Psicologia sportiva Preparazione mentale Goal Setting



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Transcript:

Psicologia sportiva La psicologia dello sport è una vasta corrente di pensiero dove confluiscono diverse dottrine (psicologia, medicina, psichiatria, sociologia, pedagogia, filosofia, igiene, educazione fisica, riabilitazione, ecc) ed è pertanto un argomento di competenza multidisciplinare aperto al contributo che ciascuno può portare sulla base della propria preparazione specifica. Preparazione mentale Goal Setting Prima di poter lavorare sugli obiettivi è importante sapere che essi possono essere suddivisi in: OGGETTIVI misurabili (diminuire di peso, vincere un determinato numero di gare, ecc) SOGGETTIVI non misurabili (compiere un gesto bene, divertirsi, ecc). Gli obiettivi possono essere, inoltre: OUTCOME GOAL orientati al risultato (vincere una gara, una medaglia, ecc. Si può giocare bene e perdere con fallimento dell'outcome goal); PERFORMANCE GOAL orientati al miglioramento della performance indipendentemente dagli altri (migliorare un tempo, una misura, un fondamentale, ecc); PROCESS GOAL focalizzati sull'azione e l'esecuzione dell'individuo (nuotatore che vuol tenere la bracciata lunga in uno stile, calciatore che vuole mantenere il baricentro basso sul tiro di collo piede, ecc). Le AREE su cui orientare un goal setting sono: INDIVIDUAL SKILL migliorare alcune qualità individuali come la velocità, l'esecuzione del movimento ecc.; TEAM SKILL t raguardi di squadra, tattiche, ecc.; FITNESS obiettivi sulle prestazioni del proprio fisico quali peso, elasticità, equilibrio, ecc.; PLAYING TIME entrare nella squadra dei titolari, aumentare il minutaggio, ecc.;

ENJOYMENT con gli atleti più anziani per evitare che si annoino; PSYCHOLOGICAL SKILL visualizzazione, ripetizione di uno statement positivo, ecc. Gli OBIETTIVI devono essere: SPECIFICI precisando esattamente cosa deve essere fatto; VALUTABILI essendo sicuri di poter quantificare i goal; ORIENTATI ALL'AZIONE indicando qualcosa che deve essere fatto; REALISTICI essendo sicuri di poter raggiungere i goal; TIMELY essendo sicuri di poter raggiungere i goal in tempi ragionevoli; STRATEGICI da stabilire con il gruppo (come giocare durante la stagione, ecc.). Le MISURAZIONI dei goal possono essere: SOGGETTIVE osservazioni del coach, feedback dei giocatori, modo di allenarsi; OGGETTIVE tempo giocato, punti segnati, tempi raggiunti, statistiche, ecc. Le BARRIERE al goal setting possono essere di tipo: PSICOLOGICO mancanza di sicurezza, di impegno, attitudine negativa, atleti giovani umorali ed emotivi, ecc.; FISICO infortuni, malattie, scarsa abilità; ESTERNO distrazioni, tempo atmosferico, problemi sociali (fidanzata, moglie, parenti), altre attività esterne; MOTIVAZIONALE perdita d'interesse, mancanza d'impegno, coaching style, ecc. LAVORO PER OBIETTIVI pianificazione di specifici obiettivi significativi per il gruppo o per il singolo determinazione di obiettivi chiari, realistici, e definiti operativamente definizione di obiettivi misurabili e di procedure di valutazione dei risultati diversificazione di sotto-obiettivi a breve, medio e lungo termine differenziazione di obiettivi di prestazione e di risultato formulazione di obiettivi in termini positivi e propositivi pianificazione di strategie per il raggiungimento delle mete La Psicologia dello Sport è: (a) lo studio dei fattori mentali e psicologici che influenzano e sono influenzati dalla partecipazione e dalla prestazione nello sport, nell'esercizio e nell'attività fisica ; (b) la applicazione delle conoscenze acquisite attraverso questo studio che ogni giorno viene effettuato. La Psicologia dello Sport professionale è interessata a come la partecipazione allo

sport, all'esercizio ed all'attività fisica possa accrescere lo sviluppo personale ed il benessere durante l'intero arco della vita. Riguarda quelle attività accademiche, di ricerca e professionali che forniscono la base per comprendere e stimolare il comportamento delle persone praticanti sport o attività fisica. Questo ambito dinamico può stimolare l'esperienza degli uomini, delle donne e dei giovani che praticano le varie forme dell'attività fisica, si rivolge sia a coloro che svolgono la loro attività per piacere personale e sia a quelli impegnati a livello di èlite in attività specifiche. Gli psicologi dello sport che svolgono questa attività a livello professionale s'impegnano nel comprendere i processi psicologici che guidano la prestazione motoria, i modi attraverso cui può venire stimolato l'apprendimento e incrementate le prestazioni e la maniera in cui possono essere efficacemente influenzati le percezioni psicologiche e i risultati. La Psicologia dello Sport trova le sue radici sia nelle scienze dello sport e del movimento e sia nella psicologia. E' una specializzazione della psicologia applicata e delle scienze dello sport. Lo psicologo sportivo Nella maggior parte dei paesi industrializzati lo psicologo sportivo è un professionista che ha effettuato una serie di studi accademici e che ha, pertanto, conseguito delle competenze ed un titolo riconosciuti. Purtroppo, in Italia la situazione è completamente diversa: nonostante il primo Congresso Mondiale di Psicologia dello Sport sia stato organizzato ed ospitato a Roma nel 1965, nel nostro paese l'ingresso ufficiale di tale disciplina all'interno dell'università deve ancora avvenire. In tutti questi anni, la figura del Prof. Ferruccio Antonelli è riuscita a tenere insieme la maggior parte degli esperti italiani del settore, ma dopo la sua morte, avvenuta nell'anno 2000, la "fragilità" di una disciplina non ancora pienamente riconosciuta si è ancor più evidenziata con la nascita, dalla prima Associazione Italiana di Psicologia dello Sport (AIPS), di un'altra società, la Società Italiana di Psicologia della Sport (SIPsiS). Attualmente, in Italia, non esiste un albo ufficiale dei professionisti abilitati alla pratica della psicologia dello sport e la formazione per tale disciplina viene effettuata prevalentemente da centri e/o organizzazioni private, che al massimo, collaborano con strutture pubbliche. Senza questa breve premessa, non si riuscirebbe a capire per quale motivo, per esempio nel Nord America o in Australia, oggi, quasi tutte le società professionistiche, i settori giovanili, le federazioni sportive, le scuole, si avvalgono di un servizio riconosciuto di psicologia sportiva quale strumento integrativo, ma necessario ed in Italia, invece, questo stesso servizio faccia molta fatica ad essere conosciuto, riconosciuto e, conseguentemente, richiesto. A ciò si deve aggiungere che il pregiudizio che subisce oggi chi opera nel campo della psicologia sportiva è anche da attribuire al comportamento non completamente corretto di alcuni professionisti dell'ambito psicologico; presentandosi l'occasione di lavorare in ambito sportivo, senza le competenze adeguate, sono andati incontro, oltre all'inevitabile "esonero" anche all'irrigidimento delle società sportive, che,

successivamente, si sono rifiutate di assumere altri "psicologi dello sport". Abitualmente lo psicologo dello sport è un laureato in psicologia che ha seguito un percorso formativo specifico in psicologia dello sport e ulteriori training nell'ambito della psicologia clinica o delle organizzazioni. Talvolta la sua formazione iniziale è stata in scienze motorie, in scienze dell'educazione o in psichiatria e successivamente si è orientata in ambito psicologico. I ruoli professionali che può assumere dipendono, pertanto, dalla sua formazione e dai suoi interessi. Può lavorare in ambito accademico qualora il suo interesse fosse essenzialmente quello del ricercatore. Può essere rivolto allo sviluppo di interventi con allenatori, atleti e gruppi, spaziando dallo sport di alto livello allo sport per tutti, dai bambini, agli adulti e agli anziani. Può lavorare con gli enti locali e le organizzazioni sportive allo sviluppo di politiche di promozione dello sport praticato dai cittadini e nel monitorare sul territorio l'impatto di questi interventi. Attualmente lo Psicologo Sportivo fornisce la propria consulenza a singoli atleti, a società e federazione sportive, ad enti pubblici e privati, ad istituzioni con la finalità di perseguire i seguenti obiettivi: offrire INFORMAZIONI sui fattori psicologici dello sport; migliorare l'apprendimento dello sport; aiutare i GIOVANI a maturare con lo sport; preparare un programma di PREPARAZIONE MENTALE personalizzato; effettuare CONSULENZA; conoscere ed utilizzare le DINAMICHE DI GRUPPO; eseguire una VALUTAZIONE PSICODIAGNOSTICA; mirare al BENESSERE psicofisico per ogni fascia di età. Preparazione mentale Psicodiagnostica La psicodiagnostica è mirata alla valutazione delle caratteristiche psicologiche generali e delle capacità cognitive dell'atleta. Lo scopo è quello di evidenziare o escludere la presenza di tratti o sintomi psicopatologici manifesti o latenti e di fornire indicazioni circa le capacità visuo-immaginative, attentive e mnemoniche del giocatore. Tra le molteplici scale psicodiagnostiche validate, negli ultimi anni, l'orientamento è stato quello di preferire strumenti sport specifici anche se, talvolta, come si vedrà in seguito, non è possibile fare a meno di scale utilizzate per tutta la popolazione generale. C.B.A. SPORT (Cognitive Behavioral Assessment) E' un questionario per la raccolta e l'elaborazione di informazioni che riguardano ampie problematiche di interesse psicologico e più precisamente sportivo.

Si compone di 13 schede o sub-test, ognuna delle quali indaga una particolare area psicologica. La scheda 1: dati socioanagrafici permette di recuperare gli indici generali del soggetto riguardanti l'attività sportiva e i dati demografici. La scheda 2: STAI X1 è costituita dalla forma X1 dello State Trait Anxiety Inventory (STAI) e consente di valutare l'ansia del soggetto all'inizio della compilazione del test. La scheda 3: STAI X2 è costituita dalla forma X2 dello State Trait Anxiety Inventory di Spielberger e consente di valutare la predisposizione ansiosa del soggetto intesa come caratteristica stabile di personalità. La scheda 4: cartella autobiografica contiene informazioni delicate e strettamente riservate, relative alla vita affettiva e sessuale, alle abitudini alimentari, alla qualità del sonno e alle condizioni della pratica sportiva. La scheda 5: questionario psicofisiologico è una versione ridotta del QPF-R e rileva eventuali reazioni psico-fisiologiche, nonché i sintomi somatici senza base organica dimostrabile esperiti dal soggetto prima di una gara o di un avvenimento importante. La scheda 6: questionario di assertività ha lo scopo di determinare il livello di "assertività" del soggetto, termine che denota la capacità di affermare le proprie esigenze all'interno dell'ambiente e di realizzarle. La scheda 7: inventario delle paure consiste in una serie di 17 item rivolti a rilevare la presenza di eventuali oggetti o esperienze che potrebbero essere fonte di ansia o paura per il soggetto. La scheda 8: questionario sulla depressione ha lo scopo di valutare la presenza o meno di indici che possano far pensare ad uno stato di depressione. La scheda 9: scala di consapevolezza corporea ed efficienza fisica si propone di valutare altre due dimensioni associate alla pratica sportiva: la consapevolezza corporea ossia l'abilità nel percepire alcuni aspetti del proprio fisico e della propria funzionalità corporea; l'efficienza fisica che si riferisce invece alla valutazione soggettiva del proprio stato di salute psicofisica. La scheda 10: questionario di autoconsapevolezza dell'atleta valuta la tendenza e la capacità dell'atleta a riflettere sugli aspetti più personali del proprio Sé, siano essi manifesti come immagine esteriore, siano essi più intimi come le aspirazioni personali, i valori, i sentimenti. La scheda 11: scheda questionario di valutazione dell'affermazione di sé misura il grado di autostima dell'atleta a tre livelli: immagini prototipiche (maggiore è il grado di identificazione dell'atleta con le aspettative e le caratteristiche del suo sport, maggiore sarà la sua tendenza a condividerne i tratti e le disposizioni), approvazione sociale (se le reazioni degli altri sono congruenti con la propria immagine di sé, l'autostima sale), autovalutazione emotiva (fiducia in sé e autoapprezzamento). La scheda 12: locus of control misura su quale versante "interno-esterno" si colloca ciascun atleta. Nel versante esterno troviamo le persone che tendono ad attribuire i risultati ottenuti a forze che vanno al di là del proprio controllo, chiamano in causa il fato, la fortuna, la sorte; nel versante interno si collocano tutte quelle persone che si ritengono completamente responsabili di ciò che accade loro.

ALTRE SCALE DI VALUTAZIONE Sport specifiche: Questionario di Motivazione alla partecipazione sportiva. Composto da 30 item a risposta multipla da molto importante (3) a per nulla importante (1), questo strumento può essere utile per valutare e quantificare il grado di motivazione allo sport. Drop out Risk Profile (DPR). Tratto da "La motivazione all'esercizio fisico" di J.Annesi (Ed.il campo), è composto da 30 item a risposta multipla da molto falso (1) a molto vero (5), può essere utile per valutare quanto l'atleta in questione è a rischio di abbandono. Leadership Scale for Sport (Chelladurai, 1978). Composto da 40 item a risposta multipla, da sempre (5) a mai (1), esplora la leadership nello sport. E' molto interessante poiché, attraverso cinque sottoscale (allenamento e istruzione, comportamento democratico, comportamento autocratico, supporto sociale, feedback positivi), è possibile valutare la leadership percepita (nella scheda: IL MIO ALLENATORE), la leadership desiderata (nella scheda: VORREI CHE IL MIO ALLENATORE), oltre alla autovalutazione dell'allenatore stesso (nella scheda: QUANDO IO ALLENO). Flow State Scale (Muzio, Nitro, Crosta, 1998, da Jackson, Marsh, 1992 modificato). Composto da 36 item a risposta multipla da assolutamente sì (5) ad assolutamente no (1), attraverso 9 dimensioni (equilibrio tra sfida e abilità, unione tra azione e coscienza, mete chiare, feedback immediato, concentrazione sul compito, senso di controllo, perdita di autoconsapevolezza, destrutturazione del tempo, esperienza autotelica) si propone di descrivere il tipo di Flow ("esperienza ottimale") dell'atleta. Competitive State Anxiety Inventory-2, CSAI-2 (Martens e coll., 1990). Composto da 27 item a risposta multipla da moltissimo (4) a per niente (1), va somministrato un'ora prima della competizione ed, attraverso le tre sottoscale (autoefficacia, ansia cognitiva, ansia somatica) è utile per discriminare e quantificare i sentimenti pre-gara dell'alteta. Non Sport specifiche: Matrici Progressive di Raven (Raven, 1940). Composto da 60 item che vengono presentati in 5 serie da 12 problemi ciascuno. Utile per valutare le abilità analitiche, spaziali e di ragionamento, non dipendenti fa nozioni apprese precedentemente. Attraverso una tabella di conversione dei dati grezzi è possibile derivare il Quoziente Intellettivo (Q.I.) dell'individuo. Questionario di Edinburgo (Oldfield, 1971). Di semplice compilazione, composto da 12 item, è utile per valutare la dominanza manuale. POMS: Profile of Mood States (D.M. McNair, M. Lorr e L.F. Droppleman, 1971). Il test consiste di 58 aggettivi che definiscono 6 diversi fattori: Tensione - Ansia (fattore T), Depressione - Avvilimento (fattore D), Aggressività - Rabbia (fattore A), Vigore - Attività (fattore V), Stanchezza - Indolenza (fattore S), Confusione - Sconcerto (fattore C). La risposta è multipla da moltissimo (4) a per nulla (0). Il questionario studia alcuni aspetti della personalità. Minnesota Multiphasic Personalità Inventory, MMPI-2 (James N. Butcher, Carolyn L. Williams, 1992); è un questionario di autovalutazione che consta di 567 item di tipo vero/falso. Permette di redigere i tratti della personalità e di evidenziare

l'eventuale presenza di elementi psicopatologici mediante la combinazione delle scale di base (L menzogna, F frequenza, K correzione, Hs ipocondria, D depressione, Hy isteria, Pd deviazione psicopatica, Mf mascolinità/femminilità, Pa paranoia, Pt psicastenia, Sc schizofrenia, Ma ipomania, Si introversione sociale), le scale di contenuto (ANX ansia, FRS fobie, OBS ossessività, DEP depressione, HEA preoccupazione per la salute, BIZ ideazione bizzarra, ANG rabbia, CYN cinismo, APS comportamenti antisociali, TPA tipa A, LSE bassa autostima, SOD disagio sociale, FAM problemi familiari, WRK problemi lavorativi, TRT difficoltà al trattamento) e le scale supplementari (Fb frequenza, TRIN V/F corrispondenza alle risposte vero/falso, MAC-R alcolismo, APS tossicodipendenza potenziale, AAS ammissione di tossicodipendenza, PK disturno post-traumatico, O-H ostilità ipercontrollata, MDS disagio coniugale). Rorshach Test (1956). La prova consiste nel dare un'interpretazione a dieci macchie d'inchiostro. Rorscach ritiene che s'inneschi un processo di percezione distinto in tre momenti: sensazione, ricordo e associazione. In altre parole, le sensazioni suscitate dalle macchie provocano il risveglio di vecchi insiemi di sensazioni sotto forma di immagini ricordo. Permette di redigere i tratti della personalità e di evidenziare l'eventuale presenza di elementi psicopatologici. Affinché i risultati del test possano essere considerati validi, è necessario che chi somministra il test ed interpreta le risposte sia particolarmente formato ed esperto. Pensiero positivo Alla fatidica domanda riguardo quale parte del bicchiere si guardi più spesso, non tutti rispondono il "bicchiere mezzo pieno". Una buona parte della popolazione, infatti, tende a porre maggior attenzione al negativo ("bicchiere mezzo vuoto"). E succede che ciò che, inizialmente, sembra essere solo una predisposizione poi diventa inevitabilmente un'abitudine. E' proprio così, nella grande differenza interindividuale, c'è chi spontaneamente, aprendo la porta di una stanza sconosciuta (come la vita), guarda (o cerca) prevalentemente gli oggetti, gli arredi, le cose piacevoli e chi, invece, altrettanto naturalmente, guarda (o cerca) prevalentemente gli oggetti, gli arredi, le cose spiacevoli. Il perché di tale realtà è, certamente, radicato su dinamiche psicologiche complesse che, a seconda dei casi, poi trova conferme e/o disconferme nell'esperienza della quotidianità. Una verità ancor più importante è che in ogni individuo, senza alcuna ombra di dubbio, il positivo c'è. In alcune persone è chiaro, evidente ed in bella mostra, in altre è da ricercare con il lumicino, ma c'è. Il pensiero positivo, quindi, prima ancora di essere una tecnica di preparazione mentale, è una filosofia di vita. Senza tale approccio interiore, senza cioè ricercare il positivo esistente negli altri, è davvero difficile e quantomeno bizzarro utilizzare questa importante tecnica di mental training. Si cadrebbe, empaticamente, in contraddizione. La tecnica. Per poter effettuare tale pratica, è importante che lo psicologo sportivo conosca bene l'atleta in modo da sapere qual'è la sua predisposizione iniziale "a pensare positivo". Bisogna capire come l'individuo, che si vuole preparare, vive gli eventi positivi e quelli negativi. In seguito a cosa, a suo avviso, si è vinto o perso. Bravura, fortuna, fatalità? Anche da questi elementi è possibile valutare l'autostima dell'atleta e l'autoefficacia (autostima gesto-specifica) sapendo che chi pensa spesso

in negativo, probabilmente, ha una bassa autostima E' bene, pertanto, aiutare l'atleta a cercare, inizialmente insieme, ciò che di lui è positivo per poi cominciare a "tirarlo fuori". E' un allenamento continuo: spostare il negativo, vedere positivo, stoppare i pensieri neri, far avanzare solo quelli chiari. Mano a mano, ciò che sembra uno sforzo diventa naturale. L'atleta scopre che ha imparato a pensare positivo. E siccome il pensiero positivo è "contagioso", senza rendersene pienamente conto, l'atleta comincia ad insegnare a pensare in positivo a chi sta accanto a lui. Questa è la migliore prova che la tecnica è stata compresa, accettata e praticata. Training propriocettivo L'obiettivo del training propriocettivo è quello di portare l'individuo ad apprendere ed affinare gradualmente le capacità di autopercezione, autoispezione e raggiungere una migliore consapevolezza corporea come prerequisiti al training di rilassamento psicofisico vero e proprio. Non tutti gli atleti "ascoltano" il loro corpo. Per ascoltare il proprio corpo è necessario, innanzitutto, fare silenzio. Successivamente bisogna impararne la lingua, costituita dal ritmo cardiaco e dalla frequenza respiratoria, da contrazioni e decontrazioni, posture, massa, elasticità, forza, potenza, e da tutta una serie di sensazioni che, ad un attento ascoltatore, comunicano qualcosa. Il corpo non smette mai di comunicare e, pertanto, appare riduttivo prestargli attenzione solamente in caso di dolore, fatica e/o limitazione funzionale. La tecnica. Si procede mediante esercizi che favoriscono una progressiva acquisizione della capacità di concentrazione e presa di coscienza corporea in relazione a specifiche parti dell'organismo (rappresentazione mentale, autopercezione, esplorazione, autoinduzione di sensazioni di pesantezza e calore). Naturalmente si comincia dalla percezione dei segnali corporei più evidenti (come frequenza cardiaca e respiratoria), poi si ascoltano le sensazioni corporee conseguenti ad un determinato movimento fino ad arrivare a riconoscere i segnali connessi ai gesti più fini. Allenare l'atleta ad ascoltare il proprio corpo dà all'atleta stesso una maggiore sensazione di controllo del movimento e, di conseguenza, ne aumenta la sicurezza durante l'esecuzione. Concentrazione La attenzione può essere spontanea (cioè involontaria, che "segue" gli stimoli così come si susseguono attorno all'individuo) e conativa (cioè volontaria, focalizzata su un determinato stimolo). E' appunto questo secondo tipo di attenzione che è molto importante nello sport e che è anche chiamata concentrazione. Il Focus attentivo può essere: ESTERNO AMPIO (Aware) tipico dei giochi di squadra e/o delle categorie "open skill"; ESTERNO RISTRETTO (Focused) tipico delle discipline o delle azioni motorie "closed skill"; INTERNO AMPIO (Strategic) si riscontra nelle pianificazioni di gara o in determinate tipologie di pausa all'interno della stessa; INTERNO RISTRETTO (Systematic) tipica dell'allenamento ideomotorio.

Allenare la concentrazione significa controllare i processi motori di pensiero, dirigere e mantenere l'attenzione su di un compito per una corretta esecuzione incrementando le capacità di: 1. selezionare gli stimoli su cui focalizzare l'attenzione, escludendo quelli irrilevanti 2. dirigere l'attenzione al momento opportuno verso le informazioni pertinenti 3. mantenere l'attenzione sugli stimoli rilevanti. L'affinamento e la gestione volontaria della capacità di concentrazione vengono sviluppate attraverso il training propriocettivo e le procedure di rilassamento, andando così a costituire un insieme di abilità sinergiche ed interconnesse e rappresentando le condizioni necessarie per la buona riuscita delle successive fasi di visualizzazione e ripetizione ideomotoria. Rilassamento L'obiettivo del rilassamento è controllare il livello di attivazione al fine di gestire stati d'ansia e di tensione psicofisica. Il rilassamento è, probabilmente, tra le tecniche di preparazione mentale, quella più conosciuta ed accettata. Nonostante ciò, tale pratica ancora troppo spesso viene lasciata alla libera iniziativa del singolo atleta (che ne sente il bisogno) e stenta a far parte sistematica dell'allenamento psicofisico dell'individuo. I benefici che ne possono derivare sono notevoli: dal miglioramento della qualità di tutto il periodo di allenamento alla gestione ed ottimizzazione delle ore pre-gara fino alla creazione di una base solida su cui instaurare un serio progetto di preparazione mentale. I modi con si può ottenere un buon rilassamento sono diversi, basti pensare al Training Autogeno di Schultz (in cui il termine Autogeno vuole mettere in risalto come le modificazioni psichiche e somatiche vengono provocate autonomamente dal praticante, adattando il metodo alle proprie esigenze), al Rilassamento Progressivo di Jacobson (che prevede un rilassamento generale dell'intero corpo ed un rilassamento differenziale col quale si insegna, nei gesti della vita quotidiana, ad utilizzare solo i muscoli impegnati in posture o movimenti, lasciando rilasciati gli altri) o alle tecniche di origine orientale (quali lo joga e lo zen). La cosa importante è che, a prescindere dalla tecnica utilizzata, il soggetto deve raggiungere bene l'obiettivo: il controllo del livello di attivazione psicofisica. Una procedura di rilassamento può prevedere tre fasi differenti da svilupparsi progressivamente: 1. esercizi di contrazione-decontrazione di specifici distretti muscolari: la tecnica consiste nel contrarre gradualmente specifici gruppi muscolari, mantenerli in tensione isometrica per alcuni secondi, ed infine rilasciarli; 2. modulazione del ritmo respiratorio: concentrazione sulle sequenze inspirazioneespirazione ed induzione di un ritmo respiratorio diaframmatico-addominale, caratterizzato da respiri lenti e profondi (mentre respiri rapidi e superficiali segnalano al cervello le presenza di pericolo, respiri lenti e profondi comunicano alla mente di rilassarsi). Attraverso una respirazione lenta e completa, si favorisce l'instaurarsi di uno stato di rilassamento facendo prestare attenzione al gioco di tensione-distensione muscolare dell'addome e del torace; 3. abbinamento di esercizi di contrazione-decontrazione muscolare ed esercizi respiratori: contrazione-rilassamento dei vari gruppi muscolari dalla parte bassa del corpo a quella alta, abbinati al ritmo respiratorio (alla contrazione l'atto

inspiratorio, mentre il rilasciamento è accompagnato dalla fase espiratoria), ed intervallati da fasi di ripresa della concentrazione sulla sola respirazione. Infine, è doveroso porre l'attenzione a quei soggetti affetti da disturbo d'ansia generalizzata, disturbo da attacchi di panico, "depressione mascherata", claustrofobia, fobia specifica poiché il "setting" del rilassamento potrebbe causare un certo disagio; in tale occasione (non così rara anche in ambito sportivo) uno psicologo sportivo, con competenze anche cliniche, troverà insieme all'atleta un modo "personalizzato" per raggiungere, comunque, il controllo dello suo stato di attivazione che rimane possibile e che, anzi, in queste persone, assume una doppia valenza: terapeutica e di preparazione mentale. Buoni risultati sono stato ottenuti anche attraverso l'ausilio del Biofeedback (elettromiografico, termocutaneo, della frequenza cardiaca, attività elettrodermica) mediante il quale viene facilitato il controllo della funzionalità neurovegetativa del soggetto. Visualizzazione La visualizzazione può essere definita la rappresentazione immaginativa del programma e delle singole sequenze motorie da eseguire nei diversi momenti della gara. Tale capacità immaginativa non è uguale in ogni individuo, ma differisce sia per quantità (immagini e sensazioni più o meno vivide e realistiche) e qualità (c'è chi dimostra di avere una spiccata capacità immaginativa del senso della vista, del tatto, piuttosto che dell'olfatto o dell'udito). La tecnica. Partendo da una base di rilassamento, si guidano gli atleti nella rappresentazione mentale di immagini visive dapprima semplici ed in seguito complesse; si procede quindi all'inserimento progressivo di stimoli immaginativi acustici, tattili, cinestetici, olfattivi, favorendo il progressivo sviluppo di una capacità immaginativa polisensoriale ed immersiva. Le scene immaginate utilizzate devono essere, oltre che distensive, anche coinvolgenti e realistiche, per poter creare o ricreare nella mente dell'atleta esperienze il più ricche possibili. Vengono dapprima introdotte immagini di scene familiari agli atleti, sia sportive che non sportive; in seguito si passa a sequenze immaginative riguardanti il setting della pratica sportiva. Infine, si propongono specifiche fasi tecniche o manovre della specialità in oggetto. Tali sequenze di allenamento delle capacità di visualizzazione vengono effettuate due o tre volte a sessione, e, per evitare eventuali cali di concentrazione, ciascuna ripetizione non deve superare i 5-10 minuti di durata. Self-talk Spesso gli atleti sono consapevoli di attuare un intenso dialogo con se stessi (self talk) e generalmente viene considerato che parole, frasi o immagini positive possono svolgere una funzione positiva sulla percezione di efficacia che l'atleta ha di se stesso in una determinata situazione sportiva. In effetti, è ragionevole credere che la struttura e i contenuti di specifici pensieri influenzino la prestazioni più di altri. Questi pensieri sono: 1. affermazioni rilevanti per il compito (aspetti tecnico-tattici); 2. parole chiave riguardanti l'umore (singole parole a forte contenuto emotivo-

affettivo); 3. affermazioni positive (parole significativamente positive). La tecnica. I "promemoria psicologici" consistono quindi in simboli o parole chiave la cui funzione è quella di richiamare sensazioni associate a ciò che si intende pensare, sentire o fare. Il self talk viene quindi suggerito attraverso apposite parolestimolo che aiutano l'atleta a focalizzare l'attenzione su aspetti chiave della prestazione e ad evocare volontariamente stati chiave psicologici positivi e produttivi, comportando una percezione di autocontrollo e di autoinduzione emotiva. La procedura consiste nel definire un simbolo (una parola specifica o una frase), annotarla, cercare di visualizzarla, e tenerla in mente. Ogni volta che si pone attenzione al simbolo o si pensa alla parola presa in considerazione, verranno sperimentati i pensieri e le azioni associate allo stato che si vuole raggiungere. Quanto più saranno ripetute ed intense le sensazioni che si associano allo specifico simbolo o parola, tanto più quest'ultimo sarà un efficiente promemoria. In tal modo, si intuisce come il self talk, da una parte, possa costituire una forma di controllo attentivo e direzioni l'attenzione verso segnali rilevanti sul compito, dall'altra, sia inscildibile dalla corretta applicazione del pensiero positivo assieme al quale trova la massima espressione. Allenamento ideomotorio Definizione. Rappresentazione mentale sistematicamente ripetuta e cosciente dell'azione motoria (Frester, 1985) che deve essere appresa, perfezionata o stabilizzata, senza che vi sia una esecuzione reale, visibile esternamente, di movimenti parziali o globali (Corbin, 1972). Un'altra definizione è quella di Richardson (1969): l'imagery si riferisce a tutte quelle esperienze quasi-sensoriali e quasi-percettive di cui siamo coscienti e che per noi esistono in assenza di quelle condizioni di stimolo che realmente determinano quelle specifiche reazioni sensoriali e percettive. Le caratteristiche principali, quindi dell'allenamento ideomotorio sono: capacità individuale di provare sensazioni in assenza di stimolo consapevolezza nell'esecuzione di questa attività mentale assenza di movimenti visibili, durante tale attività L'allenamento ideomotorio: 1. facilita-supporta l'apprendimento del movimento 2. ottimizza l'esecuzione motoria La teoria. Fondamentalmente sono cinque le teorie che tentano di spiegare il perché dell'efficacia dell'allenamento ideomotorio: 1. la teoria psiconeurosensoriale (Carpenter, 1894; Jacobson, 1934; Suinn, 1972, 1976; Jowdy e Harris, 1990) secondo la quale la ripetizione ideomotoria provoca una ridotta, ma misurabile attivazione neuromuscolare specifica (distretti muscolari interessati all'azione); 2. la teoria dell'attivazione ("arousal") (Schimidt, 1982; Feltz & Riessinger, 1990)

secondo la quale l'imagery favorisce l'insorgere di livelli di attivazione adeguati alle richieste (attivazione neuromuscolare generalizzata); 3. la teoria dell'apprendimento simbolico (Fitts, 1964; Feltz & Landers, 1983; Hall & Erffmeyer, 1983) secondo cui tale pratica fornisce al soggetto l'opportunità di allenare gli elementi simbolici di un compito motorio e di preparare/pianificare mentalmente la prestazione (Bandura, 1969); 4. la teoria bioinformazionale (Lang, 1977; Bird, 1984) secondo cui al variare dell'immagine mentale varia anche il comportamento reale poiché entrambi possiedono la stessa base psicofisiologica (efficacia dell'imagery); 5. teoria del modello triplo codice (Ahseen, 1984; Murphy e Jowdy, 1992) secondo la quale l'efficacia dell'imagery subisce l'influenza di tre fattori interagenti: il realismo sensoriale delle immagini, le modificazioni fisiologiche prodotte dalle immagini e il significato delle immagini che deve essere soggettivamente significativo. La tecnica. Dopo aver definito la sequenza motoria specifica, si procede alla sua sistematica ripetizione a livello immaginativo, in parallelo all'allenamento effettuato sul campo (esecuzione pratica). Ogni gesto tecnico è composto da una sequenza di movimenti consecutivi: per la realizzazione della pratica ideomotoria occorre focalizzare l'attenzione, per ogni step motorio della sequenza, solo sul movimento del proprio corpo e, una volta memorizzata la sequenza corretta, anche sulle sensazioni e sui pensieri che lo accompagnano e sul ritmo respiratorio. Per aiutare l'atleta nell'acquisizione della sequenza motoria corretta e nell'elaborazione di immagini mentali appropriate, la rappresentazione mentale viene fatta precedere dalla visione di un filmato del gesto tecnico. Successivamente, dopo aver raggiunto lo stato di rilassamento in tempi brevi, si introducono visualizzazioni polisensoriali riguardanti il setting abituale, al cui interno si rappresenta mentalmente la sequenza ideomotoria del gesto atletico, rispettandone i parametri spazio-temporali. La sequenza ideomotoria deve essere ripetuta da tre a cinque volte, ma nel caso subentri un calo della concentrazione va sospesa immediatamente per passare all'esecuzione pratica Autonomizzazione delle strategie Uno degli obiettivi più nobili della preparazione mentale è rendere l'atleta autonomo. Per arrivare a questo obiettivo, però, sono necessari dei buoni maestri e anni di allenamenti fisici e mentali. Il contributo che, in questo processo di maturazione dell'atleta, può dare l'allenamento mentale, fondamentalmente, è di conoscenza e consapevolezza delle risorse di cui l'uomo è stato dotato, ma che non sempre utilizza a pieno. Infatti, pensare positivo, avere degli obiettivi, ascoltare il proprio corpo, sapersi concentrare, imparare a rilassarsi, utilizzare l'immaginazione, impostare un dialogo positivo con se stessi, ripetere a mente il gesto atletico perfetto, non sono altro che degli strumenti per "tirar fuori" da ogni individuo le energie più profonde che ciascuno possiede. Quel di più che fa la differenza. Un atleta che, per anni, ha utilizzato queste tecniche avrà acquisito le capacità per gestire al meglio tutto il periodo della preparazione di un evento importante, le fasi di attivazione immediatamente precedenti la gara, la gara stessa ed il dopo gara, in maniera

completa e matura. Il miglior augurio, infatti, che si possa fare ad un atleta è di sperimentare, il più a lungo possibile, la gioia ed il piacere di "guidare" il proprio corpo attraverso il pieno utilizzo delle sue attività mentali. Le vittorie che, inevitabilmente, vivrà faranno da lieto contorno a quello che sarà l'equilibrio di un atleta perfetto Competizione Pre-gara Le 24-48 ore che precedono una competizione sono molto importanti e delicate. Da una parte, vi è l'esigenza di completare la preparazione dell'evento (allenamenti di "rifinitura", tattica, dieta specifica per le ore che precedono la gara), dall'altra quella di non "caricare" troppo gli atleti per evitare che arrivino "scoppi" o "scarichi" al momento fatale. Da un punto di vista psicologico, questo approccio alla gara, che è accettato ed effettuato dai più, trova precisi riscontri a livello scientifico. Le sensazioni che ciascun atleta prova nelle ore che precedono la gara sono molteplici, differenti, personali, ma tutte sono accomunate dal loro graduale crescere di intensità, mano a mano che si avvicina il fischio d'inizio. L'esperienza comune è che non sempre si arriva mentalmente nella maniera desiderata all'ora "X", ma spesso l'atleta riferisce di essersi sentito pronto qualche minuto prima o dopo della "battaglia". Il modello della "U"rovesciata (Yerkes & Dodson, 1908) può aiutare a capire ciò che succede sul campo: Appare evidente come vi sia un punto dello stato di attivazione (sensazioni pre-gara quali vigore, vitalità, intensità della mente come motivazione e concentrazione ) al quale corrisponde la performance migliore. Che vi sia un periodo di tempo in cui l'atleta è "attivato" al meglio, lo si può capire maggiormente grazie ai modelli di Martens (zona di "Energia Ottimale", 1987) e a quello di Hanin (IZOF zona di Funzionamento Ottimale Individuale",1989):

Per far sì che l'atleta si presenti all'appuntamento perfettamente all'interno di questa zona è necessario effettuare un programma di preparazione mentale personalizzato pre-gara. Gara Si provi a chiedere ad un atleta qual è stata la sua prestazione migliore. Si scoprirà (e la sorpresa non sarà solo dell'intervistatore) che egli di quella gara ricorda praticamente tutto. La data, l'orario, la città, il campo da gioco, le condizioni atmosferiche, gli avversari, la giuria, ma soprattutto le sensazioni interne. Quelle sensazioni positive che il proprio fisico gli "rimandava" e che hanno preceduto e accompagnato una grande prestazione, si noterà, sono state "scolpite" nella memoria. L'atleta, probabilmente non se ne è nemmeno accorto, ma da quel fatidico giorno qualcosa dentro di lui è cambiato, cambiato in positivo. Nel momento della sua prestazione migliore (Peak Performance) ha sperimentato delle sensazioni interne così diverse, coinvolgenti e particolari che hanno reso quella esperienza di gara diversa da tutte le altre. Se l'atleta racconta che tutto era facile, naturale, automatico, piacevole, che il tempo era sembrato fermarsi, molto probabilmente, durante quella competizione egli è andato incontro ad uno stato di Flow; per tale motivo, la sua mente ha "deciso" di fissare per sempre quei momenti assieme a quelli immediatamente precedenti o successivi l'evento. Approfondendo i concetti di Flow e di Peak Performance, si capirà come quella meravigliosa esperienza, che tutt'ora l'atleta ricorda, può aiutarlo ancora nel raggiungimento di obiettivi sempre più alti e straordinari. Lo stato di Flow. Può essere definito come l'esperienza ottimale in cui si è così immersi in ciò che si sta facendo, che tutto il resto sembra non avere importanza. E' un esperienza estremamente entusiasmante, fonte di soddisfazione e motivazione profonda. E' caratterizzato da un equilibrio tra sfida ed abilità, unione tra azione e coscienza, mete chiare, feedback immediato, concentrazione sul compito, senso di controllo, perdita della autoconsapevolezza, destrutturazione del tempo, esperienza autotelica. Peak Performance. E' una prestazione superiore allo standard individuale ed è caratterizzata da forti contenuti emozionali di gioia e di profondo appagamento. E'

caratterizzata da un focus attentivo chiaro, alto livello di performance, iniziale fascino per il compito, spontaneità, forte senso di sé. ppare chiaro, a questo punto, come uno degli obiettivi principali della preparazione mentale sarà quella di ricreare tutte quelle condizioni psicologiche affinché l'atleta possa ri-sperimentare uno stato di Flow con la conseguente maggior probabilità di effettuare una Peak Performance. Gli strumenti che meglio di altri possono favorire tale obiettivo sono: visualizzazione concentrazione propriocettività imagery o allenamento ideo motorio Post -Gara Cosa succede quando la partita finisce? Si è contenti, delusi, si è raggiunto l'obiettivo? Una cosa che, prima ancora di rispondere, andrebbe fatta è un applauso. Un segno semplice, chiaro, diretto. Prima dei commenti inevitabili e delle considerazioni su ciò che è appena accaduto, bisognerebbe stare in silenzio e fare un applauso. Un segno di rispetto per chi si è impegnato, ha sudato, ha lottato sul campo; un applauso a chi ha guidato dalla panchina gli atleti, a chi li ha accompagnati in trasferta, a chi ha reso possibile la competizione. Un applauso agli organizzatori, agli arbitri, ai rappresentati delle federazioni sportive. Un applauso ai sostenitori locali che non hanno evitato di incoraggiare la squadra avversaria, a chi non ha giocato perché infortunato, ai parenti ed agli amici che, da casa, hanno sofferto ascoltando la radio, a chi piange di gioia o di dolore ed anche a chi è finito in ospedale, perché colto da malore. Senza fare sinceramente, questo applauso non si rende giustizia allo sport e a chi di sport vive. Dopo il triplice fischio, le strette di mano, gli applausi (nella migliore delle ipotesi), lo scenario immediato, per un atleta, è la doccia. E' il contatto con l'acqua (calda o fredda che sia) che fa uscire dallo stato di "trance agonistica" e dà la conferma che la competizione è finita. L'adrenalina inizia a fare meno effetto. Ci si comincia a scaricare veramente. Ora la risposta è chiara: o si è vinto o si è perso, o l'obiettivo è stato raggiunto, oppure no. Cosa fare? Quì la scienza lascia lo spazio all'esperienza. Non esistono manuali, teorie o altro che spiegano come ci si dovrebbe comportare nel dopo-gara. Una cosa è certa: l'atleta, nel proprio segreto, è sempre il più avaro critico di sé stesso. Dopo la doccia, comincia a rivedere a mente la gara appena terminata e sente il bisogno di darsi un giudizio, come per chiudere un capitolo. Può aver vinto, stracciando l'avversario, ma questo non significa necessariamente che il suo giudizio su sé stesso sia positivo. Ciò che, forse, può aiutare a vivere bene questi momenti è di evitare di essere troppo critici con sé stessi. Quando si è meno critici con sé stessi, ci si rende conto di esserlo di meno anche con gli altri. Mille domande possono sorgere, soprattutto se l'esito non è stato positivo, ma l'unica alla quale bisognerebbe dare una risposta è: ho dato, oggi, il meglio di me stesso? A forza di domandarsi questo, l'esperienza insegna, che il massimo lo si dà davvero. E se, realmente, un atleta arriva a dire a sé stesso che, in quella determinata occasione, ha dato il meglio di sè, allora

giunge puntuale la serenità. Quella stessa serenità che è tipica di un artista quando, posato lo strumento, si rende conto che la sua opera è completa. Qualche ora dopo la competizione o il giorno dopo, giunge il momento del confronto con chi sta vicino all'atleta. Anche in questa occasione, prima di parlare, bisognerebbe, ringraziarsi a vicenda, guardandosi negli occhi. Di motivi per dire grazie ce se sono sempre moltissimi, soprattutto da parte dell'allenatore agli atleti. In questa maniera, la comunicazione ha buone probabilità di essere efficace. Le parole, allora, avranno l'effetto desiderato e non lederanno la dignità di nessuno. Con queste premesse, si può parlare, contestare, asserire, disconfermare, certamente si arriverà ad una conclusione condivisa che poi è la base della preparazione alla competizione successiva. Sport di squadra La squadra La squadra è uno specifico tipo di gruppo che, a sua volta, può essere definito come un insieme dinamico costituito da individui che si percepiscono più o meno interdipendenti per qualche aspetto. I gruppi ristretti, da un punto di vista descrittivo, si possono dividere in: gruppi primari, nei quali lo scopo dell'aggregazione è di soddisfare i bisogni emotivi e sociali dei membri. Sono i "gruppi di fatto", ai quali si appartiene senza obblighi (es. la famiglia) oppure i gruppi spontanei, ai quali si partecipa per adesione spontanea (es. associazioni varie); gruppi secondari, nei quali lo scopo è di raggiungere degli obiettivi specifici e limitati vincolando le persone ad un ruolo ben definito. Si distinguono in "gruppi imposti", nei quali la partecipazione è imposta da una coazione esterna (es. gruppi militari); "gruppi contrattuali", a cui si aderisce in forma volontaria accettandone le norme in vista di scopi utilitaristici. I gruppi possono, altresì, suddividersi in: gruppi sociologici, costituiti da un insieme di individui che hanno qualche caratteristica in comune e condividono un'attività e una condizione (es. gruppi di lavoro); gruppi psicologici, composti da persone la cui coesione deriva da una comune risonanza emotiva (es. tifosi, fans). La squadra sportiva può essere, pertanto, considerata come un gruppo primario volontario (con connotazioni secondarie di tipo contrattuale, se professionistica) ed a simultanea rilevanza sociologica e psicologica. Le caratteristiche del gruppo-squadra sono: a livello individuale: complementarietà, esistenza di uno scopo significativo comune, capacità di risolvere problemi e prendere decisioni; a livello di gruppo: visione comune, compenso basato sui successi della squadra (non del singolo), leadership solida e partecipativa.

La trasformazione di un collettivo di individui in squadra passa da 5 stadi. Il tempo necessario al passaggio da uno stadio ad un altro è vario; i diversi stadi non sono tappe obbligate, talvolta uno o più di essi possono essere saltati. STADI DI CREAZIONE DI UNA SQUADRA 1. Forming: i membri familiarizzano, studiano forze e debolezze reciproche, verificano se sono parte del gruppo, identificano il loro ruolo, comparano l'attenzione che il coach dedica a ciascuno di loro; il gruppo individua i compiti. Fattori rilevanti: la strategia di gioco deve coinvolgere tutti, importante ciò che accade al primo allenamento. 2. Storming: i membri attuano atteggiamenti di resistenza al leader, rifiutano il controllo da parte del gruppo, sono in conflitto con le richieste poste; il gruppo comincia a fissare le prime regole di squadra. Fattori rilevanti: il coach deve attuare un tipo di comunicazione aperta, lo stress deve essere ridotto per ridurre l'ostilità; 3. Norming: i membri sostituiscono l'ostilità con cooperazione e solidarietà, elaborano uno spiccato senso di umiltà, sono rivolti alla coesione, nutrono un profondo senso di rispetto per gli altri, avvertono la stabilità dei reciproci ruoli; il gruppo lavora per un obiettivo comune. Fattori rilevanti: complimentarsi per gli sforzi, i miglioramenti e la qualità della performance; 4. Performing: i membri incanalano tutti gli sforzi per il successo del team, ricorrono al problem solving come processo di gruppo, si aiutano reciprocamente; il gruppo è orientato alla performance. Fattori rilevanti: creare un clima di collaborazione, eliminare competizione ed aggressività verso i compagni; 5. Adjourning: i membri diminuiscono i contatti tra loro, si riduce il senso di dipendenza reciproco, avvertono di aver completato il loro compito, sono consapevoli che il compito del gruppo è finito. Dinamiche di gruppo La maggior parte degli autori definisce dinamiche di gruppo come l'insieme fluido e mutevole delle interazioni e dei rapporti interpersonali tra i membri di un gruppo e la realtà sociale esterna. Tali processi sono comprensibili se riferiti ad elementi di natura affettiva, normativa, organizzativa, orientati sullo scopo o sulla relazione. Interazione. E' un processo attraverso il quale due o più persone si influenzano a vicenda, diventando l'una per l'altra effetto e causa delle rispettive azioni. Il modello classico dell'interazione è il feed-back. Un esempio di interazione è rappresentato dai due schermitori durante un assalto, in quanto le mosse di ciascuno risultano regolate sul comportamento dell'altro. Mentre l'interazione è una relazione sociale in quanto prevalentemente regolata da norme, valori, modelli di comportamento interiorizzati a livello di prescrizioni di ruolo, il rapporto interpersonale di gruppo risponde ad esigenze di natura affettiva. Esso è legato alla dinamica dell'attrazione, del rifiuto e del conflitto: l'attrazione, tra i membri di una compagine sportiva, non nasce dalla

complementarietà (attrazione degli opposti), quanto dalla similarità cioè dalla comunanza di valori, credenze, atteggiamenti e tratti ritenuti importanti o ideali nell'universo sportivo. Nel gruppo sportivo essa è un dato importante in quanto permette di superare le fasi disgregative o comunque conflittuali che l'attività agonistica determina con il suo carico di ansie e frustrazioni; il rifiuto o repulsione è una dinamica che non implica ostilità, ma indisponibilità, indifferenza, divergenza culturale, ideologica, emotiva, più una serie di difese inconsce (proiezione, identificazione proiettiva, ecc.) che possono attivare un processo di rifiuto interpersonale; il conflitto è inevitabile nella vita del gruppo, e soprattutto della squadra sportiva, in cui esiste sempre un'alta tensione emotiva; anzi, la sua assenza indica un deterioramento nell'intreccio motivazionale ed affettivo tra i membri del gruppo. Fenomeni e processi dinamici dei gruppi 1. sala degli specchi:situazione in cui tutti fungono da controllo e schema di riferimento reciproco (es. due pugili che si studiano); 2. socializzazione: il sorgere della relazione di gruppo mediante forme di comunicazione verbale e non verbale; 3. teorizzazione: interpretazione razionalizzata con cui viene spiegato agli altri il proprio o il loro modo di reagire e comportarsi nel gruppo; 4. difesa del gruppo: tacito accordo per non alterare una situazione di equilibrio e di consenso reciproco, con controllo delle ansie (es. conversazione banale su un scompartimento ferroviario); 5. capri espiatori: accordo sotterraneo per scaricare l'aggressività su un individuo interno o esterno al gruppo; 6. aggressività: ostilità competitiva invidiosa tra i membri; 7. regressione: espressione verbale di materiale inconscio contenente richieste d'attenzione, aiuto, affetto; 8. risonanza: capacità di entrare in relazione sulla base di stati d'animo comuni; 9. silenzi: rifiuto di appartenenza al gruppo o richiami di attenzione su di sé; 10. formazione di sottogruppi: il dissenso all'interno del gruppo genera fenomeni di scissione, riferibili a meccanismi persecutori. 11. polarizzazione emotiva: caratterizzata dall'orientarsi e dal convergere su di una persona dei vissuti del gruppo (es. atleta che nella squadra si oppone costantemente all'allenatore, può cumulare una propria motivazione interiore con l'incoraggiamento sotterraneo della squadra, anche se non esplicitato. Nel mentre l'atleta opposizionista soddisfa una propria esigenza legata a conflitti con le immagini autoritarie del suo passato, gratifica, in diversa misura, esigenze simili negli altri membri del gruppo). La leadership Per leadership si intende un processo di influenza interpersonale, orientato al raggiungimento di particolari obiettivi che uno o più membri del gruppo esplicano nei confronti degli altri in virtù di qualità "polarizzanti".

Nello sport l'allenatore svolge tale ruolo che è influenzato dal proprio "stile" pur mantenendo i medesimi compiti (dirigere, decidere, organizzare, pianificare, istruire, formare, sviluppare, supportare, motivare, valutare). L'allenatore svolge tali compiti nei confronti degli atleti attraverso: trasmissione e sviluppo delle competenze sportive; costruzione ed organizzazione del gruppo-squadra (teambulding); mantenimento di ordine e disciplina; pianificazione dei compiti e programmazione delle attività in vista del raggiungimento degli obiettivi prefissati; supporto sociale e motivazionale. Le caratteristiche per una leadership positiva ed efficace sono: 1. sapere che il proprio ruolo è "servire" e non "essere serviti" 2. creare una cultura in cui tutti si sentano parti importanti dell'organizzazione 3. dare direttive chiare 4. abituarsi ad essere efficaci, con poche parole 5. conoscere la differenza tra intensità ed emotività 6. criticare in privato e lodare in pubblico 7. separare l'errore dalla persona che sbaglia 8. enfatizzare il lavoro di squadra, piuttosto che l'individualità 9. focalizzare il futuro senza trascurare l'immediato 10. accettare critiche e rimproveri Le caratteristiche del coach, quelle del gruppo-squadra e della situazione vengono ugualmente prese in considerazione; la performance e la soddisfazione dei membri del gruppo sono in funzione del grado di congruenza tra: comportamento richiesto (dal contesto) comportamento reale del leader (percezione) comportamento preferito dal gruppo (desiderato) La leadership di un allenatore è influenzata dal suo stile decisionale che esprime, tra l'altro, alcuni tratti della sua personalità. I 5 principali stili decisionali secondo Vroom e Jago (1978): 1. Autocratico I: prende personalmente le decisioni basandosi sulle informazioni ottenibili; 2. Autocratico II: ottiene le informazioni necessarie dai membri e decide da solo; 3. Consultivo I: condivide i problemi con i membri più influenti del gruppo consultandoli individualmente, tiene in considerazione le loro idee e prende da solo le decisioni; 4. Consultivo II: condivide i problemi con tutti i membri riuniti, tiene in considerazione le loro idee e prende da solo le decisioni; 5. Stile di gruppo: condivide i problemi con il gruppo, lascia che questo generi ed esamini delle soluzioni alternative e giunge a una soluzione consensuale.

La coesione La coesione del gruppo è determinata dal campo di forze che agisce sui membri per farli restare insieme. Consiste nel grado di unione o nella resistenza del gruppo alla sua distruzione: è un processo dinamico che riflette la tendenza a stare/lavorare insieme e a rimanere uniti per raggiungere gli obiettivi stabiliti. I fattori che possono influenzare la coesione sono: ambientali: responsabilità e obblighi contrattuali dei singoli membri, pressione sociale, struttura e "cultura" dell'organizzazione, vicinanza fisica, dimensione del gruppo; personali: caratteristiche di personalità, background socio-culturale, motivazioni, grado di soddisfazione (compiti e riconoscimento nel gruppo), spirituali; leadership: stile di leadership (comportamento, stile comunicativo e decisionale del leader); squadra: il successo della squadra poiché vincere stimola la volontà di stare insieme. Le tensioni che insorgono in un gruppo a causa delle ambivalenze affettive, delle difficoltà all'adattamento interpersonale e dei dissensi sui fini e sui mezzi, creano un tasso di ostilità intragruppale che minaccia la coesione e l'esistenza stessa di qualsiasi unione. Quando tali tensioni, avvertite come ansia di gruppo, rimangono latenti, è perché vengono dominate attraverso meccanismi difensivi che ne inibiscono la tendenza disgregatrice accentuando il processo inverso di adesione. Esistono, pertanto, diversi tipi di coesione: 1. coesione difensiva: tipica dinamica di qualsiasi squadra sportiva che nasce dalla proiezione dell'aggressività interna all'esterno, su una squadra sentita come minacciante; questa dinamica difensiva porta la squadra ad assumere connotazioni caratterizzate da estrema suggestionabilità dei suoi membri, insicurezza, dipendenza dal leader carismatico, atteggiamenti magici, paure irrazionali di sabotaggio, ecc; 2. coesione istituzionalizzata: il conflitto interno viene superato codificandolo attraverso un sistema di rigide norme. Le tensioni dei singoli vengono accettate e giustificate sulla base del diverso status che ciascuno compete nell'ambito della squadra. In tale dinamica, tipica delle organizzazioni societarie, le modalità del conflitto sono così controllate in quanto corrispondono al gioco delle parti in cui ognuno traveste la propria ostilità verso gli altri avvalendosi degli attributi derivatigli dal ruolo impersonato; 3. coesione cooperativa: questa dinamica risolve la minaccia disgregativa sul gruppo non attraverso la rimozione (o inibizione) della aggressività interna, né mediante la negazione o il disimpegno di fronte all'insuccesso, alla frustrazione ed allo stress, ma attraverso la presa di coscienza e l'analisi delle difficoltà. Una squadra sviluppa tale tipo di coesione quando gli atleti subordinano gli obiettivi personali allo scopo del gruppo, all'accettazione della realtà, al desiderio di