci sia netta separazione tra disponente e trustee. L Amministrazione finanziaria, infatti, nella C.M. 43/2009 ha affermato che se il disponente è titolare di significativi poteri in forza dell atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso, il trust è considerato interposto. Esamineremo, nel proseguo, le ulteriori ipotesi in cui un trust è considerato interposto. Nel caso in esame il disponente potrebbe essere un genitore del soggetto fallito. Infatti, il genitore, potrebbe disporre in trust o la società neo-costituita o della liquidità per costituire la società a favore dei figli del socio fallito. In questo modo: 1. il trust è ben strutturato perché diventa un trust familiare donatorio nel quale i nonni donano ai nipoti un attività o della liquidità; 2. il soggetto fallito non compare come socio della Newco in quanto il socio è il Trust; 4

3. l imposta di donazione è modesta (4% con franchigia da un milione di euro); 4. non si affidano i beni ad un soggetto estraneo. Nell ipotesi in cui il socio fallito non abbia figli il trust potrebbe individuare come beneficiari i figli nascituri. Sul tema è intervenuta la Sentenza della Comm. Trib. Prov. di Savona 11.03.09 nella quale il Giudice ha concesso l aliquota del 4% (in mancanza di una puntuale individuazione dei beneficiari l aliquota sarebbe l 8%) anche in ipotesi di figli nascituri. Attenzione Il disponente potrebbe essere anche un soggetto terzo o il professionista; prescindendo dai profili fiscali (l imposta di donazione sarebbe 8%) il trust così strutturato è meno elegante perché perde la connotazione di strumento utilizzato nell ambito familiare per donare ai figli il proprio patrimonio. Come noto la disposizione in trust sconta l imposta di donazione (come reintrodotta dall art. 2, commi da 47 a 53 del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 conv. con mod. dalla L. 24 novembre 2006, n. 286) e l Agenzia delle entrate 5 ha precisato che tale imposta è dovuta nel primo passaggio dei beni dal disponente al trustee. Si ricorda che le aliquote dell imposta in esame variano a seconda del rapporto di parentela tra il disponente e i beneficiari del fondo; sono inoltre previste delle franchigie in ipotesi di donazione a favore dei figli e del coniuge. Si veda la successiva tabella. Tabella n.1 : Imposta di donazione Aliquota Donatario Note 4% sul valore netto globale eccedente 1.000.000 per ogni beneficiario. se a favore del coniuge e di parenti in linea retta La franchigia, al di sotto della quale non vi è pagamento dell imposta, si applica ad ogni beneficiario. 6% sul valore netto globale eccedente 100.000 per ogni beneficiario. fratelli e sorelle La franchigia, al di sotto della quale non vi è pagamento dell imposta, si applica ad ogni beneficiario. 6% altri parenti fino al quarto grado e gli affini in linea retta, nonché gli affini in linea collaterale fino al terzo grado 8% altri soggetti diversi dai precedenti 5 C.M. n. 3/E del 22 gennaio 2008. 5

Il Trustee Nella scelta del trustee il disponente ha la massima discrezionalità; il trustee può essere infatti una persona fisica di fiducia, una fiduciaria o una trust company. Il compito del trustee è la gestione e l amministrazione dei beni in trust. Gli stessi sono intestati al trustee o ad un altro soggetto per conto del trustee, e costituiscono una massa distinta e non facente parte del patrimonio personale di quest ultimo. Infatti, i beni costituiti in trust 6 : non sono aggredibili dai creditori personali del trustee; non concorrono alla formazione della massa ereditaria del defunto in caso di morte del trustee; non rientrano, ad alcun titolo, nel regime patrimoniale legale della famiglia del trustee, qualora, ovviamente, quest ultimo sia coniugato; non sono legittimamente utilizzabili per finalità divergenti rispetto a quelle predeterminate nell atto istitutivo del trust. Il trustee sarà quindi tenuto ad amministrare, gestire e disporre i beni in trust a favore dei beneficiari secondo le indicazioni dettate nell atto istitutivo del trust, nel rispetto della legge ed in accordo con i desideri del disponente. Nel caso oggetto di analisi il trustee potrebbe essere: 1. una trust company professionale; 2. il professionista; 3. un familiare del soggetto fallito che non sia già beneficiario; 4. il fallito stesso. Si evidenzia come la prima scelta sia la più adatta nella situazione in esame; infatti, la trust company rende più elegante e solido l istituto in oggetto. Le altre soluzioni proposte presentano profili di criticità; il professionista, infatti, non svolge quasi mai il ruolo del trustee che, essendo molto personale, è spesso ricoperto da un familiare. Si pensi, ad esempio, al momento in cui il trust finisce e si deve procedere alla ripartizione dei beni tra i beneficiari; solamente una persona di famiglia potrà suddividere i beni in linea con quanto stabilito nell atto e con la volontà del disponente. Un familiare o addirittura lo stesso fallito, nel caso in esame, è poco opportuno. Infatti, se trustee fosse il fallito darebbe l impressione che lo stesso stia, in sostanza, gestendo un patrimonio di sua proprietà. 6

Il Guardiano Una figura non necessaria ma quanto mai opportuna, è quella del guardiano che ha il compito di controllare, e nel contempo assistere il trustee, nella gestione del patrimonio. La nomina del guardiano risponde quindi all esigenza di sorvegliare il trustee e, al tempo stesso, di aiutarlo nelle scelte operative. L ufficio del guardiano, come quello del trustee, può essere svolto da una persona, da più persone o da una persona giuridica. Il guardiano è normalmente nominato dal disponente nell atto istitutivo del trust o con atto separato indirizzato al trustee; talvolta è nominato dai beneficiari dopo la morte o le dimissioni del (primo) guardiano. N.B. In ogni caso, il guardiano non può mai divenire gestore del trust e deve necessariamente rimanere un controllore del trustee, anche quando è in possesso della facoltà di revocarlo. Infatti, la rimozione del trustee non comporta la cessazione del trust, ma solo il trasferimento dell affidamento da un soggetto a un altro. Nel caso in esame, il ruolo del guardiano potrebbe essere svolto dal professionista di fiducia. Il professionista, infatti, dovrebbe semplicemente controllare l operato del trustee che, se svolto da una trust company professionale o di emanazione bancaria, non creerà alcun problema. Il fallito potrebbe essere il Guardiano; si sconsiglia tale scelta poiché il guardiano ha comunque un compito di controllo e può revocare il trustee. I beni in Trust Nel trust è possibile disporre qualsiasi bene. In particolare: 1. liquidità; 2. partecipazioni; 3. immobili; 4. quadri; 5. gioielli; 6. autovetture. Come detto, nel caso in esame, la soluzione più elegante sarebbe la disposizione in trust di liquidità mediante la quale viene costituita la Newco del soggetto fallito. 7

Si ricorda che: la disposizione in trust della liquidità potrebbe non scontare imposta di donazione se effettuata attraverso un atto non formalizzato come ad esempio un bonifico. In dottrina, infatti, si ritiene che scontino imposta di donazione solo gli apporti indicati nell atto. Inoltre, la disposizione di denaro in trust non rileva ai fini della fiscalità diretta. I beneficiari possono ricevere i frutti dal trust senza tassazione alcuna; nel trust è possibile disporre solo quote di accomandante di S.a.s. o quote di S.r.l.; infatti, come detto, se il trustee fosse socio di una s.n.c. sarebbe illimitatamente responsabile e potrebbe fallire. Nell ipotesi in esame, quindi, è consigliabile la costituzione di una società di capitali; infatti, anche nell ipotesi in cui il Trust fosse socio accomandante di una S.a.s neo-costituita probabilmente, il socio accomandatario, sarebbe l altro soggetto fallito o un terzo estraneo. N.B. La gestione delle partecipazioni attraverso un trust presenta profili di sicuro interesse in quanto il disponente pur spossessandosi dei beni, mantiene il pieno potere gestionale degli stessi prevedendo, ad esempio, di farsi nominare amministratore delle società. La disposizione in trust di quote di maggioranza di società di capitali italiane, non sconta alcuna imposizione ai fini dell imposta di donazione a condizione che il trustee si impegni a detenere la partecipazione per cinque anni e i beneficiari delle stesse siano i discendenti o il coniuge (art. 3 co.4-ter del D.lgs. 346/1990). Durante la vita del trust i dividendi distribuiti dalle società scontano l Ires al 1,375% ossia il 27,5% sul 5% 7. Inoltre, i frutti distribuiti ai beneficiari non scontano una ulteriore imposizione. N.B. In sostanza, la detenzione di una società di capitali tramite un trust consente di ottimizzare il carico fiscale in capo ai soci che vedrebbero ridotta notevolmente l imposizione in ipotesi di distribuzione dei dividendi. Infatti, come detto, i dividendi scontano l 1,375% e poi possono essere distribuiti ai beneficiari del reddito e ai loro familiari senza tassazione alcuna. 7 Si ricorda come l art. 1 comma 74 L. 296/2006 abbia inserito il trust tra gli enti commerciali e non commerciali nell ambito dei soggetti che scontano l IRES di cui all art. 73 D.P.R. 917/1986. Generalmente il trust avendo finalità donatorie, non dispone di partita iva ed è assimilato ad un ente non commerciale. Un trust opaco (il trustee ha discrezionalità nell attribuire i frutti ai beneficiari) paga l IRES al 27,5% in qualità di ente non commerciale mentre, nei trust trasparenti, il reddito viene imputato direttamente ai beneficiari e sconta, quindi, le aliquote IRPEF progressive. 8

I beneficiari Coloro ai quali il trustee è obbligato o può fare ottenere dei vantaggi economici sono detti, genericamente, beneficiari. Si premette come il termine beneficiario individui una vasta gamma di posizioni soggettive. Si precisa inoltre che i diritti dei beneficiari possono vertere solo sul reddito del fondo, solo sul fondo oppure su entrambi. Vi possono essere quindi i beneficiari del reddito e i beneficiari del fondo in trust e uno stesso soggetto può appartenere ad entrambe le categorie. I beneficiari del reddito sono quei soggetti a cui viene attribuito il reddito generato nel corso della vita del trust. I beneficiari finali del trust, invece, sono i soggetti ai quali viene attribuito il fondo in trust al termine della vita del trust. I beneficiari possono essere individuati nell atto istitutivo o in un secondo momento, direttamente dal disponente o da un terzo designato; inoltre, possono essere designati nominativamente o quali appartenenti ad una determinata categoria. Nel caso in esame: i beneficiari del fondo sarebbero i figli del fallito; i beneficiari dei frutti sia i figli che i familiari vicini (il socio fallito). Inserendo tale clausola nell atto di trust il fallito potrà beneficiare del reddito prodotto dalla nuova attività. Sintetizzando, la struttura del trust proposto potrebbe essere così costituita: 1. disponente: un genitore del socio fallito; 2. trustee: una trust company professionale o un fratello del socio; 3. guardiano: il professionista di fiducia; 4. i beneficiari del fondo: i figli nati o nascituri del socio; 5. beni in trust: una S.r.l. neo-costituita. Il socio fallito sarà l amministratore della Newco e potrà, tramite i compensi amministratori e tramite la distribuzione dei frutti, beneficiare del reddito da lui prodotto. Profili di criticità La sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte Un profilo di criticità emerge nell ipotesi in cui il soggetto che vuole ripartire non abbia pagato integralmente dei debiti nei confronti del Fisco. Si potrebbe configurare, infatti, il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. 9

L art. 11 della Legge n.74/2000 stabilisce che è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni. Si ricorda che: è un reato istantaneo di pericolo (il pericolo del diritto alla riscossione erariale indipendentemente dall attualità della stessa). Quindi, per configurare il reato non è necessaria la presenza di una procedura di riscossione in atto, né della presenza di un avviso di accertamento (da ultimo, Cass. 35310/2011); si realizza quando viene posto in essere un atto dispositivo fraudolento, su beni propri o altrui, tale da rendere inefficace, totalmente o parzialmente la riscossione coattiva; il reato si verifica anche se, pur in presenza dell operazione fraudolenta, successivamente la pretesa tributaria venga soddisfatta (Cass. 40481/2010); è necessario il dolo specifico e quindi la volontà di sottrarsi al pagamento del proprio debito tributario. Evidenziamo, sul tema, alcuni interventi importanti della giurisprudenza. Sentenza Principio Sentenza Cassazione penale, sez. VI, 09-03- 2005, n. 9251 la norma incriminatrice è destinata a trovare applicazione non in relazione a generiche manovre fraudolente finalizzate alla evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ma solo in presenza di atti fraudolenti miranti a rendere inefficaci le procedure di riscossione coattiva di tali imposte. Sentenza Cassazione penale, sez. III, 18-05-2006, n. 17071 Sentenza Cassazione penale, sez. V, 26-02-2007, n. 7916 Sentenza Cassazione penale, sez. III, 09-04-2008, n. 14720 per il perfezionamento del reato si richiede solo che l'atto simulato di alienazione o gli altri atti fraudolenti sui beni siano idonei ad impedire il soddisfacimento totale o anche parziale del fisco. E da rifiutare la tesi secondo cui il reato sarebbe configurabile solo in presenza di un'azione esecutiva già avviata. 10

Sentenza Cassazione penale, sez. III, 03-08- 2007, n. 32282 il bene protetto dalla norma penale in questione è l'interesse a rendere possibile la riscossione da parte dell'erario, attraverso l'intangibilità della garanzia patrimoniale rappresentata dai beni dell'obbligato. Il compito di accertare la sussistenza della predetta situazione di pericolo per la riscossione erariale appartiene al giudice, il quale dovrà verificare se la condotta del soggetto agente, sulla base delle circostanze dallo stesso conoscibili al momento (cioè attraverso un giudizio ex ante), abbia avuto o no efficacia potenzialmente depauperatoria. Alla luce delle considerazioni proposte, nel caso in esame, sussiste il rischio che l Amministrazione finanziaria ritenga la costituzione del Trust un atto dispositivo fraudolento volto a rendere inefficace la riscossione coattiva delle imposte; in realtà, l atto di disposizione in Trust è posto in essere dal genitore del socio fallito e non fallito stesso e il genitore non ha un debito pregresso nei confronti dell Erario. Esistono profili di incertezza. Si consiglia di esaminare attentamente la costituzione di un trust per un socio fallito che non ha pagato integralmente i debiti verso l Erario. Il trust interposto In alcuni casi il vero obiettivo del disponente è sottrarre il patrimonio alle pretese dei creditori o nascondere l identità del proprietario di determinati beni. Si costituiscono quindi dei trust fittizi o simulati nei quali non si ha una netta separazione tra i vari soggetti, e le figure (disponente, beneficiario, trustee) che compongono il trust tendono quindi a sovrapporsi. Elementi di prova della fittizietà del trust possono essere: il disponente è al tempo stesso anche il beneficiario delle utilità prodotte dal trust; il disponente è anche trustee; il negozio è revocabile a totale discrezione del disponente; il contenuto dell atto istitutivo è tale da relegare il trustee in un ruolo passivo, senza alcuna facoltà decisionale; il disponente continua a esercitare con pienezza e in totale autonomia i poteri per la gestione dei beni in trust. Sul tema in esame è intervenuta l A.F. (C.M. 61/2010) indicando, in modo preciso, le ipotesi in cui un trust è considerato interposto. Si ricorda, inoltre, che sul tema era già intervenuta la C.M. 43/2009. In sostanza, in tutte le ipotesi in cui il disponente coincide con il beneficiario (o con il trustee) e mantiene un pregnante potere di indirizzo e di gestione sull attività del trustee, la stessa essenza del negozio viene 11

meno, con la conseguenza che non si integra neanche l ipotesi di interposizione reale attuata attraverso il mandato senza rappresentanza, rimanendo la proprietà del bene in capo al disponente con diretta imputazione dei redditi allo stesso. Per esempio, nella C.M. 61/2010 l Agenzia ha affermato che un trust è interposto: quando è previsto che il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito da questo generato; in ogni ipotesi in cui il potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari. In sostanza, il trust è interposto quando il disponente continua a esercitare con pienezza e in totale autonomia i poteri per la gestione dei beni in trust; in tal modo non si realizza un reale spossessamento ed il trust così istituito risulta facilmente aggredibile sia dal punto di vista civilistico che dal punto di vista fiscale. Si cita, sul tema, un recente intervento della Corte di Cassazione. Nel caso analizzato dalla Corte di Cassazione il disponente aveva mantenuto la disponibilità dei beni conferiti in quanto egli stesso era trustee, senza vincolo di sorta od obbligo di giustificare i propri poteri, dunque al di là di qualsivoglia controllo da parte dei beneficiari. La Corte precisa come presupposto coessenziale alla stessa natura dell istituto è che il disponente perda la disponibilità di quanto abbia conferito in trust, al di là di determinati poteri che possano competergli in base alle norme costitutive. Tale condizione è ineludibile al punto che, ove risulti che la perdita del controllo dei beni da parte del disponente sia solo apparente, il trust è nullo (sham trust) e non produce l effetto segregativo che gli è proprio. La sentenza conferma la tesi secondo cui il trust auto dichiarato, ossia il trust dove il disponente coincide con il trustee risulta interposto, e come tale debole, sotto il profilo della protezione; inoltre, la lettura della sentenza fa tornare alla mente le conclusioni cui era giunta l Agenzia delle Entrate sul tema dell interposizione dei trust con la C.M. 61/E/2010. Nell ipotesi in cui il trust risulti interposto non si realizza l effetto segregativo dei beni e l Agenzia delle Entrate pretenderà la tassazione in capo all effettivo titolare dei beni stessi. N.B. Ovviamente spetta all Amministrazione finanziaria analizzare tutte le componenti oggettive, soggettive e temporali e dimostrare che l utilizzo di un trust sia stato preordinato all ottenimento di un indebito risparmio d imposta e sia un soggetto interposto fittiziamente. 12

Quindi, alla luce delle considerazioni proposte, il trust posto in essere per il socio fallito che deve ripartire con una nuova attività deve essere attentamente predisposto evitando che lo stesso possa essere considerato interposto dall Amministrazione finanziaria ed evidenziando le finalità donatorie dello stesso. 13