Mezzi di collegamento nelle strutture in acciaio e tipologie nodali. Cenni teorici ed applicazioni.

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1 Dipartimento di Costruzioni e Trasporti Corso di Tecnica delle Costruzioni Prof. Renato Vitaliani Dispensa Mezzi di collegamento nelle strutture in acciaio e tipologie nodali. Cenni teorici ed applicazioni. a cura di: ing. Roberto Scotta <scotta@dic.unipd.it> Matteo Vescovi <mfv@altervista.org> Versione 0.98, 5 dicembre 2008

2 ii Copyright c Roberto Scotta e tutti i collaboratori alla presente Dispensa. Tutti i diritti riservati. Questa Dispensa è stata preparata ed impaginata in L A TEX 2ε da Matteo Vescovi. Per segnalare eventuali imprecisioni od errori di battitura, siete pregati di contattarlo scrivendo all indirizzo in copertina. Copia della presente Dispensa può essere scaricata in formato PDF all indirizzo internet Quest opera è soggetta alla Creative Commons Public License versione 3.0 o posteriore. L enunciato integrale della Licenza in versione 3.0 è reperibile all indirizzo internet Si è liberi di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare quest opera alle seguenti condizioni: Attribuzione Bisogna attribuire la paternità dell opera nei modi indicati dall autore o da colui al quale è stata data quest opera in licenza; in questo caso si tratta di Roberto Scotta. Non commerciale Non si può usare quest opera per fini commerciali. Non opere derivate Non si può alterare o trasformare quest opera, né usarla per crearne un altra. Ogni volta che si usa o si distribuisce quest opera, lo si deve fare secondo i termini di questa licenza, che va comunicata con chiarezza. In ogni caso si possono concordare con il titolare dei diritti d autore (Roberto Scotta, in questo caso) utilizzi di quest opera non consentiti da questa licenza. Questa licenza lascia impregiudicati i diritti morali.

3 Indice 1 Cenni teorici Saldature Bullonature Verifica delle bullonature normali Verifica delle bullonature ad attrito Ripartizione dello sforzo fra i bulloni Alcune considerazioni Effetti parassiti A Prospetti da Normativa CNR 10011/97 25 Bibliografia 29

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5 Elenco delle figure 1.1 Tipologie di saldatura (a) A testa a testa (b) A croce (c) A T Tensioni sui cordoni di saldatura (a) A T (b) A testa a testa Flusso delle tensioni Sezioni di gola e piani d unione Sfera mozza Tipologie di rottura delle unioni bullonate (a) Caso (b) Caso (c) Caso (d) Caso Distribuzione della pressione di rifollamento Distribuzioni reale e media delle tensioni Detrazioni alle sollecitazioni Momento torcente Tipologia di nodo trave-colonna di continuità Esempio di rinforzo d anima Tipologie di unioni Categorie di rigidezza delle unioni Giunzione flangiata Deformata del giunto Diagramma di flessione della flangia Rottura della flangia Rottura dei bulloni e snervamento della flangia Tipologie di giunzioni flangiate sollecitate (a) Giunzione flangiata sottoposta a flessione (b) Giunzione angolare sollecitata Precompressione della flangia Diagramma degli sforzi assiali

6 vi ELENCO DELLE FIGURE 1.23 Diagramma rigidezze-sforzi assiali Diagramma delle modalità di rottura A.1 Schema grafico (riferito alla Tab. A.6)

7 Elenco delle tabelle A.1 Prospetto 2-III A.2 Prospetto 4-IIIa A.3 Prospetto 4-IIIb A.4 Prospetto 4-IV A.5 Prospetto 4-VI A.6 Criteri dimensionali nel posizionamento dei fori

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9 Capitolo 1 Cenni teorici sui collegamenti nelle strutture in acciaio Si dividono nelle tre categorie principali: - chiodature; - saldature; - bullonature. Tralasciando la discussione delle chiodature, le quali sono ormai in disuso trovando applicazione solamente nella manutenzione e ristrutturazione delle strutture esistenti, esaminiamo più in dettaglio le altre due categorie. Un interessante raccolta di lezioni teoriche ed esercitazioni numeriche basate sull EC3 in merito alle diverse tipologie di giunzione si trova all indirizzo web:

10 2 Cenni teorici 1.1 Saldature Una prima classificazione si ha in base al procedimento di saldatura. Attualmente le più usate sono: 1. saldatura normale ad arco con elettrodi rivestiti; 2. saldatura automatica ad arco sommerso; 3. saldatura automatica o semi-automatica sotto gas di protezione. Esistono poi altre metodologie di saldatura per acciai speciali od unioni particolari. Altra classificazione è fatta in base alla posizione della saldatura rispetto all operatore ed alla locazione: - in piano; - in verticale; - sopra testa (le più difficili da eseguire); - ecc. Dal punto di vista della verifica strutturale, la classificazione delle saldature è la seguente: a) giunti testa a testa (Fig. 1.1a); b) giunti a croce od a T a completa penetrazione (Figg. 1.1b e 1.1c); c) giunti con cordoni d angolo. (a) A testa a testa (b) A croce (c) A T Figura 1.1: Tipologie di saldatura I tipi a) ed b) hanno la caratteristica di ripristinare l intera sezione dei pezzi collegati. I lembi dei pezzi possono essere non preparati (per piccoli

11 1.1 Saldature 3 spessori e posizioni facilmente accessibili) oppure possono presentare delle preparazioni a V, K, Y, X, ecc., che facilitano la loro esecuzione e ne assicurano l efficacia. Le saldature devono essere eseguite per passate successive e per tratti in modo da ridurre le autotensioni interne e le difettosità che derivano dal rapido riscaldamento e raffreddamento dei pezzi. Devono presentare superficie liscia ed omogenea e non devono aversi spigolosità, intagli e cambi bruschi di spessore nei pezzi uniti che, specie nei giunti sollecitati a fatica con inversione del segno delle tensioni, costituiscono punto di innesco di rotture spesso fragili. Le classi a) e b) possono essere di prima o seconda categoria. Per quelle di prima categoria è richiesto un procedimento di controllo più accurato ed una migliore esecuzione con materiali anche più specifici e costosi al fine di assicurare una difettosità minore e quindi una maggior affidabilità rispetto a quelle di seconda categoria. Esistono specifici patentini di saldatore, rilasciati dall Istituto Italiano di Saldatura, che abilitano ogni operatore ad eseguire specifiche tipologie e classi di saldatura, per cui esistono operatori di prima e seconda classe. Infatti il primo e principale controllo delle saldature consiste appunto nel verificare l abilitazione degli operatori. La difficoltà di eseguire saldature in opera, la carenza di personale qualificato e la difficoltà di eseguire controlli delle saldature in opera relega le saldature di prima categoria ad operazioni da eseguirsi in officina e solo per pezzi particolarmente importanti. Poiché le saldature testa a testa e quelle a completa penetrazione ripristinano la continuità degli elementi collegati, la loro verifica di resistenza si esegue allo stesso modo con il quale si verificano localmente le sezioni collegate. Quindi, calcolate con i metodi della Scienza delle Costruzioni, le tensioni sui cordoni di saldatura si classificano nel seguente modo: (a) A T (b) A testa a testa Figura 1.2: Tensioni sui cordoni di saldatura se ne calcola il valore scalare ideale corrispondente al criterio di Von Mises:

12 4 Cenni teorici σ id = e lo si confronta con il valore superiore: - alle T.A. σ 2 + σ2 σ σ + 3τ 2 (1.1) σ id { 0, 85 σs per saldature di 2 a classe σ s per saldature di 1 a classe - agli S.L.U. σ id { 0, 85 fd per saldature di 2 a classe per saldature di 1 a classe f d Si vede pertanto come le saldature di prima classe ripristinino integralmente l efficienza dei pezzi che uniscono e non necessitino quindi di verifiche di resistenza particolari. Si ricorda però che comunque le saldature costituiscono il punto debole della struttura in quanto più sensibili alla corrosione, perché costituiscono innesco di rotture fragili per difetti interni e soprattutto perché il processo di tempra che si accompagna alla saldatura, se non seguito da un costoso e difficoltoso processo di bonifica, riduce la duttilità del materiale e quindi della struttura. Diverse per tipologie di unione e quindi per modalità di verifica sono le saldature a cordone d angolo. Essenzialmente un cordone d angolo non unisce per fusione i due pezzi collegati ma costituisce un collegamento fra di essi di modo che il flusso di tensioni passi da un pezzo all altro attraverso il cordone di saldatura. In Fig. 1.3 è rappresentata una generica giunzione a T. Figura 1.3: Flusso delle tensioni

13 1.1 Saldature 5 Di regola varrà: t 2 a t. La verifica di resistenza di una saldatura a cordone d angolo consiste pertanto nel verificare che la sezione debole della saldatura, detta sezione di gola, larga a/ 2, sia in grado di trasmettere le tensioni che passano fra i pezzi. È evidente che in prossimità delle saldature non sono applicabili le note formule del De Saint Venant (valide solo per solidi prismatici e lontano dalle teste ove sono applicate le azioni) per il calcolo delle tensioni. È importante pertanto premettere che i metodi utilizzati per la verifica delle saldature (variabili fra l altro da codice a codice) sono puramente convenzionali e hanno lo scopo di accordare risultati sperimentali e calcoli di verifica, cercando di mantenere questi ultimi sufficientemente semplici, garantendo nel contempo una adeguata sicurezza. Il metodo seguito dalla normativa italiana consiste nel ribaltare la sezione di gola su uno dei due piani dei pezzi uniti (Fig. 1.4). Figura 1.4: Sezioni di gola e piani d unione Rispetto al piano ribaltato della sezione di gola, lo stato di tensione si scompone nelle tre componenti indicate in figura: τ tensioni nel piano al cordone τ tensioni nel piano ortogonale al cordone tensioni di distacco ortogonali al piano di gola σ Calcolate le tensioni con metodi di equilibrio e l applicazione delle formule di D.S.V. (anche se non propriamente applicabili), il criterio di resistenza delle saldature adottato è quello denominato della sfera mozza (Fig. 1.5) che si traduce nelle seguenti limitazioni nel metodo alle T.A. 1 : τ 2 + σ2 + τ 2 { 0, 85 σs per acciaio Fe 360 τ + σ 0, 70 σ s per acciaio Fe 430 e Fe 510 { σs per acciaio Fe 360 0, 85 σ s per acciaio Fe 430 e Fe Nel metodo agli S.L.U. basta sostituire f d a σ s.

14 6 Cenni teorici Figura 1.5: Sfera mozza Si noti come cambiando il verso di ribaltamento della sezione di gola si permutano le σ con le τ. Infatti anche nelle formule di verifica tali simboli sono permutabili.

15 1.2 Bullonature Bullonature Nelle bullonature l assemblaggio dei pezzi si realizza facendo passare attraverso dei fori praticati nei pezzi delle viti filettate ed accoppiandole con dei dadi che vengono avvitati e stretti fino a serrare fra loro i pezzi. I diametri delle viti previsti dalla normativa italiana per carpenteria metallica sono i seguenti: d = 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24, 27, 30 mm e vanno inseriti entro fori il cui diametro φ è normalmente aumentato di 1,0 mm rispetto a d per d 24 mm e di 1,5 mm per d > 24 mm. Solo in accoppiamenti di precisione (non ad attrito) per i quali non si vuole lasciare grande possibilità di movimento fra i pezzi tali limiti scendono rispettivamente a 0,3 e 0,5 mm. Esistono comunque diametri sia inferiori che superiori. Le classi di viti e relativi dadi previsti dalla UNI 3740 sono elencate nelle tabelle in Appendice (Tabb. A.1, A.2, A.3 e A.4), tratte da [1], insieme alle relative resistenze, coppie di serraggio T s consigliate e relativi sforzi assiali di pretensione N s. Nella classificazione delle viti, il primo numero indica la resistenza a trazione a rottura f t, il prodotto fra il primo ed il secondo numero fornisce il valore della tensione di snervamento f y. Ad esempio, per i bulloni 10.9: 10 f t = 1000 MPa ; 10 9 = 90 f y = 900 MPa È consigliabile in tutte le bullonature, ed obbligatorio in quelle ad attrito (che vedremo in seguito), l uso di rondelle di ripartizione del carico al di sotto della testa della vite e del dado. Oltre che dall area nominale A = π d2 4 ogni diametro è caratterizzato da un area resistente A res, ovvero depurata dalla filettatura, che è quella effettivamente utile nelle verifiche di resistenza a trazione e in quelle di taglio quando la parte filettata del gambo della vite entra all interno dello spessore dei piatti da unire. Si precisa che i valori indicati di A res, di T s e di N s valgono per le filettature a passo grosso normalmente impiegate nelle costruzioni metalliche. La prima principale classificazione suddivide le bullonature in: - bullonature normali; - bullonature ad attrito. Nelle bullonature normali la resistenza è assicurata dall impedimento allo scorrimento delle lamiere che il gambo della vite, impiegata a taglio, garantisce quando all applicazione del carico va a scontrarsi contro le pareti del foro.

16 8 Cenni teorici La rottura dell unione bullonata può quindi avvenire per i seguenti motivi che devono essere tutti controllati: 1. rottura per taglio o trazione del bullone (Fig. 1.6a); 2. rottura per rifollamento della lamiera (Fig. 1.6b); 3. rottura per taglio della lamiera (Fig. 1.6c); 4. rottura per trazione della lamiera (Fig. 1.6d). (a) Caso 1 (b) Caso 2 (c) Caso 3 (d) Caso 4 Figura 1.6: Tipologie di rottura delle unioni bullonate In genere la rottura per taglio della lamiera (caso 3) è evitata se vengono rispettati i seguenti criteri dimensionali nella posizione dei fori previsti dal Regolamento (a riguardo, si veda la Tab. A.6). La limitazione superiore al passo dei fori è determinante per evitare instabilità locali nelle unioni compresse e per assicurare corretta chiusura dei giunti in modo che non insorgano fenomeni corrosivi nascosti. Nelle giunzioni ad attrito invece, che sono realizzabili solamente con bulloni ad alta resistenza 8.8 e 10.9, l impedimento allo scorrimento fra i piatti collegati è assicurato dall attrito che si genera fra di essi per effetto della precompressione esercitata dal bullone. Per questo motivo nelle giunzioni ad attrito bisogna controllare la coppia di serraggio dei dadi. Occorrerà controllare che lo sforzo di taglio agente sul bullone sia inferiore allo sforzo di attrito da esso trasmissibile V f,n. Se lo scorrimento è impedito dall attrito diventano superflue le verifiche a taglio del bullone e quella di rifollamento. Sono possibili soluzioni miste, ovvero bullonature che assicurano resistenza per attrito in condizioni di esercizio, in modo da evitare la deformabilità strutturale conseguente all assestamento delle viti all interno dei fori. In

17 1.2 Bullonature 9 condizioni allo S.L.U. invece la resistenza può essere affidata alle tensioni di taglio sui bulloni Verifica delle bullonature normali Siano V s e N s rispettivamente le sollecitazioni di taglio e normali agenti sul gambo del bullone, calcolate con i metodi che si vedranno in seguito. Allora saranno: la tensione di taglio sul gambo e: τ = V s A oppure τ = V s A res σ = N s A res la tensione assiale sul gambo. La verifica di resistenza di un bullone in una bullonatura normale si esegue con la formula (per le T.A.): oppure (per gli S.L.U.): ( σ σ b ) 2 ( ) τ (1.2) τ b ( σ f d,n ) 2 ( ) τ (1.3) f d,v che nel caso di sollecitazione semplice diventano le ovvie ed usuali: σ σ b ; f d,n e τ τ b ; f d,v Nel caso le tensioni parassite (dovute ad effetti leva od eccentricità) non vengano tenute in conto in maniera esplicita, le tensioni devono essere incrementate del 25%. Si noti che per τ si intende il valore medio del taglio sul gambo e non quello derivante ad esempio dalla formula di Jourawski, τ = V S Jb. Si noti inoltre che in ossequio alle evidenze sperimentali: σ b τ b f d,n f d,v 2 anziché l usuale 3 che vale per i materiali da carpenteria metallica e che deriva dal criterio di Von Mises. Oltre a verificare il gambo del bullone, occorre controllare che la pressione di rifollamento sul contorno del foro (convenzionale) rispetti il limite (Fig. 1.7):

18 10 Cenni teorici Figura 1.7: Distribuzione della pressione di rifollamento σ rif α σ s ; α f d dove α è un coefficiente amplificativo che dipende dalla distanza a 1 dal bordo della lamiera nella direzione di V : { 2, 5 α = min a 1 /d dove d è il diametro del bullone. Occorrerà poi eseguire la verifica delle sezioni unite, depurate dall area dei fori, controllando che la tensione di riferimento verifichi la condizione: σ m = N A res σ s Si fa notare che la distribuzione reale delle tensioni è localmente molto diversa da quella media e che in corrispondenza del bordo dei fori può arrivare a due o tre volte quella media (Fig. 1.8). Figura 1.8: Distribuzioni reale e media delle tensioni

19 1.2 Bullonature 11 Il controllo della σ m ha senso in quanto in condizioni prossime al limite ultimo la plasticizzazione del materiale che inizia al bordo del foro progressivamente riporta l andamento delle tensioni locali al valore medio uniforme Verifica delle bullonature ad attrito Lo sforzo di taglio V s agente su ogni piano di taglio dovrà verificare la seguente disuguaglianza: V s V f,n = µ N ) s (1 NNs (1.4) γ f dove: - µ : coefficiente di attrito che deve prendersi pari a 0,3 per superfici normalmente pulite e 0,45 per superfici trattate con sabbiatura e/o sgrassaggio accurato; - γ f : coefficiente di sicurezza pari ad 1 per S.L.U. e 1,5 per la verifica alle T.A.; - N s : forza di attrito nel gambo delle viti conseguente al serraggio (controllato); - N : eventuale sforzo di trazione trasmesso attraverso la giunzione e competente al bullone (N = N totale /numero di bulloni); N 0, 8 N s. (Nota: N non è lo sforzo di trazione sul bullone. La cosa si spiegherà meglio quando verranno trattate le giunzioni flangiate precompresse). Se è sufficiente che lo slittamento non abbia luogo in condizioni di esercizio il coefficiente γ f può essere assunto pari a 1,25. Come già detto, se la resistenza allo S.L.U. è assegnata all attrito non occorre verificare il rifollamento della lamiera. Inoltre, nella verifica degli elementi collegati può essere detratto il 40% della sollecitazione assegnata al bullone attraversato dalla sezione di verifica (oltre naturalmente al taglio assorbito dai bulloni precedenti). In corrispondenza alle varie sezioni di Fig. 1.9 si avrà: 1. σ = N A 2. σ m = 3. σ m = 4. σ m = N 0,4 N/3 A res 2/3 N 0,4 N/3 A res 0,6 N/3 A res

20 12 Cenni teorici Figura 1.9: Detrazioni alle sollecitazioni Le giunzioni ad attrito assicurano ovviamente una rigidezza maggiore rispetto a quelle normali. Inoltre danno maggiori garanzie di duttilità alla sezione, infatti sono eliminati i picchi di tensione dovuti al rifollamento e già in fase di esercizio tutti i bulloni sono sollecitati allo stesso modo contribuendo così a distribuire in maniera più uniforme lo sforzo sugli elementi collegati. Questo non avviene invece normalmente nelle bullonature normali. L ipotesi infatti che normalmente si fa di equa distribuzione dello sforzo fra i bulloni è valida solamente in condizioni prossime alla rottura, quando la progressiva plasticizzazione dei bordi delle lamiere che per prime vengono a contatto con i gambi dei bulloni consente l arrivo della sollecitazione anche ai bulloni che, per inevitabili tolleranze di montaggio, hanno il gambo inizialmente più lontano dalle pareti del foro. Perché ciò avvenga e siano perciò verificate le ipotesi di calcolo occorre che i bulloni abbiano rigidezza e resistenza maggiore delle lamiere collegate. È buona regola pertanto che il diametro d dei bulloni utilizzati non sia mai inferiore allo spessore delle lamiere unite. Altro effetto favorevole alla duttilità dell unione è l abbassamento dei picchi di tensione al bordo dei fori assicurato dalla precompressione trasversale Ripartizione dello sforzo fra i bulloni Nel ripartire la sollecitazione globale sulla giunzione fra i vari bulloni che la compongono si adotta usualmente l ipotesi di uguale rigidezza dei bulloni di pari diametro. Come detto è questa una ipotesi di calcolo che, anche se non soddisfatta in condizioni di esercizio specie per le bullonature a taglio, descrive sufficientemente bene la situazione in condizioni prossime alla rottura, quando la plasticizzazione delle lamiere collegate effettivamente opera nel senso di ridistribuire in maniera equa lo sforzo sui bulloni. Con questa premessa le formule usualmente utilizzate per ripartire lo sforzo sui bulloni sono le seguenti: - sollecitazione assiale N :

21 1.2 Bullonature 13 N b = N/numero di bulloni (salvo poi tenere conto degli effetti parassiti); - sollecitazione di taglio V : V b = V/num. di sez. di taglio (il numero di sezioni tagliate può coincidere od essere il doppio del numero di bulloni, a seconda della sua geometria); - sollecitazione torcente T (Fig. 1.10): V j b = T d j i d2 i = T d j J p ; Figura 1.10: Momento torcente - sollecitazione flettente M x : N j b = M x J xx y j (con J xx momento di inerzia della sezione bullonata vedere applicazioni) Alcune considerazioni Giunzioni miste Le normative in generale vietano l uso di sistemi di unione misti in uno stesso nodo, ad esempio bullonature abbinate a chiodature o saldature. Questo perché i diversi sistemi di unione sono caratterizzati da rigidezza e capacità di assestamento molto diverse tra loro. Quando l unione viene assoggettata ad una sollecitazione può pertanto accadere che la capacità di

22 14 Cenni teorici assestamento duttile di un tipo di unione, quale ad esempio una saldatura che è tipicamente rigida e fragile, sia esaurito prima che l altro tipo di unione (e.g., una bullonatura normale che invece subisce notevoli assestamenti sotto carico) cominci a collaborare. In tal caso si ha allora che la saldatura sopporta da sola l intera sollecitazione ed arrivi a rottura prima dell attivazione dei bulloni, inficiando di conseguenza l efficacia del collegamento. Giunzioni miste sono ammesse solamente dall EC3 quando la rigidezza dei due tipi di unione sia praticamente infinita per entrambi, ovvero non vi possono essere assestamenti sotto carico: è il caso di unioni miste con saldature e bulloni ad attrito progettate allo S.L.U. Altre verifiche nodali In genere nelle unioni, oltre alle verifiche dei mezzi di collegamento, sono necessarie altre verifiche locali dei pezzi collegati per evitare pericoli di fallimenti per effetti localizzati anticipati rispetto al fallimento dell unione. A titolo di esempio riportiamo il caso del nodo trave-colonna di continuità (Fig. 1.11): Figura 1.11: Tipologia di nodo trave-colonna di continuità Indipendentemente dal tipo di collegamento attuato (saldatura, a flangia di testa, con squadrette, ecc.) che si assume a priori ben dimensionato, nel nodo si possono avere cause di rottura locali, quali: a) eccesso di compressione sull anima della colonna; b) eccesso di trazione sull anima della colonna; c) instabilità dell equilibrio dell anima della colonna in corrispondenza del corrente compresso della trave;

23 1.2 Bullonature 15 d) instabilità dell equilibrio del pannello d anima compreso fra le ali della colonna e l ideale continuazione delle ali della trave (imbozzamento); e) rotture locali dell anima della trave o delle ali della trave indebolite per effetto del collegamento (ad esempio, a causa dei fori). La distribuzione delle tensioni passanti fra trave e colonna è fortemente influenzata dalla rigidezza flessionale delle ali della colonna: maggiore è la rigidezza delle ali, minore è l effetto di concentrazione delle tensioni sull anima della colonna stessa. Il minore dei carichi per i quali avviene una delle rotture da a) ad e) costituisce un limite superiore alla resistenza del nodo. Tale limite può essere anche di molto inferiore alla resistenza offerta dal collegamento ed alla resistenza propria della trave o del pilastro. In tal caso allora si avrebbe una giunzione fra i pezzi ben progettata che non viene però pienamente utilizzata per l anticipata rottura del nodo per effetti locali. Ovvero: tutte le componenti del nodo devono essere progettate in modo armonico, cercando di equilibrare il carico critico corrispondente ad ogni meccanismo di rottura per evitare spreco di materiale ed inutili costi di realizzazione. Per fare questo è spesso necessario introdurre nel tipo di nodo in questione dei rinforzi d anima nel pilastro (Fig. 1.12). Considerazioni analoghe valgono per tutte le tipologie di nodi strutturali. Figura 1.12: Esempio di rinforzo d anima Duttilità e deformabilità delle giunzioni Si è già detto prima che, di norma, qualsiasi giunzione ha una capacità di duttilità inferiore a quella degli elementi collegati, ovvero la rottura della giunzione avviene spesso con limitato ingresso in campo plastico ed è di tipo fragile. La duttilità è di fondamentale importanza nelle costruzioni in quanto assicura capacità di dissipazione energetica nelle sollecitazioni cicliche (es.,

24 16 Cenni teorici sisma), assicura adeguato preavviso di rottura ed infine, nelle strutture iperstatiche, rende possibili adeguate redistribuzioni delle sollecitazioni facendo sì che il carico ultimo della struttura possa essere anche sensibilmente più elevato del carico per il quale per primo si raggiunge il limite elastico in una sezione. L impossibilità di assicurare duttilità adeguata alle unioni spesso consiglia al progettista di rinunciare alla trasmissione di sollecitazioni attraverso i nodi e di optare per la realizzazione di articolazioni, ovvero di nodi con elevata capacità deformativa. Esempio: nodo trave-colonna con flangia Figura 1.13: Tipologie di unioni Si introduce così il concetto di capacità deformative di una articolazione che deve essere sufficientemente grande per garantire la deformazione della struttura senza che nell articolazione insorgano sollecitazioni rilevanti. La diminuzione della iperstaticità strutturale comporta in genere un aumento della deformabilità, una minore o nulla ridistribuzione plastica e conseguentemente un aumento delle sezioni delle membrature. Il maggior costo che ne consegue è controbilanciato da: una maggiore semplicità e minor costo delle giunzioni, una riduzione dei tempi di realizzazione, un minor ingombro dei nodi ed una minore indeterminazione del comportamento nodale. A meno di non realizzare costose e complicate articolazioni, plausibili solo per strutture di particolare complessità, importanza e difficoltà (ad esempio, cerniere sferiche o cilindriche con perno), per le quali si può allora essere certi di una rigidezza nulla ovvero di capacità elevate di deformazione senza alcun assorbimento di sollecitazione, le normali unioni nodali sono caratterizzate da una propria rigidezza finita: K = S/φ, dove S rappresenta la sollecitazione e φ la deformazione associata ad S (Fig. 1.14). Se K 0 l unione tende effettivamente ad essere un articolazione, se K l unione tende effettivamente ad essere di continuità. Di fatto i valori limite 0 e sono ideali; invece ogni unione ha una sua propria rigidezza K che è utile calcolare. L EC3 classifica come articolazione un unione in cui K EJ 2L (E, J ed L sono caratteristiche delle travi collegate). Se invece K 8EJ L l unione è rigida, nei casi intermedi è semi-rigida.

25 1.2 Bullonature 17 Figura 1.14: Categorie di rigidezza delle unioni Metodi per la determinazione del valore di K si trovano nell EC3. L analisi strutturale diventa particolarmente complicata nel caso di una unione semi-rigida: bisogna infatti disporre di codici di calcolo che tengano in conto della legge di deformazione del collegamento (eventualmente anche non lineare) perché risulta fondamentale per il calcolo della distribuzione delle sollecitazioni e della deformabilità strutturale. Tendenze attuali L attuale tecnica delle costruzioni in acciaio preferisce riservare alle saldature i collegamenti eseguiti in officina, dove sono più facilmente eseguibili, il personale specializzato necessario non deve spostarsi e dove i controlli di qualità sono semplificati e standardizzati. Le moderne attrezzature automatiche e semi-automatiche consentono il taglio, la foratura e la saldatura dei pezzi in modo ottimale. I pezzi saldati in officina, dotati di flange e fazzoletti preforati per il successivo assemblaggio con bulloni, vengono inviati alla zincatura (meglio quella ad immersione in zinco fuso) e pertanto la limitazione delle loro dimensioni è spesso dovuta alle dimensioni delle vasche di zincatura. I pezzi possono anche venire dipinti prima di essere portati in cantiere. Nel cantiere si opera poi l assemblaggio definitivo mediante bullonatura posta entro i fori già realizzati. Per strutture di particolare complessità un preassemblaggio può essere eseguito in officina prima di procedere alla zincatura. Una volta assemblata la struttura in cantiere si dovrà eventualmente eseguire il ripasso della verniciatura o zincatura. L esecuzione della saldatura in opera, oltre a rendere più difficile il controllo e l esecuzione, impedisce l uniforme zincatura delle opere ed obbliga a tinteggiare la struttura in opera.

26 18 Cenni teorici Effetti parassiti modalità di rottura di una flangia Per dare spiegazione degli effetti parassiti che possono nascere in una giunzione consideriamo il caso seguente di giunzione flangiata sottoposta alla trazione N (Fig. 1.15). La risposta più spontanea ed immediata alla domanda qual è lo sforzo di trazione su ogni bullone è: N b = N 4 Tale risposta è corretta sotto la condizione essenziale che la flangia sia totalmente rigida e che si arrivi Figura 1.15: Giunzione flangiata prima allo snervamento dei bulloni senza che vi sia deformazione essenziale della flangia, ovvero che alla rottura la deformata del giunto, visto in pianta, sia del tipo in Fig Figura 1.16: Deformata del giunto In tali condizioni si ha la preliminare rottura del bullone, non vi sono effetti parassiti e lo sforzo di trazione sul bullone è appunto pari a N /4. Il diagramma di flessione sulla flangia è illustrato in Fig Figura 1.17: Diagramma di flessione della flangia

27 1.2 Bullonature 19 Tale momento deve ovviamente essere inferiore al momento di plasticizzazione della flangia: M p = 1 4 h s2 f y M f = N m A res,b f d,n m da cui segue la limitazione sullo spessore della piastra: s 2 2 A res,b m n f d,n f y ovvero lo spessore deve essere proporzionato alla A res,b, ovvero al diametro del bullone, per garantire che la piastra sia sufficientemente rigida da non deformarsi e quindi imporre un apertura rigida del giunto. Il caso trattato viene classificato dall EC3 come modalità di rottura 3: rottura dei bulloni. All estremo opposto vi è il caso di rottura della flangia senza rottura dei bulloni quando lo spessore della flangia è limitato. È il caso che è indicato come modalità di rottura 1: meccanismo plastico completo della flangia e corrisponde al seguente schema equilibrato (Fig. 1.18) nel quale la flangia è plasticizzata lungo due linee e diventa un meccanismo articolato. Figura 1.18: Rottura della flangia Condizioni di equilibrio portano a scrivere: (per M p = 1 4 s2 h f y ) M p = Q e M p = Q e N 2 m nella sezione di foratura dei bulloni nella sezione di attacco da cui: N = 4 Mp m Q = Mp e sforzo normale trasmissibile dal giunto effetto parassita I bulloni devono essere dimensionati per sopportare ognuno la forza assiale su ogni fila: Q + N 2.

28 20 Cenni teorici La modalità di rottura intermedia, modalità di rottura 2: rottura dei bulloni e snervamento della flangia, corrisponde ad una situazione del tipo in Fig. 1.19: Figura 1.19: Rottura dei bulloni e snervamento della flangia dove M < M p e pertanto: 0 Q Mp e e quindi rispetto alla modalità di rottura 1 diminuisce anche lo sforzo di trazione sui bulloni. Quanto detto per le giunzioni flangiate soggette a sforzo normale vale anche, con gli opportuni adattamenti, per le giunzioni flangiate sottoposte a flessione (Fig. 1.20a) ed anche per le giunzioni con angolari e bulloni sollecitati assialmente (Fig. 1.20b). (a) Giunzione flangiata sottoposta a flessione (b) Giunzione angolare sollecitata Figura 1.20: Tipologie di giunzioni flangiate sollecitate Le giunzioni sollecitate a flessione possono ricondursi al caso delle giunzioni sollecitate a sforzo assiale dividendo il momento agente per il braccio delle forze interne del collegamento. Eseguita una scelta della geometria del collegamento in base alle considerazioni fatte prima, è possibile stabilire quale è la modalità di rottura che gli corrisponde e quindi valutare la sua efficienza, ovvero calcolare le sue caratteristiche di deformabilità e di resistenza massima. Una giunzione progettata per rompersi con modalità di rottura 3, ovvero per rottura dei bulloni, è sicuramente una giunzione rigida (a completo ripristino della resistenza se i bulloni sono opportunamente dimensionati) nel caso di utilizzo

29 1.2 Bullonature 21 di bulloni ad alta resistenza presollecitati. Questa affermazione si spiega con le considerazioni che seguono. In fase di assemblaggio ai bulloni viene assegnata una forza di pretensione N s, derivante dalla coppia di serraggio imposta T s : N s = 0, 8 f k,n A res ; T s = 0, 2 N s d Per l equilibrio, la flangia risulta precompressa con la forza: N s = σ f A f (Fig. 1.21). Figura 1.21: Precompressione della flangia Le deformazioni che hanno luogo nel bullone e nella flangia rispettivamente sono date da: ɛ b che stanno nel rapporto: = σ b E = N s A b E ; ɛ f = σ f E = N s A f E ɛ f ɛ b = A b A f 1 10 ovvero la rigidezza della flangia è circa 10 volte maggiore della rigidezza assiale del bullone: K f K b = A f E/S A b E/S = A f A b 10

30 22 Cenni teorici Questo costituisce lo stato iniziale ( ) all interno dell unione flangiata prima dell applicazione dei carichi esterni. Successivamente all applicazione del carico sulla struttura, sia N lo sforzo assiale competente ad ogni bullone (vedere nota a pag. 11): N = N tot /n. bulloni Tale sforzo N deve ripartirsi fra (aumento dello) sforzo normale sul bullone e (diminuzione dello) sforzo normale sulla piastra, in modo da mantenere la congruenza del collegamento, ovvero: 1) N = N b + N f (equilibrio) 2) ɛ b = N b K b = ɛ f = N f K f = ɛ (congruenza) dalla 2): N b = K b K f N f N f 10 e quindi dalla 1): N = N f La Fig riassume quanto detto. Figura 1.22: Diagramma degli sforzi assiali Il distacco delle piastre si ha per una forza esterna N per la quale si giunge alla perdita della precompressione iniziale, cioè per:

31 1.2 Bullonature 23 N f = N s N = N s alla quale corrisponde una forza sul bullone: ( N b = N s + N b = N s ) = N s = , 8 f k,n A res quindi ancora al di sotto del valore di snervamento del materiale che costituisce il bullone. Per valori di N < N il giunto è ancora chiuso e quindi dal punto di vista macroscopico dimostra una rigidezza alla trazione K = K b +K f (molto spesso maggiore di quella assiale dei pezzi uniti). Solamente per N > N la rigidezza del giunto degrada a quella dei soli bulloni. Infine per N : N = A res f k,n si ha la plasticizzazione dei bulloni e quindi la perdita completa di rigidezza del giunto (scorrimento plastico dei bulloni): Figura 1.23: Diagramma rigidezze-sforzi assiali Queste deduzioni sono confermate dai risultati sperimentali ottenuti come descritto in [6].

32 24 Cenni teorici Pertanto, una giunzione con modalità di rottura 3 per snervamento dei bulloni presollecitati e della piastra rigida è una giunzione rigida a flessione/trazione, mostrando fino alla rottura una rigidezza comparabile o maggiore di quella degli elementi collegati. Invece le giunzioni con modalità di rottura tipo 1 o 2 dimostrano una deformabilità sicuramente maggiore e la loro rigidezza deve essere valutata ai fini delle loro classificazione come rigidi, semi-rigidi o cerniere (si veda pag. 15). Figura 1.24: Diagramma delle modalità di rottura

33 Appendice A Prospetti da Normativa CNR 10011/97 A beneficio di una consultazione più rapida e dinamica, vengono riportati di seguito i prospetti di maggior interesse nell ambito della presente Dispensa. Resta chiaramente sottinteso che un approfondimento dell argomento è ottenibile solo con lo studio della Normativa nella sua completezza.

34 26 Prospetti da Normativa CNR 10011/97 Tabella A.1: Prospetto 2-III normali ad alta resistenza Vite Dado Tabella A.2: Prospetto 4-IIIa Stati limite Classe f t f y f k,n f d,n f d,v vite N/mm 2 N/mm 2 N/mm 2 N/mm 2 N/mm f k,n è assunto pari al minore dei due valori f k,n = 0, 7 f t (f k,n = 0, 6 f t per viti di classe 6.8) e f k,n = f y essendo f t ed f y le tensioni di rottura e di snervamento secondo UNI 3740; f d,n = f k,n resistenza di progetto a trazione; f d,v = f k,n / 2 resistenza di progetto a taglio. Tabella A.3: Prospetto 4-IIIb Tensioni ammissibili Classe f t f y f k,n σ b,adm τ b,adm vite N/mm 2 N/mm 2 N/mm 2 N/mm 2 N/mm f k,n è assunto pari al minore dei due valori f k,n = 0, 7 f t (f k,n = 0, 6 f t per viti di classe 6.8) e f k,n = f y essendo f t ed f y le tensioni di rottura e di snervamento secondo UNI 3740; σ b,adm, τ b,adm tensioni ammissibili a trazione ed a taglio.

35 27 Tabella A.4: Prospetto 4-IV d A res T s [N m] N s [kn] d [mm] [mm 2 ] [mm] Tabella A.5: Prospetto 4-VI Diametro Classe della vite nominale di µ = 0, 3 µ = 0, 5 µ = 0, 3 µ = 0, 5 filettatura V f,o V f,o V f,o V f,o d [mm] [kn] [kn] [kn] [kn]

36 28 Prospetti da Normativa CNR 10011/97 Tabella A.6: Criteri dimensionali nel posizionamento dei fori per i fori di bordo per gli altri fori 3 p/d 10 2 a/d 3 1, 5 a 1 /D 3 p/s 1 { 15 per elem. compressi 25 per elem. tesi a/s 1 a 1 /s 1 } 6 (9 con bordo irrigidito) dove: p è la distanza fra centro e centro di due bulloni contigui; D è il diametro del bullone; s 1 è il minore degli spessori da unire; a è la distanza fra centro bullone ed il margine dell elemento, parallela alla direzione dello sforzo; a 1 è la distanza, come sopra, ortogonale alla direzione dello sforzo. Figura A.1: Schema grafico (riferito alla Tab. A.6)

37 Bibliografia [1] Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istruzioni per il calcolo, il collaudo e la manutenzione delle costruzioni in acciaio (CNR 10011/97). [2] E.F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni. Fondamenti delle costruzioni in acciaio. Masson S.p.A., Edit. ESA, Milano, Seconda Edizione, [3] G. Ballio, F.M. Mazzolani, Strutture in acciaio. Hoepli (Milano). [4] D. Danieli, F. De Miranda, Strutture in acciaio per l edilizia civile ed industriale. Siderservizi S.r.l. (Milano). [5] G.F. Costa, I. Daddi, F.M. Mazzolani, Collegamenti saldati. Siderservizi S.r.l. (Milano). [6] Miazzon, Piazza, Turrini, La giunzione a flangia con bulloni presollecitati nella trave inflessa. Atti dell Istituto di Scienza delle Costruzioni dell Università di Padova, Vol. IV, 1979, pp

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