MAESTRO DOVE ABITI?... VENITE E VEDRETE! (Gv 1, 38-39) LA PARROCCHIA GREMBO DELLA FEDE PER LE NUOVE GENERAZIONI

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1 DIOCESI DI BERGAMO MAESTRO DOVE ABITI?... VENITE E VEDRETE! (Gv 1, 38-39) LA PARROCCHIA GREMBO DELLA FEDE PER LE NUOVE GENERAZIONI ALLEGATO AL PROGRAMMA PASTORALE PER L ANNO Bergamo, 26 agosto Solennità di S. Alessandro Martire.

2 DISCESA DELLO SPIRITO SANTO, particolare. Ambrogio da Fossano (Bergognone), 1509 Chiesa di Santo Spirito, Bergamo

3 INTRODUZIONE Il programma pastorale di quest anno Maestro, dove abiti?... Venite e vedrete!. La parrocchia grembo della fede per le nuove generazioni affronta il tema dell iniziazione cristiana nell oggi delle nostre comunità parrocchiali e intende chiedere alle comunità cristiane di prendere coscienza dei compiti che gli uomini del nostro tempo impongono a chi annuncia e testimonia il Vangelo cristiano di salvezza. La proposta pastorale del Vescovo, ricca e articolata, chiede alle comunità di riflettere insieme sulle iniziative pastorali legate all iniziazione cristiana, per poterla rinnovare e rendere sempre più espressione della voce dello Spirito che porta gli uomini a Dio nella confessione e nella sequela di Gesù Cristo. Questo lavoro pastorale è sostenuto, come sempre, da un forte riferimento alla Parola di Dio che fornisce stupende pagine di meditazione e d insegnamento su questo tema. Abbiamo scelto un brano di Giovanni (Gv 1, 19-51) come icona biblica che accompagni la preghiera e il dialogo pastorale di quest anno. In esso viene descritta le settimana inaugurale del ministero di Gesù, come una specie d iniziazione e di fondazione della nuova comunità dei discepoli del Signore. Al centro sta la figura e il mistero di Gesù Cristo, Verbo incarnato che riassume, completa e innova tutta la storia della salvezza d Israele e tutta la ricerca di salvezza dell umanità. Questa centralità è speciale e caratteristica non solo per il mistero di Gesù, ma anche per l atteggiamento di fede del credente e della Chiesa. Per questo motivo questo brano permette alle nostre comunità di riflettere sull iniziazione cristiana senza smarrire il centro del mistero con atteggiamenti e comportamenti sbagliati. Questo testo è chiamato anche ad animare la meditazione e la preghiera, affinché il programma pastorale sia davvero esperienza di Chiesa e quindi momento di fede e di carità: una specie di situazione in cui, come i due discepoli di Giovanni, si dimora con Gesù 3

4 per restare convinti che Egli è veramente il Messia atteso. Questo abitare con Gesù fa dei discepoli comunità, la quale è chiamata, a sua volta, a riprodurre questa familiarità con Gesù che permette agli uomini di tutti i tempi di dimorare con Gesù. Questo è appunto l atteggiamento forte che sorregge e qualifica l iniziazione cristiana della Chiesa. Il brano biblico viene accompagnato da un icona artistica, invero un po costruita, perché estrapola due figure di santi dal polittico del Bergognone, custodito nella chiesa di S. Spirito in Bergamo, e le propone come fossero i due discepoli sul cui volto si imprime tutto il cammino della conversione maturata a partire dall indicazione del Battista: Ecco l agnello di Dio! (Gv 1,36) fino alla testimonianza di Andrea a Simone: Abbiamo trovato il Messia... (Gv 1,41). Ma proprio questa riflessione allargata permette di riscoprire nel polittico in questione una spiritualità propriamente pasquale che ben incarna la preoccupazione che anima la Chiesa che propone e vive l iniziazione cristiana. Queste due icone, biblica e artistica, vengono qui accompagnate da testi scritti da don Pasquale Pezzoli, don Giacomo Facchinetti e don Giuseppe Sala, che ne aiutano la comprensione e la meditazione, insieme ad alcuni sussidi e indicazioni che facilitano la riflessione richiesta dal programma pastorale facendo riferimento a testi liturgici ufficiali, relativi all iniziazione cristiana, a cura di don Giampietro Masseroli. Chiude questo allegato un introduzione ai cammini di avvento e quaresima per le famiglie e per i ragazzi e gli adolescenti proposta dall UPEE. 4

5 L ICONA BIBLICA 1. TESTO di Giovanni 1, E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: Chi sei tu?. 20 Egli confessò e non negò, e confessò: Io non sono il Cristo. 21 Allora gli chiesero: Che cosa dunque? Sei Elia?. Rispose: Non lo sono. Sei tu il profeta?. Rispose: No. 22 Gli dissero dunque: Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?. 23 Rispose: Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia. 24 Essi erano stati mandati da parte dei farisei. 25 Lo interrogarono e gli dissero: Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?. 26 Giovanni rispose loro: Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27 uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo. 28 Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando. 29 Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: Ecco l agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! 30 Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. 31 Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele. 32 Giovanni rese testimonianza dicendo: Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. 33 Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. 34 E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio. 35 Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: Ecco l agnello di Dio!. 37 E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38 Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: Che cerca- 5

6 te?. Gli risposero: Rabbì (che significa maestro), dove abiti?. 39 Disse loro: Venite e vedrete. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. 40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo) 42 e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro). 43 Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: Seguimi. 44 Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. 45 Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret. 46 Natanaèle esclamò: Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?. Filippo gli rispose: Vieni e vedi. 47 Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: Ecco davvero un Israelita in cui non c è falsità. 48 Natanaèle gli domandò: Come mi conosci?. Gli rispose Gesù: Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico. 49 Gli replicò Natanaèle: Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d Israele!. 50 Gli rispose Gesù: Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!. 51 Poi gli disse: In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell uomo. 2. IL COMMENTO Il motto che nomina il tema del programma pastorale per l anno , Maestro, dove abiti... Venite e vedrete permette di comprendere in modo intuitivo un aspetto centrale della sfida che l iniziazione cristiana dei ragazzi oggi lancia. Diventare cristiani è una dimensione che risponde alla missione che qualifica la vita cristiana e che ha per centro il mistero di Gesù Cristo. L evangelista Giovanni sottolinea in modo particolare questo 6

7 aspetto del mistero cristiano organizzando l inizio del vangelo e del ministero di Gesù quasi fosse una settimana inaugurale di tutta la missione di Gesù. Si tratta quindi di un tempo fortemente evocativo sia dal punto di vista teologico, sia da quello pedagogico e pastorale. È necessario, allora, accostare questo testo con la dovuta calma e lasciandoci guidare dalle indicazioni che gli studiosi di esegesi ci forniscono, al fine di individuare gli elementi teologici di senso che sostengono la testimonianza cristiana di tutti i tempi. Benché la citazione del motto si riferisca a due versetti, è opportuno che per il programma pastorale ci si soffermi in preghiera e studio su tutta la pericope di Gv 1, 19-51, sapendo però che il racconto della settimana inaugurale si spinge fino a Gv 2, 12. D. Pasquale Pezzoli ci aiuta a inquadrare correttamente il pensiero teologico di Giovanni scorrendo tutta la prima settimana profetico-liturgica di Gesù, mentre d. Giacomo Facchinetti ci aiuta a focalizzare bene gli elementi irrinunciabili di una corretta sequela di Gesù Cristo, sulla quale si deve costruire ogni iniziazione cristiana, anche quella difficile e nuova che sembra venire richiesta dai tempi odierni. 2.1 La settimana inaugurale La prima pagina di vangelo che avviciniamo è quella che va da 1,19 a 2,12. Nell insieme del Vangelo essa presuppone il prologo (Gv 1,1-18), ma essa stessa si presenta come prologo storico rispetto al resto della narrazione. Partiremo da una osservazione esterna, di struttura, che però è molto importante per la lettura del testo. Giovanni ha disposto le sequenze narrative di questa sezione in maniera molto chiara, secondo uno schema caratteristico. Lo segnala anche la Bibbia di Gerusalemme mettendo un titolo significativo a questa sezione: la settimana inaugurale. L inizio della vicenda di Gesù è racchiuso nello spazio di una settimana di sei giorni; tale disposizione a noi ricorda subito un altra settimana, quella dell inizio per eccel- 7

8 lenza: la settimana della Creazione, al sesto giorno della quale ci fu la creazione dell uomo. Si osservino dunque i seguenti versetti: - 1,29: il giorno dopo, il che significa che c è stato un giorno precedente con la comparsa del Battista e adesso c è un secondo giorno in cui è ancora il Battista il protagonista; - 1,35: di nuovo l annotazione: il giorno dopo... ; - 1,43: il giorno dopo - e in 2,1: tre giorni dopo, una traduzione di per sé imprecisa, bisognerebbe infatti tradurre due giorni dopo, perché tale è nella lingua greca il significato dell espressione il terzo giorno che compare nel testo originale. Il materiale degli avvenimenti iniziali che riguardano Gesù e i discepoli è disposto quindi su un film che è fatto di sei grandi scene, e le nozze di Cana stanno come ultima scena della settimana inaugurale. È chiaro che le nozze di Cana vengono con ciò presentate come il culmine di un cammino: da una parte il culmine degli eventi di cui si compone la presentazione iniziale di Gesù e, dall altra, il sorgere della fede nei discepoli: Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui (Gv 2,11). Al termine dunque della settimana iniziale che ci riporta alla creazione, la comparsa e l azione di Gesù hanno il valore di una ricreazione del mondo; in particolare vi si allude alla ri-creazione dell uomo (al sesto giorno). I discepoli sono i primi che gustano questa novità portata da Gesù e reagiscono credendo: il v. 11 è la prima volta in cui si dice, nel vangelo di Giovanni, che i discepoli credono. I discepoli hanno già incontrato in antecedenza il Signore ma solo dopo questo momento culminante si annota propriamente che essi credono. È un indicazione di lettura molto semplice, ma molto profonda: in questi primi sei giorni si presenta colui che è la vita, colui che viene a rinnovare ogni cosa, che viene a rinnovare il mondo e l uomo, e nell incontro con questa vita l uomo giunge alla fede. Leggeremo pertanto queste pagine tenendo conto dell indicazione finale del vangelo: Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, ab- 8

9 biate la vita nel suo nome. Cercheremo, in altre parole, di capire come questi primi discepoli sono giunti alla fede e che cosa ha significato per loro incontrare il Signore. Ciascuno dei sei giorni è caratterizzato da qualcosa di particolare e di unico: La prima giornata (1,19-28) è la giornata del testimone, del Battista, della sua testimonianza di fronte alla commissione d inchiesta: c è infatti una commissione d inchiesta mandata dai Giudei per accertarsi dell identità del Battista ed egli risponde: Non sono io il Messia, io sono soltanto voce. Il secondo giorno (1,29-34), è il giorno di Gesù, della sua prima comparsa sulla scena. Gesù viene sulla scena e Giovanni lo riconosce con alcune caratteristiche particolari che poi evidenzieremo. Il terzo giorno (1,35-42) è il giorno dei primi discepoli, del discepolo anonimo e poi di alcuni discepoli chiamati per nome: Andrea e Pietro. Nel quarto giorno (1,43-51) la figura centrale è Natanaele (nome che significa: dono di Dio), al quale Gesù fa questo complimento: Ecco un vero Israelita ; in questa quarta giornata è perciò di scena Israele, che viene invitato a seguire Gesù. La quinta giornata non c è. La sesta giornata è Cana, con la rivelazione della gloria di Gesù nel segno del vino nuovo. La prima giornata è la giornata del testimone, il Battista: E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: Chi sei tu?. Egli confessò e non negò, e confessò: Io non sono il Cristo. Allora gli chiesero: Che cosa dunque? Sei Elia?. Rispose: Non lo sono. Sei tu il profeta?. Rispose: No. Gli dissero dunque: Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?. Rispose: Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia. Essi erano stati mandati da parte dei farisei. Lo interrogarono e gli dissero: Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profe- 9

10 ta?. Giovanni rispose loro: Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo. Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando (1,19-28). Nella giornata iniziale appare dunque in primo luogo Giovanni (il Battista). Nella presentazione che di lui fa il quarto evangelista è ricordata sì la sua attività battesimale, ma non ci sono folle che vengono a farsi battezzare, e nemmeno c è la predicazione morale che viene ricordata da Matteo e da Luca. Il Battista è caratterizzato soltanto da una parola, è il testimone, è colui che rende testimonianza (anche nel prologo di lui era stato detto: era un uomo mandato da Dio, egli venne come testimone : Gv 1,6), egli è quel testimone che permetterà poi ai discepoli di guardare in profondità la figura di Gesù, di ascoltarlo e seguirlo. Dall altra parte, di fronte a Giovanni, troviamo la commissione d inchiesta di Giudei formata da sacerdoti, leviti e farisei, un gruppo che viene ad interrogare il Battista. Mi pare che con ciò vengono delineate fin dall inizio due figure che poi nel vangelo di Giovanni sono sempre presenti: da una parte la figura per così dire negativa, non disponibile alla fede, qui rappresentata nella commissione d inchiesta, la quale non viene per credere, per sentire realmente quello che il Battista dice, viene semplicemente per fare una indagine, per giudicare, per vedere che cosa succede: domandano per impedire, non per sapere, commentava acutamente s. Tommaso d Aquino. Il loro non è insomma l atteggiamento dell apertura, della disponibilità, della ricerca del Signore per capire realmente quello che dice. Che all evangelista interessino soprattutto in quanto personificazione di un certo tipo di reazione, è dimostrato anche dal fatto che poi non si dice neanche che cosa segua a questa loro inchiesta. Dall altra parte invece c è il Battista, il testimone e l immagine di ogni testimone e della testimonianza della chiesa. Il Battista viene caratterizzato da una risposta che è straordinaria: Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore. Il testimone è uno che si presenta come totalmente vuoto di sé, uno che non ha 10

11 niente da difendere né da cercare per sé, ma ha soltanto la funzione d indicare un altro. Se la commissione d inchiesta rappresenta la figura di chi cerca ma per evitare che succeda mai alcunché di nuovo, il Battista è colui che è totalmente aperto, perché è semplicemente al servizio di un Altro che deve venire. Anzi, lo spossessamento di sé tale nel Battista che egli non applica a sé nemmeno l espressione io sono : nel vangelo di Giovanni, quando è usata in un contesto di rivelazione, essa è infatti riservata esclusivamente a Gesù, per cui il Battista di sé dice soltanto: io voce di uno che grida nel deserto (la traduzione italiana mette io sono, ma non c è nell originale greco). Va nella stessa linea quanto il Battista dirà di sé al cap. 3: io devo diminuire, lui deve crescere (3,30). Io, voce, non sono né il Cristo né Elia né il profeta, non sono niente, sono soltanto voce, anzi propriamente neanche la voce, perché anche questo (cioè la voce con l articolo) nel vangelo è riservato a Gesù: la voce dello sposo (3,29), la voce del Figlio di Dio (5,25), la voce del Figlio dell uomo (5,28), la voce del pastore (10,3). Soltanto Gesù Cristo! Giovanni è una voce, utile, importante, ma non è la voce necessaria. Una sola è necessaria, quella che il vangelo fin dall inizio ha chiamato la Parola; il Battista è soltanto una voce che grida nel deserto per preparare l incontro con Lui. Il secondo giorno è quello in cui compare Gesù: Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: Ecco l agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele. Giovanni rese testimonianza dicendo: Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio (1,29-34). A proposito di questo brano ci limitiamo a richiamare l attenzione 11

12 sui diversi titoli attribuiti a Gesù. Egli compare qui per la prima volta e c è da aspettarsi che si dicano di lui cose significative; viene in effetti sin dall inizio definito nelle sue relazioni fondamentali: è l Agnello di Dio che toglie il peccato, è colui sul quale riposa lo Spirito di Dio, è il Figlio di Dio. Si capisce Gesù conoscendolo in queste tre relazioni: - al Padre come Figlio; - allo Spirito come colui sul quale lo Spirito riposa in maniera stabile e permanente; - agli uomini come l Agnello che toglie il peccato del mondo. Nella terza giornata entrano in scena i primi discepoli: Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: Ecco l agnello di Dio!. E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: Che cercate?. Gli risposero: Rabbì (che significa maestro), dove abiti?. Disse loro: Venite e vedrete. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo) e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro) (1,35-42). Il brano occupa una posizione particolarissima appunto perché è la versione giovannea della chiamata dei discepoli. Si ricorderà quanta importanza vien data a questo momento anche nei sinottici, tuttavia essi ne danno una versione molto diversa (Gesù incontra i discepoli la prima volta presso il mare, li invita con le parole Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini e subito quelli vanno con lui: cfr Mc 1,16-20). Nel vangelo di Giovanni il primo incontro con Gesù ha tutto un altro andamento. È presentato come il dono che il Battista fa dei suoi discepoli a Gesù e il dono che fa ai discepoli di poter incontrare il vero maestro. 12

13 Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: Ecco l agnello di Dio!. Giovanni sta sempre là dove è chiamato a dare la sua testimonianza. Tutta la sua vita è vita di testimone e non recede mai da questo compito. Stava là con due dei suoi discepoli: i discepoli vengono dati dal Battista a Gesù. A questa singolare presentazione è sottesa probabilmente una concezione che poi ricorre altrove nel vangelo di Giovanni, per esempio in Gv 6,37, dove si legge: Tutto ciò che il Padre mi dà verrà a me e chi viene a me non lo respingerò. Insomma, perché si diventa discepoli? quale è la radice ultima di questa offerta fatta all uomo? Diventare discepoli è frutto del dono che il Padre fa al suo Figlio. Così in Gv 17,6: Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi, li hai dati a me. Il discepolo dunque deve pensarsi radicalmente così: io sono un dono che il Padre fa al suo Figlio; io divento discepolo perché è il Padre stesso che mi consegna al suo Figlio; ecco ancora Gv 6: Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato (6,44). È vero che occorre la nostra libera corrispondenza, ma è importante sapere che l iniziativa è di Dio, il quale ci dona di andare a Gesù. Il Padre poi ci attira in molti modi, per lo più attraverso persone che conducono a Gesù; così per i primi discepoli ciò avviene mediante l opera del Battista, di cui il prologo ha detto che era un uomo mandato da Dio (1,6). Fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: Ecco l agnello di Dio!. Lo sguardo fisso del Battista: in greco il verbo significa di per sè guardare dentro : guardando dentro a Gesù che passava. Dunque, il primo incontro con Gesù da parte dei discepoli avviene perché c è un testimone il quale ha uno sguardo più profondo su Gesù e ne rende partecipi gli altri; il testimone ha già incontrato il Signore Gesù, è già stato capace di guardare più in là di quello che vedono gli occhi della carne, perciò egli sa indicare Gesù ad altri, dicendo: puoi seguire lui. È la dinamica della fede, alla fede si arriva sempre in questo modo, cioè a partire da qualcuno che la testimonia, da qualcuno che nella sua vita ha già vissuto il rapporto con Gesù come un rapporto vitale! 13

14 Che cosa vede il Battista di Gesù? Che cosa devono vedere i discepoli in Gesù Cristo per lasciarsi conquistare e seguirlo? Ecco l Agnello di Dio. L espressione Agnello di Dio non torna più in seguito esplicitamente nel vangelo, ma sotto la croce, al momento della morte di Gesù, l evangelista fa un commento che rimanda al tema di Gesù come Agnello di Dio: Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso (Gv 19,36). È la citazione di un testo dell Antico Testamento, e più precisamente si tratta di una delle prescrizioni che si dovevano osservare per la preparazione dell agnello pasquale: non bisognava spezzargli le ossa (Esodo 12,46). Quando dunque il Battista dice ai discepoli: Ecco l Agnello di Dio, egli mostra loro la realtà profonda di quell uomo: il suo donarsi per, il suo essere salvatore per l uomo; egli viene già visto insomma fin dall inizio come quell uomo che donerà totalmente la sua vita. È di fronte a questo, quando si percepisce il donarsi di Gesù, quando si conosce il suo amore effuso totalmente (e questo lo si percepirà in pienezza soltanto sotto la croce), è allora che si può incominciare ad andargli dietro. Non lo si segue per altre cose, lo si cerca e lo si segue quando di lui si capisce che è l Agnello di Dio, cioè colui che dona totalmente se stesso per la salvezza dell umanità. È la comprensione di questa realtà di Gesù che permette ai primi discepoli di seguirlo; ecco infatti: E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: Che cercate?. Gli risposero: Rabbì (che significa maestro), dove abiti?. Gesù si volta, vede che lo seguono, c è quasi una casualità in questo seguire, il Signore accetta quelli che lo seguono, accetta quelli che il Battista gli offre in quel momento, forse saranno buoni o forse saranno cattivi (ci sarà dentro Pietro, più tardi ci sarà dentro Giuda), egli li accoglie e li fa riflettere, li aiuta a capire che cosa comporta il seguire lui. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: Che cercate?. Gesù interroga i discepoli; essi lo inseguono ed egli li interroga su che cosa cercano. Prima di tutto in questa domanda di Gesù è contenuto l invito anche per noi a essere persone che cercano. Cercare significa porsi qualche domanda importante nella vita; se 14

15 nella nostra vita rimaniamo sempre a un livello superficiale, se ci limitiamo a domande e interessi legati ai piccoli problemi quotidiani, senza mai riflettere sulle dimensioni più profonde della nostra esistenza, certo sarà difficile che diventi interessante per noi la sequela di Gesù. Nella domanda di Gesù ( Che cercate? ) gli esegeti vedono anche un altra cosa, cioè il rimando a un tema tipicamente sapienziale. Nel vangelo di Giovanni ci sono frequenti riferimenti alla sapienza (già dalla prima riga: Gesù è il logos, cioè la Parola). Ora, nei libri sapienziali si parla spesso della sapienza che va in cerca dell uomo. Per esempio in Sap 6,12-16: La sapienza è radiosa e indefettibile, facilmente è contemplata da chi l ama e trovata da chiunque la ricerca. Previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano. Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà, la troverà seduta alla sua porta... Essa medesima va in cerca di quanti sono degni di lei, appare loro ben disposta per le strade, va loro incontro con ogni benevolenza. È in fondo una descrizione di quello che avviene qui, nel nostro brano: i discepoli stanno cercando e Gesù li previene con la sua domanda: Che cercate? Il riferimento alla sapienza suggerisce che incontrare Gesù Cristo significa incontrare la vera sapienza di vita, incontrare colui che permette di realizzarsi in maniera autentica. La ricerca sapienziale coincide infatti fondamentalmente con la ricerca di una vita pienamente realizzata; trovare Gesù equivale pertanto a trovare una sapienza di vita che veramente porta a maturazione le esigenze più profonde dell uomo. Certo il vangelo conosce anche una ricerca falsa di Gesù: ci saranno quelli che lo cercano per farlo morire, ci saranno quelli che lo cercano soltanto perché hanno visto i segni, perché lui è capace di dare il pane e di moltiplicarlo. Il credente è allora invitato a riflettere su che cosa esattamente egli cerca. Agostino diceva, a commento di questo testo: Quanti sono coloro che anche nella chiesa cercano Gesù solo per avere favori temporali? Uno deve combinare un affare e cerca perciò la mediazione del chierico, un altro è perseguitato da qualche pezzo grosso e cerca rifugio in chiesa, un altro vuol essere raccomandato presso qualche potente di fronte al quale egli conta poco... La chiesa è piena di 15

16 gente simile. Di rado si trova qualcuno che cerca Gesù per Gesù (In Johannem 25,10). Gli risposero: Rabbì (che significa maestro), dove dimori?. Disse loro: Venite e vedrete. Andarono dunque e videro dove dimorava e quel giorno dimorarono presso di lui. Là dove la Bibbia di Gerusalemme traduce Dove abiti, sostituiamo una traduzione più accurata: dove dimori? E il verbo dimorare ritorna ben tre volte in un solo versetto. Per il vangelo si tratta di un verbo dal significato ricchissimo: quando i discepoli domandano a Gesù dove dimori?, non interessa certo loro di informarsi sull indirizzo di Gesù; usando questo verbo, Giovanni lascia capire che queste persone, forse senza saperlo, proprio nel modo stesso con cui fanno la domanda, intuiscono qualcosa di grande del mistero di Gesù, e il lettore deve in ogni caso intuire la profondità della domanda che i discepoli pongono a Gesù. Dove dimori? Il vangelo darà in seguito una risposta molto chiara e sarà anzi non una delle risposte del vangelo, ma la risposta per eccellenza: Io sono nel Padre e il Padre è in me (Gv 14,10); e ancora: Io sono la via, la verità e la vita..., chi vede me vede il Padre (Gv 14,6.9). Questi discepoli che sono ancora agli inizi della loro ricerca di Gesù intuiscono però già, nel loro modo stesso di dire, quello che sarà il senso dello stare con lui. Diventare discepoli non vuol dire fare delle cose, ma vuol dire essenzialmente desiderare di abitare con Gesù presso il Padre. Questa è la ricerca che ultimamente corrisponde alla sete profonda del cuore dell uomo. Certo si suppone che in questo momento i due non sappiano ancora quale sarà la dimora di Gesù, ma hanno capito una cosa essenziale, cioè che stare con Gesù significa stare a casa, trovare Gesù significa trovare una dimora, un abitazione dove il cuore riposa, dove l uomo si sente a casa sua, una casa che egli non potrebbe trovare da sé e che gli viene donata. La domanda naturalmente è formulata dall evangelista con una coscienza e una consapevolezza che soltanto alla luce della Pasqua si poteva avere, ma è una formulazione che ci fa molto meditare. Si intuisce già che tutto il vangelo è percorso da questa ricerca di una familiarità, di una ca- 16

17 sa e capiremo che essa coincide con la ricerca di una abitazione presso il Padre, perché solo così l uomo trova se stesso, trova ciò che cerca in profondità. Rileggiamo in questa luce il versetto intero: disse loro: venite e vedrete ; poi continua: vennero dunque e videro dove dimorava e quel giorno dimorarono con lui. Proprio quel giorno i discepoli fanno una prima, indimenticabile esperienza di ciò che significa dimorare con lui. Nessuno potrà mai sapere che cosa e fino a che punto hanno capito in quel primo giorno, ma certamente hanno capito che con Gesù valeva la pena di stare, che la dimora con lui rispondeva alle ricerche più profonde del loro cuore. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. L indicazione delle quattro del pomeriggio può essere interpretata in molti modi; forse ha qualche significato simbolico recondito, ma c è una cosa che comunque tutti comprendono da un annotazione del genere: quello è stato un incontro così decisivo che si ricorda anche l ora, il momento esatto della giornata in cui l incontro è avvenuto. Perché quel momento ha cambiato veramente l esistenza. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo) e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro). Finora si è parlato del discepolo innominato o dei due discepoli senza nome, adesso si cominciano a dire i nomi, cominciano a delinearsi le storie concrete dei singoli discepoli: Andrea, Pietro, poi Filippo, poi Natanaele e incomincia questa catena di testimoni che, avendo già nel Battista il primo anello, non finirà più. I primi che hanno incontrato Gesù ne chiamano altri; questo avviene nel terzo e anche nel quarto giorno: Filippo, una volta chiamato, a sua volta chiama altri: Vieni e vedi, le stesse parole che ha detto Gesù. Il quarto giorno, il giorno di Natanaele e di Israele: Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incon- 17

18 trò Filippo e gli disse: Seguimi. Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret. Natanaèle esclamò: Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?. Filippo gli rispose: Vieni e vedi. Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: Ecco davvero un Israelita in cui non c è falsità. Natanaèle gli domandò: Come mi conosci?. Gli rispose Gesù: Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico. Gli replicò Natanaèle: Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d Israele!. Gli rispose Gesù: Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!. Poi gli disse: In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell uomo (1,43-51). È il giorno di Israele, abbiamo detto; Natanaele è l immagine dell Israelita il quale si apre, dopo qualche esitazione, all incontro con il Signore Gesù. Limitiamoci all elencazione di alcuni passi del cammino di Natanaele verso Gesù. Egli, come buon Israelita, ha compiuto dapprima la sua ricerca attraverso la Legge: le parole di Gesù ti ho visto quando eri sotto il fico probabilmente significano questo. Il Talmud dice che i rabbini amavano mettersi sotto una pianta a studiare la scrittura e là radunavano i loro discepoli ad ascoltare il loro insegnamento. Natanaele ha studiato la legge ma ora incontra Dio non più nella legge, bensì in una persona vivente, in Gesù Cristo. Egli è chiamato poi a lasciare i suoi pregiudizi: Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?. Egli non immagina che Dio agisca in modo imprevedibile. Quanti pregiudizi impediscono al cuore di aderire a Cristo! Perché si pongono limiti a Dio stesso: Dio deve essere così e se non è così non è Dio; se il suo inviato viene da Nazareth, non si può riconoscere in questo lo stile di Dio, pensa Natanaele: Nazareth è una piccola contrada, non c è neanche nella Bibbia! Allora è necessario liberarsi da ogni forma di pregiudizio e aprirsi veramente all azione di Dio, azione che è sorprendente. Natanaele sa fare questo passo perché il suo è un cuore in cui non c è falsità, è un vero Israelita, un uomo dal cuore aperto. I 18

19 puri di cuore vedranno Dio, dicono le beatitudini; e Natanaele sa fare il passo che lo avvicina a Gesù. Egli lo compie appunto sia perché si è preparato con lo studio della legge, sia perché ha il cuore puro, sia perché c è stata la testimonianza di chi gli ha detto: Vieni e vedi e gli ha ha fatto incontrare la parola vivente di Gesù che lo chiama. Concludiamo la riflessione su queste due giornate dedicate ai discepoli (la terza e la quarta) con un osservazione d insieme. Avremo notato come gli incontri dei discepoli con Gesù mettono insieme due componenti. Da una parte una componente molto umana : come avviene infatti un incontro con Gesù? Esso avviene per i motivi più disparati: perché ci sono delle persone che stanno facendo una ricerca comune, un gruppo di amici che hanno un interesse comune e si stanno ponendo insieme delle domande di tipo religioso alla scuola del Battista; oppure l incontro avviene perché ci sono dei fratelli, come Andrea e Pietro, che si passano la voce; oppure può essere il fatto di abitare nella stessa città, di fare lo stesso lavoro: insomma, una complessa rete di relazioni umane può contribuire al sorgere di una vocazione (intendendo qui per vocazione la chiamata alla fede): la condivisione di un ideale, l amicizia, la parentela, la stessa cittadinanza e quant altro. Accanto a questo però, e a un livello più radicale, ecco la parola di Dio che giunge e che chiama, Gesù Cristo che con la sua parola giunge al cuore di queste persone e le interpella. La sua parola assume i toni e le colorazioni più diverse, ma sempre importanti: è una parola che affascina e attrae (come la parola iniziale del Battista ai discepoli: Ecco l Agnello di Dio ), qualche volta giunge come parola imperativa: Vieni e vedi ; qualche altra volta è una parola che mette in questione ( Che cercate? ) e obbliga a rientrare in se stessi, orientando più correttamente la ricerca; oppure è una parola penetrante come lo sguardo di Gesù a Pietro, che addirittura gli cambia il nome (da Simone a Cefa-pietra), una parola che mostra come Gesù ha preceduto la ricerca stessa dell uomo ( ti ho visto quando eri sotto il fico ). 19

20 2.2. L iniziazione Fondazione Il racconto del primo incontro, quasi una iniziazione, degli uomini con Gesù è preceduto da un testo che non è tanto prologo quanto programma e fondazione di tutto quanto è narrato e scritto dopo. Da qui il primo suggerimento: ogni lavoro e cammino di incontro con Gesù non può ridursi al racconto-cronaca del suo incontro con uomini e donne del suo tempo, modello dell incontro con persone di ogni tempo e luogo; la conoscenza della fede non si riduce alla conoscenza della storia; non basta ricostruire e raccontare la storia di Gesù, ma è necessario fondare questo nelle grandi questioni di Dio e della sua vita intima, essere e non essere, infinito e finito, fede e incredulità, luce e tenebra, accoglienza e rifiuto, legge e grazia, carne, presenza, contemplazione, bellezza... (Gv 1,1-18) Tradizione Il racconto di Gv 1,19-51 si collega a una comune tradizione evangelica, per alcuni elementi comuni e fondamentali: Giovanni Battista e Gesù, battesimo e peccato, dono dello Spirito di Dio e l essere Figlio di Dio; ma è anche evidente la profonda differenza tra il racconto dei vangeli Matteo-Marco-Luca e di Giovanni. Da qui una domanda: che cosa è fedeltà alla rivelazione-tradizione? Per Giovanni fedeltà non si riduce a ripetizione identica o sostanziale con qualche adattamento o variazione estetica o etica, storica o teologica; ma può esigere ripensamento radicale e racconto nuovo nella forma e nella prospettiva, anche se tale novità può portare smarrimento o estraniamento in relazione alla precedente e dominante narrazione-presentazione, dubbi e domande, fatica di lettura comparata, conflitto di interpretazione; la presentazione in Giovanni non sembra semplicemente integrativa o correttiva, ma alternativa a quella conservata, tramandata e diffusa da Matteo- Marco-Luca. 20

21 Assenze e presenze In questo racconto iniziale di incontri e parole decisive ci sono assenze e presenze significative, meritevoli di attenzione. - Famiglia Grande assente è la famiglia, nella sua dimensione orizzontale: mariti-mogli, e verticale: padri-madri-figli-figlie. Nel racconto non ci sono persone che incontrano o accompagnano a Gesù in quanto mariti-mogli, padri-madri, figli-figlie o condividono la scoperta di Gesù tra di loro. C è l indicazione di un fratello-andrea che porta a Gesù il fratello-simone; ma insieme a un maestro, Giovanni Battista che indirizza i discepoli e amici che accompagnano amici: Filippo e Natanaele. Ma la famiglia in quanto istituzione significativa nel progetto di Dio e struttura costitutiva della società è assente non solo all inizio ma nell insieme del vangelo. Questo silenzio è ambiguo; può significare: indifferenza, la famiglia né favorisce né ostacola; opposizione: la famiglia è impedimento e scandalo; ovvietà: ovviamente e naturalmente la famiglia svolge una funzione necessaria e positiva... comunque mi sembra un assenza che non dovrebbe passare inosservata. È possibile raccontare l iniziazione all incontro-comunione con Gesù senza una parola sulla posizione della famiglia? Si tratta solo di un fatto casuale dovuto alle particolari circostanze reali o immaginate o presupposte dall evangelista oppure è possibile o opportuno o necessario immaginare un modello di incontro originario con Gesù senza presenza o al margine o in alternativa o in opposizione alla famiglia? - Giudei Espressione difficile e complessa per gli studiosi; dolorosamente ambigua per i malintesi e gli abusi derivati da essa, moralmente problematica o riprovevole per la carica polemica e generalizzante implicata in essa; indica una istanza che non si riduce a sacerdoti e leviti e farisei, anzi è superiore ad essi e da essi rappresentata; 21

22 quindi suggerisce una possibile equivalenza con il giudaismo nella sua forma pubblica e centrale (in termini storici), con la chiesa istituzionale e ufficiale (in termini religiosi) con il suo ordinamento clericale gerarchico (sacerdoti e leviti) e con il suo movimento laicale impegnato (farisei). A prima vista si mostra istituzione attenta ai segni dei tempi, interessata all appuntamento con il grande personaggio biblico : Messia, Elia, Profeta, al punto da organizzare una inchiesta ufficiale e autorevole; ma una volta arrivata alla conclusione che Giovanni Battista non è il grande e definitivo personaggio atteso, ma solo una voce, diventa indifferente alla attualità modesta di un testimone; incapace di farsi mettere in questione dalla denuncia di ignoranza: in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete (Gv 1,26); pronta a riprendere l abituale e corretto, anche se rispettoso e generoso, funzionamento e gestione della istituzione cultuale e liturgica (sacerdoti e leviti) e formazione religiosa, morale e culturale del laicato (farisei). È ingiusto utilizzare il racconto della infruttuosa inchiesta ufficiale presso e su Giovanni Battista per insensata polemica o inutile ironia contro i giudei o contro una comunità religiosa intenta a scrutare l apparizione nella storia di grandi personaggi codificati dalla tradizione, ma incapace di interrogarsi seriamente e mettersi in discussione faticosamente, ascoltando e accogliendo la voce del profeta attuale; senza inquietudine per la denunciata ignoranza dell Anonimo Presente che supera tutti i nomi e le immagini e le definizioni già predisposte da Scrittura e tradizione, da clero e laici. Ma fa pensare il fatto, che nonostante il tentativo di Giovanni Battista di indicare la grandezza eccessiva dell Anonimo Presente al quale egli non è degno di slegare i lacci dei sandali, la chiesa ufficiale, che sente il dovere di vigilare e controllare con sospettosa prudenza un soggetto strano dell attualità, si ritira senza ulteriori domande, senza bisogno di conoscere più a fondo e da vicino Colui che è presente anche se ignoto. In poche parole Giovanni indica il dramma di una chiesa che ha grande sapere del passato, ha senso acuto del dovere per il presente, ha sogni vivi di grandi appuntamenti per il futuro, ma è incapace di attenzione a una voce attuale e modesta, provvisoria e forse strana, ma che avrebbe aperto la possibi- 22

23 lità reale dell ascolto della Parola e dell incontro con il Messia non più velato e anonimo, ma rivelato e invocato: Gesù. - Giovanni Battista È possibile vedere in Giovanni Battista un esempio di orientamento e accompagnamento all incontro con Gesù. Notevoli alcuni elementi del suo profilo evangelico: dichiarazione pubblica di sé chiara e umile, di ciò che non è e non vuol essere nel rifiuto della eventuale seduzione e tentazione di una opinione pubblica disponibile a vedere in lui un personaggio definitivo, Messia, Elia, Profeta; nella resistenza a una lamentosa pressione dei discepoli irritati o delusi per il successo del movimento di Gesù (Gv 3,22-36); - umile e fermo riconoscimento di una missione ricevuta da Dio; - accettazione gioiosa della propria missione provvisoria che tuttavia esige una dedizione assoluta, - pubblica e coraggiosa denuncia della penosa condizione spirituale della chiesa; - proclamazione della verità di Gesù; - indicazione che la proclamazione della verità di Gesù non è frutto della propria capacità di ricerca o speculazione o del proprio bisogno di affermazione, ma è una testimonianza fondata sull esperienza donata da Dio Testimonianza-Efficienza Il racconto della iniziale testimonianza per Gesù e dei primi incontri con Lui può dare impressione di essere pieno di un certo trionfalismo della testimonianza e della sua efficienza: tutto avviene in modo non spettacolare o apocalittico ma fulmineo e istantaneo: al primo incontro Giovanni Battista dice la verità di Gesù; i suoi discepoli subito seguono Gesù; al primo colloquio con Gesù i discepoli riconoscono in Lui il Messia; la loro testimonianza a fratelli e amici è subito persuasiva e convincente. Questo modo di raccontare non rischia di essere illusorio invece che illuminante? Oppure fonte di scetticismo per evidente inverosimiglianza e di- 23

24 stanza dalle fatiche, incertezze, oscurità, ambiguità, ripensamenti che segnano la nostra esperienza? Oppure rifugio utopistico e vanamente consolatorio del nostro sogno di una iniziazione immediata nella proposta, concentrata nel tempo, efficace nei risultati? Penso che sia utile riconoscere che il racconto è sintetico al limite della inspiegabilità e procede più per allusioni che per descrizioni precise di situazioni storiche, circostanze ambientali, processi psicologici. Eppure il racconto impone la domanda: che cosa rende efficace e fruttuosa la testimonianza? La sua durata e ripetizione nel tempo? L apparato organizzativo o culturale della sua messa in opera? L accuratezza e la spettacolarità della sua messa in scena? La competenza metodologica e l abbondanza strumentale della sua comunicazione? Oppure originariamente e primariamente l intensità dello sguardo su Gesù, la profondità del dialogo, l intimità della comunione, l entusiasmo della familiarità con Lui? Un piccolo enigmatico e ironico correttivo alla tentazione del trionfalismo viene dal racconto stesso: perché solo due discepoli ascoltano l indicazione del profeta Giovanni e cercano Gesù? Perché Giovanni stesso che indica agli altri non segue lui stesso Gesù, non solo orientando ma portando con sé i discepoli a Gesù? Dietro questo enigma ci può essere il fatto della differente configurazione dei movimenti di Giovanni e di Gesù e della loro relativa indipendenza; ma per il discepolo di Gesù che legge e pensa, questo piccolo particolare potrebbe servire come sorridente ammonizione contro la tentazione di un trionfalismo della testimonianza sempre e subito efficace solo perché sincera e generosa, e contro un egemonismo ecclesiastico che desidererebbe, con le migliori motivazioni ed intenzioni, integrare tutto e subito, pubblicamente e stabilmente, nel corpo visibile della chiesa, rischiando di perdere di vista che le vie e i tempi di Dio non sono le nostre vie e i nostri tempi: Il racconto di Giovanni valorizza la testimonianza come elemento essenziale per l incontro con Gesù, ma insieme suggerisce che l incontro personale con Gesù non è la semplice dimostrazione della verità della testimonianza ma offre una possibilità nuova e una prospettiva inattesa, approfondisce e arricchisce la testimonianza. I due discepoli di Giovanni che cercano Gesù scoprono in lui non 24

25 solo la domanda che inquieta ma anche la risposta che quieta, non solo la risposta al peso doloroso del peccato del mondo ma anche la bellezza della ospitalità di Colui che fa star bene insieme e compie positivamente la speranza e il desiderio del popolo di Dio: il Messia. Simone scopre che Gesù non è solo personaggio ideale nazionale che compie il destino collettivo, ma anche Colui che guarda e nomina, modella e definisce in modo nuovo e inattesa il futuro: tu sei Simone, sarai chiamato Cefa. Natanaele apprende che Gesù non è solo il compimento forse problematico delle scritture (visto che Nazareth non esiste nella scrittura perciò è senza senso nel progetto di Dio), dimostrazione concreta di un codice di comportamenti e di attese (Legge e Profeti) ma è Colui che ha una conoscenza intima e reale della persona che fa sentire Natanaele non invaso o violentato ma singolarmente e personalmente conosciuto Continuità Per Giovanni l incontro personale e originario con Gesù e il suo riconoscimento come Maestro e Messia e Figlio di Dio è solo il primo passo di un lungo e complesso, rischioso, ma esaltante cammino che si compie con la confessione di fede nella divinità di Gesù (quindi ben oltre il suo essere Maestro, Profeta, Messia). Considerando sinteticamente alcuni momenti è possibile raccogliere elementi significativi del cammino spirituale dal primo incontro con Gesù alla confessione della sua verità piena e alla abilitazione ad agire nella storia come suoi discepoli. Nella familiarità perseverante con Gesù il discepolo apprende da lui e riconosce in Lui le caratteristiche della sua rivelazione-comunicazione: bontà, necessità, universalità; non per obbligo imposto dall alto o dall altro, ma per risposta al bisogno di ogni persona: Gesù è il pane vivo, la luce, il pastore, la resurrezione, la strada, la verità, la vita; senza di Lui l umanità è affamata, accecata, smarrita, esclusa, falsa, morta. Con Gesù il credente scopre la verità simbolica e la funzione provvisoria della grandi istituzioni religiose e liturgiche: il tempio, il sabato, le feste raggiungono il loro fine e compimento in Gesù e 25

26 perciò possono essere realmente finalizzate all uomo (Gv 2; 5; 6, 7-10). Con Gesù il discepolo apprende che la comunità è il luogo del pane abbondante, della parola vera, della vita donata (Gv 6). Con Gesù il discepolo incontra e affronta l esperienza della morte, della sua forza lacerante, della sua invadenza quotidiana e dolorosa; fa l apprendistato di una vita precaria e mortale che non vuole ignorare o fuggire la morte e neppure restarne affascinata o angosciata; invece invoca e accoglie il dono della speranza da Gesù che è la resurrezione e la vita (Gv 11). Con Gesù il discepolo partecipa alla pasqua-passaggio decisivo e definitivo di Gesù da questo mondo al Padre; precariamente per la propria infedeltà fino al tradimento, rinnegamento, dispersione; ma fruttuosamente per la fedeltà gratuita e illimitata di Gesù, nella sua pasqua riceve i doni della vera fraternità, della patria eterna, del volto dei Padre, del Paraclito, della pace (Gv 13-14). Insieme con Gesù e con la luce del Paraclito i discepoli apprendono la disponibilità a forme inattese della rivelazione, certamente Gesù è la fonte originaria e essenziale della verità; ma stando con Lui i discepoli scoprono che anche gli avversari, qualunque siano le loro intenzioni o ragioni, possono esplicitare o indicare aspetti decisivi del mistero di Gesù. I giudei esplicitano e dicono chiaramente le implicazioni di alcune azioni e parole di Gesù: non solo violava il sabato ma chiamava Dio suo Padre, facendo se stesso uguale a Dio ; per loro la pretesa di Gesù è bestemmia degna di morte, ma i discepoli possono riconoscere che gli avversari hanno intuito e formulato la verità di Gesù, sia pure per combatterla (Gv 5,18). Oltre le ragioni e le intenzioni di Caifa i discepoli possono riconoscere la forma inattesa della profezia sul significato e valore della morte di Gesù (Gv 11,49-52). Pur nella ignoranza delle ragioni immediate di Pilato, forse arroganza o irrisione, i discepoli possono vedere che Pilato proclama la verità e l identità messianica di Gesù per tutti e per sempre (Gv 19,19-22). I soldati nella spartizione delle vesti di Gesù possono essere guidati da ragioni di interesse e utilità; ma il discepolo può apprendere da loro la necessità di appropriarsi della eredità di Gesù senza lacerare l unità (Gv 19,23-26

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