CERAMICHE, VETRI E ALTRI MATERIALI

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1 Daniela Castagna e Cecilia Scalari 57 CERAMICHE, VETRI E ALTRI MATERIALI Daniela Castagna e Cecilia Scalari CERAMICA GRIGIA Si contano in totale 16 frammenti di ceramica grigia 1, perlopiù rinvenuti in contesti stratigrafici con alta percentuale di residualità (US comprese tra l inizio dell età tardoantica e la fine dell alto medioevo). La ceramica grigia è la classe di materiale di più antica tradizione rinvenuta a S. Lorenzo. Essa fu prodotta a cominciare dal IV secolo a.c. nei principali centri della cultura veneta e la sua fabbricazione si protrasse fino agli ultimi decenni del I secolo a.c./inizi del I d.c., forse anche al di fuori delle originarie aree produttive. Sembrerebbe dimostrarlo, a partire dall inizio del III secolo a.c., la notevole frequenza delle attestazioni anche in località estranee al mondo atestino 2, nonché in contesti già pienamente romani, presenze probabilmente non dovute soltanto al fenomeno dell importazione. Indizio di produzione di ceramica grigia da parte di artigiani non veneti sembrerebbe costituire il progressivo scadimento qualitativo di tecniche e forme, come la non sempre ottimale riuscita del trattamento superficiale del vaso e l impoverimento delle tipologie originarie con un graduale passaggio a poche forme standardizzate. La presenza, anche a S. Lorenzo, di un repertorio morfologico non variegato conferma una situazione già ben nota nei siti romani del Basso Mantovano e dell area emiliana. Le due sole forme attestate si collocano in un orizzonte culturale di piena romanizzazione: si tratta della ciotola-mortaio (Tav. I, 255/1; 215/1; 215/2), databile genericamente nell ambito del I secolo a.c. e di un orlo di coppa/patera forse identificabile come imitazione della Lamboglia 7/16 in ceramica a vernice nera e collocabile tra la fine del I a.c. e gli inizi del secolo successivo (tav. I, 255/2). Non si esclude, anche per l area quingentolese, la possibilità che i vasi in ceramica grigia venissero realizzati da officine locali o limitrofe su imitazione dei più antichi prodotti di importazione. CERAMICA A VERNICE NERA Dei quattordici frammenti rinvenuti si identificano soltanto due forme, una coppa e una patera (Tav. I, 256/1 e 256/2), entrambe caratterizzate da una vernice piuttosto scadente, sottile e scrostata, tipica di una produzione tarda molto corrente. La coppa è identificabile come Lamboglia 28, diffusa in Cisalpina a partire dal II secolo a.c., ma con attestazioni massicce nel corso del I 3 ; la peculiarità del frammento quingentolese, che presenta dimensioni molto ridotte e pareti sottili, sembra qualificarlo come variante locale. La patera è invece pertinente alla forma Lamboglia 7/16 4, datata a tutto il I secolo a.c., in particolare all età augustea. La presenza di entrambe le forme è già testimoniata nell Oltrepò 5 e in Emilia. Dalle descritte caratteristiche tecnologiche si desume una provenienza da officine padane. CERAMICA A PARETI SOTTILI Si sono rinvenuti complessivamente 30 frammenti, suddivisi in 27 a pasta grigia e soltanto 3 in pasta chiara, questi ultimi ritenuti generalmente 1 Per opere di sintesi sulla classe della ceramica grigia si rimanda a CROCE DA VILLA 1979 e PATITUCCI UGGERI 1984, non ancora superati nelle loro linee generali. 2 Il bacino di diffusione di questa ceramica corrisponde a una vasta area dell Italia settentrionale compresa tra la Lombardia orientale (DELLA PORTA, SFREDDA 1993, pp ; S C A- LARI 1999, pp ), il Veneto (CROCE DA VILLA 1979; PATITUCCI UGGERI 1984), il Friuli Venezia Giulia (G R A S- S I G L I 1995) e l Oltrepò emiliano e mantovano (C A L Z O L A R I , fig. 169, nn. 1-2; CALZOLARI 1989, pp. 177, 182, 188, 206, 220). Ritrovamenti isolati sono stati effettuati in Piemonte (PATITUCCI UGGERI1984, p. 139) e in Puglia(CROCE DA VILLA 1979, p. 287). 3 FRONTINI 1985, p. 15; SFREDDA 1998, p FRONTINI 1985, p. 13; SFREDDA 1998, p TAMASSIA 1996b, p. 115, fig. 12, nn (Lamboglia 7/16), p. 106, fig. 10, n. 1, p. 108, fig. 10, n. 2 (Lamboglia 28; il pezzo a fig. 10, n. 2 è ritenuto di fabbricazione adriese).

2 58 SAN LORENZO DI QUINGENTOLE (MN) di tradizione centroitalica. Solo dagli esemplari in pasta grigia si desumono elementi per un minimo repertorio di forme e di motivi decorativi. Coppe (Tav. I). La maggior parte del materiale è da riferire a coppette decorate su fondo apodo o con piccolo piede appena accennato a disco. Tra queste l unica morfologia ben riconoscibile è un frammento di orlo pertinente ad una coppetta emisferica decorata (256/4), confrontabile con esemplari da S. Lorenzo di Pegognaga e datati alla metà del I secolo d.c. 6 Per quanto riguarda i motivi decorativi sui frammenti pertinenti a coppe sono documentate la tecnica della rotellatura e quella della barbotine: la prima sia nella variante a fitti triangoli che coprono tutta la superficie della coppa (215/3) che in quella con rotellature disposte a fasce delimitate da scanalature (255/5); la seconda nel motivo a tralci vegetali (256/5) talora desinenti in foglioline (247/1) oppure nel motivo a festoni (256/4). Le due tecniche si sviluppano in un arco cronologico parallelo, dalle prime attestazioni di età tiberiana fino alla seconda metà del I secolo. Bicchieri (Tav. I). Un solo frammento è pertinente ad un olletta/bicchiere, sempre in argilla grigia, caratterizzata da una decorazione a linee incise incrociate a formare losanghe (256/3), di cui si conserva solo la parete ma che potrebbe essere pertinente al bicchiere con orlo modanato di tipo Ricci 1/364-1/365, documentato, già dall età augustea e per tutto il I secolo, in gran parte dell area padana e anche nel Magdalensberg 7. CERAMICA A VERNICE ROSSA INTERNA La scarsità di rinvenimenti pertinenti a questa classe ceramica concorda con la situazione generale di Mantova e del suo territorio. Da S. Lorenzo infatti proviene un solo frammento (Tav. II, 251/1), riferibile alla forma Goudineau 15/16, tegame con orlo scanalato, pareti bombate e fondo piano, datato a Bolsena tra gli ultimi decenni del I a.c. e l inizio del I d.c., cronologia confermata a Calvatone, che registra insieme a Cremona e a M i l a n o 8 gli unici esemplari, almeno editi fino a questo momento, attestati in Lombardia. Dopo essere stati a lungo considerati esclusivamente prodotti di importazione da area sud-italica, dove in origine vennero fabbricati 9, recenti analisi delle argille hanno rivelato la possibilità di una loro produzione in zona veneta e nell area compresa tra i fiumi Olona e Seveso 10. Un confronto stringente con il frammento di Quingentole è costituito da un tegame rinvenuto a S. Lorenzo di Pegognaga (Mantova), purtroppo privo di contes t o 1 1. Dalla zona a sud del Po si registrano altri due esemplari in zona emiliana, uno dalla Bassa M o d e n e s e 1 2, datato alla metà I a.c./metà I d.c., l altro da Bondeno (Ferrara), interpretato come prodotto di imitazione di esemplari centro-italici e datato ad età medio-imperiale 13. Il frammento di Quingentole proviene dal periodo romano/fase II, in associazione a materiali di I secolo d.c. SIGILLATA ORIENTALE B Tre frammenti, di cui uno solo dalla forma ricostruibile (Tav. II, 243/1), sono pertinenti alla classe della sigillata orientale B, prodotta nell Asia Minore Occidentale tra l ultimo ventennio del I secolo a.c. e l inizio del successivo e circolante soprattutto in ambito egeo 14. I frammenti di Quingentole sembrano attinenti alla più antica produzione B1, riconoscibile, rispetto alla B2, per l argilla più finemente depurata e per le pareti sottili. L aspetto saponoso del rivestimento, simile, per consistenza, alla cera, rende questa ceramica inconfondibile rispetto alla coeva produzione norditalica. Il fr. 243/1 è pertinente alla forma Atlante 35, una ciotola dal diametro ridotto (in genere dai 7 agli 11 cm), con fondo piatto e breve orlo a tesa 15. La presenza di questi frammenti nel sito di S. Lorenzo acquista importanza alla luce della rarità delle attestazioni di sigillata orientale B in ambito norditalico e suggerisce l esistenza di contatti commerciali con l Oriente in un contesto cronologico assai precoce 16. SIGILLATA NORDITALICA 17 Produzione decorata a matrice (Tav. II). Sette pezzi sono pertinenti al vasellame decorato tipo Sarius, in particolare sicuramente quattro fram- 6 TAMASSIA1996a, nn , pp , fig Per l Oltrepò vedi TAMASSIA1996a, n. 2, pp , fig DE VANNA 1991, p. 131, tav. LII, 9; DELLA PORTA 1998a, p. 232, n. 9, con bibliografia precedente. 9 In generale vd. GOUDINEAU Sulla base del materiale di vecchi scavi è stata recentemente resa nota un officina di ceramica a vernice rossa interna nell area della Crypta Roma - na a Cuma: CHIOSI VOLONTÈ 1996, p. 129; DELLA PORTA1998a, p. 232, n. 9; LAVIZZARI PEDRAZZINI1999, p Esemplare inedito conservato presso il Museo Civico di Pegognaga. 12 CORTI 1997, p. 106, fig. 1, n CORNELIO CASSAI1988, p. 204, tav. IX, Per le caratteristiche generali della classe vd. Atlante II, p Atlante II, tav. XIII, Dei tre frr. rinvenuti due sono di natura residuale, mentre un terzo è associato a materiale di pieno I secolo (US 256). 17 Per riflessioni generali sulla classe nella regione lombarda e, in particolare, nel mantovano, cfr. DELLA PORTA b e 1998c.

3 Daniela Castagna e Cecilia Scalari 59 menti appartengono ad esemplari della coppa di forma Atlante 13 D/tipo B (cfr. 256/7, 256/9), con alto bordo e corpo emisferico, diffusa tra l ultimo quarto del I secolo a.c. e l età flavia 1 8. Dai frammenti decorati, con disegni assai sbiaditi dovuti probabilmente all utilizzo di una matrice stanca, traspare una tipologia ornamentale a matrice fitomorfa (cfr. 256/7, 256/8, 255/7). La situazione di S. Lorenzo, con la presenza di ben sette pezzi, si allinea a quella del resto del Mantovano, in particolare proprio l Oltrepò, dove la presenza dei S a r i u s c h a l e n è numericamente rilevante 119. Produzione liscia (tavv. II-III). Sono attestate alcune delle tipologie più ricorrenti nell ambito dei siti romani nord-italici. Due sono gli esemplari di Ritterling 5 (t. 58/1; 256/10), la coppetta troncoconica con alto orlo e piede a basso anello svasato, diffusa dalla media età augustea a tutta l età claud i a 2 0, come la corrispondente patera del Servizio II, la Dragendorff 17A, presente con un solo frammento e attestata leggermente più a lungo rispetto alla coppa 2 1 (256/12). A queste due forme, tipi precoci nell ambito della sigillata padana e che si esauriscono entro la prima metà del I secolo, si aggiungono le tipologie che segnano l ingresso massiccio di questa classe nella produzione della Cisalpina romana e che saranno in uso per tutto il primo secolo e, in alcuni casi, anche oltre: si tratta della patera Dragendorff 17B (256/13; 256/14), attestata da cinque frammenti fra i quali uno decorato ad a p p l i q u e sull orlo; la Dragendorff 15/17, con ben otto esemplari (271/1); la Ritterling 9 (256/11), particolarmente diffusa nella Lombardia c e n t r o - o r i e n t a l e 2 2 ; infine un solo esemplare di Dragendorff 24/25 (215/4), la coppetta con listello che registra attestazioni anche fino al pieno II secolo 23. SIGILLATA DI IMPORTAZIONE AFRICANA Forma Hayes 50B (Tav. III). Questa forma compare cinque volte, di cui una sola nella più antica produzione C. Si tratta di una delle forme più comuni di entrambe le produzioni, una scodella con orlo indistinto, pareti più o meno svasate, fondo piano. Il frammento in sigillata C (215/5) si distingue per il colore più chiaro dell argilla, il suono metallico e lo spessore più sottile delle pareti. Gli altri quattro frammenti (cfr. 215/6; 242/1), in produzione D 1, sono invece caratterizzati da una vernice un po più scura e quasi fusa con il colore dell argilla e da pareti solitamente più spesse. Questa forma, ben attestata nell Oltrepò e in Emilia in entrambe le produzioni 2 4, si diffonde nello stesso periodo sia in C che in D 1, tra il 350 e il 400 circa 25. Forma 87A (Tav. III). Si tratta di tre frammenti appartenenti ad una forma piuttosto comune della produzione D 2 6, una profonda scodella con orlo triangolare databile alla seconda metà del V secolo d.c. e già nota in seguito a ritrovamenti nell Oltrepò 27. Frammenti decorati (Tav. III). Tre esemplari, tutti in produzione D 1, presentano motivi decorativi a stampo, disposti sul fondo interno dei vasi, con forme vegetali o geometriche. Uno dei frammenti presenta un disegno formato da un ramo di palma a foglia larga affiancato su entrambi i lati da altri due rametti a foglia stretta e allungata (215/8); il ramo centrale trova confronti con lo stampo n. 116 dell Atlante, ricorrente in D 1 e D 2, solitamente associato con il motivo a cerchi concentrici 2 8, mentre i due rametti laterali sono assimilabili al n. 114 d e l l A t l a n t e 2 9, anche quest ultimo sia in D 1 che in D 2 ; nel suo insieme il disegno, con i due tipi di palme accostati, trova confronti molto stretti nelle aree limitrofe, in particolare con un esemplare da Quistello, dove il motivo della palmetta è associato a quello del cerchio concentrico 3 0, eventualità da non escludersi nemmeno per Quingentole, vista la frammentarietà del pezzo. Il secondo frammento, 242/2, il fondo apodo di una grande scodella, con parte esterna leggermente incavata, presenta un disegno costituito presumibilmente da cinque cerchi concentrici (se ne vedono soltanto quattro), disposti in senso circolare nel mezzo del fondo del vaso; il modello più simile è lo stampo n. 12 dell Atlante 3 1. IMITAZIONI TARDE DICERAMICHE FINI DAMENSA Si raggruppano sotto la generica espressione di 18 Atlante II, pp DELLA PORTA1998b, p Atlante II, pp Non è possibile attribuire i pezzi a precise varianti, anche se si può escludere almeno la variante Mazzeo 12C. Il fr. t. 58/1 presenta una fine decorazione a rotella sulla parte superiore dell orlo per la quale non si sono trovati confronti. 21 Atlante II, p. 198, variante B. 22 DELLA PORTA1998c, p DELLA PORTA1998c, p Per l Oltrepò mantovano: BIONDANI1992, p. 16; BIONDA- N I 1995, pp Per l Emilia: G I O R D A N I 1994, p. 80, fig (per l area propriamente emiliana, in particolare il materiale dei pozzi-deposito); MAIOLI1983, p. 155 (per l area romagnola, in special modo Ravenna). 25 Atlante I, p. 65, pp Cfr. Atlante I, pp ; HAYES1972, pp BIONDANI1995 (cfr. ad es. tav. XI,40/5). 28 Atlante I, tav. LVII, 64, p Atlante I, tav. LVII, 62, p. 127 (corrispondente a H A Y E S 1972, stampo n. 4). 30 BIONDANI1995, p. 63, tav. XIII, 18/ Atlante I, tav. LVI, 23, p. 125 (corrispondente a H A Y E S 1972, stampo n. 28).

4 60 SAN LORENZO DI QUINGENTOLE (MN) imitazioni tarde una serie di frammenti, acromi o rivestiti da vernice rosso/arancio, che si sono interpretati in riferimento a vasellame prodotto in area italica ma con forme che riprendono, sia pure in modo spesso semplificato e impreciso, i tipi della ceramica fine di età tardoantica (in particolare sigillata orientale o africana), oppure semplicemente cercano di riprodurne gli effetti cromatici dei rivestimenti 32. Si tratta in particolare di una decina di frammenti che ripetono forme della sigillata africana e della Late Roman C (Tav. III). Tre frammenti si rifanno al piatto/scodella Hayes 61B (242/3, 276/1), che nella sigillata chiara di produzione africana è una delle forme maggiormente documentate in età tardoantica in tutto il bacino del Mediterraneo ed è anche tra quelle più diffuse nel Mantovano, soprattutto nell Oltrepò, dove si data generalmente tra la fine del IV e la metà del V sec. d.c. La provenienza da officine italiche è tradita non tanto dalla forma, riprodotta con una notevole somiglianza, quanto dalle caratteristiche tecnologiche, come l argilla farinosa, in un caso di colore grigiastro, e il rivestimento opaco e tendente a sfaldarsi. Del tutto simile, per le peculiarità tecniche, a questi frammenti è il pezzo 242/4, un frammento di brocchetta con piccola ansa a nastro genericamente accostabile a esemplari di bottiglie e brocche molto diffuse nei contesti dei pozzi-deposito modenesi e classificate sotto l espressione di ceramiche verniciate 3 3. Si discostano da queste produzioni, pur rimanendo probabilmente in un ambito sostanzialmente locale, due frammenti (vd. 242/5), entrambi acromi, per i quali non si sono rinvenuti confronti precisi, ma per cui si propone l accostamento con la forma Hayes 3 della sigillata microasiatica Late Roman C, le cui forme originali furono prodotte fra la metà del V e gli inizi del VII 34 : la presa/listello presente nell originale si semplifica nell esemplare di imitazione fino ad atrofizzarsi e a trasformarsi in un orlo quasi diritto, appena solcato da una lievissima scanalatura o concavità, mentre scompare quasi del tutto il vero e proprio rivestimento, sostituito da una sorta di lisciatura, che forma una sottilissima pellicola dello stesso colore del corpo ceramico e con la tendenza a sfaldarsi 35. CERAMICA INVETRIATA La produzione di vasellame invetriato attestata a S. Lorenzo è molto limitata ed è circoscritta alla sola presenza della ciotola con listello, esemplificata da due frammenti (Tav. IV, 242/7; t. 22/1). La forma della ciotola a listello è una delle più correnti all interno della classe dell invetriata, prodotta anche nella variante in ceramica comune e diffusa in tutta l Italia settentrionale tra IV e V secolo d.c. 36. CERAMICA DEPURATA Sono pertinenti a ceramica comune depurata circa 70 frammenti, comprendenti olle perlopiù di piccole dimensioni, bicchieri, coppette, brocche, un frammento di olpe, uno di anforetta e un coperchio 37 (tavv. IV e V). La difficoltà di delinearne il quadro produttivo è legata alla pressoché totale mancanza di confronti tra i frammenti in ceramica depurata di S. Lorenzo e altre produzioni attestate in ambito locale e non. Un dato interessante è che la quasi totalità dei frammenti presenta il medesimo tipo di impasto, quello classificato come gruppo 3 (vd. nota), ciò che fa pensare ad una produzione omogenea, forse di ambito strettamente locale. Nel gruppo con impasto di tipo 3 si distinguono i frr. 256/18 e 256/19, il cui motivo decorativo, costituito da una sorta di rotellatura, trova confronto abbastanza stringente con un esemplare dal territorio b o l o g n e s e 3 8 e con alcuni frammenti, inediti, dal sito di Poggio Rusco-loc. Boccazzola 39. Al di fuori del gruppo 3, l unico esemplare significativo (impasto 1) è un frammento di bicchiere/olletta (256/15), con una fitta decorazione incisa che ricopriva probabilmente tutta la superficie del corpo e che risulta in genere più caratteristica del vasellame grezzo 40. ANFORE Con l eccezione di pochi frammenti appartenenti alle più antiche fasi di frequentazione del sito, la 32 Si tratta di una classe ceramica tipica del periodo tardoantico/altomedievale, che conosce, a seconda delle singole realtà locali, esiti anche molto differenti. Per quanto riguarda l Italia settentrionale cfr. da ultimo MASSA 1998, pp , fig GIORDANI 1994, p. 85, fig. 104, 1; fig. 110, 1; fig. 111, 3, Per la classe in generale cfr. Atlante I, pp Si tratta di tecniche di rifinitura alternative al vero e proprio ingobbio, utili soprattutto ad impermeabilizzare il recipiente (a proposito cfr. FONTANA1998, p. 83). 3 6 Sulla classe in generale cfr. il volume Ceramica invetriata L esame autoptico delle argille ha rilevato la presenza di quattro gruppi di impasto: 1. Argilla beige rosata, micacea, con traccia di levigatura a stecca (1 fr.); 2. Argilla arancio rosata, superfici ben lisciate (2 frr.); 3. Argilla da rosa ad arancio, superfici lisciate, in alcuni casi con ingobbio chiaro (60 frr.); 4. Argilla giallo chiaro, granulosa, simile ad un impasto anforaceo (8 frr.). 38 BERGAMINI1980, tav. LI, n. 1192, p. 191 (non è chiara la datazione del pezzo). 39 Materiali conservati presso il Nucleo Operativo di Mantova- Soprintendenza Archeologica della Lombardia. 40 Un bicchiere molto simile, ma in argilla grezza, è attestato nel sito di Lomello-Villa Maria (Pavia) e databile nell arco del I secolo a.c. (materiale conservato presso il Museo di Vigevano, in corso di studio da parte della sottoscritta).

5 Daniela Castagna e Cecilia Scalari 61 maggior parte del materiale si concentra nelle unità stratigrafiche comprese tra la fine del V e la fine del VI/inizio VII d.c., periodo in cui, soprattutto per il litorale adriatico, sono documentati rapporti commerciali e culturali molto stretti con le province orientali, soprattutto legati alla necessità di approvvigionamento di derrate alimentari quali olio, vino e salse di pesce. In particolare le anfore orientali e quelle africane, in gran parte associate nelle medesime unità stratigrafiche, provengono perlopiù dalle fasi 1-3 del Periodo Tardoantico e dai livelli di distruzione dell ultima fase del complesso rurale e sono quindi databili dalla metà del V a tutto il VI secolo; anche molti dei frammenti residuali, rinvenuti nelle fasi del pieno medioevo, sono da riportare allo stesso ambito cronologico. Forma Dressel 2/4. L esemplare più antico è un frammento di Dressel 2/4 caratterizzato da argilla arancione-rosata e dal caratteristico ingobbio di colore crema (Tav. V, 256/36). Fabbricata sia in area tirrenica che adriatica, fu prodotta tra la fine del I secolo a.c. e il secolo successivo per essere adibita al trasporto del vino. Le rilevanti quantità di Dressel 2/4 rinvenute nel vicino sito di S. Lorenzo di Pegognaga 4 1 documentano il ruolo del Po nell attività di smistamento delle merci nei primi tempi dell impero e spiegano la presenza di questo tipo anforario in area quingentolese 42. Forma Late Roman Amphora 1. Si tratta di un anfora probabilmente adibita al trasporto dell olio e del vino. Per le caratteristiche dell impasto la si ritiene originaria delle coste dell Asia Minore e della Siria settentrionale. Prodotta a cominciare dall inizio del V secolo fino alla metà del VII, è poco nota in Italia settentrionale, dove i pochi esemplari documentati si ritrovano in ambito emiliano 43 e romagnolo. L unico esemplare da S. Lorenzo (Tav. V, 242/22), che riporta un segno di colore rosso dipinto sulla spalla, trova confronto proprio con frammenti provenienti dal porto di Ravenna e datati al VI secolo avanzato, che recano iscrizioni a vernice rossa sul collo e sulle pareti 44. Data la frammentarietà del nostro pezzo, è difficile sostenere se si possa trattare di un titulus pictus o di un semplice motivo decorativo. Anfore nord-africane. Un nucleo di anfore, costituito quasi esclusivamente da pareti, presenta impasti porosi, dal rosso al rosso-bruno, con molti vacuoli e inclusi bianchi, ricoperti da un ingobbio più o meno spesso di colore biancastro o, più raramente, nero, elementi tipici delle produzioni nord-africane. Risponde a queste caratteristiche il fr. 220/6 (Tav. V), con orlo a imbuto internamente ingrossato, che si suppone possa appartenere ad un anfora del tipo Africana I o Piccola, una produzione tunisina riservata al commercio dell olio e circolante nel Mediterraneo tra la seconda metà del II e gli inizi del V secolo d.c. Forma Late Roman Amphora 4 o anfora di Gaza (tavv. V e VI). Nel gruppo delle anfore orientali sono documentati frammenti tra loro eterogenei e non sempre riconducibili a produzioni precise, spesso comunque riconoscibili per il tipo di impasto. Undici esemplari sono pertinenti alla forma LR4, detta anfora di Gaza dall omonimo centro palestinese in cui veniva prodotta, uno dei contenitori per il trasporto di vino 45 più diffusi nel Mediterraneo orientale tra IV e VI secolo, ma prodotto ed esportato (e presente in Italia) già a partire dall età flavia. Le particolari caratteristiche dell impasto rendono queste anfore classificabili anche attraverso semplici frammenti di parete. Le anfore di Gaza sono infatti generalmente fabbricate con argille di colore nocciola o marrone, scarsamente depurate, e caratterizzate da superfici ruvide e solcate da pieghe e grinze; la forma intera presenta imboccatura abbastanza stretta con più varianti di orlo (quasi indistinti dalla spalla; estroflessi; ingrossati o semplicemente ribattuti), solco interno più o meno marcato, spalla svasata, corpo ellittico, anse ad orecchia; possono essere presenti scanalature più o meno profonde lungo la superficie della spalla. Tra gli esemplari conservatisi a S. Lorenzo si riscontra la presenza dell orlo ingrossato e ribattuto (227/6), dell ansa a orecchia del tipo a nastro costolato (215/32), delle scanalature sulla spalla (229/2); sono probabilmente pertinenti al medesimo tipo anche i frammenti di parete costolata 243/13 e 231/ Poco note a nord del Po, almeno nella parte occidentale 4 7, le anfore di 41 TONIOLO1996 (vd. ad esempio pp , fig. 32, n. 26). 4 2 Fornaci con produzione di Dressel 2/4 sono documentate anche sulla costa romagnola, da cui è possibile provenissero gli esemplari rinvenuti nei vari siti dell Oltrepò mantovano. Sulla produzione di 2/4 in ambito romagnolo cfr. da ultimo FARFA- NETI2000, pp Cfr. ad esempio gli esemplari da un pozzo-deposito del modenese: LABATE 1994, p. 96, fig. 61, Tra le iscrizioni anche una in lettere greche e una riportante il chrysmòn: STOPPIONIPICCOLI 1983, p. 132, nn Frammenti di LRA1 con iscrizioni cristiane e sigle dell unità di misura provengono anche dal Palatino: P E N S A B E N E , pp , fig. 30, A. 45 Il rinomato vino di Gaza, noto dalle fonti e considerato provvisto di proprietà medicinali, è citato da Gregorio di Tours anche in riferimento al suo utilizzo nelle cerimonie eucaristiche, probabilmente proprio in virtù della sua provenienza dai luoghi biblici (vd. ARTHUR 1998, p. 162, con bibliografia). 4 6 Frammenti simili ai nostri sono spesso raggruppati nella definizione generica di pareti costolate, generalmente assegnati a produzioni egeo-orientali (oppure nordafricane, ma solo nel caso di impasti di colore rosso più o meno intenso e con ingobbio biancastro): a questo proposito vd. ad esempio B R U N O 1988, pp e BRUNO, BOCCHIO 1991, p Nel nostro caso si ritiene molto probabile, sulla base delle caratteristiche dell impasto e del tipo di superficie, che i frammenti con costolature vadano assimilati al tipo delle anfore di Gaza. 47 Tra gli esemplari più occidentali si annoverano quelli rinvenuti a Milano negli scavi della metropolitana 3 (BRUNO, BOC- C H I O 1991, pp ); rinvenimenti si registrano anche a Brescia e nel territorio, tra cui uno, integro, a Desenzano (BRUNO1988, p. 80, con bibliografia sulla diffusione del tipo in area bresciana).

6 62 SAN LORENZO DI QUINGENTOLE (MN) Gaza percorrevano la via adriatica per raggiungere le coste italiche, e sono quindi ben attestate in area emiliano/romagnola, in particolare nel porto di Ravenna, dove, oltre all importazione, se ne è supposta anche una produzione in loco 48. Frammenti incerti. Un secondo gruppo di anfore riconducibili ad ambito orientale, costituito da cinque frammenti (cfr. 242/23, 236/3, 215/33), è caratterizzato da un argilla arancio vivo, di consistenza granulosa e ricca di sabbia, con abbondanti inclusi di colore bianco e di piccole dimensioni; su quattro di questi esemplari si evidenzia la presenza di linee dipinte di colore biancastro, verticali, orizzontali o con andamento a spirale, mentre su tre frammenti si riscontrano fasci di scanalature. In assenza di elementi come orli ed anse resta incerta la tipologia alla quale vanno assegnate, ma l insieme delle caratteristiche descritte si osserva su un gruppo di anfore rinvenute nel porto di Classe (Ravenna), denominate a borsa per il caratteristico largo corpo cilindrico, prodotte in Palestina dal II secolo a.c. ed esportate nel Mediterraneo fin oltre l età bizantina 4 9. Le anfore del porto di Ravenna sembrerebbero assimilabili a dei frammenti rinvenuti a Milano, attribuiti alla forma Late Roman 5 e attestati in contesti di VI sec. d.c PIETRA OLLARE Sono presenti in totale 16 frammenti in pietra ollare, difficilmente databili in base ai contesti, perché quasi tutti provenienti da US non significative (Tav. VII). Tra i frammenti rinvenuti sono individuabili solamente tre forme, pertinenti a recipienti da fuoco, come mostrano anche le vistose tracce di annerimento. Ad un analisi macroscopica non sono individuabili considerevoli differenze nel tipo di materiale utilizzato, che è perlopiù di colore grigio o grigioazzurro 51. Tegami molto simili a quello da US 200, con fondo piano apodo e solcature interne molto evidenti, sono attestati a Pegognaga e datati ad età tardoantica 52. VETRI La difficoltà di delineare un panorama della produzione vitrea presente a S. Lorenzo è strettamente legata all estrema frammentarietà dei pezzi rinvenuti, per molti dei quali si può solo ipotizzare un appartenenza di massima alle diverse produzioni, quella romana, quella tardoantica e quella altomedievale, tutte presenti nel sito (Tav. VII). Produzioni di età imperiale. I più antichi frammenti di vasellame vitreo sono alcuni esemplari pertinenti alla coppetta Isings 46A (frr. 256/38 e 200/2) e un solo fr. di bastoncino Isings 79 (211/7), quest ultimo molto comune nei contesti di età romana, soprattutto funerari, la prima forma databile tra la metà del I egli inizi del II 5 3, la seconda a tutto il I-II secolo d.c. 54. Più tardi, e pertinenti alla produzione medioimperiale, sono due frr. di Isings 85 (256/37 e 211/8), forma-guida del periodo compreso tra la metà del II e il III secolo d.c. 55 e già nota nell Oltrepò mantovano dai rinvenimenti di Pegognaga 56 e Quistello 57. In generale le produzioni datate tra I e III secolo sono contraddistinte, dal punto di vista tecnologico, da caratteristiche omogenee quali il corpo vitreo abbastanza compatto e privo di bolle, di colore azzurro molto chiaro, oppure verdeazzurro, talvolta quasi trasparente, con orlo sempre rifinito al fuoco. Produzioni di età tardoantica. Una cesura molto netta si avverte, sia nelle forme che nelle caratteristiche tecniche, nel periodo compreso tra la metà del IV e tutto il V secolo, in cui si nota uno scadimento tecnico della produzione vitrea che aveva caratterizzato tutto il periodo imperiale. I frammenti rinvenuti a Quingentole si distinguono perlopiù dal vetro verde o giallastro con bolle e filamenti, dagli orli semplicemente tagliati e non rifiniti al fuoco, dall ispessimento delle pareti, dalla presenza di motivi decorativi applicati di fattura piuttosto grossolana. Risponde a queste caratteristiche soprattutto una serie di frammenti pertinenti alle forme della coppa Isings 96 o del bicchiere 106c (la sola presenza dell orlo e delle pareti non permette di attribuire i frammenti all una o all altra forma), un tipo molto corrente tra IV e V secolo, originato nella zona renana nel corso della seconda metà del III e dal secolo successivo diffuso anche in ambito italico, dove sono stati individuati centri di produzione. Gli esemplari di Quingentole (frr. 242/24 e 268/2), con la tipica decorazione applicata a bolli di colore blu ( nuppengläser ), trovano confronto con frammenti rin- 48 STOPPIONI PICCOLI1983, p STOPPIONI PICCOLI1983, pp BRUNO, BOCCHIO1991, p In assenza di analisi petrografiche si possono solo proporre generici accostamenti con gruppi individuati in altri siti, come quello recentemente pubblicato di S. Giulia a Brescia, dove sono stati enucleati sei tipi (cfr. A L B E R T I 1999, p. 262): il fr. da US 101, e forse anche quello da US 227, potrebbero essere riferiti al gruppo E di S. Giulia ( colore tendente all azzurro chiaro omogeneo, a tessitura compatta e grana fine. Provenienza: Valli del Ticino e del Toce ), mentre ad un diverso tipo sembra appartenere il fr. da US 200, di colore grigio più scuro e di grana più grossolana. 52 TROSO1996, fig. 46, ISINGS 1957, p La funzione più probabile di questi bastoncini, tuttora discussa, è quella di strumenti per mescolare cosmetici e profumi (a proposito vedi M A C C A B R U N I 1983, pp , con bibliografia). 55 ISINGS1957, pp ROFFIA1996, p. 326, fig. 42, BIONDANI 1995, p. 43, tav. X, 22/11 (l autore non attribuisce questo frammento alla forma Isings 85b, ma dal disegno il pezzo parrebbe confrontabile con quello di S. Lorenzo).

7 Daniela Castagna e Cecilia Scalari 63 venuti nella Bassa Modenese 5 8 e giudicati pertinenti ad una produzione individuata a Sevegliano nell agro di Aquileia 59. La diffusione del tipo è già nota in varie località dell Oltrepò mantovano, come Pegognaga 60, Quistello 61 e Ostiglia 62. Alla produzione che ha il suo inizio alla fine del IV sono da riferire anche dei frammenti pertinenti a due lucerne di forma Isings (frr. 200/4 e 268/3), prodotte originariamente nel Vicino Oriente e poi diffuse anche nella penisola italica: la forma è quella di una tazzina con tre anse nastriformi impostate sull orlo, con corpo troncoconico e fondo lievemente concavo 64. Produzioni altomedievali. Il passaggio alle produzioni altomedievali, qui esemplificato da un solo fr. di bicchiere a calice (forma Isings 111) 65 (226/2), è contraddistinto da un ritorno a particolarità tecniche che avevano qualificato le produzioni imperiali, come gli orli ingrossati e rifiniti al fuoco, la prevalenza della colorazione verdeazzurra o verde molto chiara, la maggiore sottigliezza delle pareti. Frammenti incerti. Si presentano infine in catalogo tre frammenti (Tomba 25/3, 200/3, 280/1) per i quali non si è pervenuti alla definizione precisa di una forma, ma che per le caratteristiche (orlo ripiegato o ingrossato, colorazione azzurra del vetro) si considerano pertinenti a produzioni di età imperiale. attestazioni numismatiche di S. Lorenzo alla luce della circolazione monetale nel Basso Mantovano è dovuta ad una frequenza delle monete numericamente poco consistente e sporadica nella stratigrafia dello scavo (gli esemplari sono perlopiù concentrati nell US 215, che corrisponde alla stratificazione della prima fase cimiteriale, e si tratta dunque di materiale di natura residuale). Ne consegue che il quadro risultante dallo studio di queste monete è molto parziale e non rispecchia quello complessivo del territorio 66. Per quanto riguarda l arco cronologico ricoperto dagli esemplari di Quingentole è da sottolineare che mancano del tutto attestazioni monetali di epoca repubblicana, e che i primi esemplari sono datati al II e al III secolo. La moneta più antica rientra nella serie delle emissioni celebrative, e si tratta di un sesterzio di Antonino per la moglie Faustina, che compare come diva, ed è quindi databile ad un momento successivo alla morte di Faustina, avvenuta nel 141 d.c., mentre a circa un secolo più tardi è da collocare un asse o dupondio di Severo Alessandro 6 7. Le monete di IV secolo sono tutte da attribuire agli imperatori della famiglia di Costantino, tranne un AE3 di Valentiniano II, e ripropongono soggetti molto diffusi come quello della felix temporis reparatio e della gloria exer - citus. MONETE Il nucleo di S. Lorenzo è costituito da 14 monete, tutte di età imperiale, datate ad un arco di tempo compreso tra la metà del II e il V secolo d.c. (Tav. VIII). Gli esemplari sono in genere piuttosto consunti, e solo 8 risultano completamente o parzialmente leggibili. Il metallo usato è quasi esclusivamente il bronzo, mentre è presente un solo esemplare in argento, un antoniniano di Claudio Gotico. La difficoltà di articolare un analisi delle MISCELLANEA Osso. L unico pezzo in osso è un frammento di ago con cruna, di una forma molto generica e diffusa in contesti soprattutto funerari durante tutta l età imperiale. Un dato significativo è la sua provenienza stratigrafica: l ago è stato infatti rinvenuto sulla superficie antropizzata del terreno sterile (US 279) ed è quindi da collegare all attività insediativa più antica del sito. Armilla bronzea. Si conserva integralmente, 58 TARPINI 1997, p TERMINI STORTI 1994, coll e BUORA Una produzione locale di questi vetri è stata individuata anche a Classe (CURINA 1983, pp ). 60 ROFFIA1996, pp , tav. XXXVII, BIONDANI1995, p CALZOLARI 1986, p. 239, scheda ISINGS1957, p Gli esemplari nella zona potrebbero provenire da Classe, dove se ne sono rinvenuti alcuni frammenti (CURINA 1983, p. 167). L unico confronto noto nella zona è un frammento proveniente dai recenti scavi della chiesa di S. Fiorentino a Nuvolato (inedito). Per uno studio esaustivo delle lampade vitree tra l età tardoantica e l altomedioevo si rimanda a UBOLDI1995, con bibliografia, in particolare pp ; la forma si protrarrebbe in Italia fino all VIII secolo. Il rinvenimento di queste lucerne si colloca maggiormente negli scavi di edifici religiosi; stando anche alle fonti iconografiche e letterarie l uso delle lampade in vetro si afferma soprattutto in ambito cristiano, anche in virtù dei riferimenti simbolici al concetto della luce, che veniva ovviamente esaltata dall utilizzo del vetro piuttosto che dalle più diffuse lucerne in terracotta (cfr. sempre UBOLDI1995, p. 94). 6 5 La comparsa del bicchiere a calice viene considerata una delle principali discriminanti della svolta del produzione vitrea verso l altomedioevo (a proposito cfr. UBOLDI 1999, p , dove se ne ipotizza una sopravvivenza fino al IX-X secolo; il fr. di tav. CXXVII, 6 si confronta con l esemplare di S. Lorenzo). Sulla produzione vetraria nel medioevo vd. in generale STIAFFINI Un quadro più significativo della circolazione monetale nel territorio mantovano è stato tratto dall analisi del materiale numismatico del vicino sito di S. Lorenzo di Pegognaga (cfr. GIOVETTI 1996). 67 La presenza di moneta divisionale di vario modulo è il segno di una maggiore capillarità dell insediamento nei primi due secoli dell impero, situazione meglio testimoniata dalla monetazione del vicus di S. Lorenzo di Pegognaga(GIOVETTI1996, pp ; vd. anche ERCOLANI COCCHI 1988, p. 268).

8 64 SAN LORENZO DI QUINGENTOLE (MN) anche se leggermente deformato, un bracciale in bronzo che rientra nella categoria delle armille a testa di serpente 68, con estremità aperte e verga a sezione nastriforme, diffuse nell Italia settentrionale tra IV e V secolo d.c., in modo particolare in contesti funerari 6 9. Il pezzo di S. Lorenzo, che al momento è un unicum nella zona dell Oltrepò mantovano, rientra nella variante con estremità stilizzate, prive di motivo decorativo. 68 In genere sulle armille a testa di serpente cfr. DE MARCHI, FORTUNATI ZUCCALA1992. Oggetto ornamentale. Si tratta di un pendente in bronzo con sottile sostegno bronzeo e terminante all estremità in un foro passante impostato al di sopra di un vago in ambra, per il quale non si sono trovati confronti significativi ma che potrebbe in via ipotetica rientrare nella categoria degli amuleti. Il pezzo proviene dalla prima fase del periodo tardoantico ed è associato a materiali datati tra il V e gli inizi del VII secolo d.c. (Cecilia Scalari) 69 Cfr. ad esempio NOBILE 1992, pp ; MASSA 1996, p. 77, fig. 12. LA CERAMICA AD IMPASTO Sono stati considerati in questa classe i frammenti ceramici ad impasto arricchito di degrassante e privi di rivestimento, che come è noto, per le proprietà di resistenza alle temperature ed agli urti, erano comunemente destinati all utilizzo in cucina, sia per la cottura dei cibi che per la loro preparazione o conservazione. Lo studio si è basato su un campione di circa 150 frammenti ritenuti significativi per l individuazione di forme specifiche: il materiale infatti si presenta estremamente frammentato, sia per le modalità di formazione della stratificazione di appartenenza (riporti, livelli rimaneggiati, sepolture), sia per il compattamento della sequenza stratigrafica, che spesso ha comportato l intacco degli strati sottostanti. Risulta pertanto frequente il rinvenimento di materiali delle fasi più antiche anche negli strati più recenti, in alcuni casi anche con l assemblaggio di frammenti di uno stesso recipiente. Il materiale enucleato risulta appartenere a poche forme, che tuttavia presentano numerose varianti, determinate sostanzialmente dalla forma di orlo e labbro: i tipi morfologici individuati sono comuni ad altri siti già noti, ma per una esposizione ordinata è sembrato opportuno proporre una suddivisione tipologica, che tuttavia raramente riesce a determinare l intera forma del recipiente. Le forme individuate sono olle, ciotole coperchio, bacili, tegami, pentole e coperchi. La determinazione degli impasti si è potuta unicamente basare su un esame autoptico e macroscopico di frattura e superficie dei reperti. OLLE Tipo 1: olle ad orlo inflesso modanato Orlo obliquo inflesso, con spalla arrotondata; nessun esemplare è interamente ricostruibile, ma la forma del corpo sembra essere piuttosto espansa e schiacciata; i fondi attribuiti a questo gruppo risultano piani; in base al tipo di labbro sono state distinte delle varianti: Tipo 1: labbro leggermente assottigliato con scanalatura semplice o doppia poco sotto l orlo; presenti due esemplari (236/1, 256/23), con diametri compresi tra 15 e 18 cm, Tipo 1A: labbro appiattito; la gola, più marcata, è sempre segnata da doppia scanalatura; sono presenti decorazioni sulla spalla, con tacche impresse o fasci di linee incise. Attestato da cinque esemplari (256/24, 256/25, 254/1, 254/2 e 256/26), con diametri compresi tra 14 e 16 cm. Tipo 1B: a labbro bifido ingrossato esternamente: un solo esemplare (255/11; diametro 14 cm) Tutte le olle di questo tipo risultano realizzate con impasto 1, con fattura a tornio; la rifinitura non è particolarmente accurata per l utilizzo di un impasto molto ricco di inclusi anche grossolani di forma per lo più lamellare, spesso affioranti in superficie; la cottura è avvenuta in atmosfera irregolare, per lo più riducente, con esiti di colore tra il bruno rossiccio (un solo framm.) ed il bruno grigio scuro o grigio nerastro. Il tipo trova confronti in un areale piuttosto ampio, che comprende buona parte dell Italia settentrionale; si tratta infatti di produzioni alquanto standardizzate, come testimoniano le costanti di impasto, forma e repertorio decorativo, legate alla conservazione dei cibi o alla cottura su fuoco, probabilmente prodotte in serie da officine specializzate e destinate a mercati piuttosto ampi. La loro datazione viene generalmente collocata tra I e III/IV sec. d.c., con maggiori attestazioni nei due secoli centrali (MM3, p.192): nei territori limitrofi è piuttosto comune la loro presenza in associazione con materiali tardoantichi 1. A Quingentole compaiono in modo massiccio 1 Si vedano ad es. i casi di Sermide (CERIANI, TAMASSIA 1996, pp.63-69) e Calvatone (MEDICI 1997, pp. 121); dagli studi condotti negli anni sulle ceramiche da Calvatone ricaviamo inoltre una probabile provenienza di tali materiali dall appennino ligure-piemontese (DELLA PORTA, SFREDDA 1996, p. 155).

9 Daniela Castagna e Cecilia Scalari 65 nell ultima fase del Periodo romano, che per sequenza stratigrafica e contesti di rinvenimento risulta databile tra III e IV sec. d.c. Insieme a queste olle vano considerati, per l utilizzo dello stesso impasto, alcuni altri frammenti, pertinenti ad un grande contenitore (vedi infra, T. 35/3), a due coperchi, uno troncoconico a labbro indistinto (256/31), l altro con corpo a calotta ed orlo arrotondato marcato all esterno da una scanalatura (T. 34/1), che richiama un tipo di scodella con scanalatura all orlo molto diffuso nel modenese: il nostro fr. mostra delle deboli tracce di annerimento all orlo che fanno piuttosto ipotizzare una funzione come coperchio 2. Infine va considerato un frammento di fondo piano (T. 59/1) pertinente ad una forma aperta di discrete dimensioni che sulla base d appoggio, scabra, conserva parzialmente un segno a rilievo (rettilineo con ripiegatura ad uncino) che non sembra casuale e potrebbe tentativamente essere interpretato come marchio, eseguito in fase di lavorazione del vaso: sebbene negli ultimi anni siano emersi numerosi gruppi di ceramiche con marchio, resta ignota l attestazione su questo tipo di ceramiche, per altro così diffuse 3. Tipo 2: olle ad orlo estroflesso, con gola marcata Orlo estroflesso, con labbro piatto obliquo, ingrossato esternamente a formare un listello a sezione triangolare; la gola è piuttosto sviluppata e marcata da una scanalatura all attacco con la spalla. Un solo esemplare (256/27) da considerarsi residuale in contesti di III-IV sec. d.c., realizzato a tornio veloce e decorato sulla spalla da solcature lineari disposte obliquamente. Si confronta con materiali rinvenuti nel modenese (LABATE 1988, RT I Ch, fig. 36, h) datati alla prima metà del I sec. d.c; il tipo è inoltre attestato a Luni (Luni I, tav. 75,11) tra I a.c.-i d.c. Tipo 3: olle con orlo a fascia Orlo leggermente estroflesso, ingrossato esternamente a formare una fascia aggettante; il labbro può essere semplice, con incavo interno per l appoggio del coperchio, o appuntito, il collo è concavo; nessun esemplare interamente ricostruibile; in base ai confronti il corpo è generalmente ovoide ed il fondo piano. Due esemplari sono realizzati con impasto 4 (255/12, 255/13), ed uno con impasto 7 (276/2), a tornio, con superfici lisciate. Morfologicamente sono riconducibili a tipi prodotti tra l età tardorepubblicana e l età claudia con impasti ricchi di quarzo, duri e con superfici scabre al tatto, che vengono definiti refrattari: sono recipienti da cucina comuni e diffusi in un areale molto ampio 4 : a questa produzione può essere attribuito il fr.276/2, che effettivamente presenta un impasto molto duro e dalle superfici ruvide. Olle morfologicamente affini alle precedenti vengono prodotte ancora tra III e V secolo, ma con impasti più friabili ad inclusi medio grossi: il loro utilizzo è documentato ancora nel VI secolo 5 : a questa produzione tarda sembrano avvicinabili, per il tipo di impasto, i due esemplari provenienti dall ultima fase del Periodo romano (255/12 e 255/13). Tipo 4: olle a breve orlo estroflesso In base alla morfologia dell orlo sono stati distinti i seguenti sottotipi: Tipo 4A: ingrossato e appuntito esternamente, con labbro piatto obliquo; il profilo interno è continuo. Quattro esemplari, dei quali due (232/1, t. 25/1) realizzati con impasto 5 e con superfici levigate, due con impasto 7 (211/1, 214/3), con superficie esterna e labbro lucidati a stecca. I diametri sono contenuti e non superano i 15 cm, con un caso di soli 6 cm. Tipo 4B: appuntito sia esternamente che internamente, per la presenza di un incavo più o meno marcato per l alloggio del coperchio; il labbro è sempre piatto, obliquo. Documentato da sei esemplari, dei quali quattro (227/2, 243/2, 242/7, t. 22/2), sono realizzati con impasto 5, a corpo ovoidale più o meno espanso, con superfici ben lisciate;. Altri due esemplari sono realizzati con impasto 6 (221/1) e 2, entrambi adatti ad uso su fuoco, e presentano orlo e superficie esterna lucidati a stecca, mentre l interno è levigato; i diametri all orlo sono compresi tra 15 e 19 cm. Tipo 4C: ingrossato internamente ed esternamente, con incavo d alloggio per il coperchio e con labbro arrotondato 2 Per le produzioni ceramiche con questo tipo di impasto si veda GIORDANI, CORTI 1997, pp ; le autrici riconoscono unitarietà produttiva per olle, coperchi e ciotole e ne evidenziano la provenienza allogena sulla base degli inclusi non appartenenti al bacino litologico della pianura modenese. 3 Ceramiche grezze con marchio a rilievo sono state rinvenute in Friuli (epoca tardoantica, altomedievale e bassomedievale; cfr. NEGRI 1994, pp ), in Veneto ad Eraclea ed Oderzo (epoca altomedievale; SPAGNOL 1996, pp , TAV. V, 62, 63; CASTAGNA, SPAGNOL 1996, p.91, tav.iv, 63); altri rinvenimenti opitergini sono probabile indizio di una tradizione che risale alla tarda età del ferro, con materiali databili alla prima romanizzazione (cfr. ad es. CALLEGHER 1987, tav. VI; XXIV, 7; XXX, 1, 3, 6); per un inquadramento generale del problema ed una panoramica su alcune attestazioni in ambito europeo si veda LUSUARDI SIENA 1996, pp Si veda ad esempio la frequenza di attestazioni nella sola Lombardia in Ceramiche in Lombardia, Olla tipo N 42A, p. 147, tav. LIV,1 5 Per un inquadramento della forma e della sua attestazione in Lombardia si veda Ceramiche in Lombardia, Olla tipo 72D, pp , tav. LXX, 1, con ampia bibliografia ed una datazione tra III e VI sec.; ancora MM3, tipo 21, pp. 220, tav. C,16, databile a fine V-VI secolo; una simile collocazione cronologica viene confermata anche da materiali di Castelseprio.

10 66 SAN LORENZO DI QUINGENTOLE (MN) Due esemplari (214/4, t. 24/1) realizzati con impasto 5, con diametri tra 16 e 17 cm; le superfici sono lisciate. Tipo 4D: orlo ripiegato, leggermente pendulo, a profilo superiore appuntito Due esemplari in impasto 5, a superficie lisciata, (242/8, 214/5) con diametri di 12 e 15 cm; Tipo 4E: orlo ripiegato, leggermente pendulo, a profilo superiore arrotondato Due esemplari in impasto 5 (214/6, t. 58/2, diam. 17 e 8 cm), a superficie lisciata. Le olle a breve orlo estroflesso sono le più attestate nella fase tardoantica (UUSS 242/243) ed evidenziano una produzione ben definita: sono realizzate con fattura a tornio, presentano generalmente forma del corpo ovoide ed una rifinitura delle superfici diversificata a seconda degli impasti utilizzati, ossia la lucidatura delle superfici esterne per gli impasti più adatti all utilizzo su fuoco (2, 6 e 7), e la semplice levigatura per quelli realizzati con impasto 5, probabilmente impiegato per recipienti atti alla conservazione dei cibi o al servizio da mensa. Dal panorama dei confronti risulta che la forma nel suo complesso si afferma consistentemente a partire dall età tardoantica e perdura fino agli inizi del VII secolo, con particolare ricorrenza nei territori limitrofi: stringenti analogie morfologiche ed anche tecnologiche sono riscontrabili ad esempio con gli esemplari di Calvatone 6, dove sono attestate le varianti a, b e c, e nel mantovano con Sermide e Quistello 7. Il tipo 4D ha buoni riscontri con olle rinvenute a Quistello (BIONDANI 1995, Gruppo 11) e nel territorio Cervese (GELICHI 1996, fig. 38, 17 e 18) Dall areale di diffusione individuato sembra distaccarsi il tipo 4E, che non ricorre nei contesti citati e trova invece analogie morfologiche in materiali rinvenuti a Monte Barro datati tra fine V-inizi VI sec.d.c. 8. Tipo 5: olle con orlo a tesa Olle con orlo ripiegato orizzontalmente a formare una piccola tesa, con labbro obliquo appiattito; sulla tesa è presente l incavo di alloggio per il coperchio; il corpo sembra essere ovoide. Due esemplari (217/1, 242/9) sono realizzati con impasto 4, uno in impasto 6 (240/1); le superfici esterne sono levigate, gli orli lucidati a stecca; un esemplare reca tracce di annerimento da fuoco. I diametri all orlo sono compresi tra 15 e 19 cm. A Quingentole è documentato dalla fase abitativa tardoantica (US 240). La forma è ben attestata in Lombardia: a Milano olle simili sono presenti in contesti di metà/fine VI- inizi VII sec. (MM3, Tipo 18, p. 219, tav. C, 9); a Brescia sono documentati sia esemplari utilizzati su fuoco che altri, dallo spessore più esiguo delle pareti, più adatti alla conservazione delle derrate (MASSA, PORTULANO 1999, Tipo tav. LXXIX, 2-3), con datazioni di metà VI- VII secolo; confronti con aree limitrofe sono a Quistello (BIONDANI 1995, Gruppo 16) con arco cronologico di V-VII secolo. Il tipo richiama per altro morfologie comuni delle produzioni invetriate, che consentono una più puntuale datazione tra metà V e VI secolo d.c. 9. Tipo 6: olle con orlo estroflesso semplice Due esemplari realizzati con impasto 7 (215/11, 243/3) con diametri di 15 e 16 cm; realizzati a tornio, con buona rifinitura delle superfici. Tipo 6A: orlo estroflesso allungato Un esemplare (impasto 7, 256/28), con diam. di 17cm, con tracce di uso su fuoco. Questo tipo di olla è molto comune già dall età romana e per la continuità di produzione risulta di incerta collocazione cronologica: nel nostro caso il tipo di impasto utilizzato ed il contesto di rinvenimento portano ad una datazione compresa tra fine IV-inizi VII secolo d.c. Tipo 7: olle con orlo estroflesso a labbro appiattito obliquo; corpo ovoide. Un solo esemplare da un focolare terragno (US 118/1), intaccato dalle trincee di fondazione della chiesa biabsidata; l esemplare risulta isolato non solo per la forma ma anche per il tipo d impasto (piuttosto friabile e con numerosi inclusi calcarei arrotondati); formalmente trova confronti nelle olle tipo Classe, spesso decorate da motivi ad onda posti sulla spalla, datate come noto ai secoli VI- VII 10 ; a queste possiamo aggiungere reperti rinvenuti a Quistello 11, a Gorzano e Villa Clelia 12, 6 DELLA PORTA, SFREDDA 1997, tav. III, 1-4; MEDICI 1997, p. 123, tav. XIX, 8; da notare tuttavia che le autrici ritengono questi orli pertinenti ad olle con corpo biconico che invece non pare riscontrabile in tutti i nostri esemplari. 7 per Sermide cfr. CERIANI, TAMASSIA 1996, tav. I,14 (var. a), tav. III, 34 (var. d); per Quistello cfr. BIONDANI 1995, tav. XII, 40/9; XVII, 18/68-18/79. 8 NOBILE 1991, Tipo III, variante C, tav. XXXIX, Si vedano ad esempio le attestazioni di Brescia S.Giulia (PORTULANO 1999, tipo VIb1) in contesti che vanno dalla metà del V fino a metà VI-inizi VII sec. e di Via A. Mario (BRO- GIOLO 1988, forma 5e, pp , tav. XV, 1, datate al pieno VI secolo), di Milano (LUSUARDI SIENA, SANNAZARO 1991, p. 119, tav. XLV, f. 21, in contesti di V-VI sec.) 1 0 GELICHI 1983, pp ; BROGIOLO, GELICHI 1986, p.295, tav. II; ancora GELICHI 1994, p. 90, dove si precisa una datazione tra VI e VII secolo. 11 BIONDANI 1995, Gruppo 6; si veda ad es. tav. IX, 22/2, tav. XX, 50/3, tav. XXV, 24/41: la datazione proposta per il complesso dei materiali sembra compresa entro il V secolo. 12 Per Gorzano cfr. GELICHI 1994, pp.88-95, Fig. 57 e 105,1, materiali dal Pozzo VI, datato alla prima metà del VII secolo; per Villa Clelia cfr. CURINA et alii 1990, pp , in contesti tardoantichi-altomedievali.

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