Aerospaziali PARTE 1. Prof. Claudio Scarponi Ing. Carlo Andreotti
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1 Aerospaziali FATICA PER MATERIALI ISOTROPI PARTE 1 Prof. Claudio Scarponi
2 GENERALITA L affaticamento dei materiali, qualora essi siano sottoposti a sollecitazioni variabili, costituisce il pericolo di rottura più comune che si possa prevedere nel corso della progettazione di un qualsiasi elemento di macchina o struttura. Si può arrivare a rottura anche per sforzi molto inferiori a quelli di rottura statica, quando lo stato di sforzo è variabile ciclicamente nel tempo. In campo aeronautico le rotture a fatica sono quelle che si verificano con maggior frequenza. Le norme stabiliscono che un aereo, per poter essere posto in linea di volo, deve aver superato le prove di fatica. Aerospaziali 2
3 LA ROTTURA A FATICA La cricca di fatica nasce sempre in superficie, in corrispondenza dei punti più sollecitati. Dal punto di vista microscopico si verificano scorrimenti sempre più numerosi di alcuni piani cristallini che danno origine a microscopiche estrusioni e intrusioni. Aerospaziali 3
4 LA ROTTURA A FATICA Aerospaziali 4
5 LA ROTTURA A FATICA Durante la fase di sollecitazione i la cricca avanza secondo un piano a 45 rispetto alla direzione del carico. Successivamente la progressione della cricca viene controllata più dagli sforzi di trazione che non da quelli di scorrimento. Di conseguenza la direzione di propagazione si sviluppa in un piano perpendicolare alla direzione del carico. Aerospaziali 5
6 LA ROTTURA A FATICA Propagazione della cricca: Fase di carico: Avanzamento della cricca. Deformazioni plastiche all apice della cricca. Arrotondamento dell apice della cricca. Arresto della fessura. Fase di scarico: L apice della cricca torna ad essere acuto. Ha origine una notevole concentrazione di tensione che favorisce la progressione della cricca nel corso della successiva fase di carico. Aerospaziali 6
7 LA ROTTURA A FATICA Aerospaziali 7
8 LA ROTTURA A FATICA La sezione di rottura di un pezzo che ha ceduto per fatica mostra le classiche striature di fatica (propagazione) e la zona corrispondente alla rottura di schianto. Aerospaziali 8
9 LA ROTTURA A FATICA Esempi di sezioni di pezzi rotti a fatica in relazione al tipo di sollecitazione: Aerospaziali 9
10 TIPOLOGIE DI CICLO E DI SOLLECITAZIONE La resistenza a fatica dipende sia dal tipo di ciclo, sia dal tipo di sollecitazione (trazione, flessione torsione). Si definiscono i seguenti parametri: Sforzo massimo: Sforzo minimo: Sforzo medio: Ampiezza della sollecitazione: Rapporto di sforzo: Aerospaziali 10
11 TIPOLOGIE DI CICLO E DI SOLLECITAZIONE Tutti i cicli possibili sono raggruppati nelle seguenti categorie: 1. Ciclo alterno simmetrico. Aerospaziali 11
12 TIPOLOGIE DI CICLO E DI SOLLECITAZIONE 2. Ciclo alterno asimmetrico. Aerospaziali 12
13 TIPOLOGIE DI CICLO E DI SOLLECITAZIONE 3. Ciclo dallo zero. Aerospaziali 13
14 TIPOLOGIE DI CICLO E DI SOLLECITAZIONE 4. Ciclo pulsante. Aerospaziali 14
15 TIPOLOGIE DI CICLO E DI SOLLECITAZIONE Per quanto riguarda i tipi di sollecitazione, si effettuano sui materiali, quasi esclusivamente secondo il ciclo alterno simmetrico, le seguenti prove: Flessione rotante. Flessione piana. Trazione-compressione. Torsione pura. Aerospaziali 15
16 O & DIAGRAMMA DI W HLER Il primo ad occuparsi di fatica fu l ingegnere tedesco Wohler ( ) il quale, lavorando per le ferrovie, si accorse che gli assali delle carrozze (fatica a flessione rotante, ciclo alterno simmetrico) si rompevano per valori di carico molto inferiori ai valori sperimentali statici di rottura. In aeronautica il fenomeno della fatica fece la sua comparsa nel 1951, quando gli aerei Comet esplosero in volo a causa delle cricche di fatica provocate sulla fusoliera dalla pressurizzazione della cabina. Aerospaziali 16
17 O & DIAGRAMMA DI W HLER Una rappresentazione del diagramma di W hler: & o& Aerospaziali 17
18 O & DIAGRAMMA DI W HLER Nel diagramma sono riportati in ascissa il numero di cicli corrispondente a prove di fatica a flessione rotante, mentre in ordinata il valore di. Lo sforzo medio è il parametro del diagramma. Ogni punto delle curve è la media dei risultati sperimentali ottenuti su numerosi provini. Alcuni materiali mostrano un limite di fatica ( per N>N*). Per altri materiali, invece, si fissa un valore convenzionale, usualmente compreso tra 10 7 e 10 8 cicli. Il ramo relativo alla progettazione a tempo è descritto dall equazione dove m è variabile a seconda del particolare tipo di fatica considerato. Aerospaziali 18
19 O & DIAGRAMMA DI W HLER Spesso si usa una scala doppio-logaritmica: in questo modo la curva è composta da due sole rette e si può tracciare con due soli punti. Aerospaziali 19
20 O & DIAGRAMMA DI W HLER Il punto A corrisponde alla rottura statica; il punto B corrisponde al valore. Per ogni materiale si può ottenere il rapporto di fatica variabile approssimativamente tra 0.2 e 0.6. Aerospaziali 20
21 FATTORI CHE INFLUENZANO LA RESISTENZA A FATICA Esistono nove fattori che influiscono maggiormente sulla resistenza a fatica: Materiale. Tipo di sollecitazione. Frequenza. Storia del carico. Effetto scala. Finitura superficiale. Trattamenti superficiali. Ambiente. Fattore di forma. Aerospaziali 21
22 MATERIALE Il parametro globale di valutazione è il rapporto di fatica h. E possibile che materiali con elevata resistenza statica non presentino un buon comportamento a fatica. Dal punto di visto microscopico è preferibile una struttura a grana fine rispetto ad una a grana grossa. Solitamente l incrudimento migliora le caratteristiche a fatica. Per gli acciai, gli elementi che migliorano maggiormente le caratteristiche di resistenza a fatica sono il Nickel, il Cromo, il Vanadio, il Molibdeno, il Manganese e il Silicio. La migliore microstruttura è la bainitica (acciai bonificati), seguita dalla ferritica e dalla perlitica; la microstruttura martensitica non conferisce una buona resistenza a fatica. Bisogna evitare il più possibile disomogeneità, inclusioni, soffiature e impurità varie (atomi di Zolfo, Azoto, Fluoro). Le lavorazioni meccaniche nei semilavorati (laminazione, estrusione, ecc.) hanno una forte influenza sulla fatica. Aerospaziali 22
23 TIPO DI SOLLECITAZIONE Se si pone come riferimento (pari a 100) il valore di resistenza relativo alla flessione rotante (di cui si hanno moltissimi dati sperimentali), i fattori di riduzione (si introduce un coefficiente A) da considerare sono riportati nella seguente tabella: Dalla tabella si nota che la torsione alternata è la sollecitazione più pericolosa. Aerospaziali 23
24 FREQUENZA La frequenza è un parametro importante per due ragioni: 1. Si possono eseguire prove in tempi ristretti. 2. Si può utilizzare lo stesso valore limite di fatica per elementi sollecitati con frequenze diverse. Alte frequenze di sollecitazione producono essenzialmente due effetti: a) Isteresi del materiale con conseguente riscaldamento (si sovrasollecita la struttura); questo effetto si manifesta intorno agli 80 Hz. b) Ritardo di fase tra andamento della sollecitazione e deformazioni (si sottosollecita la stuttura); questo effetto si manifesta intorno ai 160 Hz. Aerospaziali 24
25 FREQUENZA Spesso, per effettuare le prove di fatica, si utilizza la frequenza di 50 Hz. Le prove di fatica sono onerose per quanto riguarda le attrezzature, i tempi e i costi (sono necessari diversi giorni di lavoro a tempo pieno per effettuare una prova di fatica su un solo provino). Aerospaziali 25
26 STORIA DEL CARICO E stata studiata l influenza di un precarico sulla resistenza a fatica. I risultati sono i seguenti: Per precarichi inferiori a effetto. non si ha alcun Per precarichi molto elevati si ha una diminuzione del limite di fatica. Per precarichi intermedi, ma superiori a, si ha un incremento del limite di fatica. Aerospaziali 26
27 STORIA DEL CARICO E possibile identificare sperimentalmente una linea di danneggiamento, da sovrapporre alla curva di W & o& hler, che delimita i valori di positivi da quelli negativi. Aerospaziali 27
28 STORIA DEL CARICO Si possono riconoscere le seguenti zone: Zona 1: rottura. Zona 2: danneggiamento. Zona 3: allenamento (un precarico in questa zona provoca l incrudimento del materiale; la resistenza a fatica aumenta). Zona 4: nessuna modifica delle caratteristiche di resistenza. Aerospaziali 28
29 EFFETTO SCALA I risultati ottenuti dai provini, anche se normalizzati, non sono immediatamente esportabili a pezzi di dimensioni maggiori. Ciò è dovuto essenzialmente a due aspetti: Maggior numero di difetti per unità di volume presenti. Minore gradiente degli sforzi nel caso di flessione e torsione. Si tiene conto di questo aspetto introducendo un coefficiente B, funzione di un parametro geometrico caratteristico del pezzo (questaproblematicaèsentitamaggiormenteneicasi di flessione rispetto a quelli di torsione). Aerospaziali 29
30 EFFETTO SCALA Aerospaziali 30
31 EFFETTO SCALA Aerospaziali 31
32 FINITURA SUPERFICIALE La finitura superficiale è uno dei punti critici (la cricca parte dalla superficie i epoi si propaga). I provini a norma sono lucidati a specchio (R a 1 µm) e pertanto sono in condizioni di stato superficiale ottimale. Per tenere conto della finitura superficiale si introduce un coefficiente C. Si deve fare attenzione a non utilizzare materiali costosi, caratterizzati da alti valori di resistenza a fatica, per poi trascurare la finitura superficiale. Ciò vale anche per le lavorazioni meccaniche, che devono essere tali da non indurre, oltre a rugosità, veri e propri intagli. Aerospaziali 32
33 FINITURA SUPERFICIALE Aerospaziali 33
34 TRATTAMENTI SUPERFICIALI I trattamenti superficiali si dividono in tre tipologie: 1. Termici. 2. Meccanici. 3. Rivestimenti protettivi. Criterio informatore: gli sforzi di trazione producono un avanzamento della cricca di fatica, mentre gli sforzi di compressione sono stabilizzanti. Aerospaziali 34
35 TRATTAMENTI SUPERFICIALI Con i trattamenti superficiali si desidera indurre sforzi interni (indipendenti dalle forze esterne) distribuiti in modo tale da avere sforzi di compressione in prossimità della superficie del pezzo. Inoltre, si ostacola il movimento delle dislocazioni (e di conseguenza la propagazione delle microcricche): il materiale incrudisce e resiste a sollecitazioni cicliche in modo migliore. Le tensioni interne di compressione permettono di diminuire l entità degli sforzi di trazione, una volta che le forze esterne entrano in azione. Al contrario, eventuali tensioni residue di trazione provocano una diminuzione del limite di fatica. Aerospaziali 35
36 TRATTAMENTI SUPERFICIALI Trattamenti termici I trattamenti termici più utilizzati sono: a) Tempra superficiale: E realizzata con riscaldamento a fiamma o a induzione sulla superficie. Provoca la trasformazione austenite-martensite, che produce tensioni residue di compressione (che possono raggiungere i 200 MPa). Aerospaziali 36
37 TRATTAMENTI SUPERFICIALI b) Carbocementazione: Consiste nella diffusione superficiale di Carbonio a seguito di riscaldamento a temperatura elevata, con mezziemodalità tipiche della tempra superficiale. Induce tensioni residue di compressione. c) Nitrurazione: E simile alla carbocementazione. L elemento diffuso è l Azoto lazoto. E meno profonda della carbocementazione. Aerospaziali 37
38 TRATTAMENTI SUPERFICIALI Trattamenti meccanici I trattamenti meccanici più utilizzati sono: a) Rettifica e lucidatura: Migliorano la finitura superficiale. Provocano un riscaldamento del pezzo. Il raffreddamento può indurre sforzi residui di trazione (favoriscono la propagazione della cricca di fatica, pertanto attenzione a non surriscaldare il pezzo). Aerospaziali 38
39 FATTORI CHE INFLUENZANO LA RESISTENZA A FATICA: TRATTAMENTI SUPERFICIALI b) Lavorazione da macchina utensile: Provoca elevati sforzi di taglio. Provoca un riscaldamento del pezzo. Il raffreddamento induce sforzi residui di trazione. Si deve prestare una notevole attenzione agli intagli (concentrazione di tensione). c) Pallinatura: Consiste nel bersagliare un oggetto di forma qualsiasi con un getto di pallini metallici sferici di vario diametro. A seconda del diametro dei pallini, della loro energia e del tempo di esposizione, si ottiene un aumento della durezza del pezzo e l instaurarsi di tensioni residue benefiche. Si ottiene un incrudimento dello stato superficiale (aumenta la vita a fatica). Si ottiene una migliore finitura superficiale (aumenta la vita a fatica). Aerospaziali 39
40 TRATTAMENTI SUPERFICIALI d) Rullatura: E realizzata tramite rulli o dischi sagomati. Migliora la finitura superficiale. Incrudisce il materiale. Lascia tensioni residue di compressione più elevate rispetto alla pallinatura. La versatilità è inferiore a quella della pallinatura. e) Sabbiatura: E utilizzata spesso per pulire la superficie dei pezzi. Opera come la pallinatura. Occorre prestare attenzione all intensità per non produrre effetti di intaglio. Aerospaziali 40
41 TRATTAMENTI SUPERFICIALI Confronto fra i limiti di fatica a flessione rotante in relazione ai vari stati superficiali per un acciaio al Ni-Cr-Mo: Aerospaziali 41
42 TRATTAMENTI SUPERFICIALI Rivestimenti metallici protettivi Solitamente si utilizzano per problemi di corrosione, che riduce la vita a fatica del pezzo. Tuttavia l uso non è benefico, soprattutto nel caso di impiego di materiale di rivestimento duro come Nickel e Cromo, perché si inducono stati di tensione residua di trazione sul materiale base. Nel caso in cui nel rivestimento i nasca una cricca, proprio in quel punto si innescano fenomeni auto esaltanti di fatica e di corrosione. Aerospaziali 42
43 AMBIENTE L ambiente influenza il comportamento a fatica in due modi: a) Temperatura: L alta temperatura porta a fenomeni di creep-fatica molto onerosi per i materiali (palette di turbina dei motori aeronautici). Nel caso di alta temperatura la curva di Wohler si abbassa (scompare anche il limite di fatica per i materiali ferrosi). Una bassa temperatura è positiva ii per la fatica, purché non renda il materiale fragile. La frequenza ha un ruolo determinante. Aerospaziali 43
44 AMBIENTE b) Corrosione: E un aggravante notevole. La corrosione e la fatica si esaltano a vicenda: la corrosione rimuove scaglie di materiale e genera microcricche diffuse, che progrediscono a causa della fatica; la fatica scopre ulteriormente t materiale vergine, che si corrode e si distacca in scaglie. Riduce notevolmente la resistenza a fatica. La frequenza ha un ruolo determinante. Aerospaziali 44
45 AMBIENTE Aerospaziali 45
46 FATTORE DI FORMA Nelle strutture si possono raggiungere localmente valori di tensione molto più alti dei valori medi. Ciò è dovuto a vari fattori: 1. Variazioni delle proprietà dei materiali: soffiature, inclusioni, impurità, cricche, ecc. 2. Carichi concentrati: sfere o rulli con sedi dei cuscinetti, ruote dentate, superfici ove esiste un accoppiamento forzato, ecc. 3. Brusche variazioni di forma: riduzioni di sezione, discontinuità strutturali, filettature, intagli (sono pericolosi in quanto ingenerano localmente uno stato di sforzo tridimensionale). Aerospaziali 46
47 FATTORE DI FORMA Sotto l aspetto teorico, si devono a Neuber numerosi studi relativi al calcolo del fattore teorico di concentrazione degli sforzi K t. Esso è definito dalla seguente relazione cioè dal rapporto tra lo sforzo ideale massimo,, esistente nella sezione e la tensione nominale,, calcolata alla Saint Venant. Neuber ha studiato varie forme di intaglio sotto diverse tipologie i di stato t di sollecitazione. i Il fattore K t è detto teorico perché il valore effettivo sperimentale è inferiore. Aerospaziali 47
48 FATTORE DI FORMA Le seguenti figure mostrano alcuni valori di K t per diversi tipi di intaglio: Aerospaziali 48
49 FATTORE DI FORMA Sotto l aspetto sperimentale, grazie alle tecniche di fotoelasticità, alle frange di Moiré, alle tecniche olografiche, ecc., si è potuto verificare l esistenza delle concentrazioni locali di tensioni. Si definisce fattore di forma effettivo il rapporto Il valore di K e si ottiene sperimentalmente e dipende sia dal materiale si dalla forma dell intaglio. Aerospaziali 49
50 FATTORE DI FORMA La seguente figura mostra la relazione che esiste tra il fattore di forma effettivo e la durata dell elemento: Aerospaziali 50
FATICA. FATICA: curva di Wohler
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